“Acqua nell’arte e Arte dell’acqua”. Una mostra sulle fontane di Roma nel Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano

di Nica FIORI

Per 441 anni dalla fondazione della loro città, i Romani si contentarono dell’acqua che attingevano dal Tevere, dai pozzi o dalle fonti”.

Ce lo ricorda Frontino nel De aquaeductu urbis Romae, specificando che il ricordo di quelle fonti ai suoi tempi era ancora vivo e che ad esse si attribuiva particolare venerazione in quanto legate alla presenza di ninfe o divinità salutari come le Camene, Apollo, Giuturna. Fu a partire dalla fine del IV secolo a.C. che a Roma venne portata l’Aqua Appia dal censore Appio Claudio Crasso, poi soprannominato Cieco, e da allora si susseguirono numerosi acquedotti che, al tempo dell’imperatore Nerva, quando Frontino venne nominato curator aquarum (97 d.C.), erano nove: Appia, Anio vetus, Marcia, Tepula, Iulia, Virgo, Alsietina (o Augusta), Claudia e Anio Novus.

Tuttora si ammirano lunghi tratti di arcate di quei monumentali acquedotti (circa una dozzina nel periodo di massimo splendore), che portavano l’acqua dalle falde dei Colli Albani, dal bacino dell’Aniene e dal lago di Bracciano nell’Urbe, non solo per il fabbisogno idrico della popolazione, ma anche per alimentare un numero impressionante di fontane, ninfei e terme.

1 Terme di Diocleziano

Ed è proprio il grandioso complesso delle Terme di Diocleziano che ospita il trionfo del vitale elemento acquatico nella mostra “Acqua nell’Arte e Arte dell’Acqua. Fontane e Nasoni di Roma”, organizzata con il supporto di ACEA (la società responsabile dal 1937 della gestione sostenibile delle risorse idriche) dal Museo Nazionale Romano (MNR) e dal Centro Europeo per il Turismo e la Cultura di Roma. La mostra è curata dal direttore del MNR Stéphane Verger e dall’archeologo Vincenzo Lemmo e sarà visitabile fino al 31 maggio 2023.

Giustamente il sottotitolo vuole evidenziare che a Roma non troviamo solo le spettacolari fontane che abbelliscono le sue piazze e le ville storiche, i chiostri e i cortili dei palazzi privati, ma anche quelle fontanelle pubbliche disseminate nel centro abitato, dove è possibile dissetarsi. La scelta è ampia: si va dai “beverini” in pietra addossati ad antichi palazzi, che fanno largo uso di mascheroni e reperti antichi, soprattutto sarcofagi, senza trascurare gli emblemi araldici di chi li ha fatti costruire, ai cosiddetti “nasoni” otto-novecenteschi, ovvero le semplicissime colonnine in ghisa con un rubinetto, che raffigurava inizialmente un muso di lupa, o anche di drago, come nel “nasone” di via delle Tre Cannelle.

2 Il Nasone ottocentesco di via delle Tre Cannelle

La mostra, piccola ma significativa, vuole testimoniare la grande diffusione delle opere ingegneristiche e artistiche legate all’acqua, dall’antichità ai nostri giorni, attraverso l’esposizione di opere d’arte, reperti archeologici, progetti e fotografie d’epoca. La sezione “Arte dell’acqua” espone particolari elementi archeologici e alcuni pannelli con notizie storiche sulle fontane della capitale, mentre “Acqua nell’arte” propone oggetti artistici legati al tema dell’acqua.

3 Allestimento Acqua nell’Arte e Arte nell’Acqua

Come ha dichiarato il Direttore del Museo Nazionale Romano Stéphane Verger:

La mostra presenta una raccolta ragionata di reperti tuttora conservati nei depositi delle Terme di Diocleziano e di Palazzo Massimo. Costituisce quindi un’ulteriore tappa nel programma “Depositi (Ri)scoperti” del Museo Nazionale Romano, che ha come scopo di far conoscere il patrimonio nascosto delle collezioni del museo, in vista dell’ampliamento e della riorganizzazione del percorso espositivo permanente”.
4 Reperti esposti nella mostra Acqua nell’Arte e Arte nell’Acqua
5 Reperti in mostra

Verger ha pure ricordato che, quando nel 1889 le Terme di Diocleziano divennero sede del Museo Nazionale Romano, vi confluirono tutti i materiali che uscivano dagli scavi effettuati nelle acque e sulle sponde del Tevere in occasione della costruzione dei muraglioni di contenimento. Tra i reperti, oltre a statue di marmo e di bronzo, ex voto in terracotta, frammenti di architetture monumentali, iscrizioni, figuravano anche i cippi di travertino (circa 50) che segnavano i limiti giuridici del fiume. Essi vennero collocati intorno al Chiostro di Michelangelo, il chiostro grande della Certosa di Santa Maria degli Angeli (edificata sui resti delle Terme), che è inserito nel percorso museale. I cippi più antichi risalgono alla metà del I secolo a.C. quando i censori M. Valerio Messalla e P. Servilio Isaurico realizzarono un primo importante intervento di delimitazione, cui ne seguirono altri, insieme a diverse disposizioni per il contenimento delle acque, la manutenzione del letto del fiume, la prevenzione degli abusi edilizi lungo le sponde del Tevere: compiti che erano svolti dai curatores delle acque.

