di Nica FIORI
Le nove figlie di Zeus e Mnemosine (dea della Memoria), note dalle fonti letterarie come le divinità che rappresentavano l’ideale supremo dell’Arte nelle sue diverse manifestazioni, sono le ispiratrici dell’evento sperimentale “Moisai 2022. Voci contemporanee in Domus Aurea”, ovvero nove visite guidate nella celebre reggia di Nerone, che culminano nell’esperienza dell’arte performativa contemporanea, dalla danza al teatro, alla musica e alla poesia nella Sala Ottagona della Domus.
Le performances, ognuna dedicata a una Musa, si terranno dal 23 settembre al 9 ottobre 2022, e più esattamente per tre weekend nei giorni di venerdì, sabato e domenica.
Alfonsina Russo, Direttore Generale del Parco Archeologico del Colosseo, nel presentare la rassegna ha dichiarato:
“È così che puntiamo a rendere viva la memoria del passato, a dare voce alle stanze della Domus, recentemente già valorizzate da un nuovo sistema di illuminazione site specific; è così che uniamo il passato al presente contemporaneo, offrendo al nostro pubblico nuove esperienze di conoscenza e di mediazione culturale”.
Il termine Moisai non appartiene al greco classico, ma è quello del dialetto eolico usato da Pindaro quando scrive “Dai il tuo oracolo, o musa, e io sarò il tuo portavoce” (frammento 150). Nuovi portavoce saranno i performer contemporanei che con la loro arte vivificheranno gli ambienti della Domus, in sintonia con la passione di Nerone per la poesia, la recitazione, il canto: arti che praticava egli stesso e non certo in maniera così poco elegante, come siamo spinti a credere dalla lettura del “Quo vadis?” di Sienkiewicz. Questo imperatore, in effetti, a dispetto della sua fama negativa creata post mortem, era un uomo colto, grande amante della cultura greca.
La Domus Aurea, costruita dopo l’incendio di Roma del 64 d.C., era organizzata come una gigantesca villa in un’area vastissima compresa tra il Celio, il Palatino e l’Esquilino.
Tacito attribuisce la costruzione del lussuoso complesso a due architetti romani, Severo e Celere. Ci informa inoltre che
“qua esistevano laghi e pascoli, là boschi vasti e isolati, il tutto adattato con artificio in mezzo a edifici di soggiorno e di ricevimento, ninfei, terme, colonnati”.
Svetonio racconta che Nerone “in nessun altro modo dissipò tanto quanto nell’edificare”. Nel suo palazzo
“gli interni avevano un rivestimento d’oro ed erano costellati di gemme e di madreperle; sale da pranzo con soffitti a pannelli d’avorio, mobili e traforati per far piovere dall’alto fiori ed essenze profumate; la sala da pranzo più importante era rotonda e girava di continuo, giorno e notte, come il mondo; c’erano bagni dove scorrevano acque di mare e acque Albule”.
Intorno al palazzo, Nerone volle che si estendessero grandi e meravigliosi giardini e nel centro della valle, dove ora vediamo il Colosseo, creò un profondo stagnum, ovvero un lago artificiale, con tanto di porto. Egli, poi, si fece riprodurre in una statua colossale di 120 piedi (36 m ca.) che lo ritraeva con la corona raggiata del dio Elio.
Alla sua morte, avvenuta nel 68, Nerone subì la damnatio memoriae e la dinastia Flavia decise di utilizzare l’area della Domus Aurea in modo più utile e di restituire al popolo romano i terreni che gli erano stati sottratti. Vespasiano incominciò coraggiosamente la distruzione della villa, risparmiandone una parte assai piccola, e avviò la costruzione dell’Anfiteatro Flavio, un edificio pubblico del quale potessero usufruire tutti.
Più tardi, nel 104, l’architetto Apollodoro di Damasco ebbe l’ingegnosa idea di colmare di terra l’edificio neroniano, già spogliato dei marmi e delle opere d’arte, sfruttandolo come base per le Terme di Traiano. Sulle rovine delle terme, cadute in abbandono dopo il taglio degli acquedotti da parte di Vitige, re degli Ostrogoti, nel 539, si impiantarono nel Medioevo orti e vigne, a caratterizzare il nuovo paesaggio del colle Oppio.
