di Beatrice BUSCAROLI
Una grande mostra dedicata a Bertozzi&Casoni nella città del grande duo della ceramica, Imola (Palazzo Tozzoni, Museo San Domenico, Rocca Sforzesca, fino al 18 febbraio 2024).
S’intitola Bertozzi&Casoni. Curata da Diego Galizzi, direttore di Imola Musei, la mostra, in programma dal 28 ottobre 2023 al 18 febbraio 2024, è organizzata dal Comune di Imola – Imola Musei, grazie al supporto di diversi soggetti locali, tra i quali la Cooperativa Ceramica di Imola, partner principale del progetto. Finestre sull’Arte è media partner dell’iniziativa.
«Erano i primi Anni Ottanta – affermano in un’intervista rilasciata nel 2017 – e si ragionava su un possibile ritorno al lavoro, in risposta alla sparizione dell’arte e all’imperante arte concettuale. Contemporaneamente prese il via anche il gruppo della Transavanguardia e dei “Nuovi nuovi”, si ragionava sul fare arte ritornando alla pittura e alla scultura nei laboratori».
La risposta è Bertozzi & Casoni, una “società” fondata nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, 1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, 1961, scomparso nel 2023). Un sodalizio forse stimolato da Franco Solmi, allora direttore della Galleria d’Arte moderna di Bologna, che ricercava soluzioni originali a quella che definì “nuova ceramica”.
Già, la ceramica, il prodigioso kéramos, l’argilla”, la “terra da vasaio”. Come rendere “nuovo” questo arcaico materiale, troppo spesso legato alla cultura materiale, all’uso quotidiano, all’artigianato, alle “arti minori”?
Si formano all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica di Faenza e concludono gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Sono attenti alla tradizione faentina, ma ricercano per quel materiale, solo in apparenza semplice, un dialogo originale con le masse e i volumi della scultura.
Domenico Baccarini, Antonio Berti, Pietro Melandri, Riccardo Gatti, Francesco Nonni, Domenico Rambelli, Ercole Drei, Angelo Biancini, Domenico Matteucci, fino ad arrivare a Carlo Zauli e a Ivo Sassi, e ai più giovani Aldo Rontini, Alberto Mingotti, costituiscono l’alveo naturale dell’investigazione plastica che ha utilizzato il materiale ceramico. Ma per Bertozzi&Casoni la sfida va indirizzata altrove.
Minimi avanzi sono la prima risposta:
«composizioni su piccoli tavoli apparecchiati con tazze, piatti, avanzi di cibo, calici spumeggianti, ma tutto realizzato in dimensione piatta non tridimensionale. Il materiale usato – proseguono nella stessa intervista – era una maiolica dipinta a puntinismo che creava una messa a fuoco dell’immagine, allontanandosi un po’ come per i pixel nella fotografia. Abbiamo così continuato fino al 1997, fino a quando non entrò nella nostra vita artistica Gian Enzo Sperone il quale ci fece ragionare sul fatto di rendere più oggettive le nostre composizioni. È stato il momento della svolta, la ricerca ci ha portato a considerare come necessari i materiali ceramici di derivazione industriale».
Ed ecco il salto di qualità, se così possiamo dire. I minimi avanzi prendono corpo, consistenza, si trasformano in accumuli di piatti sparecchiati con avanzi di cibo. E non si tratta di inseguire il nouveau réalisme di Daniel Spoerri, ma piuttosto di elaborare una riflessione sulla transitorietà della vita, sull’idea di morte. Si tratta di far entrare nel “teatro delle composizioni” elementi concettuali che hanno a che vedere con Andy Warhol e con Piero Manzoni.
Scegli il Paradiso, del 1997, chiude il ciclo della maiolica dipinta.
Bertozzi&Casoni avviano una sperimentazione che prevede l’utilizzo, quasi esclusivo, di materiali e di tecnologie di derivazione industriale. Il virtuosismo pittorico cede il passo a una resa “oggettiva” del soggetto prescelto. I temi iconografici della vanitas e del memento mori registrano una trasfigurazione: tutto avviene nel presente e si consuma nell’attrazione di quanto è caduco, transitorio, deperibile. Surrealismo compositivo e iperrealismo formale mettono in scena quanto nella vita s’addensi tra degrado e incanto di bellezze disperse.
Composizioni, annota Eugenio Riccomini :
«stupefacenti da farci accorrere a sostenere ed evitare l’imminente crollo, sono le due o tre decine di stoviglie attentamente, o forse sbadatamente, accumulate l’una sull’altra, che sfidano la legge di gravità; e la vincono solo perché, come ogni opera di Bertozzi & Casoni, fingono di essere fondine da tovaglia e sono invece opere d’arte fatte per stupire chi guarda; come quella splendida, e forse troppo fotografata, torre campanaria pisana, anch’essa in bilico, però involontario. E, al culmine d’ogni cumulo di fondine, si sono appollaiati un paio di colorati uccellini selvatici, che aprendo le ali potrebbero salvarsi dal crollo».
