di Claudio LISTANTI
Il Teatro dell’Opera di Roma ha chiuso la Stagione Lirica e di Balletto 2021-2022 con una buona edizione di Giselle, uno dei balletti più significativi della storia della Danza.
Ad arricchire la valenza della proposta c’è da segnalare anche che a contribuire alla valenza di questa scelta c’è stato il desiderio degli organizzatori del teatro romano di dedicare questa serie di recite al ricordo di Carla Fracci la grande danzatrice scomparsa il 27 maggio dello scorso anno 2021. Il suo nome è strettamente legato sia a Giselle che al Teatro dell’Opera di Roma, balletto con il quale debuttò proprio presso il teatro romano nel 1964, rendendosi anche protagonista di un’altra serata magica per lo stesso Teatro, sempre con Giselle, che nel gennaio 1980 segnò il ritorno sul palcoscenico dell’Istituzione romana di Rudolf Nureyev che interpretò alla grande la parte di Albrecht in una recita che, personalmente, ricordiamo elettrizzante e nella quale Carla Fracci fu magnifica Giselle.
Dal 2000 al 2010, inoltre, la Fracci ricoprì l’incarico di Direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera, un periodo che segnò lo zenit della compagnia dell’Opera non solo per la cura che la grande artista dedicò alla preparazione di tutti i componenti ma anche per la scelta del repertorio che si ampliò significativamente raggiungendo invidiabili punte di eccellenza. In quel periodo, tra le tante cose, ci fu nel 2004 una rappresentazione di Giselle rivolta a ricostruirne la storia e l’originale, realizzazione oggetto delle recite di questi giorni. Va anche ricordato che in quegli anni il Teatro dell’Opera, forse unico esempio in Europa, riuscì a riproporre ben tredici coreografie della storica compagnia dei Ballets russes di Sergej Djagilev che cambiò in senso moderno la Storia della Danza che proprio in quegli anni avrebbe compiuto il centenario. Dissapori con l’amministrazione comunale di allora costrinse poi ad abbandonare il teatro della capitale.
Giselle è uno dei balletti ‘cardine’ di tutta la storia della Danza, fondamentale per il repertorio classico-romantico del quale ne possiede tutti gli elementi espressivi e stilistici. Andò in scena per la prima assoluta all’Opéra di Parigi il 28 giugno 1841, basandosi su libretto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Théophile Gautier. La coreografia fu affidata a Jean Coralli con il ballerino e coreografo Jules Perrot, marito della grande Carlotta Grisi ballerina tra le più grandi dell’epoca romantica, che curò i passi a lei dedicati.
La partitura musicale fu opera di Adolphe-Charles Adam all’epoca celebre compositore di opere liriche e di balletto.
Giselle è capolavoro indiscusso del balletto romantico, genere del quale è una sorta di ‘manifesto’ che ne stabilisce le regole e la pratica esecutiva. In verità, il balletto romantico iniziò, di fatto, nel 1832 quando, sempre all’Opéra di Parigi, andò in scena La Sylphide di Filippo Taglioni, considerato in maniera unanime il prototipo di questo genere, nel quale per la prima volta comparve il tutù, creato apposta da Eugène Lami per la protagonista Maria Taglioni e il cosiddetto ‘atto bianco’ nel quale la protagonista e il corpo di ballo danzano con il tutù. Inoltre fu introdotta la danza sulle punte una forma di danza nata per disegnare la leggerezza e la leggiadria del personaggio Sylphide; tutti elementi, questi, che caratterizzano indiscutibilmente il balletto romantico di cui si è conservato lo stile fino ad oggi.
Ma dell’originale di Sylphide rimane molto poco per cui, grazie proprio a Giselle, che a partire dal suo successo iniziale fino ad oggi, non è quasi mai uscito dal repertorio conservando negli anni lo spirito originale, anche se con la prassi esecutiva sono stati apportati dei cambiamenti (cambi, tagli e aggiunte) che ne hanno alterato lo spirito e che proprio la revisione operata dalla Fracci nel 2004, e riproposta in questi giorni, ce lo presenta in maniera più fedele e genuina.
