A Modena la Stagione Lirica 2024-2025 è partita con il grande successo del “Mosè in Egitto” di Rossini

di Claudio LISTANTI

Il Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena ha inaugurato la Stagione Lirica 2024-2025 con una interessante e applaudita edizione di Mosè in Egitto di Gioachino Rossini molto gradita dal pubblico non solo per l’esecuzione musicale dovuta alla partecipazione di una valida compagnia di canto ma, anche, per la realizzazione scenica.

Gli organizzatori della stagione lirica del teatro lirico modenese sono stati premiati per la doppia valenza di questa scelta che, al fianco di quella apprezzabile di carattere storico-musicologico, ne ha unito anche un’altra, inusuale per il giorno d’oggi, quella di una realizzazione scenica aderente all’ambientazione originale e del tutto priva delle stranezze e dalle stravaganze messe in atto oggi da alcuni registi che, con la complicità dei responsabili artistici dei teatri, in tutto il mondo adottano sovente scelte di carattere il più delle volte meramente intellettualistico stravolgendo il contenuto dell’opera, al punto di renderla incomprensibile e del tutto distante dalle volontà degli autori.

Fig. 1 Teatro Comunale di Modena. D. Monaco, M. Battistelli, A. Pellegrini, M. Pertusi e M. Mezzaro nella “Scena delle tenebre” © RolandoPaoloGuerzoni.

Iniziamo dal titolo scelto, Mosè in Egitto, l’opera che Giochino Rossini scrisse nel 1818 ispirata al celebre personaggio biblico ed alle sue azioni tratte dall’Esodo. Come è noto, quest’opera fu oggetto qualche anno più tardi di una profonda revisione che trasformò questo capolavoro in una versione approntata per l’Opéra di Parigi dal titolo Moïse et Pharaon, ou Le Passage de la mer Rouge su libretto francese di Luigi Balocchi e Victor Joseph Etienne de Jouy, andato in scena il 26 marzo 1827. Non si è trattato di un vero e proprio rifacimento ma di una diversa versione di cui Rossini, con enorme abilità compositiva, creò una partitura di stile Grand Opéra adoperando alcuni brani tra i più significativi del primario Mosè in Egitto affiancandoli a nuove musiche, ivi comprese le parti destinate alla danza, per proporre un’opera organica e stilisticamente unitaria.  Moïse et Pharaon fu poi tradotto in italiano da Calisto Bassi e l’opera ha proseguito il suo cammino con il titolo di Mosè, versione con la quale ha avuto la massima diffusione avendo come controindicazione di tenere un po’ in disparte l’originario Mosè in Egitto.

La cosiddetta Rossini renaissance sviluppatasi nella seconda metà del secolo scorso ha consentito un recupero dell’originario Mosè in Egitto più volte riproposto qui in Italia, non solo al Rossini Opera Festival, ma anche in importanti teatri come quelli di Roma, Verona e Napoli, elemento che ha consentito agli studiosi e agli appassionati di attribuire a questa versione dell’opera la giusta valenza nell’ambito della produzione rossiniana e, di conseguenza, nella Storia del Teatro per Musica.

Fig. 2 Il basso Andrea Pellegrini (Faraone) in un momento dell’opera © RolandoPaoloGuerzoni.

Infatti, Mosè in Egitto, scritta da Rossini su libretto di Andrea Leone Tottola ispirato alla tragedia L’Osiride di Francesco Ringhieri, monaco olivetano vissuto nel ‘700, e rappresentato al Teatro di San Carlo di Napoli il 5 marzo 1818, è classificata dallo stesso Tottola, azione tragico-sacra in tre atti. Questo genere di composizione è assimilabile all’oratorio di derivazione barocca e a Napoli era utilizzata come escamotage per aggirare il divieto di rappresentare opere liriche durante il periodo di Quaresima perché le autorità istituzionali consentivano rappresentazioni di carattere sacro con personaggi, ambienti e storie tratte dalle sacre scritture e, comunque, prive di scene che potessero scuotere la suscettibilità delle autorità religiose.

Fig. 3 Teatro Comunale di Modena. Aida Pascu (Elcia) e Angela Schisano (Amenofi) in un momento dell’opera © RolandoPaoloGuerzoni.

Tali condizioni (e costrizioni) si adattavano alla perfezione al genere oratorio tanto è vero che lo stesso Rossini nelle sue comunicazioni epistolari di quell’epoca definisce questo suo nuovo lavoro ‘oratorio’. Il suo genio musicale costruì, quindi, un’opera attraverso la quale, però, il pesarese introdusse una sorta di ‘sperimentazione’ di nuove forme e nuovi stili musicali come spesso avveniva a Napoli, all’epoca città tra le più avanzate culturalmente il cui pubblico era ben disposto ad accettare e apprezzare elementi di novità.

