di Gabriele PANDOLFELLI
Caravaggio e i Cavalieri di Malta
Lo scorso 3 giugno a Roma si è svolta la conferenza “Caravaggio e i Cavalieri di Malta” nella Casa dei Cavalieri di Malta, sede storica del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Nuove luci sulle ombre di Caravaggio.
L’obiettivo esplicito della conferenza è stato quello di far emergere, attraverso le testimonianze degli studiosi, nuove precisazioni e rivelazioni sulle vicende turbolente degli ultimi anni del Merisi e sui rapporti con l’Ordine di Malta. Da sottolineare è certamente l’importanza di sviluppare l’evento nella sede dell’Ordine di Malta, a rendere evidente il legame tra le vicende storico artistiche e la prestigiosa istituzione.
L’incontro (moderato dal Direttore di AboutArt Online Pietro di Loreto) ha visto la presenza di relatori come il Dott. Giuseppe Resca (psichiatra e psicoterapeuta, autore di numerosi scritti su Caravaggio, collezionista d’arte del Seicento), studiosi d’arte come Pierluigi Carofano, Michele Frazzi, Philippe Preval e Mons. Sandro Corradini, tra i massimi esperti della documentazione archivistica relativa a Caravaggio.
Gli specialisti hanno dedicato i loro studi all’approfondimento di aspetti diversi della figura del Merisi, animando la conferenza con una notevole ricchezza di spunti e di suggestioni circostanziate, sempre supportate dall’apparato documentale.
Uno dei temi dibattuti fa riferimento alla recente pubblicazione di “Caravaggio: il processo creativo” di Giuseppe Resca, ossia la rivalutazione del movente psicologico all’interno della vicenda storico critica dell’artista, per molti versi studiata e conosciuta. La tesi di Resca si incentra sul delineamento della realtà psicologica dell’artista, cercando di osservarlo da dentro, non da spettatore. L’autore ha chiarito come Caravaggio dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni (1606), nonostante la gravità del fatto non rischiasse ineluttabilmente la pena di morte (poteva infatti contare su una solida rete di protettori illustri), ma quella pulsione di morte, come la definisce Resca: “dare-ricevere-darsi morte”, che pervase la vita e l’opera dell’artista aveva raggiunto il culmine. L’innovativa osservazione sta nel fatto che il Merisi scelse di imbarcarsi per Malta (1607) non soltanto per trovare redenzione presso i Cavalieri, ma perché coltivava sin dall’infanzia una fascinazione per il modello e per il titolo di Cavaliere, che gli avrebbe consentito non solo di portare la spada legalmente ma anche di raggiungere lo status sociale al quale si sentiva destinato.
L’ingresso nell’Ordine prevedeva un periodo di noviziato molto duro che, come riporta Resca, l’artista non era disposto ad accettare, conscio del suo valore artistico riteneva di potersi guadagnare il cavalierato attraverso la pittura. Prima con i ritratti celebrativi del Gran Maestro dell’Ordine Alof de Wignacourt, di seguito con la Decollazione di San Giovanni Battista (fig. 1) per l’Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri nella Concattedrale di San Giovanni Battista, riuscì nell’intento di ottenere l’agognato titolo.
La decifrazione psicologica della Decollazione fornita da Resca si fonda sul concetto del sacrificio. Caravaggio in questo dipinto demonizza il martirio, non lo esalta, mostra il suo sentimento di persecuzione, si identifica con il Battista, tanto da firmare sotto alla macchia di sangue del Santo.
Pierluigi Carofano ha presentato quindi il ritratto meno noto del Gran Maestro conservato a Parigi (fig. 2), dove si riscontra un’iconografia che differenzia in parte questo dipinto dagli altri per un atteggiamento molto vanitoso del soggetto e una valenza marcatamente encomiastica. Carofano ha inoltre sottolineato come il dipinto sia da rivalutare in chiave allegorica in virtù della maggiore conoscenza della figura di Alof de Wignacourt, il quale, desiderando sopra ogni cosa un posto nella storia come miles christianus, vide con favore il ritratto che l’artista gli dedicò, con tutto il lustro che ne derivava. Si allude, pertanto, al ruolo preminente del Gran Maestro nella successiva compromissione di Caravaggio, quando dovrà lasciare Malta per un nuovo crimine o complotto contro di lui, di certo il capo dell’Ordine voleva imporgli di restare al suo servizio esclusivo.
Michele Frazzi ha messo in luce la rete di rapporti con la nobiltà romana sulla quale Caravaggio poteva contare innanzitutto per ottenere committenze e in seguito per procurarsi la protezione necessaria a eludere la giustizia. Tra i membri dell’aristocrazia citati da Frazzi vi sono: il cardinale Del Monte, gli Aldobrandini e i Giustiniani (che per numero di opere possedute erano i più importanti collezionisti di Caravaggio). Ma certamente la famiglia Colonna risulta avere il ruolo principale nella tutela e nel sostegno al Merisi, offrendo rifugio nei propri feudi. Frazzi evidenzia inoltre la stretta relazione che intercorreva tra l’artista e Fabrizio Sforza Colonna, Cavaliere dell’Ordine di Malta e dal 1606 capitano generale delle galee dell’Ordine, che fu l’artefice del trasferimento a Malta di Caravaggio.
Philippe Preval ha recensito il volume sopracitato di Giuseppe Resca, ricordando nuovamente l’originalità del testo, che tra quelli di argomento caravaggesco è l’unico a porre l’accento sulle dinamiche psicologiche interne al pittore. La pulsione di morte rimane centrale anche nell’analisi di Preval, che descrive la Decollazione di San Giovanni Battista come una messa in scena della prigionia e del declino che lo stesso artista subirà. Inoltre, viene data enfasi alla maniera di Caravaggio di trattare drammaticamente la storia biblica come Storia tout court.
Mons. Sandro Corradini ha condiviso la sua profonda conoscenza dei fondi archivistici e dei documenti relativi al Merisi restituendo un’autentica cronaca del duello che portò alla morte di Ranuccio Tomassoni nel 1606. Basandosi sugli indizi trovati nei documenti, Corradini ha fornito un’inedita interpretazione del fatto di sangue, ridimensionandone l’efferatezza, descrivendolo come un duello d’onore (proibito all’interno delle mura di Roma) che vide Caravaggio e Tomassoni in due schieramenti contrapposti. La ferita inferta dal pittore, apparentemente, non fu così grave da uccidere il suo nemico sul momento, ma lo portò comunque alla morte la sera del giorno stesso. Inoltre, Corradini ricollegandosi all’impeto del Merisi a “dare-ricevere-darsi morte”, ha impostato un ironico dualismo tra la spada e il pennello, strumenti di morte e di creazione, tra i quali Caravaggio sembra oscillare rapidamente.
Se la Storia dell’arte ha ricostruito l’esistenza del Merisi attraverso la committenza e lo stile, l’approccio emerso dalla conferenza rappresenta un efficace e stimolante tentativo di profilare una storia emotiva di Caravaggio.
Gabriele PANDOLFELLI, Roma 9 Giugno 2024