di Francesco PETRUCCI
E’ con vero piacere che pubblichiamo in anteprima, grazie alla disponibilità e generosità dell’amico Francesco Petrucci, un suo articolo d’Introduzione all’importante suo lavoro da poco pubblicato per i tipi dell’editore Gangemi, Palazzo Chigi in Ariccia. Nel complesso berniniano e del feudo chigiano. Si tratta del primo di una serie che vedrà la luce nei prossimi anni, frutto di studi, di ricerche e di approfondimenti concernenti la prestigiosa dimora, oggi sede del Museo del Barocco Romano di cui Petrucci è stato ed è conduttore e autentico animatore, e divenuto, grazie al suo impegno stimolato e guidato da Maurizio Fagiolo dell’Arco, vero e proprio punto di riferimento internazionale per gli studiosi del Barocco, per addetti ai lavori o semplici amanti delle belle arti.
In anteprima anche le Presentazioni del Sindaco di Ariccia e del Ceo di Lubea srl, sostentirice del progetto editoriale
Presentazione
Dott. Gianluca STACCOLI Sindaco di Ariccia
Questa monumentale pubblicazione è la sintesi di oltre quarant’anni di studi e di ricerche dell’arch. Francesco Petrucci, conservatore di Palazzo Chigi sin dal 1988 (anno dell’acquisto da parte del Comune di Ariccia), a partire dagli studi universitari, al libro del 1984 che recepiva la sua tesi di laurea sul monumento, ai numerosi aggiornamenti confluiti in riviste scientifiche, guide e cataloghi di mostre. Un lavoro necessario che finalmente mette in giusto risalto la grande valenza artistica e architettonica della dimora chigiana, anche grazie alla qualità di editing e stampa dell’editore Gangemi. Ma il libro in due tomi non è solo questo. Esso inserisce l’immobile storico nel contesto del complesso barocco di Ariccia con cui forma un insieme unitario e inscindibile, grazie alla progettazione del genio del Bernini, comprensivo della piazza di Corte, del parco e delle numerose fabbriche seicentesche. Il lavoro tratta anche del vecchio feudo chigiano con le sue vaste tenute, ripercorrendone le vicende fino alla dissoluzione del grande latifondo nel secolo scorso. Ma è anche la storia dei Chigi e di come l’illustre casata romana viveva durante le lunghe e periodiche villeggiature ad Ariccia. Insomma, non solo un libro d’arte e d’architettura, ma anche di storia sociale ed economica, che ripercorre l’intera storia di Ariccia dall’antichità ad oggi attraverso il fulcro propulsore del palazzo ducale. Una pubblicazione che potrà essere utile strumento per gli studiosi e per gli appassionati di arte, favorendo anche una presa di coscienza da parte della popolazione ariccina dell’importanza del proprio patrimonio culturale. Essa fornirà inoltre un riferimento conoscitivo imprescindibile alle amministrazioni pubbliche per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione di tale enorme patrimonio, anche a fini turistici e di ritorno occupazionale per il territorio. Rivolgo in tal senso un particolare ringraziamento all’autore, all’editore Gangemi e alla società Lubea di Giuseppe Mura che ha sostenuto, assieme al Comune di Ariccia, l’onere della pubblicazione.
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Giuseppe MURA CEO LUBEA s.r.l.
