di Claudio LISTANTI
È tornata recentemente al Teatro dell’Opera di Roma La sonnambula di Vincenzo Bellini ottenendo un vistoso successo grazie ad una buona esecuzione musicale nella quale ha primeggiato il soprano Lisette Oropesa che ha debuttato nel ruolo di Amina offrendo una interpretazione particolarmente intensa e coinvolgente. Al suo fianco altri cantanti di ottimo livello come il tenore John Osborn e il basso Roberto Tagliavini. Poco incisiva la direzione di Francesco Lanzillotta. Discutibile e fuorviante la realizzazione scenica di Jean-Philippe Clarac & Olivier Deloeuil “LE LAB”.
La sonnambula di Vincenzo Bellini è una delle opere ‘romantiche’ più importanti e significative della storia del teatro d’opera il cui fascino, a poco meno di 200 anni dalla sua composizione, è rimasto pressocché intatto e per nulla scalfito dal passare del tempo, come dimostra l’entusiasmo con il quale il pubblico riempie i teatri dove questo capolavoro viene rappresentato, fenomeno che si è puntualmente verificato anche in questi giorni a Roma.
La sonnambula fu rappresentata per la prima volta al Teatro Carcano di Milano il 6 marzo 1831 ed entrò nella produzione belliniana in un momento particolare della carriera del compositore catanese. Infatti, qualche anno prima Bellini ricevette dal duca Litta di Milano la commissione per un’opera tratta da Hernani di Victor Hugo, famosa perché in seguito, nel 1844, fu musicata con il titolo di Ernani da Giuseppe Verdi divenendo una delle opere più significative della cospicua produzione operistica del compositore bussetano. Il soggetto di Hernani trovava all’epoca perplessità e opposizione da parte della fervida censura austriaca e Bellini decise di interromperne la composizione lasciandola nello stato di abbozzo. Il grande librettista Felice Romani propose a Bellini un libretto diverso, tratto da un ballet-pantomime di Eugène Scribe del 1827, La Somnambule ou L’arrivée d’un nouveau seigneur, coreografato da Jean-Pierre Aumer che, a sua volta, ebbe come modello una comédie-vaudeville scritta nel 1819 sempre da Scribe ma assieme a Germain Delavigne.
Bellini, oltre a riutilizzare parte delle musiche contenute nella bozza di Hernani, operò insieme allo stesso Romani dei cambiamenti rispetto al soggetto originale per produrre un’opera che risulta essere di spiccato carattere popolare e villereccio, dai risvolti sentimentali e amorosi per di più evocanti il fenomeno del sonnambulismo allora molto in voga. Era, quindi, pienamente in linea con i gusti e le mode del tempo e per di più poco adatto alle osservazioni censorie delle istituzioni dell’epoca, e riuscì grazie al fiuto di uomo di lettere e di teatro qual era Felice Romani, ad ottenere, grazie anche alla geniale musica di Bellini, un immediato e sostanzioso successo che è andato oltre i gusti del tempo giungendo fino a noi.
Il contenuto della trama che si basa sull’amore tra Amina ed Elvino che giunge al matrimonio ma offuscato da una ingiusta accusa di tradimento per Amina sorpresa in camera del Conte Rodolfo dove era convenuta sotto l’effetto del sonnambulismo. Tutto sembra finito per il sogno d’amore di Amina ed Elvino ma con gli interventi dello stesso Conte Rodolfo e l’evidenza del sonnambulismo di Amina, che viene sorpresa vagare su un cornicione, si giunge al lieto finale con il trionfo dell’amore tra i due amanti.
Una trama, anche se esposta in maniera sintetica, dai contenuti a prima vista esili ma che incantarono il pubblico del tempo che riservò a questo capolavoro di Bellini un successo trionfale che rese La sonnambula una delle sue opere simbolo soprattutto perché con la sua musica mise in estremo risalto i sentimenti di ogni singolo personaggio esaltandone i connotati interiori con una magistrale invenzione melodica che ne mette in luce l’interiorità. Elementi che si estendono anche agli altri personaggi meno importanti come al tema più squisitamente ambientale, inequivocabilmente di carattere campestre e popolare, che trova espressione soprattutto nei numerosi interventi del coro e nella parte più prettamente ‘sinfonica’ della partitura. L’insieme di queste caratteristiche può essere considerato come la vera e propria ‘drammaturgia’ di questo lavoro teatrale, motore indiscutibile di una azione e di una ambientazione che, da sempre, ha ammaliato e affascinato il pubblico.
