di Nica FIORI
“Tu ch’entri qua pon mente / parte a parte / e dimmi se tante / maraviglie / sien fatte per inganno / o pur per arte”.
Quale sia il confine tra inganno e arte è difficile stabilire e quindi questo quesito è destinato a rimanere senza risposta. Non a caso è stato scritto sotto l’enigmatica figura di una sfinge all’ingresso del Sacro Bosco di Bomarzo (in provincia di Viterbo), un bizzarro giardino i cui monumenti di pietra sembrano usciti dalla fantasia di un demone beffardo.
Un’altra iscrizione, inserita in una nicchia al di sopra di una panca in pietra, ci illumina sul mondo favoloso che vi è rappresentato:
“Voi che pel mondo gite errando, vaghi / di veder meraviglie alte et stupende / venite qua dove son faccie horrende / elefanti, leoni, orchi et draghi”.
L’ideazione di questo luogo surreale, più noto come “parco dei mostri”, si deve al nobile Pierfrancesco Orsini, detto Vicino (1523 – 1585), una singolare figura di uomo d’armi e fine letterato, che lo fece realizzare nel suo feudo tra il 1552 e il 1580 con l’intenzione apparente di stupire. E, in verità, c’è riuscito ampiamente, visto che il luogo è visitato da moltissimi turisti e ha ispirato numerosi letterati e artisti.
Il 4 luglio 1523 ricorre il cinquecentenario della nascita di Vicino Orsini e, per ricordarlo degnamente, ovvero “ad arte”, il Sacro Bosco di Bomarzo presenta dal 4 luglio al 15 settembre 2023 “In Arte Vicino”, un festival con aperture straordinarie, appuntamenti, incontri e installazioni, a cura di Antonio Rocca, storico dell’arte autore di una radicale reinterpretazione del Sacro Bosco di Bomarzo, che riconsegna al signore di Bomarzo la piena responsabilità del progetto.
Avvalendosi dei Mosca, una famiglia di scultori attivi a Orvieto, Vicino Orsini fece tradurre in pietra la mappa dell’universo, redatta dall’umanista e cabalista Giulio Camillo nel trattato L’idea del Theatro (pubblicato postumo nel 1550). Un progetto di natura sacrale che ancora oggi è possibile intravedere all’interno dell’area del Parco, che si sviluppa nella vallata sottostante il palazzo Orsini, in una serie di terrazze digradanti verso il fondovalle.
Tra la rigogliosa vegetazione sono scolpiti, direttamente nei massi di peperino sparsi nel terreno, giganteschi animali ed esseri fantastici, figure simboliche e architetture sconcertanti. Ricordiamo, in particolare, il gigante che rovescia l’avversario (probabilmente Ercole e Caco), il drago assalito da fiere, l’elefante da guerra, divinità marine e fluviali, divinità ctonie, che rimandano ai mostri infernali, la casa dalle mura pendenti, l’orco dalla bocca spalancata.
Gli elementi principali del Sacro Bosco si sono mantenuti nel tempo, ma molti particolari sono andati perduti in secoli di abbandono, come pure l’esatta successione di lettura delle sculture di pietra. Il ripristino novecentesco del parco si deve alla famiglia Bettini, che lo acquistò nel 1870. Il suo successo è legato molto alla riscoperta da parte dei surrealisti, guidati da André Breton, che a Parigi si riunivano nel Cabaret de l’Enfer, il cui ingresso era ispirato a una bocca che ricorda quella dell’Orco di Bomarzo. Da quel momento comincia a essere meta e ispirazione per artisti del calibro di Salvador Dalí, diventando anche il modello di riferimento per i giardini “onirici” di Tomaso Buzzi, Niki de Saint Phalle, Paolo Portoghesi e Daniel Spoerri.
