di Nica FIORI
“Artiste a Roma”.
La mostra che presenta le artiste della prima metà del Novecento, tra Secessione, Futurismo e Ritorno all’Ordine (a Villa Torlonia fino al 6 ottobre)
Sono poche le donne che hanno raggiunto una fama universale nell’arte della prima metà del XX secolo, eppure numerose artiste di quel periodo hanno dato un notevole contributo alla pittura, alla scultura e alla fotografia, dedicandosi a esse con passione e con una professionalità faticosamente conquistata.
La mostra Artiste a Roma. Percorsi tra Secessione, Futurismo e Ritorno all’Ordine, ospitata dal 14 giugno al 6 ottobre 2024 nel Casino dei Principi di Villa Torlonia (Museo della Scuola Romana), evidenzia con circa 100 opere il lavoro di ben 26 artiste italiane o straniere che hanno lavorato in Italia, alcune note e altre dimenticate, che meritano di essere riscoperte.
Curata da Federica Pirani, Annapaola Agati, Antonia Rita Arconti e Giulia Tulino e promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con Sapienza Università di Roma, Dipartimento SARAS (Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo), e con Zètema Progetto Cultura, questa esposizione ci appare particolarmente significativa, così come il catalogo che l’accompagna (De Luca editore), perché ci fa riflettere sull’identità di genere, sullo spazio e sul ruolo della donna, e lo fa attraverso le voci di altre donne.
Federica Pirani ha evidenziato nel corso della presentazione come l’arte femminile del periodo preso in considerazione sia stata in gran parte dimenticata, anche se negli anni ‘70, sull’onda del movimento femminista, c’è stata una prima attenzione con due mostre importanti: Il complesso di Michelangelo, che si tenne nella Galleria Giulia a Roma nel 1977, e L’altra metà dell’avanguardia, di Lea Vergine, ospitata nel Palazzo Reale di Milano nel 1980.
Nonostante il successo di quelle esposizioni, le attese furono sostanzialmente deluse, tanto che, a partire dalla metà degli anni ‘80, gli studi hanno registrato un periodo di stallo e a tutt’oggi, anche se i gender studies sono aumentati notevolmente, essi rimangono appannaggio degli specialisti e salta agli occhi la limitata presenza delle donne artiste nei manuali di storia dell’arte.
La Sovrintendenza Capitolina ha giustamente avviato da diversi anni la valorizzazione di opere di artiste presenti nelle sue collezioni. Ricordiamo, in particolare, le mostre Artiste ebree del Novecento tra visione e identità ebraica (nel 2014) e Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione (nel 2019), entrambe ospitate nella Galleria di Arte Moderna di Roma, dove furono esposte alcune opere, che ritroviamo nella mostra attuale, di artiste quali Adriana Pincherle (sorella maggiore dello scrittore Alberto Moravia), Antonietta Raphäel (lituana ebrea stabilitasi a Roma, dove diede vita alla “Scuola romana di via Cavour” con il compagno Mario Mafai), Benedetta Cappa Marinetti, che amava firmarsi solo Benedetta, evitando il cognome del notissimo marito Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo.
A Mimì Quilici Buzzacchi è stata dedicata una retrospettiva nella GAM nel 2016 e anche nel suo caso ritroviamo alcune sue opere a partire dall’Autoritratto al torchio (olio su tavola, 1926 ca., Collezione Quilici), presente nella sala introduttiva.
L’artista, nata Emma Buzzacchi, già a partire dagli anni Trenta partecipò alle più importanti rassegne espositive, tra cui le Biennali di Venezia e le Quadriennali di Roma: è nota soprattutto per le sue opere grafiche, ma usò anche pennelli e colori nell’arco di una lunga vita che abbraccia buona parte del Novecento.
Altri autoritratti che troviamo nella prima sala introduttiva sono quelli di Leonetta Cecchi Pieraccini, pittrice di origine toscana (allieva di Giovanni Fattori e moglie del critico letterario e d’arte Mario Cecchi) che si è raffigurata nell’olio su tavola del 1929 intitolato Lo studio dell’artista, e di Katy Castellucci nell’olio su tela del 1935-36 Ragazza alla finestra / Autoritratto dietro la porta (Roma, Museo della Scuola Romana). Anche alla Castellucci, sensibile interprete della Scuola Romana, è stata dedicata una retrospettiva nel 2021 nello stesso Casino dei Principi Torlonia, che ospita l’attuale mostra.
L’esposizione si articola in sei sezioni tematiche che evidenziano i mutamenti e la varietà dei linguaggi espressivi adottati dalle artiste, inquadrati nel contesto storico di riferimento, che va dal 1915 ca. agli anni che seguono di poco la seconda guerra mondiale.
