di Nica FIORI
Tra il Settecento e l’Ottocento le vedute di Roma hanno avuto grande fortuna tra gli artisti italiani e stranieri divenendo soggetti ricorrenti nelle loro realizzazioni pittoriche e grafiche. La mostra Suggestioni Romane – Vedute di Roma dal XVIII al XIX secolo, che la Galleria Paolo Antonacci presenta a Roma nello spazio di via Alibert affacciato su via Margutta (fino al 21 giugno 2024), è una affascinante raccolta di 15 opere, alcune delle quali mai esposte in pubblico fino ad ora, provenienti da due importanti collezioni private.
Si tratta di opere di difficile reperibilità, che, oltre a possedere un valore estetico intrinseco, rivelano la loro importanza documentaria nell’offrirci vedute, scorci e particolari di luoghi che hanno subito nel tempo alcune trasformazioni imposte dalla natura, dalle mode e dall’incessante modificazione urbanistica e territoriale. Pensiamo alle sponde del Tevere, frequentate un tempo da barcaroli e lavandaie, o ai templi e alle altre magnificenze del Foro Romano, che, prima degli scavi otto-novecenteschi che l’hanno trasformato in un sito archeologico di straordinaria importanza, era detto Campo Vaccino in riferimento alle mucche che vi pascolavano, o anche ad alcuni monumenti, distrutti per far posto ad architetture più recenti.
Al francese Jean Antoine Constantin d’Aix (1756 – 1844), uno dei padri della pittura provenzale moderna, si deve La Veduta della Torre di Paolo III Farnese sul Campidoglio (olio su tela, cm 60,5 x 48,8, Collezione Thierry e Christine de Chirée), che rappresenta in modo pittoresco e quasi bucolico un paesaggio ormai sparito, sovrastato dalla torre cinquecentesca, che si ergeva a fianco del convento di Santa Maria in Aracoeli e che venne demolita nel 1885-86, insieme ad altri edifici del colle capitolino, per costruire il Vittoriano. E pensare che il papa l’aveva costruita come sua residenza estiva, dotandola di affreschi eseguiti da una équipe di artisti coordinati da Perin Del Vaga! La decorazione dell’appartamento papale doveva ricordare quella coeva di Castel Sant’Angelo, come si vede dai pannelli con alcuni affreschi staccati prima della demolizione della torre e attualmente conservati nella Caserma “Giacomo Acqua” in piazza del Popolo.
I pittori vedutisti hanno colto i luoghi iconici della città nei loro aspetti più evocativi, mentre altre volte hanno realizzato delle composizioni fantastiche, ovvero “capricci” dove la serena compostezza di statue, colonne e frammenti vari viene trasfigurata in una visione dettata dal mito di una perduta età aurea.
Un mirabile esempio di questo genere è “Capriccio architettonico classico con figure” (olio su tela, cm 73,6 x 62,2) del piacentino Giovanni Paolo Panini (1691 – 1765), un pittore molto apprezzato a Roma, dove si trasferì nel 1711 per studiare le sue antichità, e allo stesso tempo oltralpe, proprio per le sue vedute che si prestavano a essere acquistate come souvenir dai viaggiatori del Grand Tour. Nel dipinto in mostra troviamo una maestosa architettura di fantasia costituita da colonne con capitelli ionici e architrave, raccordate da archi. Un obelisco, una statua di Ermes su piedistallo, alcuni frammenti di un rilievo con grifi e una base di colonna completano le rovine in un paesaggio idillico, dove scorre un fiumicello. Sulla sinistra è raffigurato un giovane seduto in atteggiamento meditabondo, mentre in secondo piano sulla destra sono un soldato e una popolana in parte nascosti da un frammento lapideo.
In mostra troviamo anche suggestive rovine rese in modo veritiero, come nel caso della Veduta del Campo Vaccino dal Campidoglio, risalente alla fine del Settecento e realizzata con la tecnica del “delineato al tratto acquerellato su carta” dal bassanese Giovanni Volpato (1735 – 1803). Anche in questo caso è interessante notare le differenze del paesaggio rispetto alla situazione attuale, come per esempio nel caso della Curia Iulia, che all’epoca era trasformata in chiesa, e di altri edifici abbattuti per riportare alla luce i monumenti di età romana. Decisamente vetusta è la visione del Tempio di Saturno sulla destra, nei cui pressi transita un pastore col suo gregge.
