di Vitaliano TIBERIA
Si sono tenuti ieri nella chiesa di santa Chiara in piazza dei Giuochi Delfici i funerali di Giovanni Carbonara, grande architetto e studioso della storia dell’architettura e del restauro oltre che della teoria del restauro Lo ricorda in questa sentita nota l’amico Vitaliano Tiberia.
Ricordo di Giovanni Carbonara (Roma 27 – 11 – 1942 – Roma 1 – 2 – 2023.
Giovanni Carbonara ha coniugato sempre, seguendo un suo imperativo categorico, la moralità con gli studi scientifici e con l’insegnamento universitario. Collegandosi al pensiero del padre della teoria del restauro moderna, Cesare Brandi, ha sostenuto l’idea che il restauro senza condizionamenti collaterali deve conservare e trasmettere al futuro le architetture, agevolandone la lettura ma senza cancellarne le tracce del passaggio attraverso il tempo. Il restauro dunque come atto rispettoso delle due istanze fondanti individuate da Brandi: quella estetica e quella storica, con il fine di conservare anche nelle architetture l’immagine artistica, intervenendo, dove necessario, solo sulla materia, che ne è veicolo sensibile. Ma c’è un’ulteriore istanza, di cui anche oggi avvertiamo la necessità e cioè il riconoscimento del valore morale dell’atto del restauro, così che l’intervento conservativo, libero nella sua progettualità, coniughi restauro e reversibilità dei materiali impiegati, nella convinzione che la conservazione di un’opera non richiede lo stravolgimento della sua forma artistica; in tal senso Carbonara rifiutava il facile adagio del “com’era” sostenuto dal paludamento di ricostruzioni corroborate da approssimativi scientismi e decisivi progressi tecnologici; al contrario, con un atto di profonda umiltà, sosteneva sia la prevenzione per evitare l’intervento di restauro sia l’impossibilità di raggiungere risultati definitivi che costituissero norma nell’atto del restauro, nel rispetto di volta in volta per quelle che Brandi definiva “le rughe del monumento”; una teoresi filosofica che approda alla certezza per cui nel restauro architettonico non ci può essere una risposta univoca per ogni caso preso in esame. Carbonara recuperava così applicandola alla conservazione architettonica, il fondamentale concetto brandiano di “patina” a garanzia del passaggio del tempo su un’opera d’arte, di cui si deve avere rispetto, perché facente parte della storia dell’opera. E ogni patina, come ogni pietra, ha una sua storia, così che ogni caso andrà considerato nell’unicità che comporta, perché, come leggiamo nel dialogo brandiano Eliante o dell’Architettura
«[…] non ogni pietra rimessa al posto di quell’antica sarà un falso; c’è sempre un modo di salvare l’istanza estetica e quella storica, senza compromesso, perché l’opera d’arte è in ogni suo momento opera d’arte e fatto storico, e non insiste nella coscienza a turno con le due istanze».
Un grazie a Giovanni Carbonara per i suoi studi e per l’alto magistero accademico profuso nella formazione di tanti giovani architetti, ma anche per aver offerto a tutti il viatico sostanzioso di una morale vissuta quotidianamente nel rispetto degli altri; il suo commiato non lo farà dimenticare, soprattutto da parte di chi spera nell’incontro laddove il tempo si ritira al cospetto dell’eternità.
Vitaliano TIBERIA Roma 02 febbraio 2023.