“Tra Simbolismo e Secessione” è la prima sezione relativa a un periodo che vede a Roma tra i protagonisti dell’Esposizione internazionale del 1911 Gustav Klimt, uno dei fondatori della Secessione viennese: è proprio sulla sua scia che diversi artisti avrebbero dato vita alla cosiddetta Secessione romana con ben quittro eventi espositivi dal taglio internazionale, organizzati fra il 1913 e il 1917. Il dipinto Gioco di bambine (olio su tela, Roma, GAM), esposto nella sala di ingresso alla mostra, è stato realizzato dall’artista romena di formazione parigina Virginia Tomescu Scrocco, che con esso ha partecipato alla terza Secessione romana del 1915. La scena raffigura due fanciulle sorprese a denudarsi o ad abbigliarsi all’interno di una stanza: un soggetto felicemente rappresentato con un raffinato gioco di luci e pennellate divisioniste che trasmettono un’aura di mistero alle immagini.
Le esposizioni secessioniste furono indubbiamente importanti occasioni di scambio tra le correnti più innovative dell’arte italiana e i grandi maestri dell’arte europea di quel periodo, come Cézanne, Matisse e Picasso, insieme ad artisti d’impronta simbolista come quelli del gruppo Mir Iskusstva di Pietroburgo.
In mostra è possibile apprezzare diverse opere che risentono di quelle influenze, come la Natura morta di Emilia Zampetti Nava, di impronta liberty e simbolista, o le Due giovinette di Evangelina Alciati, un’artista che riesce a valorizzare la dimensione psicologica del soggetto, usando una tecnica pittorica derivante dal postimpressionismo parigino.
Di Edita Walterowna Broglio, arrivata a Roma dalla Lettonia, troviamo opere giovanili, che risentono delle tendenze espressioniste, presenti anche in Deiva de Angelis, autrice di alcuni dipinti dai colori intensi, tra cui Ritratto di mio padre (1916, olio su tela, collezione Ovidio Jacorossi).
Significativi sono anche i lavori a encausto di Immacolata Zaffuto (tra cui La scimmia, 1915-20, Roma GAM) e la straordinaria testa in marmo Ritratto di una giovinetta, realizzata dalla cilena Teresa Berring (1920-21, Roma GAM).
Nella sezione “Attraverso il futurismo”, ci incantiamo davanti alle sorprendenti opere dell’artista di origine ceca Růžena Zatkova, tra le quali due polimateriche (Ghiacciai e Neve, entrambe del 1920 ca.), e la raffinatissima serie di 13 tavole su cartoncino che illustrano la Vita di Re David, da lei dipinta mentre era immobilizzata a letto tra il 1917 e il 1918. Queste illustrazioni, accompagnate da brani veterotestamentari in lingua ceca, sono caratterizzate da una decorazione fantastica e da un fine umorismo e vengono ora esposte integralmente per la prima volta dopo 101 anni dalla loro prima presentazione alla Casa d’Arte Bragaglia a Roma. L’artista, seppur futurista, dimostra una originalità di linguaggio in cui si innestano influenze derivate dalla tradizione dell’Europa orientale.
In questa sezione l’artista più nota è Benedetta Cappa Marinetti, della quale sono presenti opere grafiche realizzate per illustrare il suo romanzo futurista “Le forze umane”, ma attirano maggiormente il nostro sguardo le sue opere di aeropittura, in particolare la tela Velocità di motoscafo (1919-24, Roma GAM), commentata con un’espressione della stessa pittrice del 1924: “… l’arabesco impresso dalla velocità di un motoscafo nella polpa azzurra del mare acceso dal meriggio”.
Nella sezione “L’eredità del colore” prevalgono le nature morte, realizzate da alcune artiste che hanno fatto del colore la principale modalità espressiva, spingendosi verso soluzioni di grande originalità, anche in senso antinaturalistico. Tra di esse Costanza Mennyey e Pasquarosa Marcelli Bertoletti dimostrano di saper ben dominare la pittura tonale nelle due rispettive composizioni con vasi di fiori. Di Pasquarosa, che aveva iniziato facendo la modella per gli artisti per diventare poi pittrice di grande successo, possiamo osservare anche l’accentuarsi in senso espressionista del colore nella Natura morta con ventaglio. Un’atmosfera onirica caratterizza le nature morte colorate e fiabesche di Adriana Pincherle, come pure il suo Nudo con scialle del 1932, che ricorda certe odalische di Matisse e più in generale la pittura dei francesi fauve. La Quilici Buzzacchi, invece, fissa i contrasti di luce e colore in forme graficamente ben definite in un dipinto raffigurante melegrane.
La sezione “Linguaggi del quotidiano tra Metafisica e Ritorno all’Ordine” vuole evidenziare come le artiste presenti in sala abbiano rappresentato con le loro opere, ognuna a modo suo, la ricerca del rigore compositivo e spaziale, dalle atmosfere metafisiche, che era stato teorizzato dalla rivista Valori Plastici, fondata nel 1918 dalla coppia Mario ed Edita Broglio. Il nuovo linguaggio che si rifaceva alla tradizione italiana del primo Rinascimento e si contrapponeva all’avanguardia, contribuì all’affermarsi di un nuovo orientamento artistico che prenderà poi il nome di Ritorno all’Ordine.
Di Edita Broglio è possibile notare il mutamento di stile, rispetto alla fase giovanile evidenziata all’inizio del percorso espositivo, con i due delicatissimi dipinti Pane e acqua e Uova fresche dove la quotidianità di una natura morta diventa lirismo nell’essenzialità delle scelte cromatiche e di composizione. Gli interni domestici diventano immagini assolute e atemporali, come nell’opera La lettura di Marisa Mori, realizzata dall’artista prima della sua adesione all’aeropittura, nell’opera Pianta grassa di Anna Cuneo Jacoangeli, nel dipinto di Maria Grandinetti Mancuso Astrazione di natura morta (ante 1930), che è stato scelto per la copertina del catalogo.
Un’artista versatile in ogni ambito artistico che attinge al surrealismo francese, alla cultura postmetafisica italiana e al neoclassicismo è Milena Pavlovic Barilli, della quale è proposta l’opera Composizione, realizzata durante il suo soggiorno romano del 1932.
Un’altra artista dal bagaglio culturale cosmopolita è Antonietta Raphaël, forse la più famosa di tutte. La Raphaël, pittrice, scultrice e membro fondante della Scuola di via Cavour, porta a Roma il suo variegato mondo, dimostrando con sculture come Riflesso nello specchio una novità tematica ed espressiva rispetto alla scultura italiana del tempo.
Nella sezione “Altri realismi” sono esposti paesaggi e ritratti che testimoniano come l’adesione alla realtà si sia manifestata nell’arte del primo Novecento con linguaggi differenti che spaziano dal verismo tardo ottocentesco al recupero del classicismo e della tradizione italiana rinascimentale, influenzati tecnicamente anche dal postimpressionismo.
Il genere delle vedute urbane è ben rappresentato dalle opere di Wanda Biagini (tra cui Piazza di Parigi del 1925-30) e quelle di Eva Quajotto sulle demolizioni attuate a Roma, che testimoniano, insieme a quelle coeve di Mario Mafai, le trasformazioni urbanistiche attuate dal regime fascista per riportare alla luce le antichità romane, ovviamente a scapito di altri periodi storici.
Tra le autrici di ritratti troviamo Emilia de Divitiis con opere veriste come Venditore di agli e Rumena, fino ad Angelina con la bambola Lenci del 1930 circa.
Tra le altre artiste in mostra ricordiamo nuovamente Virginia Tomescu Scrocco con il suo Adolescente sull’Aniene (1924), raffigurato con sentimento nostalgico, e Mimì Quilici Buzzacchi con Folco al mare, un dipinto del 1942 raffigurante il figlio Folco Quilici, che da adulto sarebbe diventato celebre come documentarista di oceani e paesi lontani.
Ritroviamo pure Katy Castellucci con il suo Nudo con cappello; Adriana Pincherle con il suo Ritratto di Anna Banti (celebre scrittrice e moglie dello storico dell’arte Roberto Longhi); Immacolata Zaffuto con grandi opere a encausto d’impostazione classicista (probabili decorazioni per una sala di rappresentanza della nuova Stazione Termini) e Antonietta Raphaël con La lavandaia (bronzo, 1968, Collezione Dello Schiavo), sistemata al centro della sala espositiva, e la Testa di Miriam (la figlia Miriam Mafai, che sarebbe diventata una nota scrittrice e giornalista), realizzata in porfido.
“Nello sguardo di Ghitta Carell” è l’ultima sezione dedicata alla grande fotografa Ghitta Carell, di famiglia ebrea ungherese, che arriva a Roma nel 1928 e apre un suo studio fotografico dove passano tutti gli esponenti più in vista dell’aristocrazia e della classe dirigente italiana e non solo. In mostra riconosciamo alcuni volti dei protagonisti del tempo, come Roberto Longhi, Anna Banti, Benito Mussolini e sua figlia Edda, Palma Bucarelli, all’epoca giovanissima direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
La mostra è assolutamente consigliabile perché propone un percorso che si snoda lungo un periodo artisticamente molto vivace, facendoci conoscere le figure di numerose artiste che provengono da esperienze, formazioni e contesti diversi e le cui vite s’intrecciano non di rado con quelle di altri personaggi noti (per lo più padri e mariti). Alcune di esse, proprio per evitare di essere associate a un cognome conosciuto, hanno preferito adottare uno pseudonimo, oppure hanno scelto di firmarsi col solo nome di battesimo, come fecero Milena Barilli e Benedetta Cappa Marinetti.
La sensazione è che ognuna di queste donne ha scelto di dedicarsi intensamente alla propria arte, senza lasciarsi condizionare da certi stereotipi che vedevano le donne come dilettanti e non come vere artiste: alcune di esse sono ancora in attesa di studi approfonditi e di mostre che ne ricostruiscano le vicende artistiche e critiche, ma questa esposizione romana ha dato loro l’opportunità di avere una degna ricollocazione nel panorama artistico romano.
Nica FIORI Roma 16 Giugno 2024
Artiste a Roma. Percorsi tra Secessione, Futurismo e Ritorno all’Ordine
Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi. Via Nomentana, 70 – Roma
Dal 14 giugno 2024 al 6 ottobre 2024
Orari: dal martedì alla domenica ore 9.00-19.00 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura)
Info: tel. +39 060608 info@museivillatorlonia.it