La vicinanza di questi parchi d’arte contemporanea non è affatto casuale, come sottolinea Antonio Rocca:
“Come attratti da un magnete nuovi giardini vennero disponendosi attorno a Bomarzo, designando un cerchio che delimita una sorta di campo energetico. Tra la Maremma e l’Amiata, tra il Peglia e la campagna romana, si inverarono mascheroni dagli occhi azzurri, labirinti, torri, angeli e demoni, arcani di un’avventura unica seppur variamente declinata. Foreste di simboli, nell’inferno della psiche, per poi tornare a vedere le stelle. Al fondo di sogni differenti c’è forse il medesimo archetipo perduto e questi giardini d’artista ne costituiscono una prova in pietra. Un’intuizione che ci ha invitato a confondere in un unico tessuto onirico, questi luoghi incantati, tutti In arte, Vicino”.
Il festival In Arte Vicino è promosso e organizzato dal Sacro Bosco di Bomarzo, che fa parte della rete Grandi Giardini Italiani, in collaborazione con il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle (Capalbio, Grosseto), il Giardino delle Meraviglie di Paolo Portoghesi (Calcata, Viterbo), Hic terminus haeret di Daniel Spoerri (Seggiano, Grosseto) e la Scarzuola di Tomaso Buzzi (Montegabbione, Terni).
Il percorso espositivo, a cura di Susanne Neumann, Lucia Pesapane e Antonio Rocca, mette in dialogo le sculture monumentali del Parco dei Mostri con l’arte contemporanea “in una serie di rimandi, volti a scoprire gli ideali simbolici e artistici che costituiscono il substrato unico a tutti i giardini”, come si legge nella presentazione.
Si comincia con il coloratissimo e arioso Folle di Niki de Saint Phalle, un “arcano” dei Tarocchi e insieme uno spirito ramingo che vaga tra terra e cielo, trasformando il proprio cammino in un itinerario di conoscenza e salvezza. Ricordiamo che il Giardino dei Tarocchi è stato iniziato nel 1978 dall’artista franco-statunitense (scomparsa nel 2002), che si è ispirata al parco di Bomarzo, come pure al novecentesco parco Güell di Barcellona (opera di Antoni Gaudí), con l’intento di creare arte come “rinascita”, per guarire i suoi dolori fisici e psichici.
La collocazione del Folle all’ingresso del parco dialoga con l’opera Otto Incubi Magri di Daniel Spoerri, un danzatore, pittore e coreografo rumeno naturalizzato svizzero che ha scoperto il giardino di Bomarzo negli anni ’60 del Novecento.
Le sue otto sculture sono composte da oggetti metallici di scarto e rimandano a culture primitive e a rituali magici, in una differente articolazione di un medesimo archetipo. Nella bizzarria delle forme si percepiscono quelle forze misteriose che l’artista ha cercato di trasmettere in immagini nel suo giardino di Seggiano.
Proseguendo, in corrispondenza della Casa Pendente, ci si imbatte in un carro intitolato Bianco? Nero? Appartenente alla serie più recente di opere di Daniel Spoerri, chiamate gli “Idoli di Prillwitz”, l’opera allude a un matrimonio tribale. L’autore gioca con il falso (si ispira a una vicenda di falsificazioni del XVIII secolo in Germania), combinando reminiscenze africane e memorie dell’arte naïf europea. Anche quest’opera, come il Folle di Niki de Saint Phalle, richiama l’idea del viaggio e anela a una sacralità universale.
Addentrandosi nel Sacro Bosco si incontra la Fontana delle Nana di Niki de Saint Phalle: opera emblematica dello spirito femminile di cui il Sacro Bosco e il Giardino dei Tarocchi sono pervasi, in un richiamo alla natura primordiale e alla sorellanza delle donne (una delle Nana è nera e le altre tre hanno differenti colori). Il dialogo con il Proteo, divinità marina e figura del divenire proteiforme dell’essere, vuole rimandare alla fecondità della “natura naturans”.
Presso il celebre Orco, al cui interno è una stanzetta scavata nella roccia con panche e tavolo centrale in pietra, sarà collocata, ma solo in due serate, l’installazione site-specific progettata da Paolo Portoghesi “Il mostro sorridente”, che riecheggia l’analoga installazione realizzata nel suo giardino di Calcata, restituendo lo sguardo all’Orco di Bomarzo con due occhi grigio-azzurri realizzati con listelli di vetro piombati. Con quest’opera, Portoghesi ha inteso opporre un argine alle forze ctonie della religiosità etrusca, rendendo un omaggio a Gea, il lato luminoso della Terra.
La figura dell’Orco, ispirata probabilmente dai mascheroni tragici della classicità, può essere anche vista, in effetti, come una raffigurazione infernale. Solo superando la paura, si può penetrare nell’antro e ottenere un risveglio psichico.
Segna la fine del percorso Il Grande Diavolo di Niki de Saint Phalle, collocato nei pressi del Tempio, l’edificio che ricorda un tempio classico e nella cupola una chiesa rinascimentale.
Elemento alla base di quest’opera è il fuoco: complementare alla dimensione acquatica delle Fontana delle Nana e in opposizione al Folle, che vaga tra aria e terra, Il Grande Diavolo chiude il cerchio dei quattro elementi, comuni a tutte le cosmogonie, che connettono il microcosmo umano con il macrocosmo naturale.
Queste opere d’arte sarebbero probabilmente piaciute a Vicino Orsini, perché restituiscono le suggestioni di un percorso iniziatico, costituito da una serie di operazioni da compiere per il perfezionamento del proprio essere. Superate con fede le prove terrifiche, date dall’incontro con mostri spaventosi, o le tentazioni ingannatrici, come le sirene, si giunge nel punto più alto, dove è collocato il piccolo tempio, sede di armonia ed equilibrio interiore. Questo, dedicato da Vicino alla moglie Giulia Farnese prematuramente scomparsa, contrasta decisamente con la disarmonia che caratterizza le altre costruzioni, con il senso di smarrimento dell’equilibrio che si prova entrando nella casa pendente o, ancora di più, con il senso di mistero e di timore arcano che suscita la bocca dell’Orco.
All’interno dell’edificio di accoglienza del Sacro Bosco, in omaggio all’architetto Paolo Portoghesi, recentemente scomparso, sono esposti una serie di quadernini e riproduzioni con i progetti per il suo Mostro sorridente. Inoltre, il rapporto speciale tra Portoghesi e il Parco dei Mostri, che aveva visitato e studiato quand’era ancora solamente un ragazzo, è illustrato con un’intervista inedita, nella quale l’architetto racconta il proprio legame con Bomarzo.
Il programma del festival è preceduto da una pre-apertura, sabato 1° luglio 2023, affidata a Corrado Augias che introduce la figura di Vicino Orsini.
Martedì 4 luglio 2023, per la serata inaugurale, Silvia Ronchey, docente all’Università di Roma Tre, e Claudio Strinati, Segretario Generale dell’Accademia Nazionale di San Luca, dibattono sul rapporto tra ideatore e creazione, ossia tra Vicino Orsini e il Sacro Bosco.
Venerdì 14 luglio 2023, appuntamento al Sacro Bosco per la cena rinascimentale, che rievoca con un menù cinquecentesco e un convivio musicale le atmosfere e le suggestioni dell’epoca in cui il Parco era abitato dalla famiglia Orsini.
Venerdì 28 luglio 2023, Lina Bolzoni, docente alla Normale di Pisa, approfondisce la tematica della memoria e dei giardini nel Rinascimento. A seguire i rappresentanti di Fondazione Beverly Pepper, Giardino La Serpara e Sculture In Campo dialogano sul concetto di giardino nell’arte contemporanea.
Sabato 5 agosto 2023, grazie alla convenzione con il Tuscia Film Fest, è prevista una passeggiata- racconto con l’attore Stefano Fresi e il curatore del festival Antonio Rocca alla scoperta della figura di Vicino Orsini. Segue la proiezione del film Bones and all in uno scenario d’eccezione e l’incontro con il regista Luca Guadagnino.
Nica FIORI Roma 2 Luglio 2023
La mostra sarà visitabile fino al 15 settembre 2023. Il programma del festival e i biglietti per i diversi appuntamenti sono disponibili sul sito www.inartevicino.it