“Caravaggio. Il Ritratto svelato”. Esposto al pubblico per la prima volta il Ritratto di mons. Maffeo Barberini (futuro Urbano VIII)

di Nica FIORI

Non è passato molto tempo da quando a Palazzo Barberini è stata allestita la grande mostra “L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini”, che ha messo in luce l’immagine di monarca assoluto di Urbano VIII (nato Maffeo Barberini, papa dal 1623 al 1644), nel quarto centenario della sua elezione al soglio pontificio.

Ora nella stessa sede un altro evento epocale ci fa finalmente conoscere il Ritratto di monsignor Maffeo Barberini, eseguito da Caravaggio con uno stile pittorico di ineguagliabile potenza realistica, presumibilmente quando il prelato aveva poco più di trent’anni.

1-Caravaggio Ritratto di mons. Maffeo Barberini. Collezione privata

Questo è il dipinto di Caravaggio che tutti volevano vedere da decenni”, ha dichiarato il Direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica Thomas Clement Salomon, curatore del progetto espositivo “Caravaggio. Il ritratto svelato”, insieme a Paola Nicita, che a sua volta ha ribadito che si tratta di “un oggetto del desiderio”. Un desiderio che dura dagli anni ’60 del Novecento e che finalmente si è concretizzato, dando a tutti la possibilità di ammirare il dipinto per tre mesi (dal 23 novembre 2024 al 23 febbraio 2025), nella Sala Paesaggi del Palazzo.

2-Allestimento Caravaggio svelato

Nel corso della presentazione, avvenuta lo scorso 22 novembre nella Sala della Divina Provvidenza, è intervenuto anche il Direttore Generale Musei Massimo Osanna, che ha evidenziato l’eccezionalità del risultato raggiunto: “L’idea sembrava un’impresa impossibile, ma Salomon c’è riuscito e questa sarà una cosa indimenticabile.”

Massimo Osanna, Thomas Clement Salomon e Paola Nicita durante la conferenza stampa

Il ritratto, che appartiene a un privato, non era mai stato esposto prima d’ora e negli ultimi decenni era stato visto in gran segreto solo da alcuni fortunati studiosi. Roberto Longhi nell’articolo “Il vero «Maffeo Barberini» del Caravaggio”, pubblicato nella rivista “Paragone” nel 1963, fu il primo a rendere noto il dipinto come un caposaldo del Caravaggio ritrattista, ma già prima era stato scoperto da Giuliano Briganti, il quale, come risulta dal carteggio tra i due storici dell’arte, offrì a Longhi la possibilità di pubblicare l’opera, subito dopo un significativo restauro (1962-1963).

Anche Federico Zeri accettò l’attribuzione a Caravaggio. Nella fototeca dello studioso, conservata nell’Università di Bologna, una fotografia del dipinto contenuta nel fascicolo intitolato a Caravaggio ha sul retro l’indicazione autografa di Zeri della sua provenienza dal mercante e conoscitore d’arte romano Ettore Sestieri, già curatore della Galleria Barberini.

Con tutta probabilità il quadro era pervenuto sul mercato antiquario nel momento della grande dispersione della collezione, intorno al 1935, quando, per regio decreto, lo Stato italiano concesse alla famiglia Barberini di poter alienare parte dei capolavori di loro proprietà (prima vincolati), che approdarono così nei principali musei del mondo, come pure in collezioni private.

Da quando l’opera è riemersa, è stata riconosciuta in maniera unanime come autografa dalla critica per l’indubbia qualità della composizione, caratterizzata da una serie di particolari tecnici e stilistici che rimandano al Merisi.

Davanti a questo quadro non possiamo che incantarci, attratti in particolare dallo sguardo quasi ipnotico del personaggio raffigurato e dal gesto della sua mano destra che buca lo spazio, rivolto a qualcuno fuori dalla scena (gesto che ricorda un analogo gesto nella Vocazione di San Matteo), mentre l’altra mano, arrotondata, stringe energicamente una lettera. L’idea che trasmette è quella di un uomo di potere, che emerge da un ambiente buio e vuoto in maniera plastica e tutt’altro che statica.

3-Particolare mano destra.
4-Particolare mano sinistra

Come scrisse Longhi nel già citato articolo del 1963:

Il ritratto appare qui, e forse per la prima volta, come esempio di realtà atteggiata. E che altro era da aspettarsi dal Caravaggio? Proprio a chi gli rimproverava di essere privo di ‘attione’ il Caravaggio mostrava qui che persino il ritratto doveva essere azione, rappresentazione, dramma in nuce. […] E così si apriva il ritratto moderno”.

La maggior parte degli studiosi ritiene che questo sia il ritratto commissionato da Maffeo Barberini (nato a Firenze nel 1568) intorno al 1599, dopo la nomina a chierico della Camera Apostolica, incarico che ebbe nel marzo 1598. Fu in quegli anni che Caravaggio cominciò “ad ingagliardire gli scuri”, secondo le parole usate da Giovan Battista Bellori ( “… cominciando già Michele ad ingagliardire gli scuri“), per indicare il momento in cui il pittore iniziò a realizzare dipinti dai potenti contrasti di luce e ombra che caratterizzano la sua cifra stilistica (ricordiamo che il Merisi ebbe l’incarico per la Cappella Contarelli, in San Luigi dei Francesi, nel 1599).

