Stefania Macioce: ” Il 27 maggio sarà un’ottima occasione per ammirare l’Ecce Homo de visu e per discuterne con altri studiosi.

di Stefania MACIOCE

Da qualche giorno è apparso sulla stampa una notizia che molti si aspettavano riguardante la famosa tela raffigurante l’Ecce Homo che fece discutere perchè apparve in un’asta a Madrid come “seguace di Jusepe de Ribera” ma venne riconosciuta da vari studiosi come possibile opera di Caravaggio cosa che effettivamente dopo studi ed indagini oggi pare sicura. Lei avrà seguito la vicenda come molti studiosi; le chiedo dunque che idea si è fatta dell’intera vicenda e poi se andrà a vederla ‘de visu’ a Madrid quando sarà esposta.
– La tela è stata accostata dal Prof. Massimo Pulini che ne pubblicò l’immagine in un articolo su About Art al famoso e misterioso  “concorso Massimo” cui Caravaggio avrebbe partecipato insieme con il Passignano e il Cigoli su committenza della nobile famiglia romana ma altri studiosi non sono d’accordo; Lei che ne pensa ? Secondo lei a quale periodo potrebbe risalire la realizzazione dell’opera dal punto di vista dello stile caravaggesco?
– Il ritrovamento della tela ripropone per l’ennesima volta il tema delle opere di Caravaggio perchè capita spesso che compaiano quadri dati all’artista lombardo e che non sono suoi, e quadri che oggi si riconoscono essere copie ma di cui manca l’originale. Lei ha studiato da anni la figura di Caravaggio ha qualche idea di come poter superare questa impasse?

1- Scoperto nella primavera del 2021, il dipinto con l’Ecce Homo era stato presentato in un’asta madrilena dapprima come di autore anonimo e poi attribuito alla cerchia di Ribera, e stava per essere venduto ad una cifra irrisoria. Il riferimento proposto da Massimo Pulini come opera perduta e ritrovata di Caravaggio fece subito notizia e posso dire con franchezza che sin dal primo momento non ho avuto dubbi. Forse potrei essere tacciata di temerarietà, perché le proposte attributive sono sempre il risultato di una valutazione attenta del dipinto e del suo contesto di riferimento. E molti dati debbono tornare: dalla documentazione storica dell’opera alle tracce dei suoi eventuali passaggi di proprietà attraverso le indagini inventariali delle collezioni, dai ai possibili riferimenti alla committenza fino alle indagini diagnostiche. Di fatto, però, l’elemento centrale da cui partire per una valutazione è la qualità pittorica legata alla struttura della composizione, sotto il profilo ideativo, alla sua intensità espressiva. Il quadro mi sembrò subito di un livello eccezionale anche attraverso la foto che fu pubblicata e ne rimasi molto colpita. Ho seguito poi la vicenda del ritiro dall’asta a soli due giorni dalla vendita e il successivo procedimento di notifica da parte delle autorità spagnole, atto ad impedire l’espatrio della tela. Ne sono seguiti tre anni di dibattito che non ha visto la critica totalmente concorde nell’attribuzione. Nel frattempo il quadro è stato restaurato e finalmente attribuito al Merisi anche sulla base delle indagini diagnostiche condotte da Claudio Falcucci: personalmente non posso che congratularmi. Ora il collezionista britannico che ha acquistato l’opera dalla casa d’arte Colnaghi di Londra presenterà per la prima volta al pubblico l’Ecce Homo di Caravaggio, cedendolo in prestito per cinque mesi al Museo del Prado dal 27 maggio fino alla fine di ottobre: sarà un’ottima occasione per ammirarlo de visu e per discuterne con altri studiosi.

2- Una volta stabilito che l’Ecce Homo di Madrid è di Caravaggio, nasce il problema della sua collocazione cronologica. Il riferimento al concorso Massimo è pertinente, sia sotto il profilo iconografico che compositivo. Tuttavia nel quadro di Madrid si ravvisa una espressività molto intensa e, al contempo, una maggiore interiorizzazione del tema, trattato in modo più sobrio e meno teatrale. Questione di sfumature: si deve vedere il quadro. Propendo tuttavia per una datazione al periodo 1607-1608.

