di Arabella CIFANI & Francesco MONETTI*
*E’ con vera partecipazione che pubblichiamo questo saggio scritto a due mani di Arabella Cifani e Francesco Monetti, scomparso nei giorni scorsi. Sappiamo che Francesco aveva particolarmente a cuore la pubblicazione di questo studio e fino all’ultimo ne aveva auspicato l’uscita su About Art. E’ il nostro ulteriore omaggio allo studioso che non di rado ci ha onorato con la sua firma, in collaborazione con Arabella Cifani, con cui ha condiviso oltre 40 anni di vita e di arte, e che tanto ha dato alla cultura italiana e non solo.
Sul pittore Filiberto Torret eravamo già intervenuti in una pubblicazione nell’anno 1999 sulla rivista internazionale “Arte Cristiana”. Purtroppo i dati documentari allora proposti non sono stati recepiti dalla critica [1]. Il pittore, secondo l’atto religioso di morte, è “nativo di Brioud in Alvernia” (Francia); ricerche da noi effettuate direttamente a Brioud non hanno consentito di ritrovare il suo atto di nascita e/o battesimo, poiché i documenti sono andati perduti durante il periodo rivoluzionario francese.
Non si conosce l’anno preciso in cui il pittore approdò a Torino; sembra segnalato la prima volta nello “Stipendio e libra Cibaria” degli anni “1617 a 1618. Patenti Controllo Finanze”; nel caso si trattasse della sua persona, e non di un caso di omonimia, si dovrebbe concludere che si era inserito prontamente alla corte ducale, prima ancora della venuta a Torino di Cristina di Francia.
Il 9 maggio 1625, nella Casa di Giovanni Battista Fetta, parrocchia di San Giovanni, di fronte a diversi testimoni richiesti, si stende la dote di Anna Gavotto futura moglie del pittore. “Filiberto Torretta, del fu Signor Ludovico di Pariggi Pittore in Torino” sta per sposare Anna Gavotto, “figliola di m.r Battista di Pecetto in Torino residente”. Il padre della sposa costituisce in dote per la figlia “scudi cento a fiorini otto l’uno”; e i coniugi Giacobino e Violante Bruno, “in solidum scudi ducento simili”. Il padre della futura sposa sborsa subito a Filiberto Torret 50 scudi e i due coniugi altri 50, tutti “in denari contanti”. Più vengono dati altri scudi 100 “in tanti mobili, lingierie” come fardello. I restanti 100 scudi (50 del padre e 50 dei coniugi) si daranno a Filiberto a “S. Martino prossimo” in denari contanti. E’ un documento importante per le vicende umane del pittore, che appare ormai stabilito saldamente nella capitale del ducato.
Filiberto si sposa a Torino con Anna Gavoto dopo la data della dote. Passano pochi mesi ed ecco – improvvisa – una grave difficoltà. Mentre Filiberto era “assente”, la moglie era caduta gravemente ammalata. Il 28 ottobre 1625 nella Casa di Giovanni Battista Fetta, abitazione di Filiberto Torret, parrocchia San Giovanni, di fronte a diversi testimoni, la “nobile madonna Anna moglie di m.r Filliberto Torrette, et figliola del fu Battista Gavotto di questa Città”, è “inferma giacente in letto”, sana però di mente, senso intelletto e loquela. Sentendosi morire e temendo di non più rivedere il marito, Anna dona, “causa mortis” dice il documento, a “Filliberto Torrette suo marito assente tutti i suoi beni, mobili, stabili, raggioni, et attioni dottali”, sia presenti che futuri. Insieme al grande gesto di affetti profondi di Anna verso Filiberto, il documento precisa anche che dal tempo del matrimonio era intanto morto il padre di Anna.
La grave malattia però fu superata. Conosciamo, infatti, il nome di alcuni figli del pittore avuti da Anna, dopo questi fatti. Dapprima Carlo, battezzato a San Giovanni il 3 novembre 1626. Il 1626 è un anno di grandi raggiungimenti per Filiberto. Il 23 settembre 1626, il duca Carlo Emanuele I lo nomina “pittore nostro ordinario”. E forse il nome parziale dato al primo figlio è anche da connettere al duca, come segno di ringraziamento e insieme di richiesta di protezione.
Segue il figlio Maurizio, chiamato così probabilmente in onore del “Eccellentissimo Signor D. Mauritio di Savoia”, suo padrino di battesimo, nato il 2 settembre e battezzato il giorno 8 settembre 1628. Maurizio muore poco più di due mesi dopo e il 14 novembre viene sepolto “in S. Giovanni”. Questo battesimo documenta ancora di più che il pittore si era inserito molto bene a corte negli anni Venti del Seicento, al punto da poter richiedere – esaudito – come padrino di battesimo del figlio nientemeno che del Cardinal Maurizio di Savoia. Abbiamo anche notizia di una figlia di nome Violante, nata il 15 e battezzata il 18 febbraio 1630, sempre sotto la parrocchia di San Giovanni di Torino.
