Arriva la conferma stilistica e documentaria per il “Dio Padre” del Cavalier d’Arpino: dal ritratto di Sisto I ad Alatri al ‘Dio Padre’ per la Basilica Vaticana e al mosaico in San Giovanni in Laterano.

di Francesco PETRUCCI

Il Cavalier d’Arpino: il ritratto di Sisto I ad Alatri e un ‘Dio Padre’ per la Basilica Vaticana

Il 25 gennaio 2025 è stato presentato presso Palazzo Boncompagni ad Arpino il volume a cura di Mario Ritarossi Il San Sisto del Cavalier D’Arpino, l’affresco restaurato (Gottifredo edizioni, Alatri 2024), che finalmente ha dato degno risalto ad un capolavoro giovanile di Giuseppe Cesari conservato presso l’Episcopio di Alatri, recentemente riemerso dall’anonimato (fig. 1).

1. Giuseppe Cesari, “il Cavalier d’Arpino”, Ritratto di San Sisto I (1585 ca.), affresco. Alatri, Sala grande dell’Episcopio

Il restauro del dipinto murario, sostenuto dalla Fondazione Terzo Pilastro su impulso dell’associazione Gottifredo presieduta da Tarcisio Tarquini, era stato presentato nel giardino nell’Episcopio di Alatri, in piena pandemia, l’11 luglio 2020.

Il sottoscritto fu coinvolto da Ritarossi, fine critico d’arte e promotore dell’iniziativa, per un parere sulla fondatezza dell’attribuzione al maestro arpinate che era stata avanzata nel 1884 dall’erudito Luigi de Persiis (Alatri 1835 – Assisi 1904).[1]

Partecipai così alla conferenza con una relazione generale sul pittore, argomentando anche l’attribuzione (Cfr. https://www.aboutartonline.com/il-cavalier-darpino-e-il-san-sisto-di-alatri-importante-evento-sabato-11-luglio-ore-21/ ). Naturalmente l’evidenza stilistica dopo il restauro non ha potuto che confermare il riferimento al grande artista, collocando l’esecuzione dell’affresco a ridosso del ritrovamento del corpo del santo pontefice, patrono di Alatri, avvenuto nella primavera del 1584 su iniziativa di Ignazio Danti, famoso cosmografo e scienziato, all’epoca vescovo della cittadina ciociara.

Peraltro era stato proprio Danti a scoprire il talentuoso giovane presentandolo a papa Gregorio XIII, il cui figlio Jacopo Boncompagni era duca di Sora e d’Arpino.

In occasione della presentazione del libro ad Arpino è stata letta da Massimo Struffi, presidente dell’associazione arpinate Il Libro di Pietra organizzatrice dell’evento, una lettera di Herwarth Röttgen, massimo specialista sul pittore, che ha confermato con entusiasmo l’attribuzione.

Si rimanda al libro per l’analisi stilistica dell’opera e la sua collocazione attorno al 1585, testimonianza preziosa della

“grandezza del suo autore, che dovette essere, tenendo fede alle fonti tra loro indipendenti ma perfettamente concordi (van Mander 1604; Mancini 1621; Baglione 1642), un vero enfant prodige, come lo sarà Bernini e alcuni noti talenti del mondo dell’arte moderna e contemporanea”.[2]

Il ritratto, geniale nell’invenzione e magistrale nell’esecuzione, presenta spunti compositivi che anticipano Bernini, come i due angeli contrapposti che tengono la cornice, di fronte e di spalle, precorrendo un motivo che sarà tipico del principe del Barocco, o la revisione del ritratto clipeato di profilo, di tradizione classica e rinascimentale, con la figura volta a tre quarti lateralmente, che formalmente anticipa la “maniera grande” dei busti della maturità (Francesco I d’Este, Luigi XIV).

