L’iconografia mariana medievale nelle “Madonne” di Wlastimil Hofman (1881 – 1970).

di Ugo IMPRESCIA

L’iconografia mariana medievale nelle Madonne di Wlastimil Hofman

Nella mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia”, svoltasi a Roma nelle sale di palazzo Braschi, è stata esposta un’opera dell’artista Wlastimil Hofman (Karlin-Praga, 1881 – Szklarska Poręba, 1970), uno dei pittori polacchi più popolari del XX secolo; si tratta di una Madonna realizzata nel 1910 (fig. 1),  attualmente custodita nella “Österreichische Galerie Belvedere di Vienna”, che contiene la più grande raccolta al mondo di dipinti di Gustav Klimt e degli altri massimi esponenti della Secessione Viennese.

Wlastimil Hofman si riteneva un cittadino polacco, anche se in realtà era nato nei dintorni di Praga da padre ceco e madre polacca, il nome originario era Vlastimil Hofmann, che ha successivamente “polonizzato” ponendo all’inizio del suo nome una “W” e togliendo una “N” alla fine del suo cognome.

Nel suo diario[1] che ha lasciato dopo la sua morte, ha scritto:

«Ho un cognome tedesco, un nome ceco. Non sono né tedesco né ceco. Sono polacco».

Il suo percorso artistico si svolge prevalentemente in Polonia; all’età di 8 anni si trasferisce con la famiglia a Cracovia dove trascorrerà gran parte della sua vita e dove inizierà la sua formazione artistica iscrivendosi all’età di 15 anni all’Accademia di Belle Arti della città, sotto la direzione di Jacek Malczewski,  la cui tendenza simbolista sarà presente in tutte le opere di Wlastimil.

Tre anni dopo si reca a Parigi per studiare pittura all’École nationale supérieure des Beaux-Arts con Jean-Léon Gérôme, sostenitore della pittura accademica e del neorealismo; qualche anno dopo iniziano le sue prime mostre in diverse città d’Europa tra cui Roma.

Il suo percorso professionale si arricchisce attraverso viaggi di studio che compie in diversi paesi tra i quali anche  in Italia, dove l’artista ha l’occasione di ammirare le opere dei più grandi maestri italiani.

Nel 1907 diviene membro della Secessione Viennese, ma la sua espressione artistica rimane sostanzialmente legata ad un’arte tradizionalista; annota nel suo diario:

«[…]a Vienna la Secessione e l’Espressionismo regnano sovrani, e io non ero e non sono nel senso della parola né secessionista né espressionista».

La Madonna di Vienna (fig. 1) ha attinenza con l’iconografia mariana del periodo gotico e rinascimentale, soprattutto italiano e ricorda in particolare la cosiddetta “Madonna dell’Umiltà’, dove Maria è raffigurata seduta o accovacciata, con il capo reclinato verso quello del Bambino, tenuto amorevolmente stretto al proprio corpo.

Il tema della “Madonna dell’Umiltà” è stato un soggetto molto utilizzato nella storia dell’arte sin dal XIV secolo, ma è stato rappresentato soprattutto dagli artisti del XV e in misura minore nei secoli successivi.

In un mio articolo pubblicato su AboutArt Online di Aprile 2020 dal titolo “Le tre Madri (parte I e parte II), ho messo in evidenza come la Madonna in riposo durante la fuga in Egitto rappresentata da Antonio Allegri, nell’opera nota come “La Zingarella”, riprende il tema della “Madonna dell’Umiltà”; l’opera ha infatti affinità con opere di artisti precedenti, come la “Madonna delle nuvole” di Donatello o la “Madonna dell’Umiltà” di Mantegna (figg. 2 e 3).

 

La Zingarella” è stata presa come modello da diversi artisti successivi al Correggio, appartenenti ad epoche diverse, che hanno realizzato dipinti nei quali viene rappresentato lo stesso soggetto, ovvero la Madre con in braccio il proprio Figlio.

Lo stesso Caravaggio utilizza l’iconografia della “Madonna dell’Umiltà”, un tema che, secondo i precetti del cattolicesimo pauperistico dei Borromeo[2], era molto caro all’artista lombardo, che lo riproporrà per la rappresentazione della Vergine nella “Adorazione dei Magi” di Messina e nella perduta “Natività” di Palermo, ma anche nella sua Madonna del “Riposo durante la fuga in Egitto” della galleria Doria-Pamphilj;è sorprendente notare come in quest’ultima opera la postura della Madonna di Caravaggio sia molto simile e pressoché sovrapponibile a quella del Correggio (figg. 4 e 5).

La Madonna di Vienna di Wlastimil Hofman (fig. 1) ricorda nella postura la Madonna della Galleria Doria Pamphilj; come per tutte le sue Madonne, l’artista polacco rappresenta Maria come una giovane popolana abbigliata alla contadina.

I protagonisti delle sue opere sono persone comuni, spesso immersi in un’atmosfera pauperistica, con sullo sfondo la fredda campagna polacca e indossano costumi popolari della Polonia.

