di Claudio LISTANTI
Boccherini musicista d’avanguardia.
Un notevole successo di pubblico ha salutato il concerto che l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma (IUC) ha inserito nella stagione concertistica corrente e interamente dedicato a musiche di Luigi Boccherini, affidate all’esecuzione dello specialista Fabio Biondi e alla sua Europa Galante. Il concerto ha messo in evidenza la valenza artistica di un’opera musicale di un autore che pur in possesso di un sostanzioso catalogo di opere è per lo più sconosciuto.
Comunemente quando si parla di Luigi Boccherini si tiene in considerazione quasi esclusivamente un brano molto celebre, il minuetto, uno dei movimenti tratti dal Quintetto op.11 n.5 G.275, un pezzo di musica universalmente conosciuto ed apprezzato da tutti. Un fatto insolito questo che rende il musicista lucchese tra i più conosciuti a livello quasi planetario ma, al contempo, la sua opera di compositore rimane per lo più sconosciuta seppur costituita da numerose composizioni che all’ascolto risultano non solo valide e accattivanti ma anche di straordinaria importanza per la Storia della Musica. È questo un paradosso del quale si comprendono a stento i motivi ma, parallelamente, stimola gli appassionati e gli addetti ai lavori ad approfondire i contenuti di questa vasta opera musicale che emergono con maggior forza se si mettono in relazione con l’epoca nella quale furono scritti ed il concerto che abbiamo ascoltato alla IUC è risultato ideale a questo scopo.
Luigi Boccherini, lucchese di nascita, visse nel periodo compreso tra il 1743 e il 1805, quando concluse la sa vita terrena a Madrid. Violoncellista di grande fama si distinse fin da giovane anche come compositore. Iniziò la sua attività giovanissimo grazie all’insegnamento del padre Leopoldo. A Lucca divenne subito apprezzatissimo violoncellista; sempre grazie al padre approfondì lo strumento anche a Roma dove si recò nel 1755. Alcuni documenti dell’epoca rendono possibile il fatto che divenne allievo di Giovanni Battista Costanzi, apprezzato violoncellista virtuoso, ricordato storicamente come tra i primi concertisti per questo strumento.
Dopo questa esperienza romana, sempre al seguito del padre, frequentò anche Vienna, uno dei centri musicali più importanti d’Europa, dove soggiornò a più riprese, un ambiente che contribuì in maniera particolarmente essenziale alla formazione delle sue doti di compositore.
Nel 1767 la sua esperienza di musicista si arricchì anche a Parigi. L’anno successivo l’ambasciatore di Spagna nella capitale francese apprezzò il talento suo e del violinista Filippo Manfredi con il quale si esibiva spesso, propose ad entrambi di trasferirsi a Madrid presso il re Carlo III dove la loro carriera poteva svilupparsi verso grandi successi. Iniziò così un periodo piuttosto contrastato della sua vita.
Questo primo periodo non dette i frutti sperati, e Boccherini puntò tutto sull’erede dei Borbone, Carlo IV, principe delle Asturie. Fu un periodo prolifico dal punto di vista della produzione musicale anche se subì l’ostilità di Gaetano Brunetti, anch’esso italiano, forse un po’ geloso della sua chiara abilità di compositore. Nel 1776 seguì l’infante don Luigi costretto a trasferirsi a Las Arenas de San Pedro in esilio per uno scandalo di corte.
Anche qui la sua attività fu fervida ma nel 1785 la sua vita subì il primo scossone. Morirono infatti sua moglie Clementina Pelicho ma anche il suo mecenate. Si trovò quindi vedovo e disoccupato con cinque figli a cui pensare. Tornò a Madrid, presso i Benavente-Osuna come maestro da camera della duchessa. Nel 1787 si risposò, la sua attività riprese intensamente fino al 1799 quando morì Benavente. Passò poi al servizio dell’ambasciatore di Francia Luciano Bonaparte che nel 1802 lasciò Madrid. Iniziò un periodo di ristrettezze dovuto alle poche risorse economiche costituite da una scarsa pensione e dai modesti diritti delle sue opere. Nel 1804 morirono la seconda moglie e una delle figlie, tutti fatti che influirono sul suo stato d’animo che lo condussero alla morte avvenuta a Madrid il 28 maggio del 1805. Le sue spoglie furono sepolte presso la Chiesa di San Justo ma nel 1927, per interessamento della sua città natale, furono trasferite presso la Basilica di San Francesco a Lucca.
