di Nica FIORI
“Ho pensato a un regalo di Natale per il pubblico del museo. (…) Ho scelto il tema del paesaggio perché vicino ai miei interessi di studio e per offrire un’eterna primavera nei giorni d’inverno”:
ha dichiarato Luigi Gallo, attuale Direttore ad interim delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, presentando la mostra “Di natura e d’invenzione. Paesaggi, Vedute e Capricci dai depositi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica”. L’esposizione, a cura dello stesso Gallo con Paola Nicita e Yuri Primarosa, si tiene dal 19 dicembre 2023 al 31 gennaio 2024 a Palazzo Barberini, nella Sala dei Paesaggi (già sala da pranzo privata, al piano nobile), i cui decori ottocenteschi evidenziano entro grandi riquadri i feudi laziali della famiglia Barberini.
Luigi Gallo, Direttore della Galleria Nazionale delle Marche a Urbino e della Direzione Regionale Musei delle Marche, ha tenuto a precisare che la valorizzazione dei depositi, che considera il tesoro nascosto di ogni museo, è uno dei punti cardini del suo lavoro nelle Marche, dove fino al 5 maggio è possibile visitare la mostra L’altra collezione nella Galleria di Urbino. Grazie a questa piccola mostra romana, che riecheggia quella marchigiana, abbiamo l’opportunità di ammirare 14 opere, che per la loro qualità potrebbero essere esposte nella collezione permanente del museo, ma ciò non avviene solo per motivi di spazio. I dipinti provengono in parte dai depositi e in parte dal Museo Laboratorio delle Gallerie, dove vengono conservate opere abitualmente destinate a progetti di ricerca e didattica per studiosi, specialisti e specializzandi in Storia dell’arte, solo raramente accessibili al pubblico.
La mostra permette di approfondire la conoscenza della pittura di paesaggio, un genere di rappresentazione artistica che, fin dal suo affermarsi nel XVII secolo, ha avuto molta fortuna tra i collezionisti romani. Parliamo di un paesaggio spesso sognante, idillico, o meglio “arcadico”. L’attrazione per la mitica regione greca (Arcadia) dove si svolgeva una serena vita agreste non è, in effetti, esclusiva del mondo letterario, ma è presente abbondantemente anche in campo artistico: basti pensare al bel dipinto del Guercino Et in Arcadia ego (1618), che fa parte della collezione permanente della Galleria nazionale di Palazzo Barberini, nel quale due pastori fissano un teschio posto su un rudere recante l’iscrizione del titolo, o ai celeberrimi “Pastori d’Arcadia” (1640 Parigi, Louvre) di Nicolas Poussin, raffigurati mentre sono intenti a decifrare la stessa scritta latina su un sarcofago.
È proprio a Roma, nell’incontro tra la tradizione fiammingo-olandese e quella italiana (soprattutto veneziana e bolognese) che si sviluppano modi nuovi di vedere la natura, rimasti sostanzialmente inalterati fino a buona parte dell’Ottocento. La Campagna romana, con i suoi paesaggi bucolici e le sue maestose architetture, ha una straordinaria capacità evocativa. Fu proprio l’impatto con essa a stimolare artisti come Poussin, Claude Lorrain, Gaspard Dughet, che diedero forma a un paesaggismo classicheggiante.
I nomi che troviamo in mostra vanno da Nicolas Poussin (1594 – 1665), campione della pittura seicentesca francese, del quale è esposto Paesaggio con Agar e l’angelo (1660-64), al cosiddetto Maestro della Betulla, probabilmente da identificare in Gaspard Dughet (1613-1675), presente con Paesaggio con Giunone e Argo trasformato in pavone (1640-45), fino al fiammingo Jan Frans van Bloemen, detto l’Orizzonte (1662 – 1749), i cui paesaggi ospitano vicende mitologiche e scene bucoliche, offrendo mirabili effetti luministici.
