di M.Lucrezia VICINI
“putto dormiente, con papaveri in mano, entro una culla di legno alta e sagomata e riccamente intagliata” (Federico Hermanin)
L’”Allegoria del Sonno Borghese” in replica permanente alla Galleria Spada
Pittore, scultore e architetto, Alessandro Algardi è uno dei massimi rappresentanti della corrente classicista nel periodo barocco.
Dopo essersi formato nella Accademia dei Carracci e aver soggiornato a Mantova presso i Gonzaga, intorno al 1625 si trasferì a Roma sotto la protezione del cardinale bolognese Ludovico Ludovisi (1595- 1632) che gli fece ricevere incarichi importanti, nonostante nei vari ambienti dominasse la personalità del Bernini di cui fu il grande rivale.
In seguito alla morte di Urbano VIII Barberini, fu protetto anche da Papa Innocenzo X Pamphili, realizzando per questi tra il 1640 e il 1650, diverse opere in bronzo e in marmo. Vanno ricordati i tre busti del pontefice in bronzo, marmo e bronzo e porfido, e quelli in marmo di Donna Olimpia e Benedetto Pamphili, conservati in Palazzo Doria Pamphili a Roma, nonchè una sua statua pure in bronzo presso il Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Sempre su incarico del Pamphili, esegui in quegli anni per la basilica di San Pietro, la Tomba di Leone X e l’altorilievo dell’incontro di Leone Magno con Attila (1).
Il Cardinale Bernardino Spada (1594-1661) aveva avuto contatti diretti con Algardi.
Nel 1633, dopo il mancato tentativo di far eseguire al Douquesnoy il celebre gruppo marmoreo con la Decollazione di San Paolo per la cappella di juspatronato Spada nella chiesa di San Paolo Maggiore a Bologna, lui e il fratello Virgilio si rivolsero all’artista, che accettò l’incarico, terminando l’opera nel 1644(2).
Fu probabilmente in questa fase che Bernardino entrò in possesso del Putto dormiente, privo tuttavia di supporto.
Ma si apprende che il 21 gennaio del 1654, versò al fedele falegname-ebanista Andrea Battaglini, 13 scudi per l’esecuzione di una culla entro cui adagiarlo, come lo stesso Battaglini riporta:
“ … per un ultimo lavoro fatto per haver fatto una cunna di bella fattura per una statua di marmoro che rappresenta un putto che dorme figurato per il sonno qual per agiustar detta cunna dietro a detto marmoro fu di gran difficoltà per haver detto marmoro soi dintorni molto interrotti qual’ è agiustato con grande diligenza”(3).
La scultura segue un lungo percorso inventariale e la troviamo citata per la prima volta nell’inventario del cardinale Bernardino del 1661 tra le opere dell’attuale terza sala del Museo, descritta entro una culla erroneamente ritenuta di stucco, come
“un putto in cunna di stucco, che dorme”(4).
In quello successivo del 1759, risulta spostata al piano terra del palazzo, nella cosiddetta “seconda anticamera” del museo archeologico allestito dallo stesso Spada quando, in occasione del matrimonio del nipote Orazio con Maria Veralli nel 1636, erano pervenute in dote alla famiglia diverse altre sculture che richiedevano una consona sistemazione.
Ricordata nel suddetto inventario semplicemente come “scultura moderna” (5), nel Fidecommesso del 1823 viene più esplicitamente ricordata, e sempre nel medesimo ambiente, come
“un putto di marmo in cuna rappresentante il sonno”(6).
Nell’Appendice al Fidecommesso del 1862 è menzionata come “putto dormiente”(7).
Nella ricognizione inventariale di Pietro Poncini del 1925 compare nuovamente ospitata nella terza sala del Museo, dove è rimasta, cosi descritta: “Putto che dorme supino” (8), mentre nella coeva stima di Hermanin che valuta lire 15.000 più dettagliatamente si legge:
“Scultura settecentesca romana: putto dormiente, con papaveri in mano, entro una culla di legno alta e sagomata e riccamente intagliata”(9).
