Maria Lucrezia VICINI
LA STORIA DI SUSANNA E I VECCHIONI RACCONTATA ALL’INTERNO DI UN QUADRETTO DI EBANO, IN LASTRINE DI CRISTALLO MOLATO A FOGLIA D’ORO GRAFFITA, SMALTI COLORATI E STAGNO, DI ARTE FRANCESE DEL SEC. XVI
Il quadretto (cm 20×26,5, inv. 57), presente su di un tavolo-console della prima sala del Museo, è entrato a far parte della Collezione Spada, in epoca tarda.
Proviene probabilmente da casa Ravaschieri dopo il matrimonio di Vincenzo Spada (1821-1855) con Lucrezia Fieschi Ravaschieri dei duchi di Rocca di Piemonte, celebrato nel 1846(1). Risulta citato per la prima volta nella ricognizione inventariale di Pietro Poncini del 1925 cosi descritto:
Quadro a cornice multiforme contenente smalti francesi del 500 tardo. Nel centro Susanna e i vecchi e nei piccoli quadri altri episodi della storia di Susanna (2).
Non catalogato da Zeri nel 1954, viene però dallo studioso menzionato nella piccola guida del Museo redatta nel 1970 insieme a Luisa Mortari, allora direttrice del Museo come
un prezioso quadretto dell’Arte Francese del sec. XVI, eccezionale per la sottigliezza d’esecuzione, in cornice d’ebano, con le storie di Susanna insidiata dai vecchi, raffigurante in numerose lastrine e cristallo a foglia d’oro graffita secondo la tecnica detta poi del vetro eglomisé (3).
Di forma quadrata, è poggiato su un leggio ligneo, e le lastrine, dalle forme geometriche con le scene riferite a Susanna, di cristallo molato, graffite a oro e colorate con smalti, sono incastonate nella partitura interna della cornice in ebano.
La tecnica decorativa “eglomisé,, molto antica, comunemente chiamata del vetro graffito e oro e, in Francia, a partire dal sec. XVIII, verre eglomisé, dal cognome del vetraio parigino Jean Baptist Glomy, era in uso già nel III sec. A.C. ad Alessandria, diffusa sia in epoca romana che paleocristiana e ripresa ampiamente nel Rinascimento per decorare oggetti liturgici o di carattere privato (4).
Il quadretto Spada rientra nella serie di destinazione privata, sicuramente per decorare una ambientazione domestica femminile all’interno del palazzo, considerato il tema trattato, ed è forse per questo motivo che compare documentato all’interno della quadreria solo dal 1925. Proprio nel Rinascimento, le scene con le storie di Susanna, venivano raffigurate nei cassoni nuziali come simbolo della purezza, da giglio, in ebraico fiore della purezza, da cui deriva il nome Susanna (5). Ma lo stesso cardinale Bernardino Spada possedeva l’immagine di Susanna al bagno su carta, con cornice che fece indorare nell’aprile del 1653 dall’indoratore Leonardo Santi, andata dispersa (6). La tecnica consiste nell’applicare sul rovescio del vetro delle semplici foglie dorate, oppure foglie dorate incise di figure, disegni e stampe, protette poi con un altro strato di vetro o con una mano di vernice o con una lamina metallica (7).
Susanna è una eroina leggendaria, la cui innocenza trionfò sulla malvagità di alcuni uomini. La sua storia, tratta dal Libro 13 di Daniele, dell’Antico Testamento, è narrata in sequenza nel quadretto.
Sposa felice di Joachim, un facoltoso ebreo babilonese, la giovane venne insediata da due giudici anziani amici di famiglia, mentre faceva il bagno nella piscina della sua villa. Ribellatasi alle molestie, i due minacciarono che se non si fosse concessa loro, avrebbero giurato pubblicamente di averla colta in flagrante adulterio con un giovane, una colpa che allora veniva punita con la lapidazione. Ma Susanna li respinse con sdegno e gridò invocando aiuto: è la scena principale del racconto che trova posto privilegiato nella lastra ottagonale centrale con gli angoli smussati. Non a caso, dal Rinascimento in poi, la scena con Susanna al bagno diventa la più rappresentata del racconto, più che altro per l’opportunità che offriva agli artisti di esercitarsi sul nudo femminile.