L’Archivio dell’Insinuazione di Torino ha poi conservato altri documenti di minor importanza riguardanti Filiberto Torret, detto Narcis, o Narciso.
Il 22 settembre 1643 Marc’Antonio Gavotto di Torino, “figliolo del fu m.r Battista”, fratello della moglie Anna Gavotto, pagava a “Filiberto Torretta detto Narcis Pittore di fù A.R. [sic] habitante in Torino suo Cugnato” una cospicua somma. Si tratta, rispettivamente di 100 scudi, di 400 fiorini e di 114 scudi, dovuti al pittore. Marc’Antonio paga e Filiberto ritira i soldi, rilasciando quietanza.
Il 29 aprile 1651, poi, nella “Casa del Signor Paolo Ponte”, abitazione di Filiberto Torretta, parrocchia San Giovanni, si costituisce personalmente “il Signor Filiberto Toretta detto Narcis francese in Torino residente”. Ha ricevuto da Filippo Vaudano e cugini la somma di lire cinquanta d’argento, la quale è “per saldo, e compito pagamento del legato di Domenica figliola del fu Bernardo Gavotto di Pecetto”. Il legato, stato fatto a favore di Battista Gavotto fratello di Anna Gavotto, spettava a Filiberto Torretta “in virtù di successione come marito della fu Signora Anna Gavota sua prima moglie, et herede del sudetto fu Battista Gavotto”, suo padre. Filiberto riceve le 50 lire d’argento e rilascia quietanza.
I due documenti vengono a documentare che ancora a distanza di molti anni, quando ormai Filiberto aveva costruito una nuova famiglia dopo la scomparsa della prima moglie Anna Gavotto, si dovevano onorare dei suoi crediti ereditari.
Segnaliamo, infine, un documento del 25 agosto 1646. Filiberto presenta nella sede della Segreteria della Corte ordinaria di Torino gli atti contro il “Signor Capitano Carlo Amedeo Dentis”, già iniziati il 30 luglio 1646. Chiede che una “bottega e stanza” di proprietà del Dentis siano deliberate a lui “in sodisfatione” di un credito di 369 lire, dovutegli dal Dentis stesso. Della parte avversa nessuno si presenta e la sua richiesta è accolta [2].
Nel 1642 il pittore appare sposato con una certa Glaudina, di cui non si sa il cognome. Da lei, infatti, ha un figlio, Giuseppe, nato il 22 febbraio 1643 e battezzato il 22 marzo 1643. E molto probabilmente, sempre da lei, ne ha un secondo di nome Giorgio e un terzo di nome Nicolao[3].
Filiberto Torret non fu soltanto un pittore: pittore di Carlo Emanuele I (23 settembre 1626), Vittorio Amedeo I (“nostro pittore”, 28 agosto 1637) e “peintre ordinaire de Madame Royale”. Fu anche tra gli uomini di fiducia particolari di Madama Reale, dalla quale ebbe incarichi segreti da assolvere, che ancora non conosciamo, e per i quali risulta pagato; pagato da Cristina di Francia “à cause des ouvrages” non pittoriche (1639); “pour service segret” (1640); “in considerazione della sua servitù e del viaggio che va far a Nizza per servitio nostro” (1642); per “la servitù che continuamente ci rende” (1646) [4]. L’uso di pittori come uomini di fiducia o agenti segreti non era d’altra parte una novità poiché tutte le corti del tempo ne fecero ampiamente uso, su tutti la corte di Fiandra con Pietro Paolo Rubens, ma anche quella di Spagna con Velasquez o quella d’Inghilterra con Orazio Gentileschi[5].
Filiberto Torret viene sepolto a Sant’Eusebio (Torino) il 15 maggio 1669. Era mancato il giorno 13 maggio [6]. L’atto religioso di morte precisa il luogo del tutto particolare di nascita del pittore, che abbiamo segnalato all’inizio; ad esso noi ci atteniamo, proprio per la sua particolarità specifica e per la firma autorevole del documento di morte da parte dello storico nizzardo Pietro Goffredo, rettore di Sant’Eusebio di Torino. Riteniamo, in base aia dati raccolti sulla sua vita , che Torret dovesse essere nato verso il 1595.
Le nuove notizie che abbiamo fornito potranno essere utili per una sua monografia.
2
Alessandro Baudi di Vesme ha portato sul pittore una copiosa messe di documenti pertinenti[7].
Da questi documenti si deduce che Torret fu soprattutto autore di ritratti, grandi e piccoli di tutti i membri della famiglia ducale Il pittore dipinse anche pale sacre e altro [8]. Alessandro Baudi di Vesme ha pubblicato anche un’importante, diremmo fondamentale, “Mémoire des portraits que le peintre Narcis a faict et livrés pour Madama Royalle depuis le onzieme decembre1647”.
