di Nica FIORI
Da quando, nel 1958, sono iniziati gli scavi che hanno messo in luce i monumenti di Lavinium, il sito (nel comune di Pomezia) vanta una continuità di ricerca archeologica ininterrotta, condotta dall’Università di Roma La Sapienza, che ha pure realizzato una cartografia archeologica analitica. La rilevanza delle scoperte che si sono susseguite nel tempo ha conferito notorietà internazionale a questo luogo, tradizionalmente legato allo sbarco di Enea nel Lazio.
Pensiamo soprattutto al ritrovamento dell’Heroon di Enea (un cenotafio commemorativo dell’eroe del IV secolo a.C.) e all’impressionante santuario delle Tredici Are, che poteva essere, secondo un’ipotesi, il santuario federale della lega Latina, i cui altari di tufo, eretti in più momenti tra il VI e il III secolo a.C., potevano essere rappresentativi delle città che entravano a far parte della lega.
All’interesse storico del sito e alla bellezza dei reperti ritrovati si aggiunge il fatto che un’ampia zona verde si è mantenuta fortunosamente intatta, così come il bellissimo borgo di Pratica, cristallizzato nel suo aspetto rinascimentale. Ci si augura che quanto prima venga istituito un parco archeologico, ma intanto ci si può immergere nelle emozionanti proposte del Museo civico archeologico Lavinium, dove sono esposti i manufatti in terracotta rinvenuti nel santuario extraurbano dedicato alla dea Minerva, a partire dalla grande statua fittile della dea definita Tritonia (V secolo a.C.), che accoglie i visitatori all’ingresso.
La mostra “Frammenti di storia dalla Lavinium imperiale”, che si è inaugurata nel museo il 9 novembre e sarà visitabile fino all’8 dicembre 2024, ci fa scoprire che l’antica città latina, il cui nome richiama la moglie di Enea (Lavinia), continua a vivere in età romana, e in particolare in età imperiale. In effetti, i monumenti principali che caratterizzano una città romana, quali il foro e le terme, si sono conservati nella tenuta di Pratica di Mare (Pomezia) della famiglia Borghese, storicamente proprietaria anche del borgo di Pratica, corrispondente all’antica acropoli.
L’esposizione, il cui progetto scientifico è di Federica Colaiacomo, Laura Ebanista, Alessandro Maria Jaia e Francesca Licordari, si articola lungo il percorso museale creando un doppio percorso di visita tra i reperti più antichi, che fanno parte dell’allestimento permanente, e quelli di età imperiale, finora non noti al grande pubblico. Si tratta di pochi ma significativi materiali, per lo più inediti, rinvenuti nell’area del foro di Lavinium e nelle zone limitrofe come Torvaianica e Santa Palomba durante le ultime campagne di scavo. Come ha spiegato la direttrice del museo Federica Colaiacomo, il progetto di allestimento è nato proprio con l’idea di implementare la narrazione del museo, che finora aveva escluso le fasi imperiali e tardo antiche del sito.
Nella prima sala facciamo la conoscenza con il foro di Lavinium, che nella sua ultima e organica fase edilizia è databile all’età antonina (più in generale tra la seconda metà del II e gli inizi del III secolo d.C.), tuttavia le stratigrafie relative ai livellamenti e alle sottopavimentazioni hanno restituito un nucleo di frammenti riferibili a cicli decorativi architettonici in terracotta di laterizio databili all’età augustea. Si tratta di frammenti di lastre di tipo Campana raffiguranti teorie di palmette e fiori di loto contrapposti, fatiche di Ercole ripetute in maniera ossessiva (sono presenti quelle con il leone Nemeo, con il toro di Creta e con l’idra di Lerna), Nikai tauroctone con composizione specchiata e candelabro, maschere di Gorgone sostenute da figure con berretto frigio e altre a tema dionisiaco (con Dioniso, Arianna, satiri vendemmianti).
Il cospicuo numero delle lastre esclude certamente la pertinenza a un solo edificio; si ritiene verosimile connetterle al tempio A, all’edificio B e forse pure ad altre strutture di rilievo del foro. Sono esposti cinque esemplari di queste terrecotte architettoniche che sembrano testimoniare un interesse per Lavinium e i suoi luoghi di culto da parte della cerchia più vicina ad Augusto, sin dagli inizi del suo principato.
Nelle due lastre con Nike tauroctona, la Vittoria alata è raffigurata nell’atto di atterrare e sacrificare un toro con un coltello che brandisce nella mano destra; si tratta di un’iconografia collegata alla propaganda augustea, in quanto il toro cretese catturato e sacrificato, secondo una versione della leggenda, sarebbe stato dedicato ad Apollo, divinità particolarmente venerata dal primo imperatore. In un esemplare risulta ben visibile la dipintura originale bianca per il corpo nudo della Nike e quella dello sfondo reso in blu.
La Lastra con Ercole e l’idra presenta abbondanti tracce di dipintura azzurra sullo sfondo superiore, rossa su quello inferiore e bianca sulle squame dell’idra. L’integrazione superiore della lastra relativa al frammento con il busto dell’eroe è stata realizzata tramite il calco di un frammento della medesima serie, proveniente dal tempio di Sol indiges.