Irati, i due vecchioni misero in atto il loro ricatto, trascinando Susanna davanti alla corte sotto falsa accusa. Quindi fu ritenuta colpevole e condannata a morire. Durante il processo entrò in scena Daniele, un giovane conosciuto per la sua capacità di risolvere enigmi, dal nome ebraico che significa “Dio è il mio giudice”. Convinto che Susanna fosse innocente, intervenne in suo favore chiedendo di interrogare separatamente i due vecchi. Ma ottenendone testimonianze discordanti, riuscì a scagionare Susanna e a far condannare loro due secondo la legge di Mosè.
Questi sono gli altri episodi della storia, tutti raffigurati in quattro lastrine che ruotano negli angoli intorno a quella centrale con Susanna al bagno. Episodi che assumono una posizione secondaria, rispetto a quest’ultima, diversamente da come poteva accadere in epoca medioevale, quando Susanna rappresentava uno dei simboli della Chiesa minacciata dagli ebrei e dai pagani e la figura di Daniele diventava il tema privilegiato degli artisti proprio per i suoi poteri di ristabilire la giustizia.
Nel quadretto, Daniele è raffigurato nelle due lastrine d’angolo posti in alto: quello a destra, con Susanna condotta al cospetto di Daniele, dopo essere stata giudicata colpevole, quello a sinistra, con Daniele che giudica i vecchioni e li condanna. Negli altri due cristalli angolari, sono raffigurati i rimanenti episodi: in basso a destra Susanna condannata di adulterio dai due giudici ingiusti, in basso a sinistra l’esecuzione della condanna a morte dei vecchioni per lapidazione.
Le lastrine che circondano più da vicino la scena centrale, contengono le allegorie di alcune Virtù che sembrano connettersi, in qualità di principi morali ispiratori, con gli episodi che man mano si susseguono. In quelle tonde sono raffigurate le Virtù che devono accompagnare la vita di un sovrano, poste in corrispondenza agli episodi con le azioni di Daniele: la Carità che lo guida nel dare giudizio e la Fede, che trionfa nella conclusione della storia, la Religione che illumina sempre il comportamento di un sovrano, e l’ Abbondanza che è il risultato positivo di un governo che si ispira a queste Virtù. Nei riquadri posti in alto e in basso alla scena centrale, sono raffigurate le altre Virtù che sostengono sia il sovrano che i sudditi: la Temperanza, la Speranza e la Fortezza che avevano sostenuto Susanna nell’affrontare il giudizio iniquo dei Vecchioni e la Giustizia che trionfa attraverso la Fede e la Religione.
Come aveva con più precisione individuato Zeri, le filiforme e sinuose figurine che colmano le lastrine, descritte con disegno minuzioso e calligrafico, vicino proprio alla maniera del Durer, fanno dell’opera una derivazione francese del sec. XVI, correlata in particolare al gusto decorativo diffuso da Rosso Fiorentino e dal Primaticcio nella scuola di Fontainebleau e dagli stessi grandi smaltatori e orafi di Limoges di questo periodo come Pierre Raymond (Limoges.1583c-1584c), e Leonard Penicaud (Limoges 1470c-1542c). Gli splendidi colori, dalle tonalità rosso e blu, combinati in perfetto equilibrio con l’oro, mostrano evidenti riferimenti stilistici anche alla pittura veneta di Giorgione e Tiziano, ai quali pure si rifanno i decoratori su vetro dopo la metà del secolo attraverso le incisioni di Marc’Antonio Raimondi e di Ugo da Carpi.
Maria Lucrezia VICINI Roma 19 giungo 2022
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