Ma, alla fine del ‘400, nel clima rinascimentale di recupero della cultura classica, le rovine che affioravano cominciarono ad essere esplorate, mediante pozzi e gallerie scavate dall’alto. Numerosi artisti e studiosi di antichità si calarono all’interno delle misteriose “grotte esquiline”, non immaginando di avere di fronte una delle residenze più sontuose dell’antichità. Alla luce delle torce, furono ammirati per la prima volta i motivi decorativi delle volte, che sarebbero diventati fonte di ispirazione per gli artisti del ‘500. Raffaello, Pinturicchio, Ghirlandaio e tanti altri trassero ispirazione dalle pitture e dagli stucchi neroniani per decorare le logge di cardinali e aristocratici romani, nei Palazzi Vaticani, a Castel Sant’Angelo, a Villa Madama. Vennero copiate le eleganti colonnine, i candelabri, le ghirlande e l’inesauribile diffondersi di viticci, grifi, chimere, mostri marini e maschere. Nacque così il motivo decorativo delle “grottesche”, sinonimo ben presto di un’ornamentazione bizzarra e capricciosa.
Parallelamente alla scoperta del fantastico repertorio pittorico degli ambienti sotterranei, si procedette ad alcuni scavi nelle vigne del Colle Oppio. Nel 1506 grande scalpore provocò il rinvenimento del gruppo scultoreo del Laocoonte, conservato nei Musei Vaticani, raffigurante il sacerdote troiano che con i suoi due figli viene attaccato da due serpenti in un intrico impressionante di spire ferine e arti umani. La presenza del celebre gruppo non sorprende se si considera che le fonti antiche più volte sottolineano le manie collezionistiche di Nerone, che aveva compiuto razzie in tutta la Grecia per adornare i saloni della sua reggia.
Di tutte le meraviglie della Domus Aurea resta ora un settore sul Colle Oppio, lungo circa 300 m e largo 190 m, che si è casualmente salvato perché inserito nelle fondamenta delle Terme di Traiano.
È costituito da numerosissime stanze che, pur nella loro attuale situazione di sotterranei, danno l’idea della capacità dei suoi architetti (definiti dalle fonti magistri e machinatores) di ottenere effetti speciali, grazie a espedienti architettonici innovativi. La luce doveva essere fondamentale per dare alla dimora l’appellativo di Aurea, e doveva esaltare le opere d’arte in un impianto scenico pensato per meravigliare gli ospiti dell’imperatore.
La Domus, dopo un lungo periodo di restauro (tuttora in corso), è stata riaperta al pubblico qualche anno fa. La grande Sala ottagona si impone indubbiamente per la sua pianta particolare, circondata da cinque stanze a raggiera, di cui quella centrale era un grande ninfeo con una cascata d’acqua sul fondo.
A essa si accede dopo un lungo percorso in ambienti bui, umidi e freddi.
Sono inseriti nel percorso della visita elementi scultorei (tra cui tre capitelli, un torso di Amazzone, un labrum) e alcuni affreschi con quadretti del IV stile pompeiano (per lo più nelle parti superiori delle pareti, perché il rivestimento inferiore era di marmo).
Fabullo è uno dei pochi pittori latini dei quali ci sia pervenuto il nome. Secondo Plinio, egli dedicò tutta la sua vita alla decorazione del complesso neroniano, tant’è che la Domus Aurea fu “la prigione della sua arte”. Tra le sale affrescate più note vi è quella di Achille a Sciro, nella cui volta si ha la vivace scena che le dà il nome. Il dipinto raffigura Achille mentre si toglie le vesti femminili (che la madre gli aveva fatto indossare per evitare che prendesse parte alla guerra di Troia) e prende le armi che Ulisse, travestito da mercante, gli porge per smascherarlo. I soggetti ispirati ai poemi omerici dovevano essere frequenti nella residenza neroniana, visto che uno dei suoi ambienti più celebri è il Ninfeo di Polifemo, decorato con finte stalattiti e con un mosaico che copriva la volta e le pareti.
Conservato solo nel tondo centrale, rappresenta Ulisse, in piedi, mentre porge a Polifemo, semisdraiato, la coppa con il vino. È realizzato con tesserine vitree dai colori tendenti al blu con ombreggiature nere e fondo bianco.
La scelta delle Muse per dar voce all’arte performativa contemporanea nella Domus Aurea è legata alla presenza nella dimora neroniana di una statua di Tersicore, protettrice del canto e della danza, e di quelle frammentarie di Talia (la Musa della commedia) e di Erato (protettrice della lirica corale e della poesia amorosa).
