di Laura GIGLIOTTI
Roma Memoria Presente
Roma Memoria Presente Pedro CANO– Galleria Honos Art, Via dei Delfini 35, Roma. Orario: martedì – sabato, dalle 11.00 alle 19.30. Fino al 31 maggio 2018. Informazioni: tel. 06-31058440 e http://www.honosart.com
Pedro Cano, classe ’44, molto noto in tutto il mondo, una sua opera è anche ai Musei Vaticani e il suo Autoritratto nel Corridoio Vasariano della Galleria degli Uffizi, torna a Roma con una piccola, bellissima mostra Roma Memoria Presente, curata da Loredana Rea, aperta fino al 31 maggio nella Galleria Honos Art di via dei Delfini, vicino Piazza Venezia (catalogo Arbor Sapientiae Editore). Venticinque splendidi acquerelli, alcuni di grande formato, ispirati dai resti monumentali della civiltà romana dovunque ha lasciato traccia di sé, dal Mediterraneo, all’Africa, all’Asia e una selezione di fiori. Accanto ai monumenti il suo catalogo contiene infatti anche altre immagini come fiori e frutti. Quasi una scoperta Cano pittore di giardini domestici, ma fino a un certo punto perché durante l’anno dipinge sempre i frutti della terra. Giardini di carta con giacinti, rose, iris, fresie che rimandano al silenzio, alla riflessione, alla serenità dell’anima che si doveva percepire nel giardino di Livia a Prima Porta. E frutti turgidi come quelli che appaiono in certe tavole rinascimentali di Carlo Crivelli o dalla pelle che sembra cuoio, come il melograno, il più minerale di tutti i vegetali, il suo frutto preferito. Dunque una mostra che è quasi un concentrato, un’epitome di quel mondo di immagini scoperto nei suoi numerosi viaggi lungo le rotte del Mediterraneo.
Opere recenti, che vanno dal 2007 al 2016, tratte da schizzi e appunti tracciati allora, in cui affronta il grande formato senza che le sue pagine di carta perdano nulla della misteriosa magia che le anima. Di Roma due grandi acquerelli del Pantheon e del dimenticato Tempio di Minerva Medica, le architetture potenti della Libia, Sabratha, Cirene, Leptis Magna, del Marocco, Volubilis, della martoriata Siria, Palmira, Aleppo, della Croazia, il Palazzo di Diocleziano a Spalato. E una serie di dodici piccoli acquerelli, sempre su carta artigianale, di Villa Adriana a Tivoli, dove l’artista ha trascorso molto del suo tempo per ricreare l’incanto della dimora amata dall’imperatore. Una dimensione di grande fascino in cui il passato si riverbera sul presente, rinviando a una civiltà che la memoria custodisce gelosamente, nonostante il trascorrere inesorabile del tempo e che il colore trasfigura in una visione di sogno.
Nato a Blanca, una piccola città del Sud della Spagna, Pedro Cano diventa pittore per caso. Una professoressa di belle arti convince la famiglia a farlo studiare, lo porta con sé a Valencia e lo spinge ad andare a Madrid per fare l’Accademia di Belle Arti di san Fernando.
Giunge a Roma per la prima volta nel ’68, non per visitare la città, ma per accompagnare dei ragazzi dell’Accademia di Madrid alla Biennale di Venezia. E torna l’anno dopo con una borsa di studio di tre anni all’Accademia di Spagna a San Pietro in Montorio sul Gianicolo. “Una cosa meravigliosa sapere che il cortile di casa era il tempietto del Bramante”, dice. Anni affascinanti in cui impara a conoscere la città, i suoi tanti sapori, “Una città in bianco e nero, la città del boom un po’ illusorio e dei suoi quartieri così diversi”. Non rimane in Accademia, ma gira per la città, incontra la gente. E da innamorato riconosce che Roma ha una misura
umana, non si può vivere col ritmo delle altre, come New York. Durante gli anni d’Accademia conosce una ragazza italiana, si sposano e vanno ad abitare ad Anguillara in una vecchia casa che diventa il suo studio. Poi ha un’altra casa con dieci finestre che guardano sul lago, forse in antico una torre medievale, il suo rifugio preferito. Oltre la casa di famiglia a Blanca, dove nel 2010 è sorta la sua Fondazione, ha altre case a Roma, fino a quella di Via Cernaia dalla bella luce e alte volte dove sono nati i quadri delle Mura e delle Porte. E viaggia moltissimo senza dimenticare mai d’essere pittore portando con sé dei quaderni che riempie di schizzi dei luoghi visitati come gli artisti del Grand Tour. Un nomade dell’arte come suo nonno che faceva il pastore nella Murcia, ma con saldi riferimenti culturali e artistici e legami con l’Italia. Fra i suoi artisti di riferimento ci sono Piero della Francesca, ma anche Burri, Morandi e Rotko per la sua purezza del colore. E ammirando la pittura romana e del Fayum crede cha la classicità non vada ricercata solo negli schemi classici. La Casa di Livia con il suo giardino che appena arrivato andò a vedere a Palazzo Massimo, è un punto di riferimento importantissimo.
Dal viaggio in America Latina nasce il ciclo pittorico Diario di Viaggio presentato alla Querini Stampalia di Venezia. Passa cinque anni a New York , quindi torna in Europa e a Roma. Che da allora fa parte della sua vita, come la Spagna, come il lavoro di pittore e i viaggi, Grecia, Marocco, Sicilia. Molto legato alla cultura del Mediterraneo, la sua città dell’anima è Patmos, dove Giovanni scrisse l’Apocalisse, una città fuori del tempo, un tempo circolare.
A Roma, dove ha mosso i primi passi nel ’74 alla Galleria Giulia, due mostre hanno consacrato la sua fama, la prima al Museo delle Mura di Porta San Sebastiano Ad portas, duemila anni di storia attraverso 14 porte delle Mura Aureliane, una dichiarazione d’amore per la città e per la sua architettura, e l’altra Città invisibili al Museo Andersen, le città immaginarie che il Marco Polo di Calvino descrive a Kublai Kan, trasfigurate nella visione poetica del pittore. Su fogli di carta fatti a mano di sottilissimo cotone Cano fissa l’elemento più significativo delle 55 città dal nome di donna immaginate da Calvino. E sempre ad acquerello, il medium espressivo ideale, di cui è un vero maestro. Una tecnica difficile, che non ammette ripensamenti o correzioni, che nasce senza disegno, senza traccia, prodigio di naturalismo e virtuosismo. La scoprì negli anni ’80 quando era in America, ma la praticava anche prima.
A parlare di Roma, del suo fascino, del suo mistero all’Instituto Cervantes di Piazza Navona, il pittore Pedro Cano e tre scrittori spagnoli di successo degli ultimi anni, Andrés Trapiello, Pedro Garcìa Montalvo, Eloy Sànchez Rosillo. Un dialogo a più voci sulla cultura italiana e sull’influenza che ha avuto sulla loro opera. Memoria e monumenti, ville storiche e scavi archeologici, antico e moderno, Leopardi, Cervantes, Velasquez e Machado in una dimensione di cultura mediterranea che pone Roma al centro di ogni riflessione.
Il più “romano” dei quattro artisti è sicuramente Pedro, che a Roma, dove ha vissuto 49 anni si sente a casa. E in omaggio alla città racconta di sé parlando in italiano. Il suo percorso di Roma consigliato? “Quello che parte da Porta San Sebastiano, voltando poi a destra o a sinistra per andare verso la Piramide o via Latina, seguendo i diciotto chilometri delle Mura Aureliane, percorrendo i camminamenti interni delle Mura che si aprono su scorci inaspettati e prospettive nuove della città”.
Laura GIGLIOTTI Roma aprile 2018