6 Testa frammentaria di Valentiniano I o di Valente

Un’altra cosa che è emersa dagli scavi nel Tevere è la testa frammentaria in bronzo dell’imperatore Valentiniano I (o forse Valente), esposta in mostra, rinvenuta sotto Ponte Sisto. Questo ponte, in effetti, venne costruito da papa Sisto IV tra il 1473 e il 1479 sul sito di un più antico ponte romano, risalente nella fase più antica ad Agrippa, il genero di Augusto, e più volte restaurato o ricostruito fino all’ampio restauro del 366-67 sotto gli imperatori Valente e Valentiniano I, e pertanto chiamato all’epoca pons Valentiniani.

Tra i reperti antichi esposti nella sezione “L’acqua nell’arte” gli elementi decorativi più appariscenti sono una statua in marmo di ninfa sdraiata di epoca imperiale, statuette e teste di divinità femminili (in particolare Afrodite che, essendo nata dal mare, ben si prestava ad essere accostata all’elemento liquido nei giardini e nelle terme), una fontana in marmo con Erote su un delfino del I-II secolo d.C. e una fontana in bronzo dello stesso periodo, pure raffigurante un Erote su un mostro marino. Altri puttini sono raffigurati a rilievo mentre pescano, accanto a Tritoni, in due elementi marmorei di sarcofago, sempre di epoca imperiale. Un altro elemento di sarcofago decorato con delfini presenta un’iscrizione del III secolo d.C., dalla quale apprendiamo che il defunto, morto a soli 24 anni, era stato due volte navarchus (comandante di una nave militare) della flotta di Miseno.

7 Statua di ninfa sdraiata
8 Testa di Afrodite in marmo

Colpiscono la nostra attenzione anche due fontane a forma di lepre o coniglio (una delle quali recuperata dai Carabinieri del TPC) e una serie di appliques in bronzo a forma di delfini e conchiglie.

È presente anche una parte di statua di cavallo in bronzo, rinvenuta nelle acque antistanti l’isola di Ponza, databile al I secolo a.C., ma che rimanda ai grandi capolavori dell’arte greca del IV secolo a.C., di ambito alessandrino.

 

 

9 Elemento di sarcofago con Eroti su delfini
Fontana in bronzo con Erote su mostro marino
Fontana in marmo con Erote su delfino

Nella seconda sala espositiva la mostra prosegue con “Arte dell’acqua”, sezione nella quale troviamo oggetti funzionali, tra cui rubinetti bronzei, un filtro in bronzo, condotti in laterizio, fistulae plumbee, come pure piccole fontane da giardino di epoca imperiale (in particolare due in marmo di forma ottagonale con decori a rilievo), una testa di leone di epoca imperiale e una serie di mascheroni del XVI e XVII secolo, con prevalenza di teste di fauno, dalla cui bocca usciva l’acqua.

12 Rubinetti di epoca romana

Si passa poi alla parte moderna, che espone un “nasone” in ghisa e le fotografie di alcune fontane di Roma, comprese le importanti “mostre d’acqua”, ovvero le fontane terminali degli acquedotti.

Tra le mostre d’acqua più spettacolari c’è quella dell’Acqua Vergine, più nota con il nome di Fontana di Trevi (inaugurata nel 1762), il cui antico acquedotto è in parte visibile all’interno dell’edificio di via del Tritone che ospita attualmente la Rinascente. L’Acqua Vergine era ritenuta un tempo particolarmente pura, mentre ora non è più potabile; è, invece, tuttora molto apprezzata per la sua bontà l’Acqua Marcia, che termina il suo percorso presso la Fontana delle Naiadi (inaugurata nel 1914) in piazza della Repubblica. Altre notevoli mostre d’acqua sono la Fontana dell’Acqua Paola (o Fontanone) al Gianicolo (in via Garibaldi), commissionata da Paolo V Borghese in seguito al restauro dell’Acqua Traiana, che aveva promosso nel 1608, e la Fontana del Mosè (1585-1589), ovvero la mostra dell’Acqua Felice, cosiddetta dal pontefice Sisto V (al secolo Felice Peretti), in piazza San Bernardo. La Fontana del Peschiera, in piazzale degli Eroi, è quella più recente, edificata nel 1949 a conclusione dei lavori, iniziati nel 1937, della diramazione di sinistra dell’acquedotto del Peschiera, che ha le proprie sorgenti naturali a Cittaducale (Rieti).

La lettura del catalogo, edito da Gangemi, offre tra i suoi contributi anche quello di Marcello Teodonio:

Cqua cce sò ttre ffuntane inarberate.

L’acqua e Roma nei sonetti di Belli”. Il riferimento del titolo è a piazza Navona, che con la berniniana Fontana dei Quattro Fiumi, con quella del Moro e quella del Nettuno appare come uno straordinario simbolo di abbondanza di acqua e della grande arte, anche se all’epoca dell’erezione delle fontane il popolo, oppresso dalle tasse, si lamentava con i versi caustici di Pasquino:

Altro che guglie e fontane! / Pane volemo, pane, pane, pane!”.

Nica FIORI  Roma 16 Aprile 2023

“Acqua nell’Arte e Arte dell’Acqua. Fontane e Nasoni di Roma”

7 aprile – 31 maggio 2023

Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano

Via Enrico de Nicola, 78 – 00185 Roma

Orario: da martedì a domenica ore 11 – 18 (la biglietteria chiude alle 17)