Meta Sudante. Un gesto gentile, riparatore, nella valle del Colosseo – Laboratorio/Idee

di Giovanni PAPI

 La “Meta Sudans”, la più grande fontana a pianta centrale della Roma imperiale è da considerarsi quasi un ombelico della città antica, insieme al Capitolium e al Miliarium aureum.

La sua eccezionale importanza topografica e urbanistica doveva avere una forte valenza simbolico sacrale: come punto di vertice per quattro delle quattordici Regiones di Augusto, cippo pomeriale della Roma quadrata, casa natale di Augusto, e intersezione di percorsi viari fondamentali. La sua forma conica riprende quella delle mete circensi, o il bétilo apollineo, con i suoi molteplici significati religiosi, politici ed essoterici. Sudans perché dalla cuspide-acroterio trasudava un velo d’acqua. Rappresentata su varie monete, fu fatta erigere nell’81 d. C., in asse con il coevo arco di Tito, sostituendo in dimensioni colossali una preesistente Meta augustea, annegata nei piani sottostanti nell’incendio neroniano. La sua rinnovata e monumentale edificazione ne raddoppiò quindi il senso e il significato di potere. Così veniva descritta da Romolo A. Staccioli nella Guida di Roma Antica:

“…un grande bacino circolare di marmo, un elemento centrale composto da un plinto di base e di un corpo intermedio in blocchi di marmo con nicchie verso l’esterno e da un corpo superiore in mattoni rivestiti di lastre marmoree e in forma di cono rovesciato (la meta) sormontato da un acroterio a forma di pigna o fiore architettonico dal quale l’acqua scivolava lungo il cono come trasudando”.

Le dimensioni erano di mt 16 della vasca circolare e in alzato l’elemento scultoreo-architettonico raggiungeva i 18 mt circa. Nel periodo di Massenzio ci fu un ampliamento della vasca e, da allora, anche quando cessò di essere “sudante”, la Meta resterà viva nella memoria della città, anche perché lo spazio circostante con il Colosseo, l’arco di Costantino, il tempio di Venere e Roma, la Via Sacra e le sostruzioni sotto la Vigna Barberini, rimanendo ai margini del centro abitato medievale, non venne alterato urbanisticamente.

1) Sesterzio di Tito 2) Bétilo apollineo. 3) Meta circense.

I resti della meta arrivano fino alla nostra epoca moderna, quando il saliente tronco conico in laterizio e cementizio, ben in vista da sempre nella valle, venne eliminato nel 1936 per le nuove sistemazioni di Regime. I suoi resti fin dal medioevo hanno rappresentato una delle tante attrazioni misteriose e nelle epoche successive fu fonte di ispirazione per tante “sculture d’acqua” da parte di artisti e architetti che riproposero diverse reinvenzioni.

1)  Giacomo Lauro. La “Meta sudans” presso il Colosseo (incis., da Antiquae urbis splendor, 1613).

Possiamo ricordare le fontane a villa d’Este a Tivoli di Pirro Ligorio e Curzio Maccarone, poi la celeberrima “Fontana dei quattro fiumi”, di cui scrive Marcello Fagiolo:

L’abbinamento obelisco-fontana costituisce a sua volta un tipo di “meta” del tutto particolare, da mettere in collegamento con la Meta sudans, il misterioso monumento presso il Colosseo, situato all’incirca in uno dei quattro vertici della “Roma quadrata”… La Meta va considerata in correlazione sia col “lago” neroniano della Domus Aurea, sia con l’Anfiteatro Flavio. Tale correlazione verrà esplicitata più tardi nel progetto di Carlo Fontana di erigere una nuova fontana – a imitazione esplicita della Meta Sudans – all’interno del Colosseo riconsacrato come “Tempio dei Martiri”.