LUBEA, realtà imprenditoriale del nostro paese negli ambiti dell’ingegneria e della progettazione delle reti radiomobili e in fibra ottica è un’Azienda che, sin dalla sua costituzione, ha posto grande attenzione al sostegno e allo sviluppo delle attività culturali del territorio nel quale opera attraverso un approccio inclusivo e sostenibile che ne ha sempre caratterizzato la sua Corporate Identity. Nel momento in cui Francesco Petrucci ha manifestato il suo desiderio di realizzare questo progetto, ci ha subito colpito la passione e l’entusiasmo che trasparivano e, allo stesso tempo, abbiamo percepito il desiderio di trasmettere la sua profonda conoscenza del Barocco e dei Chigi alle generazioni future. Nella famiglia Chigi storia e arte si contaminano ripetutamente e il forte legame che le ha sempre caratterizzate nei secoli traspare in modo chiaro ed evidente dal suo lavoro. Dare il nostro contributo a questo progetto, in linea con le nostre inclusive politiche aziendali di sostegno alle iniziative culturali del territorio, non può quindi che renderci orgogliosi nel patrocinare, in collaborazione con il Comune di Ariccia, il primo volume di questa importante opera che è solo la prima parte di un lavoro ben più ampio che verrà realizzato nei prossimi anni. Seguiranno un volume sulla Quadreria e uno su Gli arredi e arti decorative. La nostra Azienda, innovativa sia nelle soluzioni tecnologiche proposte che nel modo di concepire il business con l’approccio etico, sostenibile e inclusivo che l’ha sempre caratterizzata, e che in questa sede rappresento in qualità di fondatore ed amministratore, è felice di aver potuto dare il proprio contributo a questo capolavoro che, negli anni a venire, diverrà un punto di riferimento per studiosi, accademici e appassionati
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Palazzo Chigi in Ariccia “capsula del tempo”: dal privato al pubblico
Il Palazzo Ducale di Ariccia costituisce un complesso architettonico unitario e armonico, la cui conformazione attuale è il risultato della radicale trasformazione del vecchio castello Savelli, promossa dai Chigi dopo l’acquisto del feudo nel 1661.
L’antica residenza baronale era stata ampliata alla fine del ‘500 dall’architetto Carlo Lambardi su commissione del cardinale Silvio Savelli, inglobando eterogenee strutture medioevali e rinascimentali impostate su preesistenze romane. Tale ampliamento, che forma circa un terzo dell’attuale complesso, fu conservato dai Chigi e assorbito nella nuova fabbrica, demolendo le stratificazioni precedenti.
La progettazione e la direzione dei lavori vennero affidate a Carlo Fontana, principe dell’architettura tardo-barocca romana, che seguì sicuramente un’idea progettuale del suo maestro Giovan Lorenzo Bernini, responsabile contestualmente della sistemazione urbanistica del borgo, della viabilità circondariale e della Piazza di Corte. Fu così che il vetusto e disomogeneo fortilizio venne trasformato tra il 1664 e il 1670 in una sontuosa dimora barocca.
Il risultato, che riverbera l’ampliamento del Lambardi, è un organismo con un assetto formale molto singolare, sfuggente ad un’univoca classificazione tipologica, risultando un ibrido architettonico che fonde le tipologie del palazzo, della villa e del castello.
Il monumento presenta un impianto longitudinale con due avancorpi, secondo uno schema rinascimentale tipico delle ville della campagna romana, e quattro torrioni angolari, sul modello della “fortezza-palazzo”. La rigorosa simmetria evidente in pianta, è in realtà articolata nei prospetti dalle forti variazioni altimetriche del terreno, a degradare ripidamente nel lato ovest verso la valle detta del Mascherone. Sovrasta il complesso architettonico l’altana, che domina il territorio e la campagna con le varie Chigi, fino al mare, segno tangibile dell’antico potere feudale.
Il sito su cui si innalza il palazzo, dominante la piazza a 412 metri sul livello del mare, gode di una posizione strategica, di controllo sull’agro romano e il versante meridionale dei Colli Albani, a ridosso della più importante strada consolare romana, la via Appia Antica, primaria arteria di comunicazione tra Roma e il sud della penisola.
La dimora è una vera “capsula del tempo” per la miracolosa conservazione dell’arredamento storico, incrementato dopo la vendita del Palazzo Chigi di Roma allo Stato (1917) con ulteriori importanti arredi e manufatti d’arte. La sopravvivenza delle destinazioni originarie delle sale, tra zona pubblica e appartamenti privati, offre in ambito romano un raro modello di residenza nobiliare di campagna allestita secondo criteri cerimoniali, ove il contenuto forma un insieme omogeneo con le funzioni pubbliche e private degli ambienti. Numerosi in tal senso i “mobili araldici”, da secoli nella medesima collocazione, che rimarcano la destinazione di rappresentanza degli spazi secondo criteri di rigida etichetta, fornendo un esempio oggi unico nel genere.
