di Nica FIORI
È stato detto più volte che l’Italia è il Paese dell’arte per eccellenza e, indubbiamente, al di là delle esagerazioni correnti che le attribuiscono una quota del 60-70% del patrimonio storico-artistico mondiale (percentuale assolutamente infondata), ci fa piacere credere che il patrimonio d’arte possa essere il nostro fiore all’occhiello, in grado di attrarre nei nostri musei sempre più visitatori.
Perché i beni artistici siano pienamente fruibili, lo Stato deve investire molto per il restauro e la manutenzione degli stessi, ma allo stesso tempo deve far sì che un museo pubblico si arricchisca, quando possibile, di nuove acquisizioni. Si tratta ovviamente di opere individuate come utili e necessarie alle raccolte già esistenti, per colmare lacune nel racconto artistico, che viene così ad acquistare una nuova vitalità.
La grande mostra Acquisizioni. Da Parmigianino a Kentridge, che si è inaugurata a Roma il 17 dicembre 2024 presso l’Istituto centrale per la grafica (Palazzo Poli, in via Poli 54), intende celebrare il 50° anniversario della costituzione dell’Istituto stesso, mostrando al pubblico le opere d’arte recentemente entrate a far parte delle sue collezioni.
Ricordiamo che l’Istituto è nato nel 1975 dalla fusione della Calcografia Nazionale, erede della tradizione pontificia, con il Gabinetto Nazionale delle Stampe: non a caso una delle vie dove si affaccia il complesso architettonico, alle spalle di Fontana di Trevi, si chiama via della Stamperia.
Fino al 23 marzo 2025 sono esposte circa 60 opere rappresentative dei diversi linguaggi del mondo della grafica: disegni, matrici e incisioni, fotografie, video e libri d’artista.
Come spiega Maura Picciau, direttrice dell’Istituto centrale per la grafica:
“La mostra Acquisizioni dimostra come, secondo varie modalità, lo Stato possa incrementare il proprio patrimonio nazionale; uno sforzo grande, anche economico – ci sono opere per oltre 3 milioni di euro – nella convinzione che lo sviluppo di una raccolta costituisca un valore per il museo e per la comunità tutta.”
Le acquisizioni da parte dell’Istituto, tramite il piano acquisti 2021-2024 del Ministero della Cultura, sono state compiute seguendo diverse procedure: acquisti coattivi, che nascono dal fermo all’esportazione all’estero, acquisti a trattativa privata, su proposte di privati o gallerie, e passati al vaglio da apposite commissioni e, inoltre, acquisti di opere contemporanee a seguito di bandi pubblici del ministero, o con committenza diretta agli artisti.
La modalità di acquisizione è sempre specificata nelle accurate didascalie delle opere in mostra. L’allestimento, sobrio ed elegante, è caratterizzato dalla presenza di alcune frasi d’autore alle pareti, oltre ai consueti pannelli esplicativi.
Al centro della prima sala espositiva è stato collocato il pezzo più antico, un prezioso foglio di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino, acquistato a un prezzo quasi irrisorio dopo un fermo all’esportazione. Caratterizzato da un tratto rapido e “macchiato”, il disegno della Dormizione e Assunzione della Vergine, eseguito sul recto a penna, pennello e inchiostro, è databile agli anni del soggiorno romano dell’artista (1526-27), così come la Madonna in gloria con il bambino, abbozzata sul verso. L’acquisizione è particolarmente significativa perché il disegno sul recto è stato riprodotto nel 1802 da Francesco Rosaspina, che ne realizzò un’incisione, la cui lastra è già nelle collezioni dell’Istituto.
Sulla parete di ingresso la Veduta del Tempio di Vesta a Tivoli (1720 ca.), del celebre vedutista olandese (naturalizzato italiano) Gaspar van Wittel (1720 ca.), è un disegno preparatorio per due dipinti (uno conservato a Parigi nell’Institut Néerlandais e l’altro a Roma nella Collezione Colonna) e documenta un punto di ripresa oggi scomparso: quello del ponte di San Martino, che univa le due sponde del precipizio dove si gettava un tempo l’Aniene.