Le statue in marmo pentelico, che dovevano far parte di un ciclo completo, sono state ritrovate durante gli scavi del 1958 nel settore del Ninfeo di Polifemo e sono state di recente nuovamente esposte (tranne Erato, in quanto troppo frammentaria), dopo l’ultimo restauro che ha restituito al complesso monumentale del Colle Oppio la funzione di padiglione “dinamico” che aveva in passato.
Tersicore è rappresentata seduta su una roccia, mentre sostiene con la sinistra la lira, simbolo della sua arte. La testa è scarsamente conservata: il viso è di fatto perduto, mentre è visibile la pettinatura sul retro con i capelli divisi in due bande e raccolti sulla nuca.
Talia doveva essere pure seduta. Manca la parte inferiore, la testa e il braccio destro che doveva sostenere la maschera teatrale ridente. Quello che vediamo denota comunque una raffinatezza nella resa dei panneggi e dei dettagli e un equilibrio compositivo che richiama i modelli della scuola di Prassitele.
La mancanza degli sguardi sembra trasmettere a queste classiche bellezze scultoree un’inquietudine quasi metafisica (il nostro pensiero va alle Muse inquietanti di Giorgio de Chirico), ma le voci di artisti contemporanei daranno loro una nuova emblematica vita. L’evento Moisai 2022, promosso e organizzato dal Parco Archeologico del Colosseo, è a cura di Francesca Guarneri, Stefano Borghini, Daniele Fortuna, Ines Arletti.
I nove incontri saranno caratterizzati da un percorso sonoro suggestivo e immersivo, appositamente ideato per l’evento e modellato sul sito, per accompagnare progressivamente i visitatori verso l’atmosfera emotiva degli spettacoli.
Il 23 settembre andrà in scena Dialoghi sul cambiamento di Valerio Aprea (con Valerio Aprea e Alessio Viola), mentre il 24 settembre sarà la volta di Venere e Adone di e con Roberto Latini; NO RAMA di Annamaria Ajmone (con Annamaria Ajmone, Marta Capaccioli, Lucrezia Palandri) sarà lo spettacolo protagonista della serata del 25 settembre.
Si prosegue il 30 settembre con Come una canna sul letto di un fiume – Frammenti dell’epopea di Gilgamesh, di Giovanni Calcagno con Giovanni Calcagno e Vincenzo Pirrotta (tappa di avvicinamento per lo spettacolo Gilgamesh, prodotto da Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale). Il 1° ottobre Graziano Piazza e Viola Graziosi saranno i protagonisti di Odisseo nostro contemporaneo di Q Academy, con le musiche dal vivo di Stefano Saletti, la voce di Barbara Eramo e la regia di Piero Maccarinelli. Alcune coreografie di Jacopo Jenna, con collaborazione e danza di Ramona Caia e collaborazione e video di Roberto Fassone, accompagneranno invece l’appuntamento del 2 ottobre.
L’ultimo week end vedrà in scena il 7 ottobre Divenire del tempo trascorso di Lorenzo Letizia e Marlene Kuntz. Open Octagon Score. Azione in forma di rito di Adriana Borriello (con Adriana Borriello, Erika Bravini, Roberto Cherubini, Michael Incarbone, Ilenia Romano, Cinzia Sità) sarà in scena l’8 ottobre. La rassegna si concluderà il 9 ottobre con Il quotidiano innamoramento, rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri, con la guida di Cesare Ronconi.
Nica FIORI Roma 18 Settembre 2022
“Moisai 2022. Voci contemporanee in Domus Aurea”
Visite guidate tematiche (Le Muse, Nerone e l’Arte) e performance finale nella Sala Ottagona della Domus Aurea.
Roma, Viale della Domus Aurea, 1
Date: 23 settembre, 24 settembre, 25 settembre, 30 settembre, 1° ottobre, 2 ottobre, 7 ottobre, 8 ottobre, 9 ottobre Orario di inizio: 17,30. La temperatura all’interno è di circa 10 gradi. Si consiglia un abbigliamento adeguato
Biglietto: intero € 10 (ridotto € 6; gratuito per gli aventi diritto) + € 1 di prenotazione. Acquisto del biglietto esclusivamente online sul sito www.coopculture.it