Redazione
Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d’arte nella terra di Oderisi.
Gubbio, Palazzo dei Consoli, Museo Diocesano, Palazzo Ducale
7 luglio – 4 novembre 2018
Una città, Gubbio, di media grandezza ma certamente di non trascurabile rilievo nel panorama politico e culturale dell’ Italia medievale, in considerazione della sua posizione geografica, nel cuore degli Appennini, che ne faceva uno snodo essenziale, una sorta di raccordo strategico in direzione delle Marche, della Romagna e dello stato Pontificio. Tra la fine del Duecento e i primi decenni del Trecento, il Comune seppe sfruttare mirabilmente queste caratteristiche promuovendo, oltre ad una stagione di notevole crescita economica, anche una grande ricchezza culturale ed artistica, come dimostra ancora oggi lo scenario urbano con le sue piazze, le chiese, le strade, i palazzi del potere che prospettano sull’imponente Duomo. Dunque, una città che ancora oggi conserva pressoché intatto l’ aspetto medievale, che in effetti sembra proiettarci al tempo in cui Dante Alighieri, incontrando in Purgatorio, nel Girone dei Superbi, insieme a molti altri, Oderisi da Gubbio, lo ammoniva sulla fuggevolezza della vita e della gloria terrene con notissimi versi messi in bocca al celebre miniatore dopo che il Poeta lo ebbe riconosciuto:
“Oh!”, diss’io lui, “non se’ tu Oderisi / l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte ch’alluminar chiamata è in Parisi? “. “”Frate”, diss’elli, “più ridon le carte / che pennelleggia Franco Bolognese /; l’onore è tutto or suo, e mio in parte ( …. ) Non è il mondan romore altro ch’un fiato / di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi, / e muta nome perché muta lato”.
arrivando poi alla clamorosa sentenza in cui viene sostanzialmente sancito l’inizio dell’età moderna in forza proprio della poesia di Dante e dell’arte di Giotto :
” Oh vana gloria de l’umane posse! / com’ poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l’etati grosse!/ Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura. / Così ha tolto l’uno a l’altro Guido / la gloria de la lingua; e forse è nato / chi l’uno e l’altro caccerà del nido”.
Da subito definita “un evento epocale” la mostra Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d’arte nella terra di Oderisi, ripercorre dunque quei tempi esponendo -sia pure in tre sedi, vista l’inamovibilità di vari lavori- in modo davvero esauriente un ingente patrimonio figurativo sia civile che religioso: recuperando per l’occasione, grazie ad accurati restauri, dipinti nascosti dalla polvere dei secoli, riconsegnando a Gubbio opere disperse nel corso della storia, riunendo quadri degli stessi pittori eugubini destinati ad altre città dell’Umbria, chiamando importanti prestiti dall’estero.
Vero è che proprio per quanto concerne Oderisi da Gubbio resta ancora problematica l’identificazione delle sue tavole miniate eugubine o bolognesi (città in cui l’artista visse ed operò nel 1268, nel 1269 e nel 1271); ma se su questo dilemma, che del resto si trascina ormai da decine e decine di anni, la mostra non getta alcuna luce, tuttavia appare sciolto l’altro dubbio relativo al padre del miniatore, Guido di Pietro, ora identificato da Elvio Longhi -uno dei curatori della esposizione, insieme con Giordana Benazzi ed Enrica Neri Lusanna– nel cosiddetto Maestro dei crocifissi francescani, un valoroso pittore non certo di secondo piano, così chiamato per la gran mole di crocifìssi dipinti e documentati a Bologna, oltre che autore di affreschi ad Assisi ed anche nello stesso Duomo di Gubbio. Di lui si parla come uno dei protagonisti della cosiddetta “Maniera Greca”, sotto l’influenza di Giunta Pisano e Cimabue.
