di Vania COLASANTI
Una madre non smette mai di essere madre.
Nemmeno davanti a un destino che è più grande di lei. Resta madre quando la vita del figlio si spegne e lei lo prende in braccio, come quando gli aveva dato la vita, come si fa con un bambino. E quella che è una Pietà, l’atto che dovrebbe essere il più doloroso per la Madonna, Michelangelo lo trasforma in un gesto sublime. “Non è una Pietà: è una Maternità”, così scrive Vittorio Sgarbi nel suo ultimo libro per La nave di Teseo che nel titolo ha tutta la forza del legame più antico del mondo: Natività, Madre e Figlio nell’arte.
Vittorio Sgarbi riesce sempre a stupirci. Ogni volta con i suoi lavori – che siano libri o spettacoli teatrali – ci regala una prospettiva intima dell’arte, un’angolazione diversa che ci fa riflettere, ragionare. Che ci sorprende. Ma soprattutto ci mostra una realtà che ci appartiene, nella quale ci riconosciamo.
E sempre per restare in tema di Pietà e sempre di Michelangelo, ecco l’autore farci entrare nel dolore di una Madonna – la Pietà Bandini – che, riprendendo le sue parole, “pare offrire al figlio l’ultima forza, le ultime energie”.
Un anelito di vita che si fa ancora più disperato nella Pietà Rondanini e che il critico e storico dell’arte descrive in modo toccante:
“La Vergine qui fa qualcosa di sovrumano: avverte che il Figlio sta morendo, e non vuole farlo morire, diventa la sua spina dorsale”.
E prosegue con frasi che è bene non svelare, per non togliere al lettore lo stupore e l’amore di quelle parole.
Ma la Maternità è vita e allora ecco Vittorio Sgarbi mostrarci quelle giovani Madonne con Bambino che hanno tutta l’umanità del rapporto madre-figlio. Un’umanità fatta di gesti familiari: Gesù Bambino che mette le mani intorno al seno nella Madonna del latte di Ambrogio Lorenzetti; che allunga il braccio verso il volto della Vergine nella Maestà di Santa Maria dei Servi di Cimabue; che infila la mano nella veste della Madonna Cowper di Raffaello; o la Madonna Tempi, sempre del Sanzio, che con una mano alza il Bambino portando il viso al suo volto e, come scrive Sgarbi, “pare di sentire la freschezza del loro profumo”. Un accudimento di Madonne nei confronti del Figlio che rende umani soggetti altrimenti divini. Un’umanità fatta di giochi, di tenerezze, di piedini che scalciano. Così come ci fa esplorare opere di epoca ottocentesca e novecentesca che ritraggono soggetti comuni, ma che hanno la dignità dei soggetti sacri, ad esempio la Maternità di Achille Funi e di Gino Severini, la Mamma con il bambino di Pietro Gaudenzi.
Per la copertina Vittorio Sgarbi sceglie la Madonna del parto di Piero della Francesca, con quel grembo così avanti nella gravidanza, sottolineato dal gesto della mano. Un libro che si interroga sul significato di essere madre e che solo la pittura e la scultura hanno saputo raccontare in modo sublime. È un viaggio nella storia dell’arte, riccamente illustrato, con continui rimandi alla letteratura. A partire da Dante che, come sottolinea l’autore, diventa fonte d’ispirazione per la Pietà di Michelangelo nella basilica di San Pietro, scolpendo nel dolce volto della Madonna i lineamenti di una fanciulla più giovane del Figlio, tenuto in braccio come quand’era bambino.
E Vittorio Sgarbi, accademico di San Luca, riporta la preghiera di Bernardo alla Madonna, nell’ultimo canto del Paradiso: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”.
Il critico risponde con il suo saggio a una domanda – cosa significa essere madre nell’arte – che riguarda in egual misura il mistero della vita di ognuno di noi e il dialogo dell’uomo con Dio. Da Giotto al Novecento, passando per Simone Martini, Piero della Francesca, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Rubens, fino alle maternità laiche, contemporanee, rivoluzionarie di Segantini o di Courbet con L’origine del mondo.
Sabato 7 dicembre alle 17.15, alla fiera dell’editoria “Più libri più liberi”, Vittorio Sgarbi presenta Natività, Madre e Figlio nell’arte, edito da La nave di Teseo, presso la Sala Luna, in via Asia 40/44, alla Nuvola.
Vania COLASANTI Roma 3 Dicembre 2024