Il catalogo delle opere di Boccherini è piuttosto vasto e rivolto a vari generi musicali e, soprattutto, al violoncello e agli strumenti ad arco. Oltre a una zarzuela, due oratori, una cantata profana e due cantate sacre anche sinfonie e arie e duetti e un numero cospicuo di musica strumentale. A dimostrazione di ciò si contano 11 concerti per violoncello, 3 concerti per violino, 2 per clavicembalo e 2 per flauto assieme a 18 sestetti e un ottetto. Poi ben 137 quintetti per archi soli, 12 con pianoforte, 24 con flauto e oboe, 12 con chitarra, 97 quartetti, 54 trii per archi soli, 1 con pianoforte, 31 sonate per violoncello, 6 per clavicembalo e violino, 13 per due violini.
Al di la dell’aridità dei numeri e del fatto che diverse opere del catalogo sono di dubbia attribuzione e oggetto di studio da parte degli esperti che a partire dalla metà dello scorso secolo hanno orientato la lente di ingrandimento verso questo immenso ‘corpus’ di opere, c’è però la dimostrazione della felice vena musicale di Boccherini frutto non solo della sua invenzione e della sua fantasia ma, soprattutto, della sua maestria di compositore.
La sua importanza nella storia della musica è praticamente poliedrica. In primis per aver dato posizione di centralità al violoncello prima di lui strumento dedicato alla realizzazione del basso continuo o di mero accompagnamento, per renderlo vero e proprio protagonista assieme agli altri strumenti ad arco. Di conseguenza i suoi lavori per quartetto e per quintetto presentano la peculiarità che tutti gli strumenti facenti parte del complesso agiscono sullo stesso piano e interagiscono tra loro in piena parità. Tutti elementi che rendono le sue composizioni, almeno quelle che abbiamo ascoltato, intense ed omogenee.
A Boccherini si deve anche l’ideazione del quartetto d’archi in senso moderno. Giovanissimo, intorno al 1764, ebbe l’intuizione del quartetto d’archi, fondando assieme ai violinisti Filippo Manfredi e Pietro Nardini e al violista Giuseppe Cambini, il Quartetto dei Toscani, che molti studiosi giudicano la prima formazione di questo tipo, creando un nuovo genere musicale nel quale, nei decenni successivi, per evolversi poi fino al ‘900, si cimentarono molti grandi musicisti.
Ma con i Quintetti Boccherini diede prove ancor maggiori. Inserendo al quartetto il quinto strumento il musicista riuscì a dare maggior spessore grazie ad una compattezza strumentale di rilievo riuscendo ad ottenere colori e timbri ancora più energici e di maggiore densità. Il tutto coniugato ad un senso della melodia molto spiccato che riesce a far emergere con forza da ogni strumento utilizzato integrando suoni e ritmi con un contrappunto del tutto funzionale.
Dopo queste parole si può dire che tutto ciò ci presenta un Boccherini senza dubbio, per l’epoca, come innovatore, una mente che guardava al futuro, un musicista d’avanguardia che purtroppo non fu pienamente compreso, non solo nella sua epoca, forse conseguenza dell’ambiente musicale spagnolo nel quale principalmente si sviluppò, per arrivare purtroppo fino al secolo scorso quando si sono registrati segni, seppur timidi, di una rivalutazione che senza dubbio è avvenuta nel mondo accademico senza trovare, però, un valido riscontro nelle sale da concerto.
A tal proposito il concerto ascoltato alla IUC si è rivelato ideale per riscoprire queste peculiarità con un programma del tutto funzionale a questo scopo.