Alla sua destra è esposta una Veduta di Roma del 1780, realizzata a grafite e acquerello su carta da Giovanni Battista Lusieri, un pittore nato a Roma nel 1755, notissimo ai suoi tempi a Napoli, dove si era trasferito nel 1781, e soprattutto tra gli inglesi, tanto che nel 1799 fu mandato in Grecia da Lord Elgin e contribuì all’acquisizione di frammenti del Partenone. Il disegno, che riproduce l’ansa del Tevere presso Ripetta, con i Prati di Castello, San Pietro e Castel Sant’Angelo, appartiene alla fase giovanile dell’artista ed è l’unico presente in una collezione pubblica italiana.
Allo scultore e architetto milanese Carlo Simonetta è attribuito il taccuino del 1667 ca., che è la testimonianza di un suo viaggio a Roma, della quale ha raffigurato un repertorio di architetture, decorazioni, apparati effimeri, arredi, tutti corredati da commenti e annotazioni. Nelle immagini esposte si riconosce in quella di destra il camino borrominiano della sala ovale nell’Oratorio dei Filippini.
Altre immagini di Roma, e soprattutto della sua Campagna, sono presenti nell’album di Angelo Uggeri, dedicato alle antichità presenti lungo le antiche Vie Consolari. Il volume reca lo stemma di papa Gregorio XVI, sotto il cui pontificato fu costruito nel 1835-37 il Palazzo della Calcografia.
Sono invece a tema sacro due album di Vincenzo Camuccini (uno aperto sull’immagine di Cristo e la Samaritana al pozzo), che costituiscono un insieme di idee compositive per un Vangelo illustrato di commissione pontificia (1830 ca.). La loro acquisizione è legata al fatto che le litografie della raccolta, di cui questi fogli sono il modello, sono conservati nella loro quasi totalità presso l’Istituto.
Rientra tra i libri d’autore l’esemplare delle Illustrations of the Book of Job (1826), con le bibliche bestie Beemot e Leviatano, di William Blake, uno dei più grandi artisti inglesi che ancora non era documentato nell’Istituto: si tratta della prima edizione della celebre raccolta composta da 21 incisioni originali ed è appartenuta al pittore.
Pure ottocentesche sono due acqueforti del 1880 con suggestive vedute di Venezia dello statunitense James McNeill Whistler, che era stato mandato nella città lagunare dalla Società di Belle Arti di Londra per realizzare una ventina di incisioni, all’insegna del recupero dell’acquaforte rembrandtiana; l’artista si trattenne nella città non tre mesi, come inizialmente concepito, ma più di un anno, lavorando instancabilmente a un centinaio di incisioni, dipinti e pastelli.
Proseguendo nel percorso espositivo incontriamo altri nomi eccellenti, tra cui Giovanni Fattori, che contribuì alla rinascita della tradizione incisoria in Italia negli ultimi decenni dell’Ottocento. Sono in mostra alcune sue acqueforti su zinco, tecnica a cui si dedicò l’artista in età matura e da autodidatta con esiti altissimi: Le cascine del 1885-88, in cui l’artista ritocca a mano la prova di stampa, e I guardiani di porci, acquaforte della quale si possono confrontare due esemplari, non uguali nella resa della luce, perché la seconda versione appare schiarita rispetto alla prima.
Per la prima volta entra nelle collezioni dell’Istituto Umberto Boccioni con Uomo seduto, una piccola incisione del 1907, della fase prefuturista, mai esposta prima d’ora. Si tratta dell’unico esemplare noto in assoluto di una delle prime acqueforti della breve attività incisoria di Boccioni, realizzato tra il 1907 e il 1910, che riprende nella postura e nel gesto delle mani unite sul grembo una tela eseguita nell’aprile del 1906 con una Figura femminile seduta, oggi in collezione privata.
Su un’altra parete sono di grande fascino sei disegni del 1890 di Giulio Aristide Sartorio, che si collocano nel solco delle esperienze da illustratore dell’artista che, in seguito all’incontro con Gabriele D’Annunzio, si orientò verso una pittura liberty di derivazione letteraria. Le illustrazioni esposte (montate insieme) fanno parte di una raccolta di 32 disegni originali a tempera su carta, realizzati per Le feste romane di Ruggero Bonghi (Milano, Hoepli, 1891). Tra le scene notiamo in particolare quella in alto a sinistra relativa ai Floralia (la festa dedicata alla dea Flora che si teneva a maggio) e quella in alto a destra raffigurante i Lupercalia, gli antichi riti purificatori di febbraio con i nudi Luperci che, correndo sul Palatino, colpivano con delle fruste le giovani donne romane per favorire simbolicamente la loro fertilità.
Sulla stessa parete ci colpisce un bozzetto a tempera e acquerello su carta raffigurante l’Allegoria dell’aviere caduto (con riferimento alla guerra d’Africa del 1935-36), realizzato da Duilio Cambellotti per il pannello nella sala riunioni della Casa del Mutilato a Siracusa nel 1936 ca.
Dello stesso Cambellotti è il Gruppo di Danaidi degli anni ’30 – ’40 del Novecento (grafite e acquerello bruno su carta bruno chiaro), che ci incanta per la raffigurazione del mito greco delle figlie di Danao. Parliamo di giovani donne che, per aver assassinato i propri mariti la prima notte di nozze, furono punite da Zeus nel Tartaro, dove dovevano incessantemente riempire d’acqua una gran botte che aveva il fondo bucato.
Degli stessi anni fanno parte due acquisizioni di ambito mitteleuropeo: un prezioso disegno a matita e tempera acquerellata di Egon Schiele, Nudo maschile seduto del 1910, unico disegno dell’artista presente nelle collezioni museali italiane, e un disegno a matita di Gustav Klimt, Mäda Primavesi, in piedi, con il cappotto, del 1912-13, bozzetto per l’omonimo ritratto a olio attualmente conservato al Metropolitan Museum di New York, e prima opera dell’artista ad entrare nelle collezioni dell’Istituto.
Del celebre scultore Arturo Martini è La Beghina del 1913, realizzata con la tecnica cheramografica, una stampa la cui matrice è una sfoglia di argilla incisa, mentre è di Alberto Martini, precursore del movimento surrealista, La carne e lo spirito, un emblematico inchiostro di china su carta del 1928.
Quasi inedite (ad eccezione di una piccola esposizione in galleria) sono otto lastre a puntasecca di Mario Sironi, realizzate con una tecnica leggera e veloce, utilizzando lo zinco come supporto e un tratto fine, lontano dal segno che caratterizzerà la sua produzione successiva.
Le lastre sono state realizzate da Sironi nel 1917, in licenza dalla guerra, durante un’estate in cui era ospite nella villa di campagna dei Sarfatti: nei ritratti si riconoscono, tra gli altri, Cesare e Margherita Sarfatti, la poetessa Ada Negri e lo scrittore Massimo Bontempelli.
Proseguendo nel settore dedicato al Novecento notiamo, tra le altre opere, il Ritratto di Sante Monachesi, realizzato nel 1942 dal pittore futurista Alberto Peschi (tempera, grafite e pastello su carta), un’installazione del 1950 di Fabrizio Clerici intitolata Il naufragio dei pulcinelli, composta da 17 disegni a tempera su carta e un corpus di matrici e positivi degli anni ’60 ’70 e ’80 provenienti dalla storica stamperia romana 2RC Stamperia d’Arte, fondata nel 1959 da Valter ed Eleonora Rossi e Franco Cioppi, che per primi proposero le tecniche incisorie ai più grandi artisti a loro contemporanei. Spicca, in particolare, Cretto C di Alberto Burri, del 1971, la cui grande matrice in bronzo (accostata al positivo) misura oltre un metro nel suo lato lungo.
Tra le nuove acquisizioni si segnalano anche le acqueforti con i Cieli di Piranesi di Ninì Santoro (1976-78), due opere di Tomaso Binga, Testamento e Dattilocodice, un ciclo di lavori che si colloca tra il 1978 e il 1982, caratterizzati da un utilizzo straniante della macchina per scrivere attraverso la sovrapposizione di segni e caratteri dattilografati in rosso o in nero e ancora due opere di grande formato di Giuseppe Penone della serie Pelle di grafite del 2007 e 2009, carte intelate su cui l’artista ha disegnato a grafite l’impronta ingrandita di un punto della propria pelle.
Vi sono poi alcune opere recentissime, come Antropocene Roma (Pantheon) del romano Pietro Ruffo (2023, inchiostro e tagli su carta intelata e stampata), la cui acquisizione è in corso di formalizzazione.
Un’intera parete colorata di rosso accoglie il lungo bozzetto su carta di Triumphs & Laments Frieze II (2006) dell’artista sudafricano William Kentridge, acquistato direttamente dall’autore: misura oltre 11 metri di lunghezza ed è stato realizzato per l’omonima opera site specific sui muraglioni del Tevere: un murale di 550 metri dove ottanta figure, alte 10 metri, raccontano tutta la storia della città eterna. L’opera è introdotta da un passo in latino del Proemio dell’Eneide di Virgilio e da una frase del Belli che recita: «Ch’edè sta furia? Adacio Biacio: Roma mica se fabbicò tutt’in un botto».
L’ispirazione al fregio della Colonna Traiana è evidente (vi compare anche la Vittoria alata intenta a scrivere su uno scudo), ma non c’è scansione cronologica e appare piuttosto come una rilettura di episodi storici o di cronaca in chiave emotiva, evidenziando il contrasto tra splendore e miseria, trionfi e disfatte.
La mostra prosegue con alcune acquisizioni dedicate ai libri d’artista (tra cui Classifying the Thousand Longest Rivers in the World, noto con l’abbreviazione in Mille fiumi, realizzato nel 1977 da Alighiero Boetti con la moglie Anne Marie Sauzeau) e soprattutto alla fotografia, a partire dai ritratti in bianco e nero della celebre fotografa ungherese Ghitta Carell, che vanno dagli anni ‘20 agli anni ‘60 del Novecento, e sei stampe fotografiche di Bruno Miniati con ritratti e vedute della città di Livorno del 1933, sistemati al piano terreno.
Alcune delle fotografie più recenti provengono dal progetto Altri sguardi, collana editoriale di Corraini edizioni, realizzata dalla Direzione generale Musei e curata da Maura Picciau.
Si tratta di un percorso fotografico inedito alla scoperta di alcuni istituti museali, raccontati attraverso lo sguardo di grandi fotografi italiani, tra cui Olivo Barbieri (Parco Archeologico di Venosa, 2022), Antonio Biasiucci (Museo delle Civiltà, 2022), Silvia Camporesi (Cappella espiatoria di Monza, 2022), Luca Capuano (Museo di San Marco di Firenze, 2022), Mario Cresci (Parco Archeologico Scolacium, 2023), Paola de Pietri (Compendio garibaldino di Caprera, 2022), Simona Ghizzoni (Museo Nazionale Orientale di Venezia, 2023) e Armin Linke (Certosa di San Martino, 2023).
Chiude l’esposizione una grande installazione di Marta Roberti, ispirata alla Commedia dantesca e intitolata Bestiario dell’altro mondo (2020-21): è costituita da otto tavole con disegni retroilluminati e una videoanimazione.
Nica FIORI Roma 22 Dicembre 2024
“Acquisizioni. Da Parmigianino a Kentridge”
Istituto centrale per la grafica – Palazzo Poli. Via Poli, 54 – Roma
Orario: da martedì a domenica, ore 10 – 19 (ultimo ingresso 18.30)
Ingresso libero
Non è possibile accedere all’Istituto con bagagli, zaini e borse di grandi dimensioni. Non sono disponibili armadietti o guardaroba.