Nel Mosé in Egitto ce ne sono diversi. Innanzi tutto manca una sinfonia mentre all’alzar del sipario lo spettate/ascoltatore entra immediatamente all’interno di un momento terribile, quando le tenebre avvolgono il palazzo del Faraone. La musica è qui straordinaria; una preziosa strumentazione ci comunica il terrore di quella gente circondata dall’oscurità e dal timore di non vedere più la luce; uno stato d’animo che muta quanto Mosè riesce ad allontanare le tenebre, con la musica che magistralmente descrive il ritorno dei raggi del sole. Scene d’insieme anche per la conclusione del primo e del secondo atto. Per il primo la rappresentazione di un’altra ‘piaga’, la pioggia di fuoco e grandine che Mosè scatena dopo il rifiuto del Faraone di concedere agli Ebrei la libertà del ritorno in patria.

Fig. 4 Teatro Comunale di Modena. Michele Pertusi (Mosè) e Matteo Mezzaro (Aronne) nella scena della pioggia di fuoco e grandine © RolandoPaoloGuerzoni.

Di grande effetto il finale secondo con il fulmine che incenerisce Osiride figlio del Faraone dopo il tentativo di arresto di Mosè.

Poi c’è il finale del terzo atto con il passaggio del Mar Rosso. A Napoli solitamente le opere erano in due atti. Per questa occasione, però, viste le complicazioni per la realizzazione di questo momento spettacolare fu necessaria l’introduzione di un ulteriore intervallo e, di conseguenza, un ulteriore atto. Musicalmente il passaggio del Mar Rosso è avvincente. L’orchestra ci fa capire il movimento del mare, la sua ‘apertura’ per il passaggio degli Ebrei e la ‘chiusura’ quando gli egiziani tentano di inseguire i fuggitivi, scena che sublima in maniera entusiasmante l’opera. Qui alla prima ci fu qualche pasticcio conseguenza del delicato momento scenico, fatto che provocò l’ilarità del pubblico. Il genio di Rossini mise fine ad altri eventuali dissensi riscrivendo, successivamente, il terzo atto con l’inserimento di ‘Dal tuo stellato soglio’ la preghiera che precede il passaggio del Mar Rosso divenendo elemento catartico dell’opera realizzato con la parte solista di Mosè affidata alla voce di basso, alla quale si contrappongono il coro e gli interventi del coro (donne e uomini) e di Elcia e Aronne, una scena d’insieme di grande presa che si trasforma nel momento eroico del passaggio del Mar Rosso e dell’annientamento degli egiziani.

Fig. 5 Teatro Comunale di Modena. M. Pertusi, A. Schisano, A. Pascu e M. Mezzaro e il Coro di Lirico di Modena nella scena della preghiera del terzo atto © RolandoPaoloGuerzoni.

Per queste novità Rossini non controbilancia una parte vocale altrettanto avanzata, soprattutto nelle arie tutte scritte nel segno della tradizione, come dimostra il fatto che nella versione francese sono state abbandonare tranne quella del secondo atto È spento il caro bene scritta per la grande Isabella Colbran per la quale fu creato il personaggio di Elcia, cantante che divenne poi legata a Rossini nell’arte e nella vita. Le altre arie alcune furono riprese da altre opere di Rossini e alcune affidate a compositori della sua epoca.

Nella versione francese (Moïse et Pharaon), come anticipato, non confluisce tutto il Mosè in Egitto perché Rossini produrrà un’opera di carattere diverso, forse più unitaria e fluida con una maggiore valenza delle arie che si inseriscono con più amalgama nella struttura dell’opera. Uno stile che si perfezionerà poi con la grande esperienza del Guillaume Tell che concluderà la sua attività di operista. Nel contempo, le scene del Mosè in Egitto che abbiamo citate sono accolte nella nuova partitura perdendo però di effetto ‘teatrale’ rispetto alle originali collocazioni. Un esempio per tutti la scena delle tenebre che apre magistralmente il Mosè in Egitto, nel Moïse è collocata all’inizio del secondo atto perdendo molto della sua forza drammatica originaria. In definita Mosè in Egitto e Moïse et Pharaon sono due entità diverse dello stesso autore e ognuna di esse riesce a vivere di luce propria e in modo del tutto autosufficiente. È giusto quindi tenerle in repertorio entrambe e la decisione del Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena di aprire la stagione con Mosè in Egitto va apprezzata e lodata proprio perché aderisce a questo punto di vista.

Fig. 6 Teatro Comunale di Modena. D. Monaco, M. Battistelli, A. Pellegrini, M. Pertusi e M. Mezzaro in un momento dell’opera © RolandoPaoloGuerzoni.

Altro elemento importante di questa recita modenese è stata la realizzazione scenica, come anticipato, fedele all’ambientazione originale creata dal regista Pier Francesco Maestrini con il contributo essenziale di scene e video di Nicolás Boni, i costumi di Stefania Scaraggi con l’assistenza di Paolo Vitale e le luci di Bruno Ciulli.

Fig. 7 Teatro Comunale di Modena. A. Galli (Mambre), A. Pellegrini (Faraone) e M. Pertusi (Mosè) © RolandoPaoloGuerzoni.

