di Francesco PETRUCCI
La mostra La riscoperta della Domus Aurea: Smuglewicz ovvero “Francesco polacco”. Incisioni dalla collezione Marigliani, appena inaugurata presso Palazzo Chigi in Ariccia (27 settembre – 24 novembre 2024), nasce da una serie di fortunate coincidenze o simultaneità, a partire dai 250 anni trascorsi dalla sua riscoperta che ricorrono proprio in questo 2024.
Infatti il 27 maggio Clemente Marigliani, studioso di storia romana e di romanistica, noto collezionista nel campo dell’arte incisoria, venne a trovarmi proponendomi il progetto di mostra.
Nonostante ci leghi da molti anni un rapporto di sincera amicizia e affinità d’intenti per l’attaccamento viscerale – direi morboso – al territorio ove siamo nati e viviamo, non avevamo mai collaborato per un’esposizione di sue opere ad Ariccia.
La mostra è incentrata su una rara raccolta di splendide acqueforti acquerellate sulla Domus Aurea, belle come dipinti o disegni colorati, e altre incisioni, tutte provenienti dalla collezione Marigliani, ambiziosamente chiamata Biblioteca Clementina, come quella di un papa del XVIII secolo, ma con fondamento data la rarità delle raccolte bibliografiche e di stampe antiche.
Le acqueforti illustrano le decorazioni della Domus Aurea, riprodotte con grande finezza dal pittore polacco Francesco Smuglewicz (Varsavia 1745 – Vilnius 1807), in parte in collaborazione con l’architetto Vincenzo Brenna, su commissione dell’editore e antiquario Ludovico Mirri.
Senza prevederlo ci siamo poi resi conti della ricorrenza, a due secoli e mezzo dalla campagna di scavi avviata nel 1774 su iniziativa dello stesso Mirri, finalizzata a pubblicare gli affreschi della residenza imperiale di Nerone, all’epoca erroneamente identificati come Vestigia delle Terme di Tito e loro interne pitture (1776).
Quelle decorazioni, che Raffaello e altri pittori esplorarono come speleologi dell’arte agli albori del Rinascimento, furono chiamate “grottesche” perché occultate nelle presunte grotte della Domus Aurea, dando il nome a una tipologia ornamentale che ebbe grande diffusione nel XVI secolo.
Tuttavia le decorazioni neroniane furono per la prima volta rappresentate in maniera rigorosa soltanto due secoli dopo, proprio grazie alla coraggiosa iniziativa editoriale di Mirri, che ebbe un enorme impatto sulla cultura neoclassica.
La sontuosa pubblicazione suscitò, assieme agli scavi di Pompei ed Ercolano, un peso sullo sviluppo della cosiddetta “decorazione d’appartamento neoclassica”, un cui mirabile esempio è proprio l’appartamento neoclassico di Palazzo Chigi in Ariccia, decorato dai massimi specialisti nel genere, come Giuseppe Cades, Nicola Lapiccola, Felice Giani e Liborio Coccetti (1780-90).[1] Per un’ulteriore fortuita concomitanza l’11 giugno è stato presentato presso l’Istituto di Studi Romani dall’amico Jerzy Miziołek, colto e instancabile storico dell’arte, profondo conoscitore del Rinascimento italiano, un volume edito nel 2023 dedicato proprio a Smuglewicz e al suo contributo alla riscoperta dell’arte etrusca.[2]
Peraltro alla Domus Aurea e al pittore polacco, Miziołek sta dedicando i suoi ultimi studi e non potevamo non tentare di coinvolgerlo in questa iniziativa, nonostante i tempi strettissimi per l’inserimento in extremis della mostra nel fitto programma di eventi già fissati a Palazzo Chigi tra il 2024 e il 2025. Così il 30 giugno siamo andati ad Anzio ad incontraci con Marigliani e il progetto della mostra ha potuto prendere forma compiuta e coerente.
Molte delle numerose iniziative dell’autorevole studioso polacco sono finalizzate ad indagare i fervidi rapporti culturali tra Italia e Polonia che si sono consolidati nel corso dei secoli, sin dal Rinascimento e soprattutto nell’epoca del Grand Tour, grazie all’attivismo di mecenati e collezionisti come i Poniatowski, il conte Potocki, il cardinale di York figlio di Maria Clementina Sobieski regina Stuart.
Ma anche valenti artisti polacchi hanno frequentato Roma lasciando tracce del loro passaggio, come Szymon Czechoviccz (alla cui mostra tenuta a Cracovia partecipai nel 2020)[3] e soprattutto Tadeusz Kuntze detto “Taddeo polacco”, che ha disseminato pale e affreschi a Roma e nel Lazio, influenzando il giovane Goya che durante il suo giovanile soggiorno romano viveva con lui in Palazzo Tomati a via Sistina.[4]
Tra questi talentuosi pittori c’era Francesco Smuglewicz, artista poco noto nel nostro paese ma che ebbe un peso notevole in quella riscoperta dell’antico che portò all’affermazione della cultura neoclassica, per la prima volta celebrato in una mostra.
Per ulteriori coincidenze fu proprio un pittore polacco, il Kuntze, a illustrare la storia dell’antichissima Aricia nella sala del Casino Stazi, poi Locanda Martorelli (1768-70), con decorazioni proto-neoclassiche,[5] mentre il conte Potocki commissionò nel 1777-78 la ricostruzione ideale della Villa Laurentina di Plinio, con la probabile partecipazione di Smuglewicz, i cui scavi sarebbero stati intrapresi subito dopo (1777-80) dal principe Sigismondo Chigi, portando al ritrovamento di importanti reperti, tra cui il famoso Cratere Chigi oggi ad Ariccia.[6]
Qui sulla piazza di Corte aveva peraltro progettato la sua residenza di diporto l’architetto e incisore Carlo Antonini, amico e collaboratore di Smuglewicz, mentre promosse scavi archeologici nel territorio l’antiquario e mercante James Byres, amico e committente del pittore polacco.[7]
*Ringrazio vivamente Clemente Marigliani per aver messo a disposizione con generosità le opere della sua collezione, Jerzy Miziołek per aver curato con intelligenza e tempestività la mostra e il catalogo, edito dall’Università di Varsavia, Francesca Ceci per la preziosa e competente collaborazione scientifica.
Rivolgo i miei più sentiti ringraziamenti alla Facoltà di Archeologia dell’Università di Varsavia, a Magdalena Trudzik Vicedirettore dell’Istituto Polacco di Roma e ad Agnieszka Stefaniak-Hrycko Direttore dell’Accademia Polacca delle Scienze di Roma, per il patrocinio concesso all’iniziativa.
Francesco PETRUCCI Ariccia 6 Ottobre 2024
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