Jean-Pierre Duriez. Les amoureux du cinema. Abou Art intervista l’attore-regista / pittore.

di Fulvia PASSAVANTI

Lo spazio storico del Cinema Farnese Arthouse di Roma ha ospitato la prima esposizione italiana di Les amoureux du cinema, opere pittoriche di Jean-Pierre Duriez.

Attore di cinema e teatro, fotografo, regista e pittore, Duriez è innanzi tutto un amante del cinema ed è proprio questo universo di emozioni, di personaggi, di pubblico, di comparse incontrate a Cinecittà e di maestri della settima arte, a vivere nelle sue opere.

“Aldo Tassone, uno dei maggiori esperti di cinema che io ho conosciuto quattro anni fa in un bar di Sèvres accanto al mio atelier di pittura, e sua moglie Françoise Pieri – dice Jean-Pierre Duriez – sono stati gli ispiratori di questa mostra.  Grazie a Tassone a cui ho dedicato il cortometraggio della mostra e ai nostri racconti di cinema io ho ritrovato il cinema italiano! Aldo mi ha raccontato l’amore delle coppie del cinema – Fellini e la Masina, Sophia Loren e Carlo Ponti…-  mi ha parlato di Visconti, di Orson Welles, di Truffaut, del suo amore sconfinato per il cinema di Fellini a cui ha dedicato il suo ultimo libro, della loro amicizia…Questi quadri nascono dalle suggestioni evocate in me da quei racconti di vita oltre che dalla mia esperienza di cinema con Giuseppe Tornatore, Francesca Archibugi…. Il cinema racconta l’amore e aiuta l’amore; nel buio della sala gli amanti si toccano, si baciano. I cinema sono adesso le mie gallerie: Firenze Brescia Ferrara Torino Verona, 1300 cinema europei per un vagabondo della pittura in tournée per il mondo.”

Nelle tele di Duriez aleggia lo spirito “surrealista” di Fellini. Uomini e donne, marinai, les putains di Toulouse Lautrec, cardinali e diavoli muniti di forca e corna. Sguardi ammiccanti, vogliosi, inquieti. Amore e ambiguità si contendono i personaggi; i colori vibrano sfacciati sullo sfondo scuro. Le tele pittoriche di Jean-Pierre Duriez sono contenitori alchemici in cui l’artista dipinge le infinite sfumature di Les amoureux du cinema. 

Nelle mie opere rappresento l’amore, l’eros, le donne con il seno nudo – il femminile inizia da lì, anche attraverso i vestiti lascio intravedere il seno- , amo dipingere le facce ma anche i corpi. In questo quadro – racconta Duriez – mi sono lasciato ispirare da Il portiere di notte di Liliana Cavani, un film realizzato quasi cinquanta anni fa che oggi mi colpisce ancora. Io sono in quei personaggi. E qui ci sono i cardinali di Habemus Papam di Nanni Moretti: la santità, la censura, il potere.

C’è poi l’amore dei produttori per il cinema i soldi e lo champagne; c’è l’amore del pubblico e l’amore consumato a Venezia dove puoi fare tutto con chiunque se sei mascherato perché domani è un altro giorno… Quando ho lavorato con Paola Borboni e Lando Buzzanca nello spettacolo teatrale di Gianfranco De Bosio, Lo stratagemma dei bellimbusti, siamo andati in tournée a Venezia. Durante lo spettacolo ho avuto un flash: noi attori eravamo sul palcoscenico vestiti in costumi del settecento, anche il pubblico in sala indossava costumi carnevaleschi. Dove si svolgeva lo spettacolo? Chi recitava? Nei miei quadri c’è questa inversione. Il pubblico è il film che io racconto. Dipingo anche il pubblico di spalle con lo schermo bianco perché ciascuno vede il suo film, ciascuno è convinto che il film sia proprio quello. Anche per me che dipingo il quadro, il film esiste veramente e mi piace, mi coinvolge”.

Il toche blanche lo storico cappello del cuoco, significante di infiniti significati, è una presenza cangiante nei quadri di Duriez che ha realizzato documentari su grandi alberghi in tutto mondo. L’ incontro con gli chef, i loro visi, i racconti, hanno nutrito simbolicamente il suo mondo artistico. Un particolare, un tocco di toche, l’espressione compunta di un Charlie Chaplin oppure un pantalone da guappo napoletano o lo sguardo affascinato da una donna provocantemente nuda rivela il carattere dello chef. L’artista cuisinier amalgama nelle tele tutta la sua vita e il mondo che lo circonda. Ogni volta in modo diverso. Nei suoi quadri puoi sentire anche un “fumetto” di Chagall, di Picasso o di De Chirico…

“La tela è un piatto – dice Duriez- che contiene tutto ciò che mi piace. Mi piacciono le facce delle persone, i corpi, i particolari. I miei quadri sono pieni di dettagli come i film di Sergio Leone; non sono dettagli iperrealisti, sono quelli della vita. Mi piace cogliere la bellezza delle facce nelle strade; utilizzo molto la mia telecamera interna. La mattina faccio il punto delle cose che ho visto e se qualcosa si accende dentro di me posso anche alzarmi la notte abbozzando l’idea perché non sparisca. L’idea non è un pensiero ma una immagine, un dettaglio e quando ho raccolto molti dettagli butto tutto e creo qualcosa di nuovo. La notte, qualcuno lavora per me. I miei quadri che sono oggi esposti nei musei in Cina sono nati di notte. Mi sono sentito piccolo di fronte a tele di così grandi dimensioni, 4 o 6 metri. Ho dipinto cuochi, fumo di cucina e bottiglie di vino sul punto di esplodere perché il vino non è buono… Non sono io che decido, è la tela che comanda.”

Fulvia PASSAVANTI Roma 22 Ottobre 2023