3- L’osservazione di Keith Christiansen (About Art del 16 maggio 2024) circa la differenza di ricezione pubblica tra il ritrovamento di un’opera di Cimabue e una di Caravaggio è esemplare. In effetti la percezione di Caravaggio come di un fenomeno unico da venerare è diffusa. soprattutto nel grande pubblico, ma anche tra molti studiosi. Merisi sembra nato artisticamente compiuto, come lo fu Minerva dalla testa di Giove. Sembra quasi che l’arte del maestro lombardo non abbia avuto una gestazione e si sia rivelata come un’antica divinità. Caravaggio appartiene al mito, in quanto attualmente non subisce l’influsso della moda, del gusto. La sua riconoscibilità lo rende popolare, travolgente e l’efficacia del suo mito quasi incomparabile. È vero poi che a livello specialistico fervono continui dibattiti attributivi, animati da una pulsione conoscitiva profonda. Tanto che recuperare un’opera di Caravaggio scomparsa è l’aspirazione di molti studiosi. Talvolta possono esserci interessi commerciali, legati anche all’affermazione personale, elementi questi che in una disciplina come la storia dell’arte, che conserva ampi margini di soggettività, sono latenti. La bibliografia caravaggesca è quasi sterminata e in continua crescita: del pittore conosciamo molto, ma ci sono ambiti ancora avvolti nel mistero. Non resta nulla di scritto del suo pensiero e i suoi dipinti invitano all’incontro personale col genio che agisce come una calamita; genio, mistero e al contempo riconoscibilità agiscono da ambigui propulsori verso la scoperta. Tuttavia, oggi la storia dell’arte si è ampliata sul piano metodologico e molti fattori debbono concorrere per stabilire l’autenticità di un dipinto. Dalla contestualizzazione storica attraverso la ricerca documentaria, alle indagini diagnostiche. Ed è ciò che si è fatto per l’Ecce Homo. Il convergere, o meglio l’approssimarsi dei dati, in un’unica direzione critica permette di avvalorare scientificamente un’attribuzione. L’occhio del conoscitore in senso longhiano è un punto di partenza imprescindibile per la valutazione di un dipinto, cui si aggiunge la contestualizzazione storica e documentaria.

In una intervista del 2011, Mina Gregori dichiarava che essere longhiani significa innanzitutto credere nell’occhio. Un longhiano parte dall’opera, da questa si può risalire al contesto. Ma un problema resta: nonostante la storia dell’arte abbia acquisito una forte valenza scientifica, resta una disciplina umanistica che non potrà mai conseguire risultati matematici. Nonostante le indagini più severe, le equazioni non sempre tornano e i pareri degli studiosi non sempre sono uniformi. Nel caso dell’Ecce homo di Madrid molti dati e molti pareri espressi dagli studiosi sembrano convergere in una direzione univoca, anche se sussistono opinioni dissonanti. Cristina Terzaghi ha individuato citazioni inventariali spagnole. Ma al momento non conosciamo un atto di committenza ricollegabile al dipinto in questione. Ciò che indubbiamente inficia la ricerca su Caravaggio è, a mio avviso, legato a un aspetto negativo dei nostri tempi. La ricerca costante di visibilità è estesa a tutte le categorie sociali (“parlate male di me, purché ne parliate”, avrebbe detto Oscar Wilde) e gli studiosi non sempre sono immuni da questa tentazione. La ricerca dello scoop è un fattore che lacera la linearità della ricerca. Le modalità pittoriche di un artista si apprendono attraverso uno studio approfondito e attraverso la comparazione e rimandano alla maturità culturale e alla sensibilità di uno studioso. Caravaggio è sì il pittore più riconoscibile, ma il riconoscere il suo modo di dipingere, le sue caratteristiche e anche i suoi errori esige la competenza del conoscitore.

Comprendo benissimo le motivazioni che spingono alla continua esposizione di un artista che interessa immensamente. L’arte è un veicolo di emozioni, di cultura, di storia di bellezza, ma al contempo si è dimostrata anche un proficuo vettore di scambio sul piano commerciale e persino politico. A mio avviso tutto ciò è comprensibile e fa parte del nostro tempo, non incline alla meditata speculazione dell’intelletto. L’arte come in passato “rappresenta” valori significativi, ma oggi le voci in campo sono forse troppe. Lo studio ha sempre necessitato di passione, tempo, onestà intellettuale ed etica e soprattutto prudente riflessione.