Per fare un po’ di storia di Giselle, e comprendere più incisivamente il suo percorso negli anni, c’è da considerare che dopo la prima di Parigi del 28 giugno 1841, l’eco del successo fu pressocché immediato.
Nel 1842, a marzo, il balletto fu rappresentato a Londra e nel dicembre dello stesso anno approdò al Mariinskij di Pietroburgo teatro nel quale entrò nel repertorio. Ci sono anche notizie dell’arrivo a Milano nel 1843 con una versione, sembra, snaturata nella musica e nella coreografia. Sulle scene di Parigi restò in auge fino al 1851 e ripresa del 1863 al 1868 per poi uscire dal repertorio. Ma fu grazie al Mariinskij che Giselle rimase sempre sulla cresta dell’onda. Dopo Parigi, nei vari tour europei, Giselle giunse con una versione coreografica adattata per intero da Jules Perrot, edizione adottata anche a Pietroburgo dove si stabilì in maniera costante nel repertorio fino a giungere negli anni ’80 dell’800 ad una versione ‘definitiva’ curata da Marius Petipa edizione che poi, nel 1911, Diaghilev riportò in Europa occidentale con i Ballets Russes , che è stata versione di riferimento fino ai nostri giorni anche se la prassi esecutiva ha introdotto diversi cambiamenti.
La versione di Carla Fracci del 2004, riproposta oggi, è stata ripresa da Julio Bocca, suo ultimo partner in questo titolo, e da Gillian Whittingham, è basata su quella di Jean Coralli e Jules Perrot comprendendo anche le preziose aggiunte di Marius Petipa assieme ad alcune introdotte dal ballerino e coreografo inglese Anton Dolin appartenente alla compagnia di Diaghilev. Ripropone inoltre lo spartito originale di Adam, operazione cha ha consentito anche la riapertura di diversi tagli. La versione Fracci, quindi, ne recupera lo spirito originale rendendo il balletto avvincente ed affascinante grazie anche ai deliziosi scene e costumi di Anna Anni la quale mise a disposizioni di questa ricostruzione tutta la sua poderosa esperienza acquisita nella sua vasta esperienza teatrale. Uno spettacolo, ancora oggi affascinante e coinvolgente, al quale giovano anche le luci curate da Jean-Michel Désiré.
Per quanto riguarda l’esecuzione alla quale abbiamo assistito (26 ottobre) c’era il notevole punto di richiamo della coppia di ballerini principali che rendeva questa serata di Danza molto attesa da parte di tutti gli appassionati e addetti ai lavori di questa splendida arte che sono convenuti numerosi in teatro per assistere alla rappresentazione.
Nella parte di Giselle c’era la danzatrice russa Natalia Osipova che proprio per questa occasione debuttava al Teatro dell’Opera elemento che ha reso la serata ancora più ‘speciale’. La Osipova, attualmente è uno dei punti di riferimento della compagnia del Royal Ballet di Londra e Giselle è uno di personaggi appartenenti al suo vasto repertorio che ha contribuito ad accrescere la valenza artistica delle sue interpretazioni. Per quanto riguarda la sua interpretazione, ovviamente basata su una tecnica sopraffina che le consente una espressività non comune, ci è sembrata un po’ disomogenea. Giselle può essere considerato un personaggio a due facce. Come mette bene in evidenza il saggio di Fedele D’Amico contenuto nel molto ben curato programma di sala, la giovane ragazza si manifesta in palcoscenico sotto due diversi aspetti drammatici.
