Presentato a Firenze un “San Sebastiano ligato a un tronco con armatura”. E’ di Gian Lorenzo Bernini ?

redazione

La presentazione della scultura raffigurante il San Sebastiano “ligato a un tronco con armatura” che dovrebbe essere quello commissionato a un giovane Gian Lorenzo Bernini dal Cardinale Pietro Aldobrandini nel 1618 è stato uno degli eventi collaterali che hanno caratterizzato in senso specificatamente culturale la 33^ Edizione della Biennale dell’Antiquariato di Firenze appena conclusasi. Abbiamo già dedicato a questa esposizione un articolo (dobbiamo dire molto apprezzato dagli stessi organizzatori) con un ‘focus’ su un capolavoro del Bronzino, una Madonna col Bambino, esposto dalla Galleria Canesso ed in questo stesso numero di About Art pubblichiamo un corposo articolo di Gabriele Pandolfelli sull’evento.

Ma non si può non riprendere il filo del discorso concernente il suddetto marmo che il Prof. Maichol Clemente -dopo una intervista rilasciata al Giornale dell’Arte in estate- conferma in un’agile pubblicazione per i tipi di Darte editore, senza ombra di dubbio, sulla base di ulteriori considerazioni e confronti, alla mano (se possiamo dire così) di Gian Lorenzo Bernini.

A dire il vero, la ricerca effettuata dal Prof. Clemente merita davvero il massimo della considerazione oltre che del rispetto; ci viene anzi da dire che questo tipo di esperienza dovrebbe essere esempio da seguire specie per quegli studiosi più giovani che ambiscono a realizzare un lavoro scientifico; quindi, sotto questo aspetto chapeau.

Altra cosa però è dare conferma ad una ‘scoperta’ o meglio ad un ritrovamento quando i dati documentari pur presentati in modo anche qui professionalmente davvero adeguato, vengono però presi in esame con qualche accentuazione di troppo, per dimostrare qualcosa che, almeno a parere di scrive, meriterebbe invece un più di cautela ed attenzione.

Ma entriamo in argomento; secondo il parere di Maichol Clemente il San Sebastiano che si trova da tempo, precisamente dal 1836, come mostrerebbe una documentazione,  nella chiesa di Saint – Martin a Jouy – en – Josas, 40 km circa da Versailles, con attribuzione a Pierre Puget, in realtà è quello commissionato, come dicevamo sopra, al giovane Bernini; e lo studioso lo ripete più volte: “il giovane Gian Lorenzo Bernini – scrive, è- “l’effettivo autore” della scultura, come pure insiste più avanti sulla “indubbia a paternità della statua al ventenne Gian Lorenzo” , e così via.

1 San Sebastiano Saint – Martin a Jouy – en – Josas

Va ricordato che di un San Sebastiano Aldobrandini aveva scritto per la prima volta oltre venti anni fa Laura Testa in un saggio per il Bollettino d’Arte (VI, 2001) dal titolo -sintomatico, viene da dire- “Documenti inediti sullo scomparso ‘San Sebastiano’ Aldobrandini del giovane Gian Lorenzo Bernini, laddove si chiariva che l’anno della scomparsa dell’opera dagli inventari risaliva al 1709.

E’ un fatto risaputo che Gian Lorenzo Bernini, già in giovane e giovanissima età, fosse entrato nelle grazie dei grandi committenti romani: un vero enfant prodige capace di scolpire opere eccezionali, come il Busto di Antonio Coppola a 13 anni (da alcuni discusso, ma vedi in questo numero di About Art il saggio più che esauriente di Claudia Renzi) o ancor prima la pur da alcuni discussa Capra Amaltea quando di anni ne aveva 11 o 12. Per non parlare del Busto di Giovan Battista Santoni che secondo il Baldinucci risalirebbe addirittura al 1609 (ma la critica più accreditata lo sposta al 1613).

Va tenuto in considerazione che quando arrivò a Roma – siamo agli inizi del ‘600- Gian Lorenzo si trovò di fronte a un periodo di mutazioni eccezionali, contrassegnato da una formidabile messe di eventi e da personalità straordinarie che non potevano non tenere nella massima considerazione la logica controriformistica della necessità della simbiosi, in effetti via via realizzatasi, tra esigenze religiose e maestria artistica. Ed una delle più eclatanti manifestazione di ciò fu la decorazione – con uno sfarzo che non aveva precedenti – voluta dal papa Borghese in Santa Maria Maggiore, della Cappella per la venerazione dell’immagine della Madonna detta Salus Populi Romani.

