Sogni, ombre, misteri: la grafica di Alessio Serpetti ad Ariccia, Palazzo Chigi (fino al 28 maggio)

di Rita BERNINI

L’esposizione, a cura della professoressa Rita Bernini, è ancora visibile per pochi giorni fino al 28 Maggio

“Rendere chiaro con la luce propria o con la luce prodotta da una sorgente luminosa”:

è la definizione del verbo “illustrare”, e l’arte grafica di Alessio Serpetti è illustrazione, cioè la rappresentazione visiva di un concetto, una teoria, una immagine a corredo di un testo scritto ricorrendo a tecniche grafiche che usano la luce, i contrasti tonali, il bianco e nero.

Se estendiamo il significato, l’opera di Serpetti è una narrazione che va oltre il testo scritto, anche se spesso all’interno delle sue opere ritroviamo brevi testi scritti, sorta di didascalie e citazioni: un modo di comunicare a chi guarda la sua poetica i temi che tratta, la sua visione. Sono spesso in latino, e parafrasano i titoli e i temi delle sue composizioni. Alessio racconta delle storie nei suoi fogli, storie intimiste, che rispecchiano la sua personale ricerca espressiva.

Traspare nei soggetti rappresentati il riferimento all’ideale classico, l’imitazione dei modelli antichi, rivisitati in una chiave “neosimbolista”, che richiama esperienze emotive personali, e introduce temi spirituali, mistici, e soggetti legati alla religione, alla mitologia, al sogno, alla nostalgia del mondo antico. I titoli delle sue grafiche, del resto, evocano temi e soggetti simbolisti, la mitologia greca, gli archetipi femminili della femme fatale e della femme fragile, il mondo dei sogni e dell’immaginazione, il paesaggio romantico.

In una rassegna di alcuni anni fa presso La Soffitta Spazio delle Arti a Colonnata (Sesto Fiorentino) le sue opere grafiche sono state accostate alle opere di alcuni dei più importanti incisori simbolisti della Mitteleuropa per mettere in evidenza affinità e somiglianze di linguaggio e di contenuto. Serpetti dichiara apertamente la sua adesione senza riserve all’arte simbolista, e il suo è lo stesso universo segnico e tematico di Max Klinger, di Odilon Redon, di Alberto Martini, artisti che prediligono il bianco e nero. Si scorgono perfino riferimenti a De Chirico, non certo un esperto di grafica d’arte, per l’originale e romantica interpretazione della classicità e l’interesse per la tecnica dei grandi maestri rinascimentali. E a suo fratello Alberto Savinio, per il gusto del fantastico, della parodia dei soggetti mitologici e per il citazionismo.

Nelle opere di Serpetti si respira una atmosfera sospesa e non conclusa, le visioni sono in movimento, spesso i suoi personaggi, sempre figure femminili idealizzate, si trasformano, mutano da corpi ben definiti ad essenze evanescenti che suggeriscono una natura diversa da quella di partenza, metamorfosi tra il mondo umano e quello vegetale, oppure immedesimazione e personificazione di oggetti inanimati, come in: In Attesa della metamorfosi o Frammento onirico, dove ali, piume, radici e foglie racchiudono, incorniciano visi e corpi femminili evocati, complesse composizioni impreziosite dai supporti dorati.

In Attesa della metamorfosi
Frammento onirico

Il percorso della mostra segue e ricalca l’itinerario artistico di Serpetti, rappresentato in quattro sezioni, diverse tra loro ma in qualche modo concatenate: si parte dalle prime opere, I ritratti allegorici, rappresentazioni di alcuni stati d’animo colti nei volti femminili realizzati a grafite, tecnica che gli permette di realizzare dettagli e ombreggiature che sfumano dal nero più intenso ai grigi più delicati.

Si prosegue con le Vedute di scena, scenari esotici che si caratterizzano per la totale assenza della figura umana e per complesse scenografie architettoniche e paesaggistiche, atmosfere sospese e malinconiche, talvolta mutuate da impressioni cinematografiche, come nel caso delle due Suggestioni indiane, omaggio alla scenografia di Una notte a Bengali di Nicolas Klotz, o Tra le memorie del tempo che rievoca la prima parigina dell’Aida nel 1888. Qui Serpetti predilige l’uso del carboncino, tecnica antichissima che permette di ottenere tonalità molto intense ed effetti variegati.

Il ciclo L’Arte del Sogno è il risultato della meditazione e riflessione sull’arte e gli artisti simbolisti, l’evasione dalla realtà alla ricerca di un mondo immaginario, fiabesco, e quindi illusorio. La presenza simbolica della maschera nelle sue opere suggerisce la doppiezza e l’ineffabilità della realtà, mentre il ripetersi di oggetti allegorici ed emblematici, come specchi, lumi, statue antiche sembra indicare la caducità della vita, la vanitas. Il percorso si conclude con I Notturni arcani, composizioni oniriche e surreali, dove le metamorfosi evocano trasformazioni che preludono ad una pace e armonia ritrovata, come Il Matrimonio del Cielo e della Terra o Il Silenzio incontra la Meditazione.

La Fiaba consola il Disincanto

Le tecniche disegnative con grafite e carboncini, da sempre predilette, nella maturità del percorso di Serpetti hanno ceduto il posto alle tecniche incisorie preferite dai simbolisti a cui l’artista fa riferimento: acquaforte, acquatinta, puntasecca; le incisioni, quasi sempre declinate con inchiostrature monocromatiche sui toni del nero e dei grigi intensi, lasciano talvolta spazio a lampi di colore rossi e verdi, mentre i disegni si avvalgono di supporti di carta o cartoncino colorati, talvolta dorati, recuperando la tradizione medievale così amata dai Preraffaelliti.

Soprattutto nelle incisioni Serpetti dichiara apertamente i suoi riferimenti culturali specifici del settore: Piranesi, per il forte contrasto chiaroscurale e le architetture maestose e decadenti, vagamente inquietanti, preludio al rovinismo romantico; Goya del periodo maturo della “maniera scura”, il cui stile diventa onirico e visionario e nei Capricci si avvale dell’acquatinta tonale; Rembrandt, per il segno sottile e minuzioso e le descrizioni dei paesaggi che narrano la forza drammatica della natura. E Dürer, per la maliziosa citazione del monogramma dentro la tavoletta. Si scorge nelle acqueforti di Serpetti il filo di una continua ricerca, frutto di una evidente padronanza degli stili e di familiarità con i maestri.

Il Crepuscolo della ragione

Ma è la grafica simbolista che racchiude e permea l’opera dell’artista romano, superando tutti i riferimenti classici e rompendo la monotonia della narrazione con un po’ di visionarietà e ironia; le opere di Odilon Redon e di Max Klinger, ma ancora di più la poetica artistica e segnica del trevigiano Alberto Martini, artista visionario e autoironico, ridimensionano la solennità di alcune composizioni.

I Segreti dell’Anima

Perché è in fondo questa la considerazione ultima che si può fare su Alessio Serpetti: è una figura isolata nel panorama artistico a lui contemporaneo, un artista puramente figurativo, con una vasta cultura letteraria e iconografica, la voglia di esplorare temi visionari e onirici, senza drammaticità ma con una vena di autoironia e una capacità tecnica notevolissima, che insieme alla cura e alla meticolosità che mette nei suoi progetti artistici ne fanno un artista unico e interessante.

BERNINI   Roma  21 Maggio 2023