Si tratta di una lunga serie (una cinquantina di opere), precisa e documentata, di suoi ritratti eseguiti per Madama Reale Cristina di Francia, e a quel tempo ancora da pagare, che potranno con il tempo essere studiati in modo parcellare. Nel prezioso documento vengono precisati anche i destinatari dei ritratti: nobili signore e cavalieri della Corte torinese, ambasciatori, medici ed altri personaggi importanti transitati a Torino: la duchessa di Firenze, i Principi Elettori di Baviera, il re di Spagna, ecc.
Il 30 luglio 1664 il duca di Savoia Carlo Emanuele II ordina al Tesoriere della Casa di fu Madama Reale, sua “signora e madre”, di pagare al pittore lire 1350 d’argento per la nutrita serie di ritratti da lui eseguiti per la duchessa a partire, dice l’ordine di Carlo Emanuele II, dal 21 ottobre 1647 fino alla sua morte (27 dicembre 1663) [9]. La “Mémoire” parte solo dall’11 dicembre 1664. Ritratti di cui si era servita Madama Reale per più usi, anche per suoi donativi.
L’ordine di pagamento del duca era risposta alla richiesta di pagamento avanzata dal pittore il 25 maggio 1664. Il pittore aveva richiesto “per conseguire sodisfattione” “doppie 374” dei quadri dipinti per la duchessa. Il Patrimoniale Trucchi pretendeva di ridurre il debito a cento doppie. Madama Reale aveva sempre “benignamente” detto al pittore non solo di fargli dargli quanto dovuto, ma anche di “far altro” per lui. Ora, dopo la sua scomparsa, ne aveva bisogno assoluto “per la sua “senile età” e per essere “inhabile” a procacciarsi “il vivere e sostener ” la sua famiglia[10]. Come si può notare, una apertura precisa del pittore circa la sua salute e naturalmente la sua attività in quegli ultimi difficili anni di vita.
Il più famoso fra i dipinti di Torret è il ritratto della famiglia ducale che si trova alla Pinacoteca di Siena (fig. 1) ;
la duchessa, vedova di Vittorio Amedeo I dal 1637, vi è delineata con te figli : il piccolo Carlo Emanuele (1634 – 1675) e le sorelline Margherita Violante (1635 – 1663) e Adelaide Enrichetta (1636-1676). Il quadro ha il suo corrispettivo in un bozzetto monocromo del Museo Civico di Torino dove la duchessa è presentata ma con quattro figli, da sinistra a destra: l’erede al trono Carlo Emanuele I, Margherita Violante (nata nel 1635), futura duchessa di Parma; Adelaide Enrichetta, che diventerà elettrice di Baviera; in secondo piano la primogenita Ludovica Cristina (1629-1692) destinata ad essere sposa nel 1642 dello zio, Cardinal Maurizio di Savoia. Il bozzetto monocromo del quadro si trova nel Museo Civico di Palazzo Madama a Torino [11]. (fig.2).
Il monocromo, costituiva verosimilmente un prototipo destinato a essere replicato. I due quadri di datano verso il 1640/41.
Lo stile dell’opera rimanda alla coeva ritrattistica di corte francese e, in particolare, a quello dei pressochè contemporanei fratelli Henri (1603 – 1677) e Charles Beaubrun (1604 – 1694), attivi sotto Luigi XIII e durante la reggenza di Anna d’Austria. Tuttavia dobbiamo sottolineare che la formazione di Torret fra Parigi e Lione, era avvenuta, per ragioni cronologiche, prima e probabilmente sotto influsso dei pittori francesi di corte e dei molti pittori fiamminghi presenti a quel tempo a Parigi, segnatamente di Daniel Dumonstier (1574-1646) e di Frans Pourbus (1569 –1622). Della pittura nordica tardo cinquecentesca Torret porterà il segno in tutte le sue opere, sia per la rigidità delle figure che per l’uso di tavoli, drappi, tendaggi e baldacchini con poche aperture negli sfondi, che per la densa materia pittorica usata e il gusto minuzioso e lenticolare dei dettagli. Tutte le sue opere saranno caratterizzate dalla ricerca di canoni di decoro e solenne gravità dei personaggi , cristallizzati in una fissità distaccata.
D’altra parte, con Cristina di Francia al potere a Torino, le notizie sulla pittura di corte francese arrivano certo in presa diretta e il confronto con la ritrattistica francese e fiamminga dal 1630 in avanti appare pertanto assolutamente convincente e Torret risulta perfettamente allineato con l’esigenza di autocelebrazione delle corti europee del tempo, con la necessità di raffigurazioni fisionomiche precise e con funzioni di documentazione e rappresentanza, comuni anche a quella di Torino.