Motivi formali che fanno riflettere su un ulteriore capo d’opera del Cavalier d’Arpino, recentemente presentato senza approfondimenti da Vittorio Sgarbi nel volume Scritti in onore di Alessandro Zuccari. Contributi inediti, a cura di Pietro di Loreto (2024), la cui immagine è stampata anche sul retro della copertina (fig. 2).[3]

2. Giuseppe Cesari, “il Cavalier d’Arpino”, Dio Padre (1603-1605). Roma, collezione Forti Bernini

Si tratta di un potentissimo Dio Padre che squarcia la tela, proiettato con gesto imperioso in avanti, la testa volta in basso, in un dinamismo dirompente. Il manto blu lapislazzulo è sollevato in un turbine, la barba bianca e la folta capigliatura sono mosse da una folata di vento tempestoso, le braccia si spalancano a dividere la luce dalle tenebre, come un’aquila che plana o un’atletica statua greca.

Tutto è movimento e spazialità tridimensionale, in premessa alle sculture barocche di Francesco Mochi e Giovan Lorenzo Bernini (olio su tela, cm. 65x 50, Roma, collezione Forti Bernini).

Tuttavia nessuno mi sembra si sia accorto che il dipinto è una memoria o un modello del grande mosaico che domina il lanternino della cupola michelangiolesca della Basilica Vaticana, ove l’Eterno sovrasta schiere angeliche, apostoli, patriarchi e vescovi, compresi Cristo e la Madonna (figg. 3, 4).[4]

3. Giuseppe Cesari, “il Cavalier d’Arpino”, Dio Padre (1603 ca.), mosaico. Roma, Basilica Vaticana, lanternino della cupola (da La Basilica di San Pietro in Vaticano, 2000)
4. Giuseppe Cesari, “il Cavalier d’Arpino”, Decorazione lanternino della cupola. Roma, Basilica Vaticana (da La Basilica di San Pietro in Vaticano, 2000)

Una grandiosa impresa eseguita tra il 1603 e il 1612 su progetto e disegni del Cavalier d’Arpino, che dovette adattarsi ai costoloni e all’impianto architettonico fissato da Giacomo della Porta, senza poter sviluppare una composizione libera. Moltissimi i collaboratori e mosaicisti, tra cui Cesare e Paolo Rossetti, Rosato Parasole e persino Orazio Gentileschi.

Il Dio Padre, per il quale il Cesari fornì un perduto cartone, fu eseguito a mosaico da Ranuccio Semprevivo e collaboratori ricevendo pagamenti tra l’agosto del 1603 e il marzo del 1604. È noto un disegno di studio, relativo tuttavia ad una fase preliminare, passato da Christie’s a Londra il 2 luglio 1996, lotto 104 (fig. 5).[5]

5. Giuseppe Cesari, “il Cavalier d’Arpino”, Dio Padre (1603 ca.). Già Londra., Christie’s, 2 luglio 1996, lotto 104

Come noto dei 65 “cartoni” a grandezza naturale predisposti dal Cavaliere, per quanto riguarda gli angeli otto si trovano a Palazzo Chigi in Ariccia, due a Palazzo Colonna e uno nei depositi della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.[6]

Simile al Dio Padre vaticano è il mosaico sul lanternino della cappella Santori in San Giovanni in Laterano (Fig. 6), realizzato sempre su disegno del Cesari, databile come quello attorno al 1603 circa.[7]

6 Cavalier d’Arpino, Dio Padre (1603-4). San Giovanni in Laterano, Cappella Santori

Ma che provenienza ha il dipinto recentemente confluito nella collezione Forti Bernini?

Se andiamo a cercare tra le opere perdute del Cesari, troviamo che un Dio Padre era documentato nel 1650 da Giacomo Manilli come sovrapporta a Villa Borghese:

“Nel Camerino che segue, pieno tutto di quadri piccoli, la Madonnina vicino al Letto, alla quale un’Angelo presenta una tazza di frutti, è di Guido Reni. Sopra la Porta, il Dio Padre è del Cavaliere Giuseppe […]”,

registrato anche dalla bibliografia successiva. Il fatto che si trattasse di un quadro di dimensioni ridotte, lo avvicinerebbe all’opera in esame.[8]

Osserviamo che un

“Dio Padre et una figura a sedere che regge un mappamondo con Paese et Animali” 

era registrato nell’inventario del 1693 di Giovan Battista Borghese, ma si trattava chiaramente di un altro quadro.[9]

Un “Dio Padre” era nel 1634 nella collezione di Giovan Battista d’Aste, mentre un altro nel 1647 figurava in quella di Giuseppe Pignatelli, ma non conosciamo le misure.

“Un quadro sopra tela, di palmi 6 x 3,11, esprimente il Padre Eterno, del Cav. D’Arpino”,

era registrato nell’inventario ereditario del 1853 di Fulco Giordano Ruffo 8° principe di Scilla a Napoli, ma più grande.[10]

Credo che il dipinto in esame, per la superba qualità e il rapporto palmare con il mosaico della cupola vaticana, potrebbe essere un dono del Cesari al papa sotto il cui pontificato fu completata la decorazione, cioè Paolo V Borghese, che subentrò dal maggio 1605 al suo predecessore, Clemente VIII Aldobrandini, iniziatore dell’impresa.

La presenza di una tela di tale soggetto nella collezione Borghese ne sarebbe una dimostrazione. Ma è argomento da verificare alla luce di ulteriori e più approfondite indagini documentarie. Comunque, cautelativamente, che si tratti di un modellino preparatorio per il cartone o di una sua “memoria”, la datazione del dipinto Forti Bernini potrebbe oscillare tra il 1603 e il 1605.

Francesco PETRUCCI Ariccia (Roma) 9 Febbraio 2025

NOTE

[1] L. de Persiis, Del pontificato di San Sisto I Papa e Martire, dalla traslazione delle sue reliquie da Roma in Alatri e del culto che vi ricevettero dal secolo XII sino a’ nostri giorni, Alatri 1884, p. 361.
[2] F. Petrucci, Una chiara dimostrazione del genio precoce dell’artista, in Il San Sisto del Cavalier D’Arpino, l’affresco restaurato, Gottifredo edizioni, Alatri 2024, pp. 15-22.
[3] V. Sgarbi, Il Cavalier d’Arpino, pittore grande nei piccoli formati (H. Voss), in Scritti in onore di Alessandro Zuccari. Contributi inediti, a cura di Pietro di Loreto, “I quaderni di aboutArtonline”, etgraphiae, Foligno 2024, pp. 495-499, in part. p. 495, fig. 1.
[4] H. Röttgen, Il Cavalier D’Arpino, catalogo della mostra, Roma 1973, pp. 119-122; La Basilica di San Pietro in Vaticano, a cura di A. Pinelli, Modena 2000, Testi/schede, pp. 798-799, II, pp. 994-1015; H. Röttgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari D’Arpino, Roma 2002, pp. 353-364, n. 115.
[5] Sul Dio Padre vaticano cfr. H. Röttgen, 2002, pp. 353, 354, 356, fig. 115.1. Sul disegno cfr. H. Röttgen, 2002, p. 354, n. 115a; M. S. Bolzoni, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino, Maestro del disegno. Catalogo ragionato dell’opera grafica, Roma 2013, p. 345, n. 224.
[6] Sui “cartoni” di Ariccia cfr. F. Petrucci, Otto modelli del “Cavalier d’Arpino” per i mosaici della Cupola di San Pietro, in “Castelli Romani”, anno XLI (IX n.s.), n. 2, 2001, pp. 35-41.
[7] H. Röttgen, 2002, p. 365, n. 116.
[8] Vedi I. Manilli, Villa Borghese, Fuori di Porta Pinciana, Roma 1650, p. 111; H. Röttgen, 2002, p. 503.
[9] Getty Provenance Index, web-site.
[10] Getty Provenance Index, web-site. R. de Torrequadra, La quadreria del principe di Scilla, in “Napoli nobilissima”, vol. VIII, fasc. VII, 1898, pp. 107-110, in part. p. 109.