1) Gianlorenzo Bernini. Studio per la Fontana dei 4 Fiumi. 2) Carlo Fontana. Progetto di una basilica sul piano dell’arena del Colosseo con la riproposizione della Meta Sudans, 1697; modello realizzato a cura di M. Segarra Lagunes e F. Cellini. 3) Stampa del ‘700. 4 ) Anonimo XVIII sec. 

Negli anni Trenta del Novecento la Meta fu eliminata (insieme ai resti del basamento del Colosso neroniano) vittima della realizzazione di via dei Fori Imperiali (allora via dell’Impero) e via di S. Gregorio (via dei Trionfi). Non sappiamo chi decise esattamente la sua eliminazione, se l’ordine venne dall’alto oppure se si decise “in corso d’opera”. D’altronde anche l’asse prospettico di via dei Fori Imperiali, che poi venne realizzato (Colosseo-piazza Venezia) non era previsto nel piano. Fatto sta che i resti dell’elevato della Meta, nonostante la sua forte simbologia e di ciò che rappresentava in antico (visto il periodo in teoria avrebbero dovuto proporre una sua maggior tutela) fu praticamente tolto di mezzo e il bordo della grande vasca circolare fu interrata, sepolta sotto la strada e la sua presenza però non venne completamente cancellata. I resti della Meta insieme al basamento del Colosso essendo d’intralcio alle sfilate di Regime che sarebbero dovute passare sotto l’arco di Costantino furono fatti sparire, nonostante quelle strutture avessero accompagnato l’Anfiteatro Flavio fin dall’antichità, visibili già nei sesterzi di Gordiano III. Successivamente nel corso dei secoli poi la meta verrà sempre riprodotta nei vari taccuini e nelle vedute pittoriche del Sei e del Settecento così come poi nelle foto d’epoca: sempre elemento evidente e integrante della “valle del Colosseo”.

1) La Meta in asse con la Via Sacra, poi tratto della via Papalis. 2) Visione panoramica dall’Arco di Costantino alla Velia con il tempio di Venere e Roma.

 

Inevitabile l’attrazione per questa area e andando anche alla ricerca di quel monumento così “stupidamente sparito” colsi alla fine degli anni ottanta una testimonianza orale da parte dell’ing. V. Petriccione, fine disegnatore e uomo schivo, socio dell’Archeoclub d’Italia sezione Ardeatino-Laurentino. Quando lo conobbi, interpellandolo in merito alle mie curiosità, disse che quei manufatti li conosceva bene perché erano stati i luoghi preferiti dei suoi giochi d’infanzia visto che era nato in quella zona. Poi divenne collaboratore del Colini.

“La meta, cioè i suoi resti: la parte inferiore cilindrica in cementizio e laterizio allora alta 7 metri fu letteralmente segata alla base a mano da alcuni operai come un tronco d’albero. Il suo diametro era di circa mt 4, forse più. Venne poi condotto come tanti altri reperti nei depositi comunali”.

Non aveva altre informazioni nella sua memoria, né se fosse stato ancora suddiviso, se fu trasportato via per intero o in quale deposito inviato. Molto noto è il disegno dell’ipotesi ricostruttiva della fontana, a tutt’oggi credo insuperata, che ci rimane della Meta fatta da Antonio Colini e Italo Gismondi, realizzata in quell’occasione di rimozione e di analisi condotta su quei resti e sintetizzate nei loro disegni e nel plastico del Museo della Civiltà Romana eseguito per la Mostra Augustea negli anni 1936/37.

1) La Meta in asse con la Via Sacra, poi tratto della via Papalis. 2)Plastico ’36. Visione della piazza

Quella testimonianza però, visto anche la mole del reperto, a tutt’oggi non ha avuto esiti positivi nei vari depositi della Soprintendenza: né dal vicino Antiquarium Comunale (l’edificio museale sul colle del Celio che avrebbe dovuto ospitare il Museo Urbano) aperto alla fine dell’Ottocento e chiuso definitivamente nel 1939, con all’interno centinaia di casse di reperti, per i noti problemi strutturali dovuti alla costruzione della vicina metropolitana B); neanche dal bastione del Sangallo altro deposito lungo  le mura.