E’ ora riemerso uno splendido dipinto attribuile al Torret , rappresentante Carlo Emanuele II fanciullo [12] (fig. 3) e altri due dipinti di casa Savoia attribuibili a Torret sono usciti dai nostri privati archivi fotografici.
Il bambino è vestito da donna come usava al tempo e dimostra circa quattro anni, l’opera dovrebbe essere pertanto databile verso il 1638, quando era ancora vivo il fratello erede al trono Francesco Giacinto di Savoia (1632 – 1638). Il principe infatti non ha ancora segni di particolare regalità essendo secondo nella linea di successione. Francesco Giacinto, gravemente malato fin dalla nascita, morirà proprio nell’ottobre del 1638 e Carlo Emanuele sarà il nuovo duca. Da notare che nei quadri che rappresentano il piccolo Francesco Giacinto compare sempre il collare dell’Annunziata (figg 4/5) che Carlo Emanuele esibirà invece dopo la morte del fratellino.
4 Anonimo, Francesco Giacinto di Savoia, Villa Luserna di Rorà, di Campiglione Fenile (TO); 5 Anonimo, Francesco Giacinto di Savoia, Castello ducale di Agliè
Carlo Emanuele ha accanto un grande cane da caccia con un collare su cui è appena abbozzato uno stemma. Il quadro è ricco di simbologie sabaude. Il bambino, vestito per una caccia, porta puntata al petto una croce di san Maurizio di diamanti, ha nella mano sinistra un elegantissimo frustino dorato e cesellato che termina nel capo con una testa mostruosa e che si attorciglia con la corda seguendo il disegno del nodo che era antichissimo simbolo araldico di Casa Savoia, già presente fin dal medioevo sulle monete degli Stati sabaudi (fig. 6), e nel Collare dell’ Ordine Supremo della Santissima Annunziata (fig. 7).
6. Testone di Carlo I di Savoia (1482-1490) con nodo sabaudo; 7. Collare dell’ordine della SS. Annunziata
Sul tavolo è appoggiato uno spadino cesellato di fine fattura e un cappello da caccia con piume rosse e bianche. Nella mano destra il bambino tiene tre frecce. In questo caso non si tratta di oggetti da caccia ma di una precisa allusione alle tre frecce dell’apparizione di Cristo alla Beata Margherita di Savoia (1390-1464).[13] Proprio pochi anni prima del tempo in cui questo dipinto fu eseguito il culto di Margherita venne infatti avviato dai Savoia con precise mire religiose e dinastiche. Nel dicembre del 1623 Margherita di Savoia Gonzaga scriveva una lettera al vescovo di Alba Ludovico Gonzaga al fine di avere aiuto per la causa di beatificazione della sua antenata e il 20 luglio del 1627, nel duomo di Torino, davanti alla stessa Margherita Gonzaga si recitò un celebre panegirico di Emanuele Tesauro che associava le virtù dell’antica Santa Margherita di Antiochia a quelle di Margerita di Savoia[14]. Quello di Margherita di Savoia era pertanto un tema attuale anche se la sua beatificazione avverrà alcuni decenni dopo, il 9 ottobre 1669. Da notare che le frecce che caratterizzano l’iconografia di Margherita di Savoia sono sempre disposte a mazzo come se fossero fiori [15]. (fig. 8).
La veste rossa indossata dal bambino ne indica lo status principesco, la sua acconciatura comprende piccole trecce di capelli annodati e fermati da grandi fiocchi rossi. La vestina è percorsa da preziosi decori in pizzo con un grembiulino in tulle anch’esso finemente ricamato.
Questo importante dipinto, attribuibile al Torret per confronto diretto con il quadro di Siena, fa parte di una serie di altre tele che sono, a nostro parere, tutte del Torret. Segnaliamo, innanzitutto un quadro, anticamente a Torino ma in seguito disperso sul mercato antiquario raffigurante Vittorio Amedeo I, Cristina di Francia con la piccola Ludovica Cristina (1629-1692) e, su un tavolo coperto da un drappo di velluto, l’erede Francesco Giacinto ancora poco più che neonato foto 9. Sono tutti posti sotto un baldacchino. La duchessa indica con la mano destra il figlio maschio mentre il duca pone la mano sinistra su una corona che è destinata al primogenito. Poiché Francesco Giacinto nacque nel 1632 e Ludovica nel 1629, il dipinto è databile intorno al 1633 al massimo. La principessina dimostra infatti tre anni circa. I ritratti dei due giovani duchi vanno collegati con le due celebri incisioni di Giovenale Boetto stampate nel 1637 a Torino e con altri ritratti delle residenze sabaude .[16] (figg. 10/11).
10. Philibert Torret, Ritratto di vittorio Amedeo I, Castello ducale di Agliè (Torino); 11. Giovenale Boetto, Cristina di Francia, incisione.