I dipinti, le sculture e i mobili in esso conservati non vivono nella loro singolarità, quali prodotti estetici fruibili individualmente come accade nei musei, surrogato di palazzi, ville, luoghi pubblici e privati dismessi o non più esistenti. Nei musei i manufatti provenienti da antiche dimore vengono allestiti con criteri didascalici e classificatori, di stampo positivista, ottocentesco, classificando le opere per genere, raggruppate cronologicamente per scuole e tecniche artistiche (pitture, sculture, incisioni, pezzi archeologici, fotografie, vestiti, etc.), a servizio degli addetti ai lavori.
Tali arredi nelle residenze nobiliari, come in ambito romano i palazzi Colonna e Doria Pamphilj, sono invece parti di un insieme omogeneo, di un contesto unitario, saturo di implicazioni sociali, funzionali, storiche, collezionistiche e di storia del gusto, oltre che estetiche. Sono elementi di un mosaico, partecipi alla composizione di micro-architetture d’interni, collocati secondo criteri di simmetria e armonia negli spazi che li ospitano, legati alla casata, alla sua storia, ai personaggi che li hanno abitati o con cui essi sono venuti in contatto nel corso dei secoli. Non sono solo opere d’arte autonome. Tutto questo costituisce uno dei valori aggiunti del palazzo di Ariccia, ben oltre la qualità estetica dei singoli manufatti.
Palazzo Chigi, “Museo di sé stesso”, presenta molte sale rivestite con rarissimi parati in cuoio detto “di Cordoba”, un tempo ampiamente diffusi tra palazzi e ville, ma anche ambienti decorati da pitture murarie barocche e neoclassiche. L’allestimento è “a quadreria”, come da prassi nelle dimore storiche italiane, con dipinti, sculture e arredi prodotti dalla scuola del Bernini e da noti artisti del XVII e XVIII secolo, ma con integrazioni fino agli inizi del secolo passato.
Il palazzo accoglie nell’ala del mezzanino sinistro il Museo del Barocco romano, formato da prestigiose donazioni, quali le collezioni Fagiolo, Lemme, Laschena, Peretti ed altro, offrendo un’ampia panoramica sulla pittura romana fino alle soglie del Neoclassicismo.
Set di numerosi film e sceneggiati televisivi, uno per tutti Il Gattopardo di Luchino Visconti (1963), ha una destinazione culturale polifunzionale, ospitando convegni, conferenze, concerti di musica classica e mostre temporanee, qualificandosi come un vero “tempio della cultura” (definizione di Maurizio Fagiolo dell’Arco).
Contiguo al palazzo, ad avvolgerlo in una cintura verde che prosegue in parte attorno al centro storico di Ariccia, è il vasto parco di ventotto ettari, che preserva la vegetazione primigenia dei Colli Albani, formata da bosco misto di latifoglie con piante secolari e numerosi patriarchi. Preziosa reliquia del Nemus aricinum sacro a Diana, è una premessa al giardino romantico, essendo stato concepito nel contesto degli interventi seicenteschi di ambito berniniano in chiave paesistica, con percorsi naturali, fontane rustiche e pittoresche rovine.
Tale concezione del paesaggio ha trovato un’integrazione filosofica nelle idee illuministe di Sigismondo Chigi (1736-1793), volte al recupero dello stato di natura. Disseminato di numerosi reperti dell’Aricia romana, ruderi di mura e vecchie costruzioni, assieme al sepolcreto della II Legione Partica in parte conservato in situ, evoca suggestioni archeologizzanti e palesa un carattere fortemente pittoresco.
Francesco PETRUCCI Ariccia (RM) 11 Dicembre 2022