Gli ex voto tra tradizione e contemporaneità; chiusa alla Galleria Bonelli di Milano la mostra “Per Grazia Ricevuta”.

di Vera AGOSTI

Tutti noi conosciamo gli ex voto, dalla locuzione latina derivata dall’ellissi di “ex voto suscepto”, che significa “secondo la promessa fatta” e indica una formula apposta su oggetti offerti nei santuari per ringraziare il destinatario della richiesta di una grazia (Dio, la Madonna, un santo) per aver esaudito una preghiera.

L’estensione del concetto ha portato a designare allo stesso modo l’oggetto stesso dell’offerta, applicandola anche a quelli del mondo antico. Numerosi ex voto sono legati alla sfera della salute e quindi all’ambito corporeo; fra le varie tipologie prevalgono gli ex voto anatomici, che rappresentano nella grande maggioranza dei casi l’organo malato, gli oggetti indicativi della malattia, per esempio gli strumenti medici e gli attrezzi ortopedici, i gioielli e le tavolette dipinte, in cui è raffigurato l’evento a cui si riferisce la grazia ricevuta.

La storia dell’arte  non si è mai occupata particolarmente degli ex voto, maggiormente studiati dall’etnologia, eppure è stato spesso scritto come gli antichi templi, dove si ammassavano le offerte sottratte alla circolazione ed esposte alla vista, siano oggi stati sostituiti dai musei.

La collettiva “Per grazia ricevuta” presso la Galleria Giovanni Bonelli di Milano, chiusasi il 27 luglio, si è concentrata proprio sul soggetto degli ex voto coinvolgendo cento artisti contemporanei con dipinti e minute sculture.

Alcuni avevano già lavorato sull’argomento, come lo scultore Michelangelo Galliani, che ha presentato un cuore di marmo, circondato da ex voto d’argento, altri l’hanno interpretato appositamente per l’evento, raccontando attraverso l’opera una propria esperienza personale, o chiedendo qualcosa di più globale e collettivo, riguardante i fatti di attualità, l’arte, o le crisi che attraversano il mondo globalizzato, dalle guerre alle ondate migratorie, mentre, in alcuni casi, è stato selezionato dal curatore Alberto Mattia Martini, un piccolo pezzo, rappresentativo della poetica ed emblematico della sacralità dell’arte, della pittura e della bellezza.

Si parte con un ex voto di Dino Buzzati, si prosegue, tra i tanti nomi, con Michelangelo Pistoletto e un suo specchio con l’immagine di una mano che stringe un mazzo di chiavi, sul quale compare il simbolo del Terzo Paradiso. Seguono Omar Galliani con un’opera per Sant’Apollonia, la protettrice dei denti; Aldo Damioli con l’atelier del pittore. E ancora “Il cuore di nebbia” di Fulvio di Piazza, la Stele di Fabio Viale, “Reliquie remix” di Francesco Lauretta e l’Autoritratto di Nicola Verlato all’età di 5 anni quando scopre Caravaggio e diventa pittore. Significative anche le presenze di Mimmo Paladino, Stefano Arienti, Giovanni Frangi, Robert Gligorov, Daniele Galliano, Nicola Samorì.

La mostra è stata una riflessione sulla relazione tra tradizione e innovazione, tra sacro e profano, tra tangibile e trascendente. Si è fatta interprete di un’espressione simbolica che è la manifestazione della nostra continua e costante ricerca di riuscire a dare un significato e quindi una speranza all’esistenza. I lavori erano ispirati non solo al concetto di devozione, ma anche a tematiche più ampie, quali l’identità, la politica, la società e l’ambiente. L’allestimento rievocava in maniera suggestiva la tradizionale collocazione degli ex voto, spesso disposti per accumulazione e sovrapposizione, richiamando l’atmosfera delle chiese.

Vera AGOSTI  Milano  28 Luglio 2024