Il dipinto permette inoltre di attribuire al Torret tutta una serie di ritratti, soprattutto di Vittorio Amedeo I che si trovano sparsi nelle residenze sabaude e che in passato sono stati attribuiti erroneamente ad altri artisti: un materiale ancora tutto da vagliare e da studiare.[17]
Molto strette le analogie fra questo dipinto e quello del piccolo Carlo Emanuele ritrovato: identico stile, identica minuzia descrittiva nei particolari, identico spirito di celebrazione dinastica attraverso allusioni e simbologie precise. Vi è poi un quadro , di grande importanza, già proprietà dei marchesi Thaon di Revel a Torino di cui oggi resta solo una foto nel Fondo Malaguzzi Valeri di Bologna (fig. 13).
Vi sono raffigurati sei figli infanti di Vittorio Amedeo I e di Cristina, sempre secondo un assetto dinastico preciso e celebrativo. In primo piano Francesco Giacinto offre una rosa alla sorellina Ludovica, fra i due il piccolo Carlo Emanuele, pronto a succedere al malaticcio fratello. Sulla destra una bambina che dovrebbe essere Margherita Violante. I due infanti nello sfondo, sdraiati in un lettino uno accanto all’altro, sono identificabili in Enrichetta Adelaide di Savoia (1636-1676) e la sua gemella Caterina Beatrice vissuta solo otto mesi. Una è viva e l’altra pare morta, con le manine incrociate sul petto e una croce, e quindi il quadro ne vuole essere anche un ricordo.
L’uso di raffigurare gli infanti di famiglia morti accomodati e fasciati in un lettino era al tempo d’altra parte normale nella pittura fiamminga e nordica e qualche altro esempio di tale genere si può trovare anche in Piemonte [18]. Anche questo dipinto, anticamente attributo a Francesco Cairo è opera di Torret, con lo stesso stile degli altri presentati e la stessa attenta cura dei dettagli fra cui notiamo una racchetta da tennis con la pallina. Vivacizzano la scena un coniglietto e un cagnolino. I bambini sono collocati su una terrazza con una balaustra e al centro un gran tendaggio che ospita il letto di legno intagliato dove stanno i due neonati, a destra e a sinistra frammenti di un paesaggio indistinto. La datazione è prossima al 1637 ed è evidente il riferimento al celebre dipinto di Van Dyck con i figlio di Carlo I, giunto a Torino nel 1635[19].
Il gioco del tennis sicuramente era molto amato dai piccoli Savoia poiché lo ritroviamo in un altro quadro oggi alla Palazzina di Caccia attribuito a Francesco Cairo e raffigurante Francesco Giacinto con Carlo Emanuele II con una racchetta[20].
Chiude la serie di questi ritratti dinastici e, al tempo, famigliari un inedito dipinto, noto solo tramite una fotografia antica del nostro archivio, che rappresenta Ludovica Cristina di Savoia bambina di 4/5 anni con accanto Francesco Giacinto fig. 13). La principessa, che assomiglia in modo impressionante alla madre, è abbigliata con la stessa veste che indossa nel quadro già dei Thaon di Revel , anche questo quadro è opere di Philibert Torret.
Al pittore francese, sulla scorta dei quadri qui segnalati potranno in futuro essere attributi con sicurezza una cospicua serie di ritratti sabaudi presenti nelle residenze reali o transitati sul mercato internazionale.
Fra tutti segnaliamo il ritratto di Carlo Emanuele II fanciullo, già delle collezioni del duca Amedeo d’Aosta, passato in asta a Torino nel settembre 2013 e corrispondente a una serie di ritrattini del duchino esistenti nelle residenze sabaude e nei musei e collezioni private piemontesi [21]. (fig. 14)
Philibert Torret emerge da queste considerazioni come un pittore di grande livello, il cui corpus di opere appare ancora da ricostruire ma che, sulla scorta delle tele qui proposte, si ritaglia un proprio preciso spazio nel panorama della ritrattistica di corte europea del Seicento. La sua produzione, molto vasta e a getto continuo, si estende su tutta l’epoca di Cristina di Francia, dal suo arrivo a Torino nel 1618, alla sua morte nel 1663, e poi ancora per alcuni anni fino alla morte del Torret stesso nel 1669.[22] Fu pertanto un vero cantore e illustratore dei fasti di quella corte sabauda e a lui si devono anche molteplici ritratti di Cristina vedova, di Adelaide Enrichetta sposa nel 1652 del Duca di Baviera, e di altri della famiglia sabauda. I suoi ritratti, molto apprezzati, conobbero vasta fortuna iconografia e numerose repliche e copie.
Stimato da tutto l’entourage ducale, fu lodato da scrittori e poeti come Michelangelo Golzio e Valeriano Castiglione.[23] Quest’ultimo in una sua lettera inserita in una raccolta epistolare stampata nel 1642[24], ricevendo in dono dalla duchessa due ritratti del Torret raffiguranti rispettivamente Cristina e un figlio affermava:
“Io non mi estendo alle lodi delle pitture, bastando il dire che l’artefice, qual Narciso, potrebbe innamorarsene, contemplandovi il ritratto perfetto dell’arte sua“.
