di Francesco PETRUCCI
Palazzo Chigi in Ariccia, dal 20 maggio al 25 settembre 2022, ospita la mostra “Caravaggio rivisitato /storie caravaggesche di Guido Venanzoni”, con il patrocinio del Comune di Ariccia e del Comune di Ladispoli. La mostra, un unicum nel suo genere, ha un carattere didattico, raccontando la storia di Caravaggio attraverso momenti cruciali della sua vita, in opere create da Venanzoni e copie di sue opere. Pubblichiamo in anteprima la parte iniziale del saggio introduttivo di Francesco Petrucci, che sarà presente nel catalogo stampato da De Luca Editori d’Arte.
“Caravaggio rivisitato” da Guido Venanzoni
L’idea di ospitare nel palazzo ducale di Ariccia una mostra dedicata a Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610), attraverso le suggestive rivisitazioni della sua vita messe in scena da Guido Venanzoni (Roma, 27 marzo 1951), ha preso spunto dalla circostanza che nella dimora chigiana sono stati ambientati nel 2020 alcuni interni del film di Michele Placido L’ombra di Caravaggio, in uscita nelle sale cinematografiche per l’anno in corso.[1]
La decisione presa da Placido di girare parte di questo film ad Ariccia, oltre che da motivazioni di opportunità logistica, è dipesa dal fatto che il palazzo conserva un’ala risalente alla fine del XVI secolo, conforme all’epoca in cui visse il Merisi, e un severo carattere spagnoleggiante accentuato dai parati in corame, che rispecchia la cultura del tempo.
Certo nel palazzo di Ariccia, quando era proprietà Savelli, esistevano numerose opere di scuola caravaggesca, soprattutto di Orazio Gentileschi. Peraltro Artemisia Gentileschi eseguì nel 1620 anche un ritratto di Caterina Savelli principessa di Albano e duchessa di Ariccia, moglie di Paolo Savelli, identificato ragionevolmente da Francesco Solinas con il ritratto di dama della Barbara Piasecka Johnson Foundation, recentemente passato in asta Sotheby’s a New York.[2]
Nelle collezioni spiccava la Negazione di Pietro dello stesso Caravaggio, oggi presso il Metropolitan Museum di New York, citata genericamente negli inventari di Ariccia del 1624 e 1631 come “Un S. Pietro con l’ancella cornice dorata”, meglio descritta nell’inventario Savelli del 1650 come “Un’Ancella con S. Pietro negante, et un’altra mezza figura per traverso, p.mi 5 e 4 del Caravaggio d. 250”.[3]
A memoria di queste antiche presenze caravaggesche, organizzammo nel 2006 la mostra La “schola” del Caravaggio. Dipinti dalla Collezione Koelliker, a cura di Gianni Papi, con un saggio introduttivo in cui mi soffermavo sulle opere di tale ambito presenti nel palazzo durante la fase Savelli, di cui oggi rimane traccia solo nei quattro ovali di Mattia e Gregorio Preti della Sala Maestra.[4]
La presente mostra offre un’occasione per ricordare il compianto Vincenzo Pacelli (San Salvatore Telesino 1939 – Napoli 2014), uno storico dell’arte che ha dedicato molti studi a Michelangelo Merisi, soprattutto incentrati sul periodo napoletano e gli ultimi momenti della sua travagliata vicenda biografica. Fu proprio lo studioso, con cui curammo nel 2011 il volume su Giovan Battista Beinaschi, che mi fece conoscere Guido Venanzoni.[5]
Vincenzo nutriva molta stima e ammirazione nei suoi confronti, apprezzandone il talento artistico e la perizia esecutiva, basata sulla profonda conoscenza delle tecniche, in un recupero a tutto campo dell’arte figurativa e del “mestiere” dell’artista. Doti pienamente condivise dal sottoscritto.
Così fui tra i relatori alla presentazione dell’ultimo libro curato da Pacelli, Caravaggio tra arte e scienza (2012), tenuta nell’Aula Consiliare del Municipio assieme all’allievo Gianluca Forgione e al prof. Vincenzo Esposito. Venanzoni era stato il promotore dell’iniziativa, anche in ragione del fatto che Pacelli aveva avanzato l’ipotesi che Caravaggio non fosse morto a Porto Ercole, come è opinione comune, ma assassinato da sicari dell’Ordine di Malta nel Castello di Palo, attuale territorio di Ladispoli, come vendetta dell’oltraggio da lui commesso verso un cavaliere nell’isola.[6]
Un’ipotesi sicuramente avvincente, quella dell’omicidio, ma difficilmente dimostrabile, date le numerose evidenze documentarie della morte a Porto Ercole, confermate anche dalle principali fonti biografiche (Mancini, Bellori).[7] A Palo Laziale comunque l’artista fu sicuramente imprigionato, come ha scoperto lo stesso Pacelli.