Una lastra raffigura il gorgoneion sorretto da due figure affrontate vestite all’orientale col capo cinto da berretto di tipo frigio. In basso sono raffigurati un calice da cui emerge un cespo d’acanto ed elementi speculari a volute che incorniciano esternamente le due figure laterali.
Di età più antica dovrebbe essere il frammento inferiore di antefissa con figura di Potnia therón (Signora degli animali) di tipo classicistico. In questo tipo la dea alata, vestita di un chitone, è raffigurata in posizione frontale, con ai lati due fiere affrontate, rampanti e in atteggiamento rigido, afferrate dalla dea per la zampa destra anteriore. Questo motivo trova un confronto nella decorazione del quinto periodo del Capitolium di Cosa (colonia romana sul litorale meridionale della Toscana).
In un’altra sala espositiva è esposta una bella testa di Augusto, proveniente da un ambiente di età giulio-claudia, rinvenuto nell’area del foro, che può essere identificato probabilmente come l’Augusteo della città, deputato al culto imperiale, visto che ha restituito i frammenti di diverse sculture di buon livello con ritratti imperiali giulio-claudi, tra cui quelli di Tiberio e di Claudio, entrambi in buono stato di conservazione.
La testa di Augusto ha una frattura che corre al di sotto del naso, ma per il resto la superficie del marmo è ben conservata. Il ritratto è facilmente inquadrabile nel tipo Prima Porta, che prende il nome dalla statua meglio conservata dell’imperatore, rinvenuta nella villa di Livia a Prima Porta e conservata nei Musei Vaticani. L’elemento distintivo che ne permette un immediato riconoscimento si trova nella capigliatura, con il caratteristico motivo a tenaglia nella frangia. I tratti del viso sono più tranquilli e simmetrici rispetto ai precedenti tipi di ritratto: qui la tensione “romantica” di tradizione ellenistica si stempera in uno stile classicista, con una scelta stilistica consapevole contemporanea all’adozione del titolo di Augusto nel 27 a.C. e intonata alla dignità imperiale raggiunta. Il tipo fu utilizzato a lungo anche in ritratti postumi, come è probabilmente questo.
Uno dei reperti più belli che troviamo in mostra è il Sarcofago infantile con eroti che sostengono il clipeo centrale e geni stagionali ai lati; è stato rinvenuto nella villa romana di via Siviglia a Torvaianica, dalla quale provengono anche alcuni frammenti dipinti di intonaco esposti in mostra. Gli eroti con le ali spiegate sostengono con entrambe le mani il clipeo con il ritratto del defunto, al di sotto del quale sono due maschere e le raffigurazioni di Tellus (Terra) e di Oceanus.
In un altro ambiente espositivo sono sistemati alcuni frammenti epigrafici, tra i quali attira il nostro sguardo quello raffigurante le impronte di due piedi (forse un ex voto fatto al ritorno da un viaggio) con dedica a una divinità che potrebbe essere Giunone (si legge IUN) come pure le Iunones. Un altro frammento enigmatico è relativo a un taurobolio, che era tipico del culto di Cibele, una divinità proveniente dall’Anatolia che, pertanto, poteva ben essere presente nella città fondata dal mitico Enea.
Le ultime novità in mostra provengono dagli scavi effettuati sotto la direzione scientifica della Soprintendenza SABAP per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti nei mesi di gennaio e febbraio 2022, durante i lavori di adeguamento di un cavalcavia ferroviario della linea Roma-Formia, presso la stazione di Pomezia-Santa Palomba.
In quell’occasione, come ha spiegato il funzionario archeologo della Soprintendenza Francesca Licordari, sono state riportate alla luce una serie di evidenze archeologiche che appartengono a un contesto finora completamente ignoto, databile tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C. Il sito sembrerebbe essere stato sfruttato in due periodi distinti, prima con una funzione abitativa alla quale è succeduto, dopo l’abbandono e la rasatura, un sepolcreto. La necropoli, solo parzialmente esplorata, ha restituito un totale di 17 sepolture che coprono un periodo di circa due secoli, tra il III e il V secolo d.C.
La maggior parte delle sepolture è del semplice tipo a fossa terragna, a volte adagiate su un letto funebre formato da tegole. Meno frequenti sono la tipologia a cappuccina e quella all’interno dell’urna di terracotta normalmente usate per bambini. Il dato che più colpisce è l’assenza di corredi, a eccezione del rinvenimento di un anello con cristogramma, che testimonia la presenza di almeno un inumato di fede cristiana. Sono in mostra delle tegole, provenienti dalle tombe 3, 14 e 16, che presentano un bollo laterizio perfettamente conservato.
La mostra, molto ben spiegata da pannelli didattici e approfondimenti sui singoli reperti nonché QR code e un sito internet lanciato per l’occasione (https://laviniumimperiale.it/), potrebbe essere l’occasione per visitare un museo, che è ricco di manufatti di altissimo livello degni di un museo nazionale ed è caratterizzato da un mix tra un allestimento tradizionale e l’uso dello storytelling che contribuisce al successo della visita.
Nica FIORI Roma 10 Ottobre 2024
Museo Civico Archeologico Lavinium
Via Pratica di Mare 4, Pomezia (RM)
Per info: museo.lavinium@comune.pomezia.rm.it; tel. +39 06 91984744
Sito internet: https://www.museolavinium.it/