Per questa occasione il Teatro dell’Opera di Roma ha predisposto un nuovo allestimento affidato per regia, scene e costumi a Jean-Philippe Clarac & Olivier Deloeuil “LE LAB” una compagnia la cui arte creativa è rivolta ad esplorare tutte le varianti e le soluzioni che possono scaturire dall’esecuzione e dalla rappresentazione dei capolavori operistici.
Anche in questo caso la realizzazione della parte visiva è risultata purtroppo discutibile come sempre più di frequente accade non solo nel nostro paese ma in tutto il mondo.
Jean-Philippe Clarac & Olivier Deloeuil “LE LAB” erano, per questa occasione, alla prima esperienza di uno spettacolo lirico in Italia anche se c’è da considerare una loro partecipazione al Cantiere di Montepulciano del 2014, per un allestimento dell’opera da camera Histoire du soldat di Igor Stravinskij che, ricordiamo, riuscì ad integrare e valorizzare i contenuti di una partitura tra le più importanti del ‘900.
Per questa Sonnambula romana hanno cercato la via di una modernizzazione, o forse attualizzazione di questo grande capolavoro dell’epoca romantica. Una prassi ormai divenuta sempre più consueta nell’ambito delle rappresentazioni operistiche che sovente, come anche in questo caso, producono spettacoli che travalicano i contenuti delle opere messe in scena annientando lo spirito creativo degli autori, optando per realizzazioni visive quasi sempre in contrapposizione con quanto prevede l’originale. A questa regola non è scampato il capolavoro belliniano oggetto di una modernizzazione della quale non si sente la necessità. Clarac e Deloeuil hanno immaginato la storia di Amina e Elvino nei giorni nostri contenuta in una Galleria d’Arte chiamata Galleria Elvezia, un modo forse puerile di rendere omaggio al villaggio svizzero evocato nel libretto.
Qui è messo in evidenza una sorta di tavolo/pedana dove avvengono le azioni previste dal libretto. L’evoluzione della trama era unita ad una azione parallela affidata alla parte video ed ambientata nella zona romana circostante il Teatro dell’Opera in omaggio alla peculiarità di “Le Lab” di spostare le azioni rappresentate nelle città dove hanno luogo le esecuzioni. In questo caso questo bizzarro (e poco utile) modo di vedere le opere i registi ci hanno proposto tramite immagini le gesta di una donna che in vista del matrimonio dorme in una stanza dell’attiguo Hotel Quirinale, come noto una struttura alberghiera collegata direttamente con la Sala Costanzi dove, soprattutto nel passato, le stelle della lirica soggiornavano durante lo svolgimento e la preparazione delle recite alle quali partecipavano. Tra queste anche la Callas che i registi (molto banalmente) hanno inserito nella loro eccentrica realizzazione ricordando così il soprano greco come una delle interpreti significative per questo ruolo. Questa donna, della quale lo spettatore non comprende bene il comportamento, ad un certo punto esce dall’albergo e si reca al teatro; il tragitto è ripreso da telecamere fino all’entrata in teatro quando nella sala si materializza alla vista del pubblico dirigendosi poi in palcoscenico dove parteciperà agli applausi finali. Una soluzione teatrale nemmeno tanto originale se consideriamo che Luca Ronconi la adottò nel 1984 per la riproposta a Pesaro del rossiniano Viaggio a Reims, scelta allora condivisibile perché scaturiva da modi e contesti diversi.
Sul palcoscenico la parte video è stata preponderante. Molte immagini di opere pittoriche e scultoree presenti a Roma proposte su tre schermi dei quali anche qui, nei due laterali, erano riprodotte evidenti interventi di modernizzazione a supporto, immaginiamo, della teoria di questa imperante tramadel rinnovamento che sta affliggendo il teatro lirico.