Se il Settecento è il secolo che ha visto l’affermarsi delle vedute romane (iniziato con l’olandese Caspar van Wittel già alla fine del secolo precedente), è forse all’inizio del XIX secolo che il tema della veduta si sviluppò come genere autonomo, parallelamente al diffondersi della pittura en plein air. Fu proprio in questo secolo che schiere di artisti di tutte le nazionalità vennero in Italia per studiare e ritrarre le sue bellezze: i danesi, ad iniziare da Christoffer Wilhelm Eckersberg, paesaggisti francesi con Camille Corot, i tedeschi, gli inglesi. Essi registravano quello che vedevano con una curiosità documentaria e, al ritorno in patria, portavano con sé le loro impressioni sotto forma di innumerevoli dipinti e disegni. Roma si trasformava così nel paese della nostalgia e diveniva per altri artisti fonte di ispirazione.
Tra i danesi, che sono stati indagati diversi anni fa in una memorabile mostra dalla stessa Galleria Paolo Antonacci (all’epoca nella precedente sede in via del Babuino), ricordiamo Carl Frederik Aagaard (1833 – 1895) che, giunto a Roma nel 1872, nello stesso anno dipinse una luminosa Veduta di Trinità dei Monti da San Sebastianello (olio su tela, firmato e datato, cm 58 x 84): una veduta che rientrava nelle passeggiate abituali degli artisti stranieri per la presenza dell’Accademia di Francia a Villa Medici.
La veduta, in effetti, è la stessa riprodotta in un acquerello del 1812 del tedesco Jakob Wilhelm Huber (1787 – 1871). Si può vedere come la situazione era all’epoca decisamente diversa, perché la via era ancora sterrata ed era in situ un’edicola mariana.
Il suggestivo notturno Chiaro di luna sul Tevere con Castel Sant’Angelo e San Pietro (olio su tela, cm 92 x 150), del francese Antoine Claude Ponthus-Cinier (1812-1885), è un’opera di grande atmosfera e impatto emotivo. Roma va ammirata di notte: sembra suggerire il pittore, affascinato da quell’aria misteriosa della fortezza papale sulla destra e dal ponte Sant’Angelo, come pure dalla barca in primo piano con una lanterna che segnala la sua presenza, mentre la luminosità della luna esalta le linee architettoniche della basilica vaticana.
Un’altra opera spettacolare, del tedesco Oswald Achenbach (1827 – 1805), è Veduta della piazza del Quirinale a Roma (olio su tela cm 136 x 193,5, firmato e datato 1892). Questo dipinto, presentato qui per la prima volta sul mercato, proviene da un’illustre famiglia tedesca, che lo aveva lasciato in prestito permanente al Kunstmuseum di Düsseldorf, dove è stato esposto dal 1983. Come si legge sulla scheda in catalogo, il dipinto risale al periodo in cui il palazzo fu residenza dei Savoia ed è “molto probabile che il personaggio in uscita sulla carrozza dal palazzo sia proprio il re Umberto I con i suoi caratteristici baffoni, riverito dai passanti”.
Tra le altre vedute romane ricordiamo anche Roma da Monte Mario dell’inglese Arthur John Strutt (1818 – 1888), l’affascinante Campagna Romana con l’acquedotto Claudio dello svizzero Johann Jakob Frey (1813 – 1865), Il Ponte Rotto a Roma di Aldo Severi (1876 – 1956), Casa del Portinaio a Villa Borghese di Giambattista Bassi (1784 – 1852), Parata militare a Villa Borghese di Vincenzo Seganti (attivo a Roma agli inizi del XIX secolo).
Nella mostra emerge anche il ruolo delle ville come punto di vista privilegiato per le vedute della città e, addirittura, come balconi panoramici su altri giardini, come nel caso del Panorama di Roma dal Pincio, di Auguste Vinchon (1789 – 1855): un’opera questa realizzata a matita, acquerello e biacca su carta, che appare estremamente moderna nella sua essenzialità.
La mostra propone dunque un confronto tra le testimonianze visive che illustrano la vocazione “paesaggistica” di diversi pittori ammaliati dalla Città eterna, facendo “tappa” in alcuni luoghi esemplari per comprendere le ragioni della fortuna visiva di cui hanno goduto nella loro storia.
Nica FIORI Roma 26 Maggio 2024
“Suggestioni Romane – Vedute di Roma dal XVIII al XIX secolo”
24 maggio – 21 giugno 2024
Galleria Paolo Antonacci, via Alibert 16/a
Orari: da lunedì a venerdì ore 10-14 e 15-19; sabato ore 10-13