di M. Lucrezia VICINI
AUTORE: NICCOLO’ DELL’ABATE(Modena, 1509-Ultime notizie in Francia nel 1571)
TITOLO: PAESAGGIO CON CACCIA AL CINGHIALE E ALBERO DELLA CUCCAGNA
MATERIA: OLIO SU TELA CM. 151 X 183. INVENTARIO: N. 24. COLLOCAZIONE: TERZA SALA
PROVENIENZA: COLLEZIONE DEL CARDINALE BERNARDINO SPADA
Esposizioni: Parmigianino e il manierismo europeo. Parma Galleria Nazionale 8 febbraio-15 maggio 2003
Esposizioni: Nicolò Dell’Abate. Storie dipinte nella pittura del Cinquecento tra Modena e Fontaineableau- Modena Foro Boario 20 marzo-19 giugno 2005
– Cranach. L’altro Rinascimento a different renaissance– Roma, Galleria Borghese, 15 ottobre 2010-13 febbraio 2011
Quando la caccia al cinghiale era prerogativa dei nobili (?)
Il dipinto, citato per la prima volta come Paesaggio del Bassano nell’elenco fidecommissario del 1823, dove risulta esposto nella prima sala del Museo(1), andrebbe individuato in uno dei Tre quadri di paesi grandi descritti nell’inventario dei beni ereditari del 1661 del cardinale Bernardino Spada (1594-1661), della cui collezione dovrebbe quindi far parte (2), esposti al di fuori del palazzo, in altro possedimento Spada, nella cosiddetta Vigna fuori Porta Angelica.
Con l’attribuzione a Battista Dossi e sempre esposto nella prima sala del Museo, è ricordato nell’appendice al Fidecommisso del 1862 (3), nella ricognizione inventariale del 1925 a cura dell’avvocato Pietro Poncini, amministratore della famiglia Spada, e nella coeva stima di Hermanin che valuta lire 5.000 (4).
Nel 1951, in occasione del riassetto del Museo per la sua riapertura al pubblico, venne esposto da Federico Zeri nella terza sala del Museo, dove ancora si trova.
Riferito dal Barbier De Montault (5) a Dosso Dossi, il dipinto viene successivamente assegnato al fratello Battista Dossi da Adolfo Venturi (6), insieme al Corteo magico e alla Caccia al cervo della Galleria Borghese e ad un terzo della Galleria Doria Pamphili. Il Venturi era inoltre del parere che siano quadri provenienti dal castello dei Duchi di Ferrara, forse gli stessi che Enzo Bentivoglio aveva ottenuto per il cardinale Scipione Borghese nel 1608. L’attribuzione a Battista Dossi viene riproposta da Giulio Cantalamessa (7) oltre che dal citato Hermanin (1925). H. Mendelson (8), si rifà, anche relativamente ai due dipinti della Galleria Borghese, ad un anonimo olandese del sec. XVI.
A restituire il dipinto a Nicolò dell’Abate è Roberto Longhi (9) che ritiene del pittore anche la sola Caccia al cervo Borghese. Porcella (10), Lavagnino (11) e Quintavalle (12), respingono invece il nome di Nicolò dell’Abate ed avanzano quello di Andrea Donducci, detto il Mastelletta. Federico Zeri (13), accogliendo l’intuizione del Longhi, conferma l’attribuzione a Nicolò dell’Abate, sulla base anche del confronto con il Paesaggio con Orfeo ed Euridice della National Gallery di Londra, e con il Paesaggio con il Ratto di Proserpina del Museo del Louvre.
Per lo studioso si tratta di una stupenda invenzione in cui l’eco della fantasia dossesca si arricchisce di nuovi elementi desunti dai paesaggi del Patinier e del Civetta posseduti dai duchi di Ferrara. Sylvie Beguin (14) e Wanda Bergamini (15) concordano con Zeri sull’attribuzione e ne rimandano la datazione dopo il periodo bolognese, intorno al 1552, quando era già stata eseguita l’opera Borghese.
Due giganteschi tronchi di alberi a sinistra del dipinto si innalzano come quinte da un’altura, indirizzando lo sguardo dello spettatore sulla estesa e gremita vallata, che pertanto è colta a volo d’uccello, dall’alto in basso, per consentire una più ampia visione del panorama, secondo i canoni della detta tradizione paesaggistica fiamminga della prima metà del cinquecento che aveva avuto come massimi interpreti Joachim Patinier, Henri Met De Bles e Cornelius van Dalen.
Nella radura in primo piano, il pittore sviluppa il tema della caccia, divertimento esclusivo dell’aristocrazia e del mondo cortese cavalleresco del tempo, per le possibilità che offriva ai nobili e ai cavalieri di esercitarsi per eventuali futuri duelli e combattimenti, e dimostrare alle dame partecipanti al corteo coraggio e abilità fisica. Divertimento ritenuto ancor più stimolante se la preda della caccia risultava essere, come nel nostro caso, un cinghiale, proprio per i rischi e i pericoli che l’animale, più di ogni altro, comportava nella cattura (16).