Furono chiamati all’impresa molti tra gli artisti allora più in voga, ed insieme al Cavalier d’Arpino, a Guido Reni, Giovanni Baglione, Ludovico Cigoli, vi era anche Pietro Bernini, che giusto per questo era rientrato a Roma, nel 1606, da Napoli dove aveva operato nella Certosa di San Martino. Con lui il giovane Gian Lorenzo che aveva appena compiuto 8 anni e che il padre portava con sé con la malcelata intenzione di poter mostrare a chi contava quale fosse già l’ingegno del figlio. L’occasione si sarebbe in effetti presentata quando Pietro poté entrare in stretti rapporti con Scipione Caffarelli Borghese, ed ottenerne la protezione. Il prelato – un vero esperto di arte e di furti d’arte- non ebbe alcuna difficoltà ad individuare immediatamente il precocissimo talento del giovane Bernini, come poi accadde con i Barberini, con Pietro Aldobrandini e altri.

Giustamente Maichol Clemente si è posto il problema delnodo complesso del passaggio dall’attività di Gian Lorenzo a fianco del padre Pietro alla sua ufficiale emancipazione come artista autonomo”, facendola risalire per l’appunto al torno di anni in cui avrebbe scolpito l’Enea ed Anchise -come vediamo oltre- e il san Sebastiano sub judice. Seguendo ancora le sue nette affermazioni, in questo senso le “prime evidenze di un’autografia” – scrive- sono innanzitutto la perfetta corrispondenza alle “indicazioni degli inventari Aldobrandini e Pamphilj”; in secondo luogo “sul versante dello stile” conta il fatto che la scultura si porrebbe nell’anno della “prima nota di pagamento da parte del cardinale Pietro Aldobrandini” cioè il 1618, quando cioè Gian Lorenzo realizza come dicevamo l’ Enea ed Anchise.

Come primi elementi per un “ineludibile confronto” vengono richiamati certi tratti di un altro San Sebastiano, quello Thyssen Bornomisza che Maffeo Barberini acquisì da Pietro Bernini nel 1617 e del San Lorenzo sulla Graticola oggi agli Uffizi, realizzato tra il 1616 e il 1617.

San Sebastiano Particolare Saint – Martin a Jouy – en – Josas
San Sebastiano Particolare Thyssen

Riportiamo per dovere di cronaca alcuni significativi confronti proposti dall’autore della pubblicazione distribuita a Firenze (con l’avvertenza che una assai più sostanziosa è in preparazione per il prossimo anno), facendoli seguire alle opportune considerazioni di Maria Grazia Bernardini, autrice com’è noto del Catalogo completo delle sculture di Gian Lorenzo Bernini pubblicato per i tipi della Allemandi editore nel 2022, che nell’Enea ed Anchise, più volte richiamato notava collusioni con l’Incendio di Borgo di Raffaello a dimostrazione di “quanto il giovane Bernini avesse studiato ed assorbito l’arte del Cinquecento”.

San Sebastiano Particolare Saint – Martin a Jouy – en – Josas
San Lorenzo Particolare Uffizi

Scrive la studiosa, Gian Lorenzo:

Non fu rivoluzionario per l’uso di strumenti tecnici innovativifu rivoluzionario per l’utilizzo di questi, grazie ai quali raggiunse un nuovo linguaggio espressivo”

Da semplici cronisti lasciamo ai lettori giudicare se le immagini proposte dal Prof. Clemente sono tutte equivalenti, quanto ad ‘espressività’, da questo punto di vista.

Va anche rilevato che la stessa Maria Grazia Bernardini cita, nel saggio pubblicato nel volume “Scritti in onore di Alessandro Zuccari”,  un’altra scultura raffigurante San Sebastiano riportata nel testamento del beni di Bernini, stilato dopo la sua morte, nel 1681. L’inventario precisa che la statua era “di mano di un allievo” della bottega di Bernini. Senza contare che Laura Testa ricorda nel suo articolo che gli Aldobrandini avevano commissionato nel 1619 a Ippolito Buzio un’altra statua di San Sebastiano per ornare una nicchia del sacello a sinistra del ninfeo nella villa Aldobrandini di Frascati. La studiosa aggiunge “Non sappiamo se questa grande scultura del Buzio, anch’essa perduta, ma ricordata nell’inventario del 1682, si richiamasse in qualche modo all’esempio berniniano… “, che, secondo gli inventari, era in posizione stante. Sono tracce che in ogni caso meriterebbero attenzione e verifiche.

Un discorso a parte meriterebbe il mistero della comparsa della scultura attribuita a Puget in Francia; è passato quasi un secolo e mezzo dal 1709, anno in cui inizia il mistero della sparizione da Roma del San Sebastiano Aldobrandini. E’ da sperare che la prossima pubblicazione di Maichol Clemente possa portare ulteriori elementi di conoscenza anche su questo punto, che potrebbe essere dirimente, al di là delle ipotesi dell’ennesimo furto napoleonico cui ormai si fa ricorrere ogni turpitudine.

Roma 6 Ottobre 2024