di Mario URSINO
L’ineludibile visibilità del Palazzo Carafa a Roccella Jonica
Situato in cima alla rocca di un promontorio [fig. 1] che cinge in un abbraccio la ridente Roccella Jonica, “una delle più belle città della costa della Calabria”, come ha scritto Edward Lear nel suo Viaggio a piedi nella Calabria Ultra nel 1847, il Palazzo Carafa (detto anche Castello) è perfettamente visibile da ogni punto dell’abitato e massimamente dallo splendido litorale [fig. 2], sempre inondato da una luce bianchissima che fa brillare la vasta distesa del mare, trascolorante dall’azzurro al blu cobalto, e persino al verde smeraldo, sull’orizzonte che appare ellittico dal Porto di Roccella a Locri Epizefiri, ovvero al Promontorio di Locri, detto Zefirio, che è protetto dai venti occidentali e da ciò deriva anche il suo nome.
Vediamo molto bene il Palazzo-Maniero dalla piazza centrale della città, da ogni casa dell’antico borgo, che termina appunto davanti all’arcata d’ingresso del Palazzo Carafa [fig. 3] sulla spettacolare vista dei tetti sottostanti che si estendono in direzione di Gioiosa [fig. 4]. Il Palazzo Carafa mostra il suo lato orientale, cinto ancora dai resti delle antiche mura [fig. 5], a picco sul moderno anfiteatro (detto anche Teatro del Castello) [fig. 6], prossimo alla venerata Chiesa della Madonna delle Grazie [fig. 7].
Per lunghissimi anni abbandonato come romantica rovina [fig. 8], il Comune ha concluso poco più di un anno fa, il restauro di una porzione dell’imponente fabbricato che guarda ad est, di cui ho già fatto cenno in un presedente articolo su questa rivista, come dal seguente link: https://www.aboutartonline.com/2017/10/06/lettera-dalla-calabria-del-recupero-del-palazzo-carafa-roccella-jonica/. I lunghi lavori di ripristino hanno restituito anche l’annessa Chiesa Matrice di San Nicola,
oggi adibita a Sala di riunioni e conferenze; l’ex luogo di culto era stato già trasferito alla fine degli Anni Venti nella parte bassa della città, con gli arredi residui e i begli altari settecenteschi (oggi stravolti e pressoché indistinguibili, poiché le moderne e invadenti decorazioni pittoriche di tutte le pareti e della volta offendono la purezza della originaria concezione architettonica della Chiesa, progettata appunto negli anni 20/30
La Nuova Chiesa Matrice, fortunatamente, è ancora intatta nella sua architettura esterna, e si trova al culmine di una delle tre strade principali che si diramano appunto dalla citata piazza centrale [fig. 9], in direzione dell’antico Borgo, ancora abbastanza abitato e che si congiunge senza soluzione di continuità alla marina di Roccella (diversamente dalle altre cittadine costiere joniche che sono divise territorialmente in “superiore” e “inferiore) e si protende, al di là della strada ferrata, nella cosiddetta Piazza delle Colonne (si tratta di due elementi in granito africano rinvenutiti sul litorale dopo una mareggiata nel 1883, probabilmente provenienti dall’Egitto, forse destinate a decorare un antico tempio pagano. Ogni colonna è alta quasi 7 metri e pesa più di 12 tonnellate. Oggi si trovano davanti al lungomare, dove furono portate ed erette nel 1985), a pochi passi dalla centrale Piazza San Vittorio. Nello scenario tra le Colonne [fig. 10], anche qui, spicca in alto la veduta del Palazzo Carafa. Codeste imponenti colonne sono ben posizionate in un bel prato, dove si tengono, specie in estate, manifestazioni musicali, incontri culturali e vivacissime sagre, cui partecipa la cittadinanza e i turisti in transito o che qui soggiornano in vacanza.
C’è qualcosa, però, nel recente restauro, e non solo a mio avviso, che ha alterato l’aspetto del Palazzo Carafa, e che turba alquanto il mio ricordo di quel romantico castello. Certo, il restauro era auspicabile ed in parte se ne è realizzato il ripristino (meglio però se fosse stato un ripristino solo conservativo, e non ricostruire porzioni mancanti con materiali dell’edilizia corrente). Pur non volendo ripetere quanto già riportai nel mio succitato articolo, ovvero le discussioni e quindi i contrasti di interpretazione tra la competente Soprintendenza calabra e il Comune di Roccella, devo però ribadire che si tratta fondamentalmente dell’inopportuna intonacatura delle porzioni restaurate (e ahimè delle parti interamente ricostruite! Si veda la fig. 5), sulla base di tracce di ipotetico intonaco che avrebbero un tempo rivestito il Palazzo Carafa. Ma non è solo questione di intonaco, che, a mio avviso, andrebbe rimosso per riportare a vista le belle pietre locali che lo hanno sempre caratterizzato. E questo perché l’intonacatura ha messo in risalto un vistoso spigolo ad angolo retto, proprio nel punto più esibito alla vista dalla città e dalla spiaggia e che ha creato uno spiacevole contrasto estetico con il resto della superba magione in pietra, che pure si penserebbe di restaurare.
E il risultato non migliora la sera quando il Palazzo è illuminato all’esterno, nel lato, si ripete, che guarda verso il mare, ed è quindi visibile dalla bella passeggiata litoranea [fig. 11] che è il vanto del progresso della città. Cosa vedo io ora, e presumo non dovrebbe sfuggire a chiunque volga lo sguardo verso l’ex maniero? Le ombre della sera, e le luci del prospetto restaurato danno l’impressione che sulla rocca ci sia solo una sontuosa villa spigolosa, di una squadrata modernità [fig. 12], per l’effetto ottico, naturalmente, e che l’antico Palazzo Carafa sia momentaneamente scomparso alla vista. È un’impressione si dirà; e certo lo è, questo mio personale punto di vista.
Ma, concludendo, vorrei auspicare che tutto quel falso intonaco così ordinario e usuale, venga al più presto rimosso (anche perché mi è stato riferito che esso ha cominciato già a dare segni di distacco e umidità), non per mera fantasia romantica, ma perché offende la vetustà e la bellezza di una delle più famose rocche difensive poste da secoli a salvaguardia delle meravigliose, e ancora incontaminate rive joniche.
Mario URSINO Roccella Jonica (Rc) agosto 2018