Si passa poi alle raffigurazioni di paesaggi reali, come la magnifica Veduta di Villa Sacchetti a Castelfusano (1632-39), uno fra i primi quadri da camera con la rappresentazione di un luogo esistente, dipinto da Pietro da Cortona (1596-1669), il quale aveva realizzato la stessa architettura presso la costa a sud di Roma per il cardinale Giulio Sacchetti, intimo amico di Urbano VIII Barberini, e la Veduta dei Colli Albani dall’Osteria del Fico (1789) del tedesco Jacob Philipp Hackert (1737-1807), il maggior rappresentante del paesaggismo analitico di stampo illuminista. L’ampia didascalia di quest’opera ci informa che l’Osteria del Fico è tuttora identificabile a Grottaferrata e che sullo sfondo del dipinto s’intravedono i profili di palazzi e chiese di Marino e Castelgandolfo, riprodotti con esattezza da Hackert dopo aver viaggiato in quei luoghi in compagnia di Goethe. L’accostamento dei due dipinti evidenzia, a distanza di un secolo e mezzo l’uno dall’altro, la luce inconfondibile del paesaggio laziale che i due artisti hanno saputo rendere, ognuno a suo modo, con grande maestria.
Sono invece visioni ideali, capricci, ovvero ricomposizioni architettoniche, reinterpretazioni intellettuali della natura, quei paesaggi che indubbiamente privilegiano le antiche architetture romane, in quanto facenti parte di una civiltà straordinaria che si voleva emulare.
Quello del capriccio architettonico è un genere che conobbe una grande fortuna in Italia e in Francia, come testimoniano le tele del romano Andrea Locatelli (1695-1741), del piacentino Giovanni Paolo Pannini (1691-1765), e del francese Hubert Robert (1733-1808), cui si devono due straordinari dipinti come L’imbarcadero (Veduta immaginaria del Pantheon) del 1782, che mostra il celebre tempio rotondo accanto al Palazzo Nuovo del Campidoglio e all’antico porto di Ripetta (ora scomparso), e Fontana monumentale con architetture del 1780-85, dove le celebri statue dei Dioscuri del Quirinale sono collocate ai lati di un grandioso arco, sotto il quale è una fontana-ninfeo frequentata da lavandaie.
Troviamo anche altri francesi che, come Hubert Robert, nella capitale pontificia hanno soggiornato come pensionnaires dell’Accademia di Francia, e in particolare uno dei più celebri pittori della corte di Versailles nel Settecento, François Boucher (1703-1770), del quale sono esposti tre dipinti, tra cui La piccola giardiniera (1767), che ci incanta con il suo cesto di rose, l’incarnato perlaceo e il vaporoso abito di seta (tutt’altro che adatto a una contadinella o pastorella scalza e semmai simile a quello delle dame francesi del Settecento), e ancora Jean-Honoré Fragonard (1732-1806) con il suo Annette a vent’anni (1762 ca.).
Un soggetto questo tratto da uno dei Racconti morali di Jean-François Marmontel, noto illuminista collaboratore dell’Encyclopédie, che parla di un amore tra due cugini belgi, Annette e Lubin che, orfani dall’età di otto anni, crescono insieme in una capanna allevando pecore, finché lei partorisce un bambino, ma la loro unione è contrastata perché ritenuta incestuosa. Il pittore incarna lo spirito del racconto, immergendo i pastorelli in un ambiente bucolico, ma mantenendo l’originalità del suo stile morbido dai forti effetti luministici. Pur essendo così tipicamente francese, anche lui aveva studiato dal vero la campagna romana insieme all’amico Robert, dopo aver vinto il Prix de Rome nel 1753.
I dipinti esposti rispecchiano tutti un gusto che ancora oggi prevale nelle dimore patrizie e presso gli antiquari cittadini, anche perché per il loro formato non molto grande e le elaborate cornici dorate starebbero benissimo in un elegante salotto. Tranne alcuni paesaggi tipicamente francesi, con le loro atmosfere luminose, i riflessi del sole sulle fronde arboree e sull’acqua, è soprattutto Roma e la sua campagna (con le relative architetture) che si prestano a rappresentare una natura visionaria, intrisa di sensibilità preromantica, dove l’azione umana non è che un pretesto per descrivere la grandezza del paesaggio, che diventa vero protagonista e non più semplice sfondo.
Nica FIORI Roma 31 Dicembre 2023
Di natura e d’invenzione. Paesaggi, Vedute e Capricci dai depositi delle Gallerie Nazionali di Arte Antica
Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Roma
19 dicembre 2023 – 31 gennaio 2024
Orario: da martedì a domenica, ore 10.00 – 19.00. Ultimo ingresso alle ore 18.00.
Info: www.barberinicorsini.org