Nella scena tre cacciatori a piedi, trafiggono con le lance il cinghiale braccato, alla presenza di cani irritati, di due cavalieri e una dama dall’elegante cappello piumato che, a caccia ormai avvenuta, appaiono disinteressati e intenti a conversare. Altri personaggi che potevano far parte della comitiva si mantengono arretrati ai margini del fitto boschetto, mentre in fondo a sinistra, tra i rovi, una persona sembra ferita e soccorsa da alcuni uomini.
Contemporaneamente alla caccia, più in alto, sul ripiano della collina, si svolge una processione diretta verso un altissimo albero della cuccagna che un uomo vestito di nero si accinge a scalare, in un intreccio di rievocazioni irreali e rese naturalistiche dove trovano posto obelischi, edifici fantasiosi e castelli sfiorati da un lago, oltre il quale una città fantastica si disperde nella foschia in un orizzonte lontano.
Si tratta quest’ultimi, di svaghi popolari cui, specie nel Nord Europa, sei sec. XVI-XVII, solevano intrattenersi i contadini nelle feste campestri accompagnandosi spesso anche con banchetti e danze, e che vivevano con ingenuità re semplicità di sentimenti, diversamente dallo spirito avventuroso e galante che guidava la società cortese. Due mondi contrapposti che tuttavia nella rappresentazione simultanea del dipinto si integrano e si armonizzano, grazie alla spigliata capacità descrittiva del pittore, acquisita proprio dalla vena narrativa dei poemi epici e cavallereschi di cui egli è considerato uno dei massimi traduttori in pittura.
A Bologna, presso Palazzo Poggi, oggi biblioteca universitaria, e Palazzo Leoni sono conservati cicli di affreschi con storie dell’Eneide, mentre a Palazzi Torfanini, sede attuale della Pinacoteca Nazionale, si possono visionare episodi dell’Orlando Furioso. In essi descrizione letterale e illustrazione pittorica vanno di pari passo nella simultaneità degli eventi, narrati con ricchezza e diversità di particolari, sullo sfondo di bizzarri paesaggi che conferiscono alle scene toni fiabeschi.
Linguaggio originale attraverso il quale il pittore riesce a fondere gli echi del paesaggio fiammingo con i valori della cultura manieristica emiliana del Primaticcio, del Parmigianino, e soprattutto di Dosso Dossi, da cui eredita il gusto per l’avventuroso e il fantastico e lo stile pittorico fatto di colore usato con libertà e audacia.
Nel dipinto Spada i colori freddi e intensi del primo piano, si ravvivano nel fondo con il tocco rapido e trasparente delle pennellate che conferiscono a fare del paesaggio uno dei più interessanti del sec. XVI (17).
M. Lucrezia VICINI Roma 12 Maggio 2024
NOTE
1)Zeri F., La Galleria Spada in Roma, Firenze 1954, pp. 69-70; Cannatà, R., Vicini M.L., La Galleria di Palazzo Spada: Genesi e storia di una collezione, 1992, p.187
2) Cannatà R., Il collezionismo del cardinale Bernardino Spada, in Cannatà R., Vicini M.L. 1992, cit, pp. 31,34
3) Cannatà R., Vicini M.L. cit. 1992, p.189
4) Cannatà R., Vicini M.L. cit. 1992, pp.193,197
5) Barbier de Montaul X., Les Musées et Galeries de Rome, Roma, 1870, p.441
6)Venturi ., Il Museo e la Galleria Borghese, Roma, 1893, p.24
7)Cantalamessa G., Le Gallerie Fidecommissarie Romane, in “Le Gallerie Nazionali Italiane, Roma, 1894, p. 85
-
8)Mendelshon H., Das Werk der Dossi, Monaco, 1914, p.193
-
9)Longhi , Precisione nelle Gallerie Italiane. La Galleria Borghese, Roma, 1928, p.176
-
10)Porcella A., Le pitture della Galleria Spada, Roma, 1931, pp. 123 e 178
-
11)Lavagnino E., La Galleria Spada in Roma, Roma, 1933, pp.8 e 12
-
12)Quintavalle O., Revisione al Bertoja, in “Proporzioni”, III 1950, pp. 175 e 177, nota 23
-
13) Zeri F., cit. 1954, pp.69-70
-
14) Beguin S., Nicolò dell’Abate, Alfa edizioni, 1969, pp. 69-71
-
15) Bergamini W., Nicolò dell’Abate e Lorenzo Sabatini in Palazzo Leoni a Bologna, in Vera Fortunati Pietrantonio, Pittura bolognese del ‘500, Catalogo della mostra, 1986, pp. 269-295
-
16) Corradini M., La caccia nell’arte. Firenze 1993,
-
17) Vicini M.L. in Storie dipinte e la pittura del Cinquecento tra Modena e Parigi. Catalogo della mostra a cura di S.Béguin e F. Piccinni. Modena 2005, pp.370-372
-
Vicini M.L., in Parmigianino e il manierismo europeo. Catalogo della mostra a cura di Fornari Stanchi L., Ferino Pagden S. Silvana 2003, pp.382-384
-
Vicini M.L. Guida alla Galleria Spada, Roma 1988, p.56
-
Cannatà R., Galleria di Palazzo Spada, Roma 1985, p. 80