Le sue Madonne, Cristo, gli angeli e i santi sono rappresentati, come nelle opere di Caravaggio, spogliati della loro aura divina e calati nello spazio terreno a diretto contatto con l’umanità più umile.

Hanno scritto di lui:

«[…] da un lato, c’è una desacralizzazione delle scene religiose, e dall’altro una glorificazione consapevole degli avvenimenti della realtà quotidiana e della gente comune […]»[3];

elementi che avvicinano la sua arte all’espressione artistica tipica di Caravaggio.

La vicinanza all’arte del maestro lombardo appare evidente in una delle sue opere più famose, “Confessione” (fig. 6), dove viene rappresentato un contadino inginocchiato presso un rudimentale confessionale; il confessore è un Cristo ritratto a torso nudo e con in capo la corona di spine; il corpo di Cristo è raffigurato come una scultura in legno, ad evocare la croce su cui è stato sacrificato.

I piedi nudi e polverosi dell’uomo sono messi in evidenza e fanno venire in mente quelli del personaggio dellaMadonna dei pellegrini” (fig. 7)nella basilica di Sant’Agostino a Roma.

Il quadro “Confessione” procurò all’artista molto successo quando fu esposto nel 1921 a Parigi; grazie a ciò le opere dell’artista saranno esposte ogni anno tra il 1922 e il 1931  al Salon della Société Nationale des Beaux-Arts, di cui l’artista era diventato membro.

L’artista ha vissuto personalmente le conseguenze degli avvenimenti bellici che hanno coinvolto la Polonia nei conflitti mondiali del XX secolo; nell’autunno del 1939 assiste alle deportazioni dei cittadini polacchi attuate dalla Germania nazista dopo la brutale aggressione del paese.

Nello stesso periodo cittadini della Polonia orientale subiscono le deportazioni in Russia, che insieme alla Germania intendeva spartirsi il territorio polacco, come concordato dalle due Nazioni con il patto Molotov-Ribbentrop.

L’artista è costretto a lasciare Cracovia per non subire repressioni; era nella lista di proscrizione della Gestapo per aver accolto nella sua casa, quando le truppe tedesche erano entrate in Cecoslovacchia nella primavera del 1939, i rifugiati cechi in Polonia, tra i quali anche il generale Ludvik Svoboda, futuro presidente della Cecoslovacchia.

A seguito di ciò Wlastimil Hofman inizia insieme a sua moglie un periodo di tormentato vagabondaggio; si sposta inizialmente in Volinia[4] nella parte orientale della Polonia, che però era in quel momento occupata dall’Armata Rossa sovietica, qui evita la prigionia, quindi si trasferisce a Mosca; riesce a lasciare la città per recarsi prima  in Turchia, poi in Palestina e quindi in Israele.

Finita la guerra, nei primi mesi del 1946, gli Hofman intraprendono il viaggio di ritorno in Polonia, transitano per l’Egitto, passano per Napoli e poi raggiungono Praga; nel giugno del 1946 rientrano finalmente nella loro villa a Cracovia.

Le atrocità della guerra hanno segnato profondamente l’animo sensibile dell’artista e accentuato la sua spiritualità; la sua arte comunque non è mai caratterizzata da espressione drammatica; piuttosto sembra che le espressioni malinconiche dei tanti bambini rappresentati nelle sue opere, nascondano la disumanità della guerra.

La maggior parte della sua produzione artistica è costituita da temi religiosi a carattere fortemente devozionale; l’artista era un uomo di profonda fede, tutta la sua arte è contrassegnata da intenso sentimento spirituale basato su una religiosità popolare.

Tale sentimento interiore è espresso dall’artista nel suo diario in diversi periodi della sua vita:

«La mia arte si sviluppa intorno alla preghiera, intorno al contatto dello spirito umano con Dio […] la preghiera dello spirito e del corpo sono i più alti sintomi umani, i più convenienti da presentare nell’arte».

In un’altra parte del diario scrive:

«Sto diventando sempre più convinto che il fondo della mia anima sia religioso, quindi dovrei associare il fondo della mia arte allo spirito dell’arte medievale cristiana».

Tutte le Madonne di Wlastimil Hofman appartengono al repertorio iconografico mariano e traggono origine dalle icone dell’antica tradizione bizantina, ripresa dagli artisti occidentali dal XII secolo in poi; l’artista era  affascinato dall’arte gotica medievale; annota ancora nel suo diario:

«Questa epoca mi parla molto. Il mio spirito sin quasi dall’inizio del mio lavoro ha molto in comune con questo spiritualismo gotico».

Un motivo iconografico utilizzato dall’artista è quello della cosiddetta “Madre di Dio Eleousa” (dal greco bizantino “colei che mostra tenerezza”) (fig.8), una iconografia bizantina  mutuata nell’arte occidentale nella cosiddetta “Madonna della tenerezza”, un’immagine mariana di elevato slancio emotivo e di intensa devozione popolare; Maria è raffigurata in atteggiamento affettuoso con la propria guancia a contatto con quella del Figlio.

