di Francesca CURTI
-Da qualche giorno è apparso sulla stampa una notizia che molti si aspettavano riguardante la famosa tela raffigurante l’Ecce Homo che fece discutere perchè apparve in un’asta a Madrid come “seguace di Jusepe de Ribera” ma venne riconosciuta da vari studiosi come possibile opera di Caravaggio cosa che effettivamente dopo studi ed indagini oggi pare sicura. Lei avrà seguito la vicenda come molti studiosi; le chiedo dunque che idea si è fatta dell’intera vicenda e poi se andrà a vederla ‘de visu’ a Madrid quando sarà esposta.
– La tela è stata accostata dal Prof. Massimo Pulini che ne pubblicò l’immagine in un articolo su About Art al famoso e misterioso “concorso Massimo” cui Caravaggio avrebbe partecipato insieme con il Passignano e il Cigoli su committenza della nobile famiglia romana ma altri studiosi non sono d’accordo; Lei che ne pensa ? Secondo lei a quale periodo potrebbe risalire la realizzazione dell’opera dal punto di vista dello stile caravaggesco?
– Il ritrovamento della tela ripropone per l’ennesima volta il tema delle opere di Caravaggio perchè capita spesso che compaiano quadri dati all’artista lombardo e che non sono suoi, e quadri che oggi si riconoscono essere copie ma di cui manca l’originale. Lei ha studiato da anni la figura di Caravaggio ha qualche idea di come poter superare questa impasse?
1- La vicenda è stata particolare non solo per la concitazione che è seguita al ritiro del quadro dall’asta, ma anche per l’eco che ha avuto immediatamente sui social e sulla stampa con un impatto immediato sull’opinione pubblica come mai era successo prima. Credo che a far di questa scoperta un evento mediatico abbia contribuito anche il momento storico in cui essa è avvenuta. Uscivamo da un anno di pandemia, in cui tutto si era fermato, e stavamo ancora vivendo un periodo di lento ritorno alla normalità. L’informazione si occupava principalmente degli effetti e delle conseguenze create dal virus, generando incertezza e preoccupazione, quando improvvisamente arriva questa notizia, che per le modalità rocambolesche in cui l’intera vicenda si è svolta, conquista immediatamente il pubblico più vario, permettendo alle persone per qualche giorno di distrarsi e di occuparsi di arte e cultura. Evidentemente Caravaggio riesce a fare anche questo. Mi piacerebbe molto andare a Madrid a vederlo, ma per il momento non è in programma, vedremo.
2- Come ho già scritto in altre sedi, analizzando e confrontando tutte le fonti letterarie e documentarie in merito alla commissione Massimo, appare chiaro che il dipinto commissionato dalla nobile famiglia romana fosse di grandi dimensioni, quindi, non ritengo probabile che possa essere l’Ecce Homo di Madrid. A mio avviso l’Ecce Homo di Cigoli (Firenze, Galleria degli Uffizi) andò a sostituire quello di Caravaggio, il quale, come riportato da Giovan Pietro Bellori, fu ceduto dai Massimo a qualche importante personaggio spagnolo, che lo portò con sé in patria. E’ la natura stessa del documento ritrovato da Rosanna Barbiellini Amidei nell’Archivio Massimo che testimonia la committenza del dipinto (anche se non viene esplicitato il soggetto), a rivelarci alcune informazioni importanti circa l’opera. Si tratta, infatti, di un’apoca privata in forma di obbligazione, non è quindi, una semplice ricevuta, ma un contratto giuridico che denota la volontà da parte del committente di garantirsi nei confronti di Caravaggio tramite una carta che attestasse sia l’avvenuto pagamento dell’intera somma per un dipinto non ancora portato a compimento, sia l’impegno per il rispetto dei tempi di consegna e delle dimensioni che il dipinto avrebbe dovuto avere e che Caravaggio è tenuto, infatti, a specificare. Nel caso di non rispetto di quanto stabilito riguardo le dimensioni, il soggetto o l’esecuzione, Massimo avrebbe potuto far valere l’apoca con conseguenze eventualmente anche gravi per Caravaggio.
3- La questione dell’attribuzione di un’opera a Caravaggio è un tema delicato perché contempla la presenza di una serie di presupposti fondamentali; innanzitutto è necessario l’occhio del conoscitore, cioè di uno studioso specialista che si addentri nell’analisi stilistica, iconografica e iconologica del dipinto; imprescindibile, poi, è ormai anche il supporto delle moderne indagini tecniche, che hanno fatto negli ultimi anni dei grandi passi in avanti soprattutto per quanto riguarda lo studio della tecnica esecutiva del pittore lombardo, e infine di grande rilevanza sono anche le ricerche sulle fonti documentarie e letterarie, dal momento che l’opera d’arte esiste perché creata in un contesto del passato che, in maniera purtroppo quasi sempre parziale, riusciamo a volte a ricostruire. Grazie alle fonti (archivistiche e letterarie) si possono, infatti, precisare datazioni, contestualizzare avvenimenti collegati alla committenza o all’esecuzione, rivelare il carattere e le predilezioni dei committenti, ripercorrere le vicende ereditarie e i passaggi di proprietà, insomma restituire all’opera d’arte la sua storia attraverso i secoli. A questo proposito vorrei però fare una precisazione a cui tengo molto. Nel momento in cui ci andiamo ad occupare delle fonti, ci spostiamo inevitabilmente da un ambito prettamente storico-artistico che è quello dell’analisi del quadro, ad un ambito diverso, che è quello storico. L’approccio, quindi, ai documenti e alle fonti letterarie non si può improvvisare ma deve seguire un metodo cosiddetto appunto “storico”, cioè quello utilizzato dalla moderna storiografia, che ha formulato dei criteri filologici di analisi e critica delle fonti da cui non si può prescindere per interpretare correttamente le testimonianze scritte del passato.
Francesca CURTI Siena 19 Maggio 2024
Englis Version