di Francesco PETRUCCI
In occasione della 12° edizione del “Premio Pio Alferano” (7-8 settembre 2024), direttore artistico Vittorio Sgarbi, organizzata su iniziativa di Santino Carta, Presidente della “Fondazione Pio Alferano e Virginia Ippolito”, costituita in memoria del Generale Pio Alferano – valoroso comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Artistico -, sono state presentate quattro mostre di arte antica e contemporanea. Tra queste una selezione di opere della collezione Parenza Angeli, a cura di Massimo Pirondini. Le mostre, che si tengono presso lo splendido Castello dell’Abate dominante la costiera cilentana, rimarranno aperte fino al 12 gennaio 2012.
Presentiamo un estratto del saggio di Francesco Petrucci sul collezionismo privato, tema cui è stato dedicato l’evento, pubblicato nel catalogo del “Premio Pio Alferano 2024”; a corredo alcune immagini della mostra di Castellabate, della collezione Parenza Angeli.
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Francesco PETRUCCI
IL COLLEZIONISMO MOTORE DELLA RICERCA E DELLA PUBBLICA MUSEALIZZAZIONE
Sul collezionismo storico di opere d’arte è stato scritto molto, anche troppo, tanto che sull’argomento, dopo l’avanguardistico volume di Francis Haskell Patron and Painters del 1966, si è sedimentata ormai negli ultimi decenni una letteratura sterminata.
Ci sono studiosi e soprattutto studiose – cui sembra ormai appannaggio quasi esclusivo, anche meritoriamente, lo studio della storia dell’arte – che hanno dedicato l’intera loro attività di ricerca al collezionismo di una grande casata, tanto che oggi disponiamo di inventari, documenti di contabilità e corrispondenza epistolare (l’ultimo settore di indagine che si sta scandagliando), che consentono di avere un quadro molto approfondito sul collezionismo di dinastie come i Barberini, i Borghese, i Chigi, gli Orsini nei vari rami, gli Ottoboni, etc., con indagini estese anche a personalità secondarie quali monsignor Francesco Maria Riccardi, il mercante Pellegrino Peri o il “maestro delle strade” Domenico Jacovacci.
Di contro constatiamo che in ambito d’insegnamento accademico la disciplina archivistica ha sostituito a tutti gli effetti l’indagine conoscitiva, di metodologia tecnica e stilistica, finalizzata a quello che dovrebbe essere il vero oggetto dell’argomento: le opere d’arte!
Da studioso del Barocco romano, mi rendo conto sempre di più come, dopo la scomparsa ormai da qualche decennio di eminenti conoscitori quali Giuliano Briganti o Federico Zeri, più recentemente degli ultimi esponenti di una categoria in estinzione come Eugenio Riccomini, Erich Schleier o Nando Peretti (mercante-collezionista dotato di un occhio formidabile, frutto di un’esperienza diretta acquisita sul campo), sia in atto una vera desertificazione dal punto di vista conoscitivo.
Tanto che collezionisti, mercanti e case d’aste – che spesso affidano a giovani e sprovvedute apprendiste le indagini – brancolano nel buio, cercando di rivolgersi ai pochi rimasti, coinvolgendoli nel giudizio relativo anche ad opere estranee al loro ambito di studi, come mi capita sempre più spesso.
Ma il collezionismo storico è cosa morta. Non mi risulta che le grandi famiglie continuino a comprare quadri e sculture o ne curino la conservazione, esclusi rari casi virtuosi come don Prospero Colonna e pochi altri. Anzi, semmai molti discendenti di queste illustri casate si sono ben attrezzati a vendere quello che ancora rimane in loro possesso, utilizzando come un bancomat un patrimonio creato dai loro antenati e pervenuto loro per grazia ricevuta solo per la lungimiranza di chi li ha preceduti.
Spesso i quadri vengono così venduti cancellandone le effettive provenienze (spariscono timbri, iscrizioni e ceralacche con stemmi), allo scopo di aumentare i profitti ed evitare la fastidiosa notifica. Si cancellano così per sempre i dati sull’originaria committenza delle opere.
Altra cosa è il collezionismo contemporaneo, che, oltre a fornire una vitalità al mercato antiquario, costituisce un vero e proprio motore continuo di ricerca, portando all’attenzione degli studi opere sempre nuove, pubblicate in articoli scientifici, libri ed esposte in mostre.