Stefania MACIOCE Roma  19 Maggio 2024

English version

1- The Discovered in the spring of 2021, the painting with Ecce Homo had been presented at an auction in Madrid first as an anonymous artist and then attributed to Ribera’s circle, and was about to be sold for a paltry sum. The reference proposed by Massimo Pulini as a lost and rediscovered work by Caravaggio immediately made the news and I can honestly say that from the first moment I had no doubts. Perhaps I could be accused of recklessness, because the attribution proposals are always the result of a careful evaluation of the painting and its context of reference. And many data must return: from the historical documentation of the work to the traces of its possible changes of ownership through the inventory investigations of the collections, from the possible references to the patronage up to the diagnostic investigations. In fact, however, the central element from which to start an evaluation is the pictorial quality linked to the structure of the composition, from an ideational point of view, to its expressive intensity. The painting immediately seemed to me to be of an exceptional level also through the photo that was published and I was very impressed by it. I then followed the story of the withdrawal from the auction just two days after the sale and the subsequent notification procedure by the Spanish authorities, aimed at preventing the expatriation of the canvas. Three years of debate ensued in which critics did not fully agree on the attribution. In the meantime the painting has been restored and finally attributed to Merisi also on the basis of the diagnostic investigations conducted by Claudio Falcucci: personally I can only congratulate it. Now the British collector who purchased the work from the Colnaghi art house in London will present Caravaggio’s Ecce Homo to the public for the first time, loaning it for five months to the Prado Museum from 27 May until the end of October : it will be an excellent opportunity to admire it visually and to discuss it with other scholars. .
2- Once it has been established that the Ecce Homo in Madrid is by Caravaggio, the problem of its chronological placement arises. The reference to the Massimo competition is pertinent, both from an iconographic and compositional point of view. However, in the Madrid painting we can see a very intense expressiveness and, at the same time, a greater internalization of the theme, treated in a more sober and less theatrical way. A question of nuance: you have to see the picture. However, I favor a dating to the period 1607-1608.
3- Keith Christiansen’s observation (About Art of 16 May 2024) about the difference in public reception between the discovery of a work by Cimabue and one by Caravaggio. it is exemplary. Indeed, the perception of Caravaggio as a unique phenomenon to be venerated is widespread. especially among the general public, but also among many scholars. Merisi seems to have been born artistically accomplished, as was Minerva from the head of Jupiter. It almost seems that the art of the Lombard master did not have a gestation and revealed itself as an ancient divinity. Caravaggio belongs to the myth, as he is currently not influenced by fashion or taste. His recognisability makes him popular, overwhelming and the effectiveness of his myth almost incomparable. It is also true that at a specialist level there are continuous attribution debates, animated by a profound cognitive drive. So much so that recovering a missing work by Caravaggio is the aspiration of many scholars. Sometimes there may be commercial interests, also linked to personal affirmation, elements that are latent in a discipline such as art history, which retains large margins of subjectivity. The Caravaggio bibliography is almost endless and constantly growing: we know a lot about the painter, but there are areas still shrouded in mystery. Nothing remains written of his thoughts and his paintings invite a personal encounter with the genius who acts like a magnet; genius, mystery and at the same time recognizability act as ambiguous drivers towards discovery. However, today the history of art has expanded on a methodological level and many factors must combine to establish the authenticity of a painting. From historical contextualization through documentary research, to diagnostic investigations. And this is what was done for Ecce Homo. The convergence, or rather the approximation of the data, in a single critical direction allows an attribution to be scientifically validated. The eye of the connoisseur in the Longian sense is an essential starting point for the evaluation of a painting, to which is added historical and documentary contextualization. • In a 2011 interview, Mina Gregori declared that being a Longhian means first and foremost believing in the eye. A Longhian starts from the work, from which the context can be traced. But a problem remains: although the history of art has acquired a strong scientific value, it remains a humanistic discipline that can never achieve mathematical results. Despite the most rigorous investigations, the equations do not always add up and the opinions of scholars are not always uniform. In the case of the Ecce homo of Madrid, many data and many opinions expressed by scholars seem to converge in a single direction, even if dissonant opinions exist. Cristina Terzaghi has identified Spanish inventory citations. But at the moment we do not know of an act of commission that can be linked to the painting in question. What undoubtedly undermines the research on Caravaggio is, in my opinion, linked to a negative aspect of our times. The constant search for visibility is extended to all social categories (“speak badly of me, as long as you speak about it”, Oscar Wilde would have said) and scholars are not always immune from this temptation. The search for the scoop is a factor that tears apart the linearity of the search. The pictorial methods of an artist are learned through in-depth study and comparison and refer to the cultural maturity and sensitivity of a scholar. Caravaggio is indeed the most recognizable painter, but recognizing his way of painting, his characteristics and even his mistakes requires the competence of the connoisseur. • I understand very well the motivations that drive the continuous exhibition of an artist who is of immense interest. Art is a vehicle of emotions, culture, history of beauty, but at the same time it has also proven to be a profitable vector of exchange on a commercial and even political level. In my opinion all this is understandable and is part of our time, not inclined to the thoughtful speculation of the intellect. As in the past, art “represents” significant values, but today there are perhaps too many voices in the field. Studying has always required passion, time, intellectual and ethical honesty and above all prudent reflection