Nel primo atto c’è l’ambiente rurale, pittoresco e festaiolo, del tutto realistico dove l’anima semplice di Giselle emerge con forza come mette ben in risalto la musica di Adam. Nel secondo atto siamo nello spettrale e nel soprannaturale, i personaggi diventano quasi impalpabili facenti parte di un mondo distante dalla fisicità. Nell’interpretazione della Osipova, a nostro giudizio, c’è stata una diversa resa tra le singole parti, anche se la sua potente espressività è stata determinante in tutte e due. La splendida e gioviale ragazza del primo atto metteva in mostra non solo la sua anima ‘popolare’ ma anche i suoi sentimenti interiori di donna innamorata, tutti elementi ai quali è riuscita a dare la giusta impronta anche grazie alla sua fisicità. Nel secondo atto, invece, mancava un po’ di quella leggerezza necessaria a rendere quel soprannaturale e quell’insieme che supera i limiti della natura. Lontana da noi è l’idea, più volte evidenziata nella storia, che questo fondamentale personaggio debba essere interpretato da due ballerine di differenti peculiarità, ognuna delle quali idonea ad inserirsi con efficacia in ciascuno dei due atti, ma dobbiamo dire che Giselle resta personaggio davvero difficile da rendere per la sua complessità, caratteristiche che, ricordiamo, erano amalgamate nelle interpretazioni di Carla Fracci dedicataria di questo spettacolo del quale stiamo riferendo.
Intendiamoci Natalia Osipova ha dimostrato di essere grande interprete di Danza e meritatissimi sono stati gli applausi e le ovazioni che ha ricevuto durante tutta la serata sia a scena aperta sia al termine della recita per un travolgente successo personale.
Nell’altra parte principale c’era il danzatore italiano Jacopo Tissi, uno dei più in vista di oggi molto considerato nel mondo della Danza al quale è stato affidato un ruolo di assoluto prestigio, quello di primo solista presso il Teatro Bolscioi di Mosca divenendo alla fine dello scorso anno anche primo ballerino ruolo dal quale si è dimesso come conseguenza delle note, tristi, vicende russo-ucraine.
Il suo Albrecht è stato intenso e sorprendente per un personaggio al quale è riuscito a dare intensità e rigore e la necessaria ‘credibilità’ scenica. Anche per lui un notevole successo personale certificato da numerosi applausi anche a scena aperta da un pubblico entusiasta, riuscendo anche a dimostrare anche un felice affiatamento con la Osipova per regalarci una coppia principale di grande spessore artistico.
Nelle altre parti convincente è stato l’Hilarion di Claudio Cocino e la Myrtha di Marianna Suriano che ha dato spessore al personaggio che nel secondo atto assume una connotazione ‘baricentrica’ per lo sviluppo dell’azione alla quale ha saputo dare giusto risalto.
Per quanto riguarda il resto della compagnia, è impossibile in questa sede citare per intero vista la copiosità dei singoli personaggi e dei danzatori impegnati nella realizzazione. Dobbiamo, però, dire che il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera ha fornito una prova del tutto valida nell’insieme sia per realizzare quegli elementi campestri e popolari che connotato tutto il primo atto e, soprattutto, si è mostrato del tutto convincente nell’affrontare le difficoltà della scena delle Villi del secondo atto, della quale ne ha rinnovato con efficacia tutte le emozioni che la splendida coreografia evoca. Tutto questo a testimonianza del valido lavoro intrapreso da Eleonora Abbagnato come direttrice della compagnia ballettistica del Teatro dell’Opera.
Kevin Rhodes, direttore di lunga e provata esperienza, ha diretto in maniera efficace tutto lo spettacolo anche grazie alla collaborazione dell’Orchestra del Teatro dell’Opera per una parte musicale del tutto omogenea con le necessità ‘tecniche’ del balletto e delle parti descrittive di ambienti e stati d’animo che la partitura contiene.
Come già accennato, lo spettacolo ha avuto un notevole successo, decretato da un pubblico convenuto in teatro al limite della capienza, un pubblico nel quale era molto numerosa la presenza di moltissimi giovani, elemento che ci dona la speranza che questa splendida arte resterà sempre viva nel cuore degli appassionati di tutti i tempi.
Claudio LISTANTI Roma 30 Ottobre 2022