Molti sono i collezionisti, piccoli e grandi, che ho conosciuto e che conosco, alcuni sono storici dell’arte, altri professionisti in vari settori: da Maurizio Fagiolo dell’Arco, a Fabrizio Lemme, Oreste Ferrari, Renato Laschena, Pierluigi Amata, Fabiano Forti Bernini, Massimo Taverna, compreso Vittorio Sgarbi. Alcune di queste raccolte sono diventate pubbliche, come quelle confluite per donazione a Palazzo Chigi in Ariccia, che dirigo da molti anni.
D’altronde gran parte dei musei italiani nascono da collezioni private: gli Uffizi e Palazzo Pitti dalle collezioni medicee, Capodimonte e il Museo Nazionale Archeologico di Napoli dalla collezione Farnese, la Galleria Borghese e la Galleria Nazionale d’Antica di Palazzo Corsini (impropriamente recentemente accomunata assieme a Palazzo Barberini sotto la denominazione di “Gallerie Nazionali di Arte Antica” ma con le api Barberini, senza considerare che le opere Corsini, a differenza di quelle di Palazzo Barberini, furono interamente donate dalla famiglia) dalle raccolte delle rispettive casate, e così via…
Ma tutto questo non sembra essere compreso da giuristi e funzionari statali che mettono mano continuamente alla legislazione sui cosiddetti “Beni culturali”, peggiorando la straordinaria Legge Bottai del 1939. Ministri impreparati fanno il resto: l’unico addetto ai lavori è stato Antonio Paolucci, durato purtroppo in carica circa un anno!
La miope tendenza ministeriale, tipicamente italica, secondo il motto arganiano di matrice veteromarxista “la proprietà dell’opera d’arte è un furto”, ha portato a demonizzare mercato e collezionismo, producendo risultati nefasti, tanto che molti antiquari italiani si sono trasferiti all’estero ed altri scoraggiati hanno chiuso definitivamente la loro attività, perseguitati da inutili notifiche di opere minori o da una burocrazia soffocante.
Nessun collezionista di opere d’arte italiane importanti le compra in Italia, ma preferisce acquistarle sul mercato internazionale, pur sottostando all’assillo ridicolo dell’importazione temporanea rinnovabile ogni cinque anni. Alcuni di essi hanno creato le loro collezioni di arte italiana fuori dal nostro paese e costituiranno fondazioni e musei all’estero, terrorizzati dalla nostra burocrazia!
Tra i grandi collezionisti italiani contemporanei spicca Luigi Koelliker, che ha raccolto con costanza, competenza e passione, un’imponente raccolta di taglio universalistico, estesa dall’antico, al moderno, al contemporaneo, tra quadri, sculture, pezzi archeologici, orologi notturni, marmi antichi, bronzetti, installazioni, paragonabile per i risultati conseguiti ad un grande mecenate del passato. Infatti i Barberini, i Chigi, i Colonna sono stati collezionisti a tutto campo, finalizzando il loro mecenatismo all’arredamento di ville e palazzi, non alla costituzione di semplici quadrerie con destinazione museale.
Grazie a questi mecenati la nostra nazione dispone di un patrimonio immenso di monumenti e opere d’arte confluite in musei, che arredano chiese e dimore storiche, costituenti un’attrazione culturale e turistica per il mondo intero. Tale ricchezza artistica rappresenta il prestigio e la gloria dell’Italia nel mondo.
Tuttavia Koelliker, che ha rimpatriato opere d’arte italiana da tutto il mondo, ha sostenuto libri, mostre e iniziative culturali, è stato oggetto di assurde vessazioni continue da parte delle soprintendenze, tanto che per molti anni si è scoraggiato e ha smesso di comprare arte antica e moderna dedicandosi al contemporaneo, con ulteriori assurde problematiche determinate dagli “archivi” gestiti da avvocati, notai o familiari (mogli, figli naturali o adottivi) inconsapevoli, non da storici dell’arte e conoscitori degli artisti.
La sua passione per l’arte, per la conoscenza e per il patrimonio del nostro paese, tuttavia, nonostante tutto, non è sopita, e stiamo organizzando assieme degli eventi espositivi e di studio.
Tra questi la mostra Bernini e la pittura del 600. Dipinti dalla Collezione Koelliker, che si inaugurerà a Palazzo Chigi in Ariccia il 6 dicembre 2024.
Francesco PETRUCCI Roma 10 Novembre 2024