di Massimo FRANCUCCI
Quando viene a mancare una figura come quella di Nando Peretti si interrompe un dialogo sempre aperto e vivace e viene naturale fermarsi a riflettere.
Mi sono accorto così di quanto Nando sia stato importante per me, anche se il nostro primo incontro non risalga a più di dieci anni fa, quando da giovane studioso non perdevo occasione di ammirare i nuovi dipinti presentati di volta in volta nella bella cornice di Palazzo Chigi di Ariccia. Non poteva che essere Francesco Petrucci a presentarci e mi stupisce ancora oggi la voglia di Nando di mettersi sempre in gioco e, dalla posizione di assoluto prestigio conquistatasi negli anni, di affidare lo studio delle sue opere non solo ai conoscitori più affermati e prestigiosi in grado di fornire tutte le garanzie del caso, ma anche a giovani meno esperti nei quali, evidentemente, nutriva particolare fiducia.
Ed era proprio ciò di cui avevo bisogno quando mi fu chiesto di occuparmi di alcuni dipinti in occasione di mostre aricine e soprattutto allorché mi si offrì la possibilità di presentare due belle sante del Pomarancio, accomunate da una qualità pittorica scintillante, che lui era riuscito a riunire nelle sue raccolte. Tra i nomi presenti e transitati per la collezione di Nando quello del Pomarancio non era forse tra quelli più prestigiosi, ma il pittore toscano, romano di adozione e a lungo attivo a Loreto e in tutte le Marche costituisce per me uno dei campi di elezione nella ricerca sulle origini della ‘pittura moderna’.
A questa generosità professionale si aggiunse poi quella umana e personale approfondita in alcuni di quei simposi che si svolgevano nella splendida cornice della sua casa a via Margutta, dove si poteva discutere apertamente sì di quadri e di questioni artistiche, ma anche di argomenti di più stringente attualità. Non avrei mai pensato che quella sarebbe stata l’ultima volta. Ci mancherai.
Massimo FRANCUCCI Roma 25 Maggio 2022