Come il nostro lettore potrà verificare con le fotografie che inseriamo nel nostro articolo, i costumi sono fedeli a come li abbiamo sempre immaginati per l’epoca di Mosè. Le scene erano piuttosto semplici ma efficaci, realizzate con l’aiuto di proiezioni e di fondali che raffiguravano ambienti e architetture dell’epoca integrate da una ‘parte luci’ del tutto efficace. Ci ha colpito la strepitosa realizzazione del passaggio del Mar Rosso alla cui vista non si poteva non andare con il pensiero a I Dieci Comandamenti di Cecil B. De Mille e agli effetti speciali di John P. Fulton per i quali vinse il Premio Oscar realizzando una scena del tutto coinvolgente come questa del Comunale di Modena.

La compagnia di canto è risultata del tutto omogenea e valida nell’insieme. Mattatore della serata è stato il basso Michele Pertusi protagonista assoluto per quella che è la parte più importante e corposa di quest’opera, scritta per Michele Benedetti basso di punta per quell’epoca, molto stimato da Rossini che lo volle come primo interprete di diversi ruoli.

Pertusi ha messo a disposizione del personaggio l’esperienza maturata nel corso della sua lunga carriera di basso nella quale sono presenti diversi successi incondizionati per i ruoli interpretati tra i quali quello di Mosè, a nostro avviso, uno dei più congegnali per lui.

Voce calda piena di nobiltà e passione, incisiva ed energica, chiara e vivace, che riesce a rendere il ruolo in maniera entusiasmante. Per lui un successo personale di grandi dimensioni alimentato anche dalla concessione del bis della preghiera del terzo atto e sottolineato da diverse chiamate al proscenio.

Fig. 8 Teatro Comunale di Modena. Michele Pertusi (Mosè) © RolandoPaoloGuerzoni.
Fig. 9 Teatro Comunale di Modena. Aida Pascu (Elcia) © RolandoPaoloGuerzoni.

Il ruolo di Elcia è stato affidato al soprano Aida Pascu che è riuscita a centrare vocalmente questo personaggio femminile che possiede una parte vocale cospicua affrontata con sicurezza e la necessaria passionalità realizzando in maniera del tutto convincente la grande aria del secondo atto che abbiamo prima citato, aiutata dalla sua linea di canto espressiva, dalle emissioni misurate e sicure necessarie per superare agevolmente i virtuosismi a lei dedicati per restituirci un personaggio del tutto credibile vista la sua importanza per lo sviluppo dell’opera.

Altra cantante di valore è risultata il soprano Mariam Battistelli una Amaltea dalla voce chiara, molto ben impostata e brillante. È dotata di una buona tecnica che le consente di giungere al registro acuto con una certa facilità senza sacrificare l’espressività. Anche per lei buon successo personale.

Per concludere sulle parti femminili da segnalare la bella e calda voce del mezzosoprano Angela Schisano che ben ha reso il personaggio di Amenofi augurandoci di ascoltarla presto in ruoli anche più impegnativi.

Fig. 10 Teatro Comunale di Modena. Mariam Battistelli (Amaltea) © RolandoPaoloGuerzoni.
Fig. 11 Teatro Comunale di Modena. Dave Monaco (Osiride) © RolandoPaoloGuerzoni.

Per le parti maschili di rilevo l’Osiride del tenore Dave Monaco che ha evidenziato una linea vocale del tutto efficace per rendere questa difficile parte, una delle più impegnative dell’opera. Al suo fianco il basso Andrea Pellegrini un Faraone dalla voce possente ma un po’ esuberante. Corretto il tenore Matteo Mezzaro per la parte di Aronne e il tenore Andrea Galli nel ruolo di Mambre.

Il Coro Lirico di Modena guidato da Giovanni Farina ha dato il giusto spessore ad una parte determinante di quest’opera, che per la sua struttura lo rende tra i protagonisti assoluti di questo capolavoro.

Il direttore Giovanni Di Stefano alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana ha condotto la parte musicale con sicurezza e la giusta intensità curando in maniera del tutto convincente l’insieme degli esecutori che per le caratteristiche di Mosè in Egitto è elemento determinante per la sua riuscita.

Fig. 12 Teatro Comunale di Modena. La scena finale del passaggio del Mar Rosso© RolandoPaoloGuerzoni.

La recita del 20 ottobre alla quale abbiamo assistito si è conclusa in modo trionfale, non solo per i diversi applausi a scena aperta e per le insistenti richieste del bis della famosissima preghiera, ma anche per le ovazioni finali dedicate ai singoli interpreti come al coro e all’orchestra da un pubblico molto evidentemente soddisfatto da quanto visto e ascoltato.

Chiudiamo segnalando che lo spettacolo sarà ripreso nei teatri di Reggio Emilia e Piacenza mentre la recita oggetto della nostra recensione è stata trasmessa in diretta streaming e sarà disponibile on line per sei mesi fino al 20 aprile del 2025.

Il link per accedere a questa visione è il seguente:

Gioachino Rossini MOSÈ IN EGITTO (*ENG/ITA SUBS*)

Claudio LISTANTI  Modena  27 Ottobre 2024