Una variante della Eleousa è la Glykophilousa (in greco bizantino “del dolce bacio”) dove il capo della Madonna si avvicina a quello del figlio nell’atto di scambiarsi un bacio(fig. 9).

Un’altra Madonna di Wlastimil Hofman riprende il modello dellaMadre di Dio Pelagonitissa[5] (fig. 10), un’iconografia mariana, dove il Figlio protende giocosamente il braccio verso il viso della Madre e con la mano le accarezza il viso; nella Madonna di Wlastimil (fig. 11), i ruoli sono invertiti, è la Madre che ha un atteggiamento giocoso nei riguardi del figlio, come nella Madonna del Mantegna (fig. 12).

In un altro dipinto l’artista rappresenta una madre nell’atto di allattare il proprio figlio (fig. 13); chiaro riferimento all’iconografia mariana della “Madre di Dio Galaktotrophousa” (fig. 14).

Un caratteristica che contraddistingue le Madonne di Wlastimil  è il loro atteggiamento, spesso sereno a volte sorridente, anziché triste e assorto, presago della sorte del Figlio.

Ai lati della Madonna di Vienna (fig. 1), come in molte altre sue Madonne, l’artista ritrae due bambini con volti angelici che suonano strumenti musicali, ad evocare angeli musicanti (figg. 15 e 16).

Wlastimil Hofman aveva una particolare predilezione per i bambini, quasi sempre presenti nelle sue opere; l’amore per i bambini era dovuta al fatto che il signor e la signora Hofman non avevano avuto figli, ma anche in memoria del crudele trattamento subito dalle centinaia di migliaia di bambini polacchi strappati dai nazisti alle loro famiglie, perché ritenuti idonei alla politica di germanizzazione.

Proprio i bambini sono i protagonisti della maggior parte delle opere di Wlastimil; sono ritratti nella loro innocente adolescenza con volti bellissimi quasi idealizzati, rappresentati con espressioni dolci e riflessive, mai sorridenti ma velate da un senso di lieve malinconia; lo sguardo assorto nella contemplazione è spesso rivolto verso il basso o in lontananza; la loro espressione seria li fa apparire già adulti come fossero gravati da una dura esperienza di vita.

Nel suo diario scrive a proposito dei bambini:

«La verità, la bellezza, la bontà parlano attraverso la bocca di un bambino. […] Non ci sono maschere sui loro volti, eppure il volto umano è il materiale di base nella maggior parte delle mie composizioni».

L’artista amava circondarsi di bambini durante il suo lavoro, sia all’interno del suo studio che nei suoi lavori all’aperto. (fig. 17):

«I bambini, in particolare quelli di Zwierzyniec – il distretto (di Cracovia) in cui Hofman visse e creò, erano modelli dell’artista. La villa al n. 16 di via Spadzista[6] assomiglia a un asilo. È piena di bambini di diverse età […] Il pittore non ha modelli adulti in questo momento, ci sono solo bambini».[7]

Wlastimil Hofman muore all’età di 89 anni nella località di montagna Szklarska Poręba, nel sud-ovest della Polonia ai confini con la Repubblica Ceca, dove gli Hofman si erano trasferiti dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Sulla sua tomba, dove è stato tumulato insieme all’amata moglie morta due anni prima, è collocata una copia della “Confessione”, l’opera che gli aveva procurato maggior successo (fig. 18).

Ugo IMPRESCIA

NOTE

[1]Il diario autografo di Wlastimil Hofman, redatto a partire dagli anni 20 del ‘900, contiene riflessioni dell’artista, schizzi autografi, riproduzione di opere, fotografie di famiglia e di amici, articoli e ritagli di giornali. Il diario appartiene alla collezione Helena Fliszewska, modella dell’artista.
[2]Secondo quanto affermato dal cardinale Federico Borromeo nel suo “De Pictura Sacra”, la Vergine doveva essere rappresentata con aspetto modesto ed umile come lo era il suo stile di vita.
[3]E. Wolniewicz-Mierzwińska, “Wlastimil Hofman – creatività fino al 1939”, in Dzieła czy kicze, ed. E. Grabska, T.S. Jaroszewski, Warszawa 1981.
[4]La Volinia fu teatro di un brutale massacro nei riguardi di cittadini polacchi, nella maggior parte donne e bambini, perpetrato nell’estate del 1943 da parte dei tedeschi e dei nazionalisti ucraini. Oggi la Volinia fa parte della Repubblica Federativa dell’Ucraina.
[5]Denominazione derivante dall’antica Pelagonia, una regione della Macedonia sudoccidentale.
[6]La villa, oggi diventata casa museo, era la residenza degli Hofman a Cracovia, mentre la via su cui insite è stata rinominata villa “Wlastimila Hofmana” in ricordo della moglie dell’artista.
[7]Bogusław Czajkowski, “Ritratto dalla memoria”, ed. Ossolineum, Breslavia 1971. Una biografia dell’artista ricavata dal suo diario.