5-Particolare del Ritratto

Secondo altri studiosi, il dipinto sarebbe da posticipare al 1603, quando il prelato venne inviato da Clemente VIII come nunzio pontificio a Parigi, alla corte del re di Francia Enrico IV. Al ritratto sarebbero da riferire in questo caso i quattro pagamenti ricevuti da Caravaggio tra il 1603 e il 1604 per l’esecuzione di un quadro commissionato dal Barberini, quadro del quale non viene specificato il soggetto.

Maffeo si stava avviando in quegli anni a una fortunata carriera ecclesiastica, con un patrimonio materiale dovuto allo zio Francesco, protonotaro apostolico, e una solida formazione umanistica e giuridica (aveva studiato dai gesuiti ed era letterato e poeta, membro dell’Accademia degli Insensati). Egli si era avvicinato anche alle arti e le sue intuizioni lo portarono a investire su un genio emergente, come appunto Caravaggio, al quale commissionò, come riporta il Bellori, oltre al suo ritratto, Il sacrificio di Isacco, datato al 1603 e conservato negli Uffizi di Firenze.

Ancora prima di Bellori, il biografo di Caravaggio Giulio Mancini aveva riportato la notizia che il pittore “fece ritratti per Barbarino”, e lo scritto di Mancini (datato al 1617-1621) è particolarmente attendibile, perché aveva conosciuto sia Caravaggio sia il Barberini (e sarebbe poi diventato medico di Urbano VIII).

Ricordiamo che Maffeo Barberini, diventato cardinale nel 1606, avrebbe favorito col suo mecenatismo anche altri eccelsi artisti, e in particolare Gian Lorenzo Bernini, che nel 1617, all’età di soli 19 anni, realizzò per lui un intenso San Sebastiano (ora nel Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid) in marmo, destinato probabilmente alla grotta sotto la cappella di famiglia in Sant’Andrea della Valle, perché si riteneva che in quel luogo fosse stato ritrovato il cadavere del santo martire, poi trasportato nelle catacombe di San Sebastiano. Lo stesso Bernini avrebbe poi raffigurato più volte il Barberini, una volta diventato papa, e grazie ai ritratti berniniani tuttora presenti nella Galleria, tra cui uno pittorico, possiamo ora confrontare il volto del giovane Maffeo ritratto da Caravaggio con quello più maturo di Urbano VIII.

Quella del ritratto era una produzione non secondaria della pittura del Merisi. Il pittore, secondo le fonti, eseguì molti ritratti di personalità della Curia e di amici e conoscenti, ma si tratta di opere per la quasi totalità perdute o distrutte. Mancini riferisce che Caravaggio faceva ritratti “senza similitudine”, ovvero senza l’obbligo dell’accurata somiglianza fisiognomica, ed era valentissimo. Come viene spiegato dai curatori:

Con questo esercizio pittorico – campo di sperimentazione della pittura naturalistica – si realizzava al meglio la possibilità di dipingere dal vero e superare in vivezza la realtà fisica di uomini e oggetti, catturati in un’unità di visione, azione e sentimento”.

Nel dipinto in mostra, in particolare, Caravaggio crea un ritratto dinamico, parlante, rivelando lo stato d’animo e la personalità del protagonista e allo stesso tempo offre una rappresentazione nuda ed essenziale del potere, priva di retorica. Gli occhi, assai realistici, sono caratterizzati da un leggero strabismo, che accentua la vivezza dell’espressione. Tipica di Caravaggio è la tecnica di usare una pennellata di biacca sull’iride, che fissa il riflesso della luce e dà intensità allo sguardo.

Per quanto riguarda la tecnica esecutiva, i curatori hanno fatto notare come la gamma cromatica sia limitata a pochi colori: bianco di piombo e terre per l’incarnato (senza cinabro), verde di rame per l’abito e lo schienale della poltrona, cinabro per i profili rossi, giallorino per le borchie dello schienale, terre brune per la preparazione, che traspare dagli strati più sottili delle maniche. Le sfumature sono giocate su una sinfonia di verdi, che la luce accende in riflessi e accordi originalissimi.

Nica FIORI  Roma 24 Novembre 2024

“Caravaggio. Il ritratto svelato”

Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane 13, Roma

Orari: dal martedì alla domenica, ore 10-19 (ultima entrata alle 18)

Biglietto Gallerie Nazionali di Arte Antica (Palazzo Barberini e Palazzo Corsini): 15€, ridotto 12€ per i possessori dell’abbonamento annuale Metrebus, ridotto 2€ (dai 18 ai 22 anni), gratuito per i minori di 18 anni e per le categorie previste.

www.barberinicorsini.org