di Vittorio SGARBI
Dal 27 ottobre da ETRA STUDIO TOMMASI – la galleria fiorentina diretta da Francesca Sacchi Tommasi – è in mostra “Pergola” dell’artista argentina VIVIANNE DUCHINI, l’artista dell’artigianalità della fusione a cera persa, già da tempo affermata a Buenos Aires, dove realizza opere pubbliche di grandissime dimensioni.
Curata da Diana di Nuzzo la mostra resterà aperta fino al 17 novembre 2023. Per l’occasione è stato realizzato un libro pubblicato da Capire Edizioni corredato da un testo introduttivo di Vittorio Sgarbi che pubblichiamo per gentile concessione dell’autore.
Animali e uomini sono specie diverse.
E, per quanto entrambe dotate di “anima”, gli animali restano in una dimensione inferiore, per così dire servile: il cane, l’asino, il bue.
Diverso e’ il caso del gatto, la cui indipendenza si carica di una personalità che ha caratteri originali e quasi umani: l’indolenza, il capriccio, la libertà. L’uomo può essere gattesco per spirito, autonomia, imprevedibilità, ma mai canino. È poi vero che ci sono fra gli uomini, maiali, capre, aquile e corvi per comportamenti variamente animaleschi.
L’unico animale che ha una dignità pari all’uomo, e non mai una condizione diminutiva, è il cavallo. Tant’è che la lingua ne indica l’eccellenza, trasferendo le sue qualità agli uomini come non accade per nessun altro animale. Il cavallo genera il cavaliere, una posizione di rango superiore. Cosi’ il cavallo accresce le qualifiche dell’uomo, lo nobilita. Questo si riflette anche nell’arte. Vi sono naturalmente gatti, cani, leoni, tigri, rappresentati; ma i cavalli determinano un genere esclusivo che ha un luogo particolare.
Nell’arte pensiamo a Donatello, a Verrocchio, a Francesco Mochi, a tutti i monumenti equestri dell’Ottocento e ad artisti che hanno scelto il cavallo come tema esclusivo, da Francesco Messina a Marino Marini. Per questo è possibile che uno scultore di cavalli non rientri tra gli artisti di genere e non possa essere considerato, come altri, un animalista. Il cavallo ha una sua umana individualità, ovvero singolarità personale. Lo si intende bene guardando i bronzi e i bronzetti di Vivianne Duchini, artista Argentina che si è molto applicata, con originalità e libertà. al tema del cavallo riuscendo a coglierne l’indipendenza e l’aristocratica eleganza. Siano essi interi o frammenti o progetti di monumenti, i bronzi di Vivianne esprimono non solo ammirazione e rispetto ma anche soggezione.
Il cavallo può innalzarci a cavalieri o disarcionarci e vivere senza di noi, come e’ nella sua opera.
L’apoteosi è nella vittoria del cavallo scosso al Palio di Siena. In quella occasione gareggiano e vincono i cavalli non i loro cavalieri. Tale nobilità è consacrata nella storia dell’arte, dal Marco Aurelio agli affreschi di Pisanello.
Eleganza, potenza e prestazioni sono virtù esclusive del cavallo, che non hanno bisogno nè del controllo nè del sussidio dell’uomo. Questa condizione e’ perfettamente rappresentata nelle originali variazioni sul tema del cavallo di Vivianne Duchini, esaltate nello studio di Benvenuto Cellini. Talvolta Vivianne volge il suo sguardo, rientrando a casa dopo l’ebrezza della natura libera, agli animali domestici, e vede sensibile e remissivo seduto o piegato su se stesso il cane in riposo. Non si muove, aspetta. E’ un rapporto affettivo, carico di dolcezza: il cane attende in lunghe ore di indecifrabile meditazione, paziente e rassegnato nel tepore e nel silenzio, il ritorno del padrone.
C’è’ desiderio di protezione, c’è’ subordinazione, nella sua attitudine. Il cane riconosce e accetta la propria dipendenza, chiede affetto, intimità. E’ mite e sottomesso. Condivide tepore e odori nelle stanze della casa. E’ la pausa in una giornata all’aperto davanti al cavallo che compete e che si innalza o che si agita con l’uccello posato sul dorso. Sono attimi di pura felicità’. La visione del cavallo e’ il sogno della libertà’. “Chiedimi di mostrarti poesia in movimento, e ti mostrerò un cavallo”, scrive Ben Jonson. E il grande e dimenticato poeta Raffaele Carrieri, mio collega critico d’arte, in “Se ne vanno i cavalli”,nella raccolta “Stellacuore”, dice:
“Come spavaldi ragazzi castani /Se ne vanno i cavalliì /Alle facili terre dell’acqua / E non si voltano a guardarmi. / No che non si voltano, / I cavalli dal cuore di argento / Non si voltano a guardarmi. / Più allegri degli zingari / Alla fine di un bottino / Se ne vanno i cavalli / Sentendo da lontano il mare / Come gli zingari il rame. / Se ne vanno i cavalli / E non si voltano a guardarmi. / No che non si voltano. / I cavalli dal cuore d’argento / Non si voltano a guardarmi”.