Un inedito “Giudizio di Salomone” del pittore veronese Giovanni Battista Amigazzi

di Emilio NEGRO

Tra gli ultimi decenni del Cinquecento e la prima metà del Seicento Verona diede i natali a valentissimi pittori che, pur non raggiungendo le inarrivabili altezze di Paolo Veronese, seppero comunque produrre opere significative contraddistinte da tinte lucenti, eleganti panneggi e una calda luminosità. Nel prospero capoluogo sulle rive dell’Adige si affermò infatti una raffinata produzione artistica, manifestando un pensiero visivo ricco di suggestioni provenienti da Tiziano, dai Bassano, da Palma il Giovane e ovviamente dal menzionato Veronese.

In tale dinamico contesto assai creativo fu realizzato anche questo inedito Giudizio di Salomone, fortunatamente in buono stato di conservazione, giacché alle lastre di ardesia di queste dimensioni (cm 41 x 32) capita raramente di rimanere integre.

1. Giovanni Battista Amigazzi, Giudizio di Salomone, olio su ardesia, cm 41 x 32, collezione privata.

Il noto episodio biblico illustrato sulla pietra grigio-nera di supporto al colore, sovente utilizzata dai maestri attivi a Verona tra Cinque e Seicento, narra un episodio della vita del terzo re d’Israele dopo l’unificazione dello stato: Salomone, figlio di Davide e Betsabea, era noto per la sua proverbiale saggezza, cosicché un giorno gli portarono dinanzi due prostitute che si rivolsero a lui come giudice; le due donne vivevano nella stessa casa e ciascuna di esse aveva dato alla luce un figlio, ma dopo poco tempo uno dei fanciulli era morto, sicché entrambe rivendicarono la maternità di quello superstite. Il sovrano, per giungere alla verità, dispose che fosse portata una spada e ordinò che il bambino sopravvissuto fosse tagliato in due parti uguali da distribuire alle madri. Nell’udire queste parole la vera genitrice rinunciò ad ogni pretesa pur di salvare la vita al figlio e conseguentemente Salomone comprese che quella era la madre.

Il disegno accurato delle forme flessuose dei personaggi che popolano la scena, i colori ben accordati, smaltati e caldi, indicano con chiarezza la cultura figurativa prevalentemente veronese dell’autore; questi mostra inoltre di aver acquisito l’educazione al disegno tipica di Claudio Ridolfi, Felice Brusasorci e Alessandro Turchi, alias l’Orbetto, ben noti maestri che, al pari del pittore del nostro Giudizio di Salomone, si erano misurati più volte con il dipingere su simili supporti di lavagna, atti ad evocare il buio della notte. Tali innegabili stilemi concorrono a conferire ai personaggi dipinti una gestualità aulica e una presenza scenica quasi scultorea del tutto particolare che concorda stilisticamente con l’iscrizione in belle lettere capitali “GIO. BAT. AMIGAZ…” leggibile nel primo scalino sotto il trono, da sciogliere nel nome abbreviato di Giovanni Battista Amigazzi, il valido maestro nato nella città scaligera all’incirca tra il 1589 e il ’91 e ivi morto nel 1651.

2. Giovanni Battista Amigazzi, Giudizio di Salomone, part. con la firma.

Le vite de’ pittori, de gli scultori, et architetti veronesi dell’erudito conte Bartolomeo Dal Pozzo – stampato a Verona nel 1718 (pp. 168-169, LXXXXIV) per integrare le biografie dei maestri scaligeri riportate nelle più note “vite” vasariane -, lo ricorda quale allievo del concittadino Ridolfi e come colui che “tanto dilettossi di copiare l’opere del suo Maestro”, ragione per cui con esso è sovente confuso.

Ma Amigazzi “giunse a mirabilmente” imitare anche Paolo Veronese, come ad esempio nella replica della Cena in casa di Simone il fariseo della chiesa di S.Carlo Borromeo a Verona, e proprio per questa sua peculiarità lo si trova citato anche nel Panteon dei morti e dei vivi o biografia universale degli uomini illustri, edito a Milano nel 1866 (volume I, p. 348). Nonostante la scarsità dei dati biografici, egli è stato ugualmente oggetto di opportuni studi che ne hanno rivelato un profilo sufficientemente definito all’interno della vivace cerchia degli artisti operosi nei territori veronesi, laddove la sua rimarcata adesione allo stile tardo del Brusasorci, piuttosto che a quello di Ridolfi (E.M. Guzzo, Amigazzi Giovanni Battista, in U.Thieme-F.Becker, Allegemeines lexikon der bildenden künstler…, München-Leipzig 1986, vol. I, ad vocem; E. Lucchese, in La pittura nel Veneto. Il Seicento, a cura di M.Lucco, Milano 2001, 2, p. 790), risulta evidente anche nell’opera in esame.

La firma, e non di meno i confronti con altre pitture di Giovanni Battista Amigazziin primis le pale d’altare con l’Immacolata Concezione (Verona, chiesa delle Stimmate) e quella con la Madonna della Ghiara, i Ss. Cristoforo e un prelato (Sant’Anna d’Alfaedo, oratorio di S.Maria Immacolata) – confermano la sua autografia per questa ardesia.

Emilio NEGRO  Bologna 27 Ottobre 2024