Ma i numerosi dipinti su tavola, le sculture, le oreficerie, i manoscritti miniati delineano, con nuove attribuzioni, anche altre fisionomie di artisti, come ad esempio Palmerino di Guido, documentato nel 1309 anch’egli ad Assisi come collaboratore di Giotto, con cui dipinse le pareti di due cappelle di San Francesco, per poi tornare a Gubbio e affrescare la chiesa dei frati Minori e altri edifici della città, o anche Mello da Gubbio, ora rivalutato opportunamente da Enrica Neri quale autentico protagonista della scuola sorta a Gubbio alla metà del XIV secolo sotto l’influenza di Pietro ed Ambrogio Lorenzetti, al quale ultimo in effetti viene affiancato per aver dipinto una Madonna, sotto la quale lasciò la sua firma, dal volto pieno e giulivo come le Madonne di Ambrogio Lorenzetti a Siena.
Al Maestro di Figline, nome oggi di convenzione, vengono riferite le vetrate per il San Francesco ad Assisi, e poi il grande Crocifisso nella chiesa di Santa Croce a Firenze; fu lui l’autore di uno straordinario polittico dipinto a Gubbio per la chiesa di San Francesco, che grazie agli odierni proprietari che ne hanno concesso per la prima volta il prestito è senza dubbio una delle presenze straordinarie di questa mostra.
Giunta Pisano, Giotto e infine Pietro Lorenzetti : dai documenti riemersi dagli archivi e dalle iconografie delle Madonne e dei Crocifissi che compaiono alle pareti dei musei, risulta come fossero originari di Gubbio molti dei pittori che affiancarono questi tre grandi Maestri, e che poi sotto la guida di Giotto realizzarono il capolavoro che aprì le porte dell’arte moderna nella chiesa eretta sopra la tomba del santo di Assisi.
La mostra Gubbio al tempo di Giotto. Tesori d’arte nella terra di Oderisi ci restituisce pienamente quel clima e quella cultura. Lungo questo straordinario percorso espositivo sarà così possibile immaginare di ropercorrere i cammini e i destini degli uomini e delle donne di quel tempo, per vedere dalla stessa prospettiva e intendere con lo stesso gusto un’arte civica e religiosa insieme.
Come si diceva la mostra è allestita in tre sedi diverse, perché ci sono opere inamovibili, ma anche perché ci sono luoghi ricchi di significato e intrisi di bellezza: il Palazzo dei Consoli che sorge sopra una favolosa terrazza che lo fa somigliare a quelle città che i santi portano in cielo nei polittici degli altari; il Museo Diocesano che sorge accanto alla chiesa cattedrale e infine il Palazzo Ducale, che nacque come sede del Comune e finì per essere la residenza di Federico da Montefeltro, signore di Urbino.
Curata da Giordana Benazzi, Elvio Lunghi ed Enrica Neri Lusanna, la mostra è promossa dal Comune di Gubbio, dal Polo Museale dell’Umbria, dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, dalla Chiesa Eugubina e dalla Regione Umbria. Il catalogo è pubblicato da Fabrizio Fabbri Editore-Perugia.
L’organizzazione è affidata a Civita Mostre in collaborazione con Gubbio Cultura e Multiservizi e Associazione Culturale La Medusa. Partner dell’iniziativa è il Festival del Medioevo, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e con l’importante contributo della BCC Umbria.
La mostra è accessibile con un biglietto unico che consente di visitare le tre sezioni espositive ma anche le tre sedi museali nel loro insieme, il Palazzo dei Consoli, il Museo Diocesano e il Palazzo Ducale, creando così uno straordinario circuito cittadino che raccoglie le opere presenti nel territorio e quelle che da tempo sono disperse, ricostruendo le vicende storiche e il patrimonio artistico di Gubbio nell’età comunale.
riferimenti
Ufficio stampa Civita. Barbara Izzo Tel. 06 692050220 b.izzo@operalaboratori.com
Salvatore La Spina Tel. 055 290383 s.laspina@operalaboratori.com