I suoi studi sul doppio soggiorno napoletano del Caravaggio sono imprescindibili. Vincenzo ha reso noti inoltre fondamentali documenti che hanno fatto luce sulle tragiche ultime vicissitudini dell’artista, nel disperato tentativo di tornare a Roma in attesa della imminente grazia pontificia. Mi riferisco alle famose cinque lettere dell’Archivio Segreto Vaticano, fondo Nunziatura di Napoli, che lo studioso presentò nel 1991, con successivi ulteriori approfondimenti.[8]
Pacelli ha inoltre pubblicato pagamenti e documenti su dipinti capitali, come Le Sette opere di Misericordia del Pio Monte di Misericordia,[9] la Flagellazione del Museo di Capodimonte,[10] il Martirio di sant’Orsola di Palazzo Zevallos Stigliano (collezione Banca Intesa San Paolo),[11] il San Giovanni Battista della Galleria Borghese,[12] ma anche su opere perdute come la Madonna con Gesù Bambino e santi Radulovich[13] o la Resurrezione Fenaroli[14]. Ha poi portato nuova luce sui riverberi napoletani della sua produzione, con le attività di copisti come Louis Finson, che fu anche acquirente di sue opere, e Baldassere Aloisi[15].
Paradossalmente nessuna delle numerose manifestazioni degli ultimi anni attorno alla fase napoletana e all’ultimo periodo del Merisi, tra mostre e convegni, ove ci si basa sempre su quanto da lui pubblicato, è stata dedicata alla sua memoria o ha messo adeguatamente in risalto la rilevanza dei suoi contributi alla conoscenza di tale fase. La mostra sarebbe piaciuta anche a Maurizio Marini, uno studioso che ha dedicato tutta la sua vita allo studio di Caravaggio, pubblicando una monografia più volta aggiornata e metodologicamente ineccepibile, ancora insuperata per la massa di documentazione raccolta. Anche lui dimenticato dai nuovi esegeti caravaggeschi. Abbiamo tutti la memoria corta!
Raccontare la vita di Caravaggio in pittura, questa è l’originale idea di Venanzoni, un unicum nel suo genere. Un’idea nata con finalità didattiche, promossa da Vincenzo Pacelli e rilanciata da Vittorio Sgarbi in occasione della mostra da lui voluta nel 2020 nel Palazzo Doebbing di Sutri, ove è stato esposto per la prima volta un primo nucleo di tele biografiche. Presso la Città di Ladispoli è stata allestita nel 2021 una più vasta retrospettiva sul medesimo tema, fortemente voluta dall’assessore alla cultura Marco Milani. Emblema della mostra è la grande tela raffigurante L’arresto di Caravaggio a Palo, prima opera di Venanzoni sul ciclo biografico caravaggesco.
La sequenza di grandi tele sulla vita del maestro lombardo, è concepita dall’autore come una sorta di parallelo pittorico dell’arte cinematografica. Il pittore Venanzoni è regista, sceneggiatore, arredatore, costumista e casting director delle storie che mette in scena. I personaggi sono amici e conoscenti, che ha scelto in funzione dei ruoli, mettendoli in posa come faceva l’artista alla cui accidentata biografia si è ispirato.[16]
L’invenzione naturalmente prevale in tutti i sensi e le scene, pur essendo ispirate alla vita del Caravaggio, sono libere interpretazioni, innestate con fantasia narrativa su alcuni momenti cruciali che le fonti storiche e i documenti hanno tramandato.
La mostra è articolata con circa 70 dipinti in tre sezioni: grandi quadri che illustrano la vicenda biografica di Caravaggio, talora con ambientazioni in luoghi reali, tra cui lo stesso palazzo di Ariccia e il Castello di Palo, ultima tappa documentata dell’artista prima della morte; copie di opere del Caravaggio, interpretate pittoricamente da Venanzoni con il suo stile personalissimo e la sua tecnica pittorica, tra cui la Negazione di Pietro che nella prima metà del ‘600 si trovava ad Ariccia; copie eseguite dagli allievi di Venanzoni, che ha aperto una sorta di accademia o bottega d’arte a Ladispoli, quale esempio di didattica volta alla riscoperta delle antiche tecniche pittoriche.
Sono esposti inoltre alcuni costumi creati con rigore filologico, in funzione delle composizioni storiche di Venanzoni, dal laboratorio Il Salotto di Cupido (Roma),
La presente esposizione contiene ulteriori opere sulla vita del Caravaggio e nuove copie di suoi dipinti, rispetto alle tappe precedenti.
È il caso di chiarire che in merito alle riproduzioni di tele del Caravaggio, risulta riduttivo parlare di copie, in quanto l’artista romano replica le composizioni, ma non il modo di dipingere del loro autore. La sua pittura è levigata e luminosa, calda e atmosferica, porcellanata, mentre quella del genio lombardo, nel violento tenebrismo e luminismo contrastato che la caratterizza, è neoveneziana e pittorica, con risalti materici in evidenza e una materia mossa, ruvida, lavorata, striata delle setole del pennello. Venanzoni insomma si ispira alle invenzioni caravaggesche, ma non le duplica, non le imita tecnicamente, ma se ne distacca volutamente, rimanendo sempre sé stesso.
Il risultato complessivo è una sorta di transfer, un processo di trasposizione consapevole, in cui Venanzoni clona le opere del maestro e nello stesso tempo ne replica le modalità compositive (non tecniche), con personaggi messi in posa, abbigliati secondo il tema, ritratti e composti scenograficamente.
Francesco PETRUCCI, Ariccia 22 Maggio 2022
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