La serata si è aperta con il Duo per due violini in sol maggiore op. 3 n. 1 G56, composizione del 1761 e quindi di un Boccherini diciottenne dove traspare ben chiaro il dialogo paritario tra i due strumenti solisti, entrambi in primo piano e nessuno sottoposto all’altro, aperto da uno splendido Grazioso e pervaso nell’insieme da un efficace senso della melodia. Poi il Trio per violino, viola e violoncello in re maggiore op. 14 n. 4 G98, datato 1772, nel quale emerge un Andantino sinuoso e filigranato contrapposto al Trio per due violini e violoncello in do maggiore op. 6 n. 6 G94, di qualche anno prima, 1769, che evidenzia una certa modernità nella compattezza dei suoni grazie ad una sapiente distribuzione delle parti che si materializza poi nello sfarzoso Presto finale. Due Trii che sono il risultato del successo della ricerca da parte del compositore lucchese di una efficace solidità ed equilibrio sonoro tra i tre strumenti utilizzati.
La seconda parte del concerto è stata dedicata ai Quintetti proponendone due per archi e chitarra. Nello specifico il Quintetto per archi e chitarra in re maggiore “Fandango” G448 e il Quintetto n. 7 in mi minore per due violini, viola, violoncello e chitarra G 541, entrambi arrangiamenti di precedenti composizioni per inserire la Chitarra in omaggio al marchese di Bonavente. L’utilizzo della chitarra dona ai due brani un senso di colore locale che si estrinseca con i ritmi del trascinante Fandango che chiude il G448 dopo una delicata e raffinata Pastorale d’apertura, peculiarità che si rafforzano nell’altro quintetto che si conclude con il grazioso Andante finale dopo la squisita cantabilità del Minuetto con moto precedente. Entrambi i brani presentano sonorità di particolare compattezza strumentale quasi ad evidenziare uno spessore e una densità ‘sinfonica’.
A conclusione uno dei pochi brani piuttosto conosciuti di Boccherini, le Variazioni su “La ritirata di Madrid” in do maggiore per quintetto composizione resa celebre nel 1975 grazie a Luciano Berio che ne predispose Quattro versioni originali della Ritirata Notturna di Madrid di Luigi Boccherini per orchestra spesso eseguita nelle sale da concerto. È una composizione a carattere descrittivo che narra la marcia dei soldati prima del coprifuoco notturno.
Un programma molto ben congegnato grazie alla cura di Fabio Biondi strumentista e direttore molto attento alle tematiche di questo importante periodo della Storia della Musica che è riuscito a rendere evidente tutte le caratteristiche compositive di Luigi Boccherini abbinando alla scelta del programma una esecuzione del tutto attenta ed efficace a porre in evidenza il valere storico-musicale di queste composizioni. Ha messo a disposizione del concerto le sue doti, non solo di direttore ma anche di violino solista, regalandoci una esecuzione basata, come sempre, nella scelta appropriata dei tempi e nell’evidenza dell’elemento melodico che le contraddistinguono. Tutto ciò si è rivelato possibile grazie ai componenti di Europa Galante, formazione da lui stesso fondata e curata che, per l’occasione ha visto impegnati come strumentisti oltre allo steso Biondi anche Andrea Rognoni violino, Ernest Braucher viola, Alessandro Andriani violoncello e Giangiacomo Pinardi chitarra.
Grande successo alla fine da parte del numeroso pubblico convenuto il 3 febbraio scorso all’Aula Magna della Sapienza per il concerto. Tante le richieste di bis che Biondi ha esaudito con entusiasmo proponendo il famoso minuetto che ha reso celebre Boccherini. Ha così creato un valido contrasto tra le sonorità settecentesche, quasi ovattate e melense, del minuetto e le sonorità di tutto il programma ascoltato, facendoci comprendere con più decisione ed efficacia ‘modernità’ e ‘innovazione’ introdotte dal grande musicista lucchese.
Claudio LISTANTI Roma 4 Febbraio 2024