In quest’ultimi decenni numerosi sono gli archeologi, architetti, storici dell’arte, restauratori, etc. che si sono occupati del “monumento” e dell’area  con numerose campagne di scavo e straordinarie pubblicazioni. I risultati di 25 anni di indagini archeologiche nella piazza del Colosseo e nelle pendici del Palatino sono stati esposti in una Mostra allestita nella Vetreria Sciarra, quartiere San Lorenzo, tra dicembre 2010 e gennaio 2011. Indagini dirette sempre dalla prof. Clementina Panella.

1)Ipotesi ricostruzione volumetrica della Meta Flavia. Da disegni del Colini e Gismondi. 2) Plastico dela Meta Sudans augustea con il compitum (da C.Panella)

Dagli scavi dell’area sono riemersi oltre a innumerevoli reperti alla profondità di circa 4mt anche i resti della primigenia Meta augustea: parte nucleo cementizio e parte di elementi decorativi in marmo che ne hanno permesso la ricostruzione volumetrica. Nel parco del Colosseo recentemente, nel cortile del palazzo di Domiziano, è tornata a scorrere l’acqua all’interno della monumentale fontana delle 4 pelte, con mirabile meraviglia, utilizzando il sistema di adduzione in antico. Precedentemente (2019) all’interno degli Horti Farnesiani sono stati ripristinati il Ninfeo degli Specchi e la Fontana dei Papiri.

1)Particolare della planimetria della valle del ColosseoI Nella FUR di R. Lanciani (tav.XXIX)

 L’idea di riconfigurare la Meta Sudans nell’area monumentale della piazza del Colosseo comunque (anche a partire dal semplice elevato in laterizio e cementizio) abita da molto le nostre menti e non solo quelle. Altre figure di rilievo come Piero Maria Lugli (questi ricordava sempre che il padre Giuseppe, noto archeologo dell’epoca, fu l’unico che si oppose alla rimozione dell’elevato), Giorgio Muratore, Paolo Portoghesi ed altri con divere modalità e sfumature hanno sempre sottolineato la tragica mancanza della Meta in un contesto così metafisico ed evocativo e si sono sempre chiesti se non sarebbe ottima cosa ripristinare, riproporre la fontana (indipendentemente dal reperto) simbolo di più fondazioni: restituire e dare maggior dignità e valore al monumento e a tutta l’area. Ritrovando lo storico rapporto esistente tra Arco di Costantino, il Colosseo e la Meta stessa e quello topografico tra la Meta, il Foro Romano e i Fori Imperiali. Tra l’altro anche in previsione del percorso ad anello che abbraccia tutta l’area dei Fori, circo Massimo, teatro Marcello, la Meta rappresenterebbe se stessa: apparizione e snodo fondamentale, nella sua forma, luce e frescura stupefacente.

Nell’ipotesi del ritrovamento del rudere tronco-cono si potrebbe sicuramente avviare un confronto e una prima ipotesi di proposte per riconsiderare una possibile ricostruzione anche in anastilosi. La fontana con la sua ricchezza di acqua, di vita, di quello scorrere vitale nel tempo, non solo appartiene a quel contesto, ma oltre a segnare la prima fondazione “arcaica” (la meta augustea) “sacrificata” nel rogo dell’utopia neroniana, una novella meta quella Flavia riemerge dai combusti o meglio dalle stesse acque per la ricostruzione e rifondazione di una nuova città.                                      

Disegno di P.M. Lugli 1999

Le strutture millenarie della valle del Colosseo oggi continuano ad essere architettura, scultura e tante altre cose legate fra loro che appartengono e compongono quel luogo e definiscono quel paesaggio storico e universale. Esse non solo appartengono al luogo ma sono quel luogo: compresa la Meta.

Giovanni PAPI   Roma 16 Luglio 2023