E i ritratti di Torret sono effettivamente specchio di un tempo, di una corte, di un’epoca storicamente tormentata. Come sempre in Piemonte, emerge la doppia anima della pittura locale sospesa fra nord (Francia, Fiandre) e tradizione italiana. Pittura, quella di Torret, castigata rispetto agli standard barocchi del tempo, con meno sfavillii, rigida nelle definizioni ma tuttavia priva della severa gravità, ad esempio, dei coevi ritratti asburgici. Il tono, anzi, è sommesso, confidenziale e quasi famigliare in grado di creare empatia fra lo spettatore e l’opera.
Un’arte molto raffinata, senza errori di approccio, un po’ bisbigliata. Perfetta per una piccola corte che a quel tempo pareva quasi periferica ma che già coltivava grandi ambizioni. Come si sarebbe visto in seguito.
Arabella CIFANI & Francesco MONETTI Torino Giugno 2022
APPARATI
Documenti civili
1
Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Patenti Controllo Finanze. Alcuni documenti sono ricordati già nelle Schede Vesme, cit., pp. 1050-1052 passim.
Indici Patenti Controllo Finanze, volume 5, N-R (1300-1717), pagina 6: “Narcisso Filiberto. Dono di somma – R.° 1629 a 1630, fol. 251; R.° 1642, fol. 68.78.197; R.° 1638, 2°, fol. 5. Pitore. Ajuto di Costa – R.° 1638, 3°, fol. 68. Confirmazione di Stipendio – R° 1646 a 1647, fol. 76”.
[Seguono pagamenti al figlio Giorgio, “per scrittore nella Grande Cancelleria”, per “Segretaro di S. A. Reale”, per “Segretaro del Conseglio d’Artiglieria”, ecc.].
Indici Patenti Controllo Finanze, volume 6, S-Z (1300-1717), pagina 460: “Toretta Filiberto. Per pitture di S.A.- R.° primo 1637, fol. 198; R.° 2° 1638, fol. 5. Confirmazione di Stipendio – R.° 1646 a 1647, fol. 76.
Filiberto. Ordine di pagamento per prezzo di quadri – R.° 1664 a 1665, fol. 98”.
Indici Patenti Controllo Finanze, volume 6, S-Z (1300-1717), pagina 461: “Torretto o Torret Filiberto. Stipendio e libra Cibaria – R.° 2° 1617 a 1618, fol. 114. Assento [sic] – R.° 1619, fol. 240; R.° 1621 primo, fol. 176; R.° primo 1623, fol. 28; R.° 3°, fol. 48; R.° 2° 1627, fol. 73; R.° 1642, fol. 68. […].
Pittore. Discarico per prezzo di ritratti – R.° 1652, fol. 217”.
2
La ricerca nell’Archivio dell’Insinuazione di Torino (AST: Arch. di Stato di Stato di Torino, Sezioni Riunite) è stata condotta dal luglio 1610, inizio dell’Insinuazione, fino al 1700. I documenti che riguardano il pittore sono pochissimi ed occorre anche distinguerli da quelli riguardanti un altro Filiberto Torretto, presente a Torino in quegli anni; questo secondo Filiberto è figlio di Bartolomea e di Giorgio, “scudiero di bocca aiutante di Camera di S. A. Serenissima, figliolo del fù signor Giorgio” (1624, libro 9, ff. 305r-307v: Torino, 21 agosto 1624). Il testamento del padre Giorgio è segnato: 1623, libro 11, f. 295.
1625, libro 11, f. 295r-v: Dotta della Signora Anna Moglie del Signor Filiberto Torretto pittore in Torino”. Torino, 9 maggio 1625. Nella Casa di Gio Batta Fetta, parrocchia di San Giovanni, di fronte a diversi testimoni richiesti. “Filiberto Torretta, del fu Signor Ludovico di Pariggi Pittore in Torino” sta per sposare Anna Gavotta, “figliola di m.r Battista di Pecetto in Torino residente”. Il padre della sposa costituisce in dote per la figlia “scudi cento a fiorini otto l’uno”; e i coniugi Giacobino e Violante Bruno, “in solidum scudi ducento simili”. Il padre sborsa subito 50 scudi e i due coniugi altri 50: tutti “in denari contanti”. Più vengono dati altri scudi 100 “in tanti mobili, lingierie”, come fardello. I restanti 100 scudi (50 del padre e 50 dei coniugi) si daranno alla festa di “S. Martino prossimo” in denari contanti. Tutti i presenti firmano. Notaio: Gio Batta Baralia.