Sulla guida della Galleria Spada del 1933, Emilio Lavagnino riporta che:
“…di fronte alla prima finestra di sinistra della terza sala è una scultura di uno scolaro di Gian Lorenzo Bernini rappresentante un putto addormentato nella culla” (10).
Federico Zeri, nelle guide del 1952(11) e del 1963(12) cita la scultura semplicemente come “Amore dormiente, di scuola Romana del Seicento”, mentre nella guida successiva del 1970(13) si pronuncia più dettagliatamente in tal modo:
“Il Sonno, statuetta in marmo bianco entro cuna in legno intagliato, replica con varianti della nota Allegoria nella Galleria Borghese, scolpita da Alessandro Algardi in pietra paragone (circa 1630)“.
L’attribuzione all’Algardi è confermata da Jennifer Montagu, anche lei del parere che sia una replica della Allegoria del Sonno della Galleria Borghese, eseguita dall’artista nel 1635-1636 per il principe Marcantonio Borghese (14).
Nel rappresentare il Sonno Borghese l’artista potrebbe essersi ispirato a prototipi antichi raffiguranti putti dormienti ovunque rintracciabili, come lo stesso putto alato dormiente di piccole dimensioni esistente nella collezione del Cardinale Bernardino, realizzato nel II sec. d.C. da un unico blocco di marmo bianco, tutt’ora esposto all’interno del Museo.
In pittura, tripudi di putti a tutto tondo si hanno ad esempio nei dipinti con storie di Bacco e Arianna, i cosiddetti Baccanali dipinti da Tiziano a Ferrara tra il 1518 e il 1524 per lo studiolo di Alfonso d’Este, largamente ripresi dagli artisti romani del ‘600, in particolare dal Poussin nel 1626 con i Baccanali di putti presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.
In questa sede si conserva pure un affresco staccato di Guido Reni del 1627 raffigurante un Putto dormiente, con caratteristiche iconografiche simili al putto Borghese e che l’Algardi potrebbe pure aver guardato.
La scelta dell’artista di eseguire l’opera in marmo nero di Fiandra, detto anche pietra di paragone, dipese forse dal fatto che all’epoca, essendosi diffusi dei pregiudizi nei suoi confronti che non fosse capace di lavorare il marmo, lui rispondesse usando un materiale apparentemente ancora più duro e difficile da trattare. Ma il colore nero potrebbe anche riferirsi alla terza fase della Notte, descritta come nera ed in atto di dormire con un ghiro (15), oppure al concetto che la Notte veniva rappresentata da due bambini, uno bianco, cioè il Sonno, l’altro nero che simboleggiava la Morte.
Altre due imitazioni Borghese con leggere varianti, di Jacques van der Bogaert (1671-1737), conosciuto in Francia come Desjardins, sono conservate nel Museum of fine Arts di Boston e nel Museum Fur Kunst und Gewerbe di Amburgo(16)
A differenza del Putto Borghese che giace addormentato su di un lenzuolo, il Putto Spada riposa nella culla adorna di larghe volute, nastri, fregi scanalati, ma atteggiato alla stessa maniera, con qualche divergenza nella posizione delle gambe, qui più contratte. Ai lati della culla sono inseriti a rilievo capsule e foglie di papavero, attributi legati al sonno per le loro proprietà narcotiche.
Come nell’originale, si ripetono nella mano sinistra del putto, capsule e foglie di papavero da oppio mentre altri esempi ne incoronano la testa riccioluta. Manca al suo fianco sinistro il ghiro dormiente.
Un restauro completo di ripulitura e reintegrazione effettuato nel 2008, ha restituito sia al marmo che al legno la patina originaria, rivelando nel complesso l’immagine di un interessante e originale esempio di scultura di ambito romano della metà del XVII sec.
M. Lucezia VICINI Roma 11 Dicembre 2022
Bibliografia