I personaggi principali erano vittime di una sorta di accerchiamento di cose e azioni eccentriche che hanno prodotto anche effetti esilaranti quando Amina compare ad un certo punto con due cuscini cuciti tra la schiena e la testa a sottolineare la sua, anche se involontaria, presenza nella camera da letto del Conte.
A nostro giudizio occorre che i registi di oggi abbiano più rispetto di questi autori, soprattutto nel cercare di approfondire in maniera costruttiva la loro opera e comprendere che non hanno bisogno di modernizzazione, o attualizzazione che dir si voglia, come nel caso de La sonnambula che certo ha una trama semplice ed esile ma esprime sentimenti e personalità ben distinte mostrando in definitiva un più che valido contenuto ‘teatrale’ che andrebbe compreso di più per essere rappresentato con maggior vigore ed incisività.
Le buone notizie sono venute dalla parte prettamente musicale. Innanzi tutto dalla scelta della compagnia di canto risultata di grande valore. Osservata speciale era l’Amina del soprano statunitense di origine cubana Lisette Oropesa che in questa occasione affrontava per la prima volta in palcoscenico questo personaggio ‘mitico’ nella Storia dell’Opera. Possiamo senza dubbio dire che la Oropesa ha superato l’esame a pieni voti dimostrando di avere le caratteristiche per interpretare questa parte che, ricordiamo, fu scritta da Bellini per Giuditta Pasta, una delle cantanti preferite del compositore catanese. La Oropesa ha con molta evidenza ben preparato la sua interpretazione mostrando sicurezza nelle emissioni e facilità nell’affrontare le varie difficoltà che costellano la linea vocale affidata a questo personaggio. Inoltre evidenzia una più che soddisfacente presenza scenica che abbinata anche ad una efficace pronuncia la rende interprete ideale per questo ruolo. Il personale trionfo ottenuto al termine dello spettacolo è stato prorompente rendendola evidentemente molto soddisfatta della sua prova e del gradimento del pubblico.
Di grande valore anche l’interpretazione di John Osborn tenore di grande esperienza per i ruoli belcantistici compreso quello di Elvino al quale ancora una volta ha dedicato la sua apprezzabile vocalità che riesce a frequentare con una certa facilità il registro acuto per una parte anch’essa creata da Bellini per una stella di prima grandezza come Giovanni Battista Rubini anche esso, assieme alla Pasta, vero e proprio mito dell’opera di tutti i tempi.
Pregevole il resto della compagnia, ad iniziare dalla parte del Conte Rodolfo affidata al basso Roberto Tagliavini che ha cantato con sicurezza e buona intonazione una parte senza dubbio difficile mettendo a disposizione del ruolo una molto evidente freschezza vocale ed una più che apprezzabile pronuncia. Francesca Benitez è stata una Lisa del tutto credibile e vocalmente a posto assieme alla Teresa di Monica Bacelli che ha dato al personaggio le giuste sfumature grazie alla sua lunga esperienza, non solo nell’opera, ma anche nel canto da camera.
Completavano la compagnia Mattia Rossi proveniente dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma per la parte di Alessio e Giordano Massaro nella parte del Notaro.
Di rilievo la prova del Coro del Teatro dell’Opera guidato da Ciro Visco confermata da un lusinghiero successo personale. Francesco Lanzillotta ha guidato l’Orchestra del Teatro dell’Opera confermando le sue doti di direttore d’orchestra messe a disposizione della evidente cura della parte ‘sinfonica’ dell’opera alla quale è mancato forse un po’ di respiro nel proporre quella ‘melodia infinita’ che è la peculiarità che contraddistingue Bellini nell’ambito della musica romantica che lo rende vero e proprio genio musicale. A dire il vero ne La sonnambula ciò avviene difficilmente, almeno analizzando prove di direttori diversi e di diverse epoche che abbiamo potuto ascoltare dal vivo come in disco ed è l’elemento che rende difficile la realizzazione di quest’opera. Lanzillotta, del quale ricordiamo la recente esperienza proprio qui all’Opera con un bellissimo Elisir d’amore, ha le qualità per migliorare questo aspetto anche grazie alla sua giovane età. Per lui, comunque, il pubblico ha tributato un buon successo personale al termine della recita del 12 aprile alla quale abbiamo assistito.
Claudio LISTANTI Roma 14 Aprile 2024