Simboli e allegorie in una importante “Annunciazione” di Luca Frosino al Seminario Vescovile di Pesaro

di Maria Cecilia VISENTIN

Luca Frosino (attribuito), sec. XVI,  L’annunciazione, 1510, Pesaro, Seminario vescivile*

La tavola dell’ Annunciazione[1], fu commissionata dai Servi di Maria di Pesaro, grazie all’ intervento di un donatore[2], per la chiesa dedicata a S. Maria Annunziata, annessa al convento di Calibano, una grangia del convento di S. Maria delle Grazie di Pesaro, a Luca Frosino.

L’allievo del Botticelli riprende i moduli della pittura fiorentina dell’età di Lorenzo il Magnifico: il forte linearismo, le figure allungate, le decorazioni auree e i colori accesi e brillanti delle vesti. Ma ricco è anche l’influsso del gotico fiorito che da Gentile da Fabriano, Pisanello e Jacobello da Fiore si espande nelle terre della Serenissima con un tripudio di luci e di colori. Da Botticelli l’artista apprende un disegno intriso di allusioni simboliche ed allegoriche. I cipressi che si scorgono sullo sfondo alludono a quelli del monte Sion:

Sono cresciuta alta come i cedri del Libano e come i cipressi dei monti dell’Hermon (Sir 24,13-17).

Una balaustra aperta sul paesaggio nello sfondo è, da una parte, riferimento alla simbologia mariana dell’hortus conclusus, con il rigoglio di rose e acque di fiume; dall’altra rinvia a un altro epiteto di Maria, quello di porta coeli. Ma in primo piano ecco una natura rigogliosa e l’ angelo, incoronato di mirto – nel simbolismo mariano questa pianta indica bellezza bontà e profumo, ed è anche un attributo di angeli, arcangeli, vergini.

Nell’hortus conclusus oltre la casetta di Maria splende il pavone, cantano l’usignolo e la tortora, si dischiudono fiorellini nel prato e aranci sugli alberi. Com’è noto, prima di diventare simbolo di vanità, il pavone era, a causa della sua coda a ruota, un simbolo del sole, sia nel lontano Oriente, sia in Grecia, dove era sacro a Giunone. Per ii fatto di rinnovare in primavera le splendide penne deposte in autunno, secondo la descrizione di Plinio il Vecchio, e per la sua carne incorruttibile, secondo sant’Agostino, è un simbolo della risurrezione. Anche nella prima tradizione cristiana si trovano allusioni alla ruota solare e al cielo stellato, che la coda a ventaglio del pavone rammenta. Le coloratissime ali di Gabriele continuano le sue nella forma degli occhi cerulei.

Dio Padre si affaccia dall’alto sorretto da una nuvola di cherubini. La bianca colomba scende su scia dorata e si arresta in attesa del sì. Maria, inginocchiata su predella marmorea e china sul libretto d’ore, prezioso e piccolo come il germe di luce che scende in lei, prega sulla soglia di un talamo dal ricco baldacchino, evocante il Sancta Sanctorum del tempio. D’ora in avanti sarà lei la Domus aurea, la casa d’oro in cui il Verbo ha trovato dimora. È vestita di un prezioso manto blu con banda dorata, come vergine sposa pronta per lo sposo (Sal 44). La composizione, siglata dall’Ecce concipies quia Spiritus Domini superveniet in te, inciso sul raggio d’oro e dall’Ecce a(n)cilla Domini fissato sul talamo, è datata 25 di diciembre 1510 sul piedistallo del leggio. Segue un andamento metrico e ritmato come la poesia del Poliziano. Il grande giglio centrale rap-presenta la cesura, l’ interruzione che dà respiro e lega la musicalità dell’ evento.

Maria Cecilia VISENTIN Padova 27 marzo 2022

*da Splendore di bellezza, Edizioni Messaggero, Padova 2007, p. 173.

NOTE

[1] Una copia di notevole valore della pala dell’Annunciazione è nella cappella delle Serve di Maria Riparatrici a Rovigo. Casa Madre Dolores.
[2] Sulla cornice della pala si trovano sia il nome sia lo stemma del donatore: «LUDOVICO Dl ACHOMO  AGOSTINI DE MERCHATANTI DA PESARO A FATO DETA TAVOLA. Lo stemma. a forma ovoidale, porta segnata una L, iniziale del nome del donatore» in P. ERTHELER, La Madonna delle Grazie di Pesaro. Origine e primi sviluppi del santuario ( 1469-1687) Edizioni Marianum, Roma 1991,. 196-197.