Nulla è come appare, come ha messo in evidenza la mostra a Catanzaro curata da Michele Buonuomo: vassoi e sparecchiature, pannelli del pronto soccorso (esibiti per la prima volta alla Biennale veneziana del 2009) e specchi con i pappagalli, fino ai residui industriali di Terra, dove l’estetica della “civiltà delle macchine” insinua i dubbi sull’azione che l’uomo viene provocando al nostro pianeta.
Prudenti ma inesorabili dissacratori del reale, Bertozzi&Casoni hanno continuato a informarci sui pericoli sottesi dalle apparenze, dalle rappresentazioni banali e di facile consumo di una realtà che si fa sempre più complessa e disordinata.
Riccomini si domandava se per caso i nostri Dioscuri conoscessero la feria de los muertos messicana. Perché nello loro pratica artistica sembra emergere sempre qualcosa di “macabro”. È la stessa domanda che si pone Alberto Zanchetta presentandoli al Palazzo Reale di Monza nel 2019:
«le loro nature talvolta “macabre”, ma non semplicemente “morte”, hanno il pregio di farci apprezzare la bellezza agonizzante della società moderna, in qualsiasi forma essa si presenti. La loro capziosità tecno-poetica è a dir poco insidiosa, ci abbaglia così come fanno i barbagli della ceramica, assunta a cinica metafora dell’abbondanza e della prosperità».
Gli accumuli di scarti della vita quotidiana, le pile di ossa, le impreviste irruzioni di animali spesso rappresentati come “resti” che si ergono sulle reliquie della nostra società consumistica.
Tuttavia, gli esorcismi latino-americani non possono che evidenziare i dettagli che emergono nelle sculture ceramiche di Bertozzi&Casoni, dove ogni serenità è illusoria, dove la riflessione sulle cose si ammanta di una velata malinconia. Scrive Diego Galizzi, curatore della mostra imolese:
«Una visione, la loro di enorme attualità e importanza, che attraverso la meraviglia mette in discussione le nostre categorie mentali e ci interroga continuamente. Ciò che a Palazzo Tozzoni si mette in scena non è una mostra tradizionale, piuttosto una installazione corale orientata allo spaesamento, dove gli attori chiamati a dar voce a questo “laboratorio del dubbio” sono, insieme, gli arredi, le suppellettili e le opere d’arte proprie della casa-museo, e i selezionati lavori di Bertozzi&Casoni».
Opere che rappresentano all’incirca l’ultimo ventennio della loro attività e per le quali sono noti in tutto il mondo: le variegate forme di vanitas, gli accumuli di scarti della vita quotidiana, le pile di ossa, le impreviste irruzioni di animali spesso rappresentati come beffardi reduci che si ergono sulle reliquie della nostra società consumistica.
Nel 2004 sono invitati ad esporre alla Tate Liverpool e alla XIV Quadriennale di Roma. Del 2007 è la mostra personale a Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia (dove espongono tre grandi opere in concomitanza con la Biennale: “Composizione in bianco”, “Le bugie dell’arte” e “Composizione Scomposizione”) e del 2008 quella al Castello Sforzesco di Milano e al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza. Nel 2009 i loro lavori sono esposti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia (“Composizione non finita-infinita” e “Rebus”); nel 2010 a All Visual Arts di Londra, alla Sperone Westwater di New York, alla Galleria Sperone a Sent e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Nel 2011 espongono al Musée des Beaux Arts di Ajaccio, al Padiglione Italia della Biennale di Venezia (“Sedia elettrica con farfalle”), alla FaMa Gallery di Verona, a La Maison Rouge di Parigi. Nel 2012 espongono alla Galleria Robilant+Voena di Londra, alla Sperone Westwater di Lugano e di New York. Dello stesso anno è la personale a All Visual Arts di Londra dove viene esposta per la prima volta la grande opera “Regeneration”. Del 2013 sono le mostre personali al Museum Beelden aan Zee all’Aia, alla Galleria Beck & Eggeling di Düsseldorf, alla Galleria Cardi di Pietrasanta e del 2014 quelle alla Sperone Westwater di Lugano e nelle sale monumentali di Palazzo Te a Mantova. Del 2015 le personali alla Galleria Tega di Milano, alla Galleria Poleschi di Lucca, alla Sperone Westwater di New York, al Mambo di Bologna, alla Art’In Gstaad Gallery e la partecipazione a Expo Milano 2015. Del 2016 le personali nelle sale di Palazzo Larderel a Firenze (presentata dalla Galleria Il Quadrifoglio di Milano in collaborazione con Gian Enzo Sperone), alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, all’Espace Grandjean di Vallauris, alla Galleria Verolino di Modena, al Macist di Biella e al Palazzo Ducale di Massa. Il 2017 apre con le personali al Museo di Palazzo Poggi di Bologna e alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno e prosegue con la collaborazione con Ca’ del Bosco. Il 16 dicembre 2017 si inaugura il Museo Bertozzi & Casoni presso la Cavallerizza Ducale di Sassuolo (Modena). Del 2018 la personale alla Rossi & Rossi di Hong Kong, del 2019 quelle al Marca di Catanzaro, a Villa Reale di Monza e al Museo Morandi di Bologna. Del 2020 alla Chiesa di S.Agostino di Pietrasanta.
Beatrice BUSCAROLI Bologna 5 Novembre 2023