1629, libro 2, vol. 2, ff. 555r-556r: “Donatione causa mortis di Madonna Anna Maria Torrete di Torino favore marito”. Torino, 28 ottobre 1625. Casa di Gio Batta Fetta, abitazione di Filiberto Torret, parrocchia San Giovanni, di fronte a diversi testimoni. La “nobile madonna Anna moglie di m.r Filliberto Torrette, et figliola del fu Battista Gavotto di questa Città”, è “inferma giacente in letto”, sana però di mente, senso, intelletto e loquela. Anna dona a “Filliberto Torrette suo marito assente” “tutti i suoi beni, mobili, stabili, raggioni, et attioni dottali”, sia presenti che futuri. Seguono le firme dei presenti. Notaio: Lorenzo Mondano, “ducal nodaro”.
1645, libro 7, ff. 277r-278v: “Cessione per il Signor Filiberto Torrette da m.r Marco Antonio Gavotto di Torino”. Torino, 22 settembre 1643. Casa di “m.r Dioniggio del Puy”, parrocchia di San Marco. Di fronte a diversi testimoni. Si presenta Marc’Antonio Gavotto di Torino, “figliolo del fu m.r Battista”, per “tanta somma dovuta da lui al Signor Filiberto Torretta detto Narcis Pittore di fù A.R. habitante in Torino suo Cugnato”. Si tratta di tre “Appoche in stampa”: 100 scudi (7 maggio 1627); 400 fiorini (11 dicembre 1624); 114 scudi (12 febbraio 1626). Marc’Antonio paga e Filiberto ritira i soldi dovutigli, rilasciando quietanza. Notaio: Giovanni Chianea, nodaro in Torino.
1646, libro 10, f. 258r-v: “Deliberamento del Signor Filliberto Toretta detto Narcis”. Torino, 25 agosto 1646. Filiberto esibisce nella sede della “Segreteria della Corte ordinaria” di Torino, davanti al “nobile m.r Bartholomeo Taulino”, gli atti contro il “Signor Capitano Carlo Amedeo Dentis”, iniziati già il 30 luglio 1646. Chiede che una “bottega e stanza” di proprietà del Dentis siano deliberate a lui “in sodisfatione di suo credito di liure trecento sessanta nove”, dovutegli dal Dentis stesso. Della parte avversa nessuno si presenta. La sua richiesta è accolta. Commissario Maladra.
1651, libro 5, f. 143r-v: “Quittanza a favor di Filippo e cugini Vaudani dal Signor Filiberto Torretta detto Narcis”. Torino, 29 aprile 1651. “Casa del Signor Paolo Ponte”, abitazione di Filiberto Torretta, parrocchia San Giovanni, di fronte a due testimoni. Si costituisce personalmente “il Signor Filiberto Toretta detto Narcis francese in Torino residente”. Ha ricevuto da Filippo Vaudano e cugini “la somma di liure cinquanta d’argento a soldi venti l’una”, “quali sono per saldo, e compito pagamento del legato fatto dalla fù Domenica figliola del fu Bernardo Gavotto di Pecetto, et moglie rellassata dal fù Antonio Vaudano del fu Biaggio in secondo matrimonio”. Il legato era stato a favore di “Battista Gavotto suo fratello come per testamento rogato al fù Signor Gio Maria Bara Ducal Nodaro di Pecetto”. Ora il legato spetta a Filiberto Torretta “in virtù di successione come marito della fu Signora Anna Gavota sua prima moglie, et herede del sudetto fu Battista Gavotto”, suo padre. Filiberto riceve le 50 lire d’argento e rilascia quietanza. Notaio: Nicolò Bara “Ducal Nodato di Pecetto”.
Documenti religiosi
Brogliazzi o Fogliazzi di Battesimo, Matrimonio e Morte della parrocchia di S. Giovanni (Torino), Anno 1626, s. i. p. [senza indicazione paginazione]: “Carlo figliolo di m.r Filiberto et Anna giogali de Torette di Parigi residente in Torino è stato batezato li 3 novembre 1626 per me Vicecurato; padrino il signor Giacomo Ottavio di Rosilione, madrina la signora Margarita di Rosiglon Marchese di Riva”.
Brogliazzi citati, anno 1628, s. i. p.: Filiberto è padrino di batt. (“m.r Filiberto Toretta di Parigi”) il 19 aprile 1628.
Brogliazzi citati, anno 1628, s. i. p.: “Mauritio figliolo di Filiberto et Anna giugali di Toretto nato li 2 settembre battezato li 8 [settembre 1628] per me. Il Padrino al [sic] Signor Amedeo Fabarro a nome del Eccellentissimo Signor D. Mauritio di Savoia, et la Signora Catharina Fabarra”.
Brogliazzi cit., anno 1628, s. i. p.: “Mauritio figliolo di Filiberto Torretta è stato sepolto in S. Gioanni li 14 novembre 1628”.
Liber Baptizatorum della parrocchia di San Giovanni (Torino), Anno 1630, f. 120r: “Violante figliola di Filiberto e Anna giugali de Torrette nata il 15 e battezata il 18 febraro 1630”.
