“La chiamavamo Terra Santa” (dai Diari di Alda Merini), al Teatro Porta Portese (fino all’8 Dicembre)

di Marco FIORAMANTI

Roma, Teatro Porta Portese

“LA CHIAMAVAMO TERRA SANTA (dai diari di Alda Merini)”

Scritto da Alessandro Fea e Stella Novari

Con Stella Novari

fino a domenica 8 dicembre

IL TORMENTO E L’ESTASI

ovvero Io ero fatta di prati verdi

Io ero fatta di prati verdi/di lucciole della notte. /Ma qualche adulto bambino/ha preso in mano il grillo/la lucciola e la cicala/che erano in me. /Alcuni falsi poeti/chiudono i grandi nel pugno/della curiosità/e non sanno che anche nel grillo/vive presente un’anima.

(Alda Merini da Clinica dell’Abbandono) 

 

 

Il lettore deve sapere che la persona che scrive è diversa dalla persona che vive. È una voce fuori campo che apre alle coscienze e fornisce la chiave dell’intera rappresentazione. Il titolo dello spettacolo, basato sui testi, sui diari e sui dattiloscritti originali, prende il nome da una raccolta di versi della poetessa milanese sul suo inquietante calvario, sette anni di internamento ed elettroshock passati in un ospedale psichiatrico contro la sua volontà.

“Ho conosciuto Gerico / ho avuto anch’io la mia Palestina / le mura del manicomio / erano le mura di Gerico / e una pozza di acqua infettata / ci ha battezzati tutti […]”.

 

È l’attrice Stella Novari a interpretare con intensa passione il ruolo di Alda Merini/Terra Santa quasi un patronimico biblico – e ci racconta con grande maestria l’inferno vissuto dall’autrice, un dramma che è riuscita a riscattare volgendolo in poesia fino a conferirgli un’aura di sacralità (Manganelli).

La delusione di un amore in cui ha creduto, il disperato senso di emarginazione nei brevi ritorni in famiglia, hanno contribuito a trascinarla sempre più in un abisso, diagnosticato dai clinici come disturbo bipolare. Magistrali le intuizioni degli autori che hanno saputo sottolineare anche i momenti di “svago” (il salto iniziale “alla campana”), di sogni e di sorrisi, perfino di apparente insensatezza: penso al dialogo tra la formica e la cicala a partire da un suo disegno, o alla rappresentazione della poltrona a dondolo in miniatura.

Fondamentali e di grande impatto emotivo le sonorizzazioni di Alessandro Fea – che cadenzavano i continui cambi scena e le differenti realtà tra il manicomio e l’abitazione. 

“[…] io patisco la luce, nelle ombre / sono regina ma fuori nel mondo / potrei essere morta e tu lo sai / lo smarrimento che mi prende pieno / quando io vedo un albero sicuro.”.

Marco FIORAMANTI  Roma 7 Dicembre 2024