di Vera AGOSTI
Luca Pignatelli (Milano, 1962) è figlio d’arte.
Il padre, Ercole, è un celebre pittore e scultore di origine leccese, che oggi espone a Palazzo Reale a Milano con un suo tributo a Picasso; ha due fratelli: Francesco è fotografo, Daniele è regista. La ricerca pittorica di Luca muove dai luoghi del lavoro dell’uomo, quindi dalle fabbriche, dagli arsenali militari e dai depositi delle città portuali, come anche dai grandi edifici, templi, cattedrali e monumenti che hanno segnato e rappresentato la storia. A partire dagli anni ‘90, utilizza materiali riciclati, ad esempio la tela di canapa dei convogli ferroviari e, successivamente, le carte assemblate, i tessuti, le vecchie tavole di legno, le lastre di ferro zincato e i tappeti persiani. Si dedica a grandi cicli in occasione di esposizioni personali e installazioni, quali Arazzi italiani (2007-2008), Atlantis (2009), Schermi (2009), Analogie (2010), Cosmografie (2014); Sculture (2010), Standard (2014), Migranti (2015), Imperatori (2017) e Persepoli (2017).
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Pignatelli si sente attratto dalla terra e dai suoi siti più intimi, misteriosi e ancestrali, come la grotta che si apre sotto la sua casa in Puglia. E “grotta” è proprio una delle 11 parole che tornano nella sua personale Astratto presso il Musec, Museo delle Culture di Lugano, fino al 12 maggio, a cura del direttore Francesco Paolo Campione. Questi termini, tra cui anche “persona ricordo, memoria, impronta, frammento, relitto, abisso, spiaggia, terra, origine” sono descritti da brevi testi dell’artista stesso che evidenziano la sua sensibilità, guidando l’osservatore all’interno dell’esposizione. I sostantivi sono tra loro legati come in un grande ipertesto profondamente spirituale. L’allestimento si compone anche di tavoli, sedie, poltrone, divani, carrelli, fotografie, carte, disegni, immagini ritagliate, giornali, telai, cocci, barrette di metallo, pennelli e latte di pittura che provengono dall’ampio studio milanese dell’artista, come se fossimo invitati nel suo atelier. È un modo straordinario per farsi conoscere e mettersi a nudo.
Qual è invece il cuore della mostra? Luca Pignatelli sorprende con la sua nuova ricerca astratta. La personale nasce da due anni di conversazioni tenute con il curatore. Scompaiono le immagini della statuaria classica (muse, eroi, imperatori), delle memorie archeologiche dell’antichità, i paesaggi naturali e urbani e i dirigibili, gli aeroplani, le navi, i treni a vapore… mentre si esalta la pittura stratificata su supporti di recupero. Sono una cinquantina di tele per lo più inedite e di grandi dimensioni, larghe porzioni di teloni ferroviari dismessi, cuciti, forati, bruciati e poi dipinti ed elaborati con inserti sovrapposti di diversa natura.
Una materia esausta e ulteriormente ridotta ai minimi termini, aperta a una molteplicità di significati. I colori dominanti? Quelli della terra, dell’acqua e del fuoco: bruni (Architettura dell’io, 2021-22), rossi (Parete ipogea, 2019) e blu (Cosmogonia litica, 2021-22).
Vera AGOSTI Milano 12 Maggio 2024