Liber Baptizatorum della parrocchia di Sant’Eusebio (Torino), Anno 1643, f. 24r: “Narcis. Gioseffo figlio delli Signori Filiberto et Glaudina giugali Torrete de Narcis è nato li 22 febraro 1643 battezato li 22 marzo detto. Padrino Signor Cavaglier Gio Soruilla. Madrina Signora Maria Turineta”.
Liber Defunctorum della parrocchia di San Giovanni (Torino), Anno 1660, s.i.p.: “Nicolao figlio del Signor Filiberto Narcis della Cura di S. Eusebio è stato sepolto in S. Gioanni li 25 7bre 1660”. Si veda anche: Liber Defunctorum della parrocchia di Sant’Eusebio (Torino), Anno 1660, f. 156v: “Signor Nicolao Toretto detto Narcis di licenza mia è stato sepolto in S. Giovanni li 25 di 7mbre 1660”.
Liber Baptizatorum ab anno 1632 usque ad 1640 et Defonctorum ab anno 1640 usque ad 1671, parrocchia S. Eusebio (Torino), f. 210v: “Signor Filiberto Toretto detto Monsieur Narcis Pittore, Francese nativo di Brioud in Alvernia è stato sepolto in S. Eusebio li 15 maggio 1669”.
Estratto di albero genealogico della famiglia Torret
Ludovico (m. prima 9 mag. 1625)
FILIBERTO, detto Narcis
“Nativo di Brioud in Alvernia” (Francia)
Morto a Torino il 13, sepolto in S. Eusebio il 15 mag. 1669
Pittore
PRIME NOZZE: Anna Gavoto (1625)
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Carlo Maurizio Violante
Batt. 3 nov. 1626 N. 2 sett., batt. 8 sett. 1628 N. 15, batt. 18 febbr. 1630
Sepolto 14 nov. 1628
SECONDE NOZZE: Glaudina
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Giuseppe Nicolao Giorgio
- 22 febbr. 1643 Sep. 27 7bre 1660
Batt. 22 marzo 1643 (1).
(1) Per il figlio Giuseppe, cfr.: Arch. Insinuaz. di Torino (AST, Sezioni Riunite), Anno 1677, libro 2, f. 481: “Vendita di Giuseppe Torretta a Gio Matteo Allequio”.
Nel castello di Agliè si conservano alcuni ritratti facenti parte di una serie dedicata agli antenati di Casa Savoia, documentata già nell’inventario del 1776 (in ASTO, Archivio Duca di Genova, Tenimento di Agliè, m. n. 50); allo stato attuale si tratta di una collezione di modeste dimensioni ma in passato contava centinaia di dipinti, di qualità e mani diverse. Nel corso dei secoli la serie fu incrementata ed in epoca ottocentesca resa omogenea attraverso alcuni interventi di ritocco delle pitture, di adeguamento di formato e di aggiunta o modifica delle iscrizioni presenti nella parte inferiore. Spesso tali interventi compromettono la lettura dell’effigie originaria e pongono notevoli problemi di datazione delle opere, che riflettono solo più la fase ottocentesca. Alcune tele sembrerebbero meno compromesse, tra cui quella in esame raffigurante Vittorio Amedeo I di Savoia (Torino 1587-Vercelli 1637), sposatosi nel 1618 Cristina di Francia e diventato duca di Savoia nel 1630, alla morte del padre Carlo Emanuele I. La catena inventariale purtroppo non è precisa poichè spesso le identificazioni proposte nei registri storici sono generiche e si riferiscono a gruppi di opere omogenee per soggetti (si ricorda che in castello si conservano altri ritratti di Vittorio Amedeo I).Numerosi sono i confronti iconografici con immagini note di Vittorio Amedeo I, per cui si rimanda all’incisione di Giovenale Boetto inserita nel manoscritto “Historia della vita del duca di Savoia Vittorio Amedeo I, re di Cipro” di Valeriano Castiglione, al celebre ritratto di Giovanna Garzoni conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze (cfr. “Figure del barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le provincie”, a cura di Giovanni Romano, Torino 1998, pp. 12; 43). Si ricorda inoltre il dipinto conservato al castello di Racconigi databile alla seconda metà del XVII secolo, per il quale Michela di Macco indica un prototipo forse riconducibile “all’attività di Cairo, ritrattista per Vittorio Amedeo e Cristina di Francia”, precisando che “la preziosa descrizione dell’abito rimanda ad un modello di cultura francese” (in “Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento”, a cura di G. Romano-M. di Macco, Torino, 1989, p. 20 n. 20), e tre al Quirinale (cfr. Laureati L.-Trezzani L. “Il patrimonio artistico del Quirinale. Pittura antica. La quadreria”. Milano 1993, p. 172 n. 168; p. 201 nn. 232-233).
NOTE