“Il Surrealismo sono io!” Dalì tra arte e mito. Al Museo Storico della Fanteria (fino al 27 Luglio)

di Irene CINELLI

Dal 25 gennaio al 27 luglio il Museo Storico della Fanteria ospita la mostra  “Salvador Dalí, tra arte e mito” curata da Vincenzo Sanfo.

 

 

L’esposizione offre un’immersione profonda nell’universo di Dalí, un surrealista sui generis, espulso dal gruppo per essersi rifiutato di aderire alla politica lasciando che l’arte fosse libera di esprimersi, senza doversi piegare a ideologie precise. Celebre la frase con cui dimostrava la sua indifferenza nei confronti dell’esclusione dal gruppo: “Il Surrealismo sono io”. In effetti l’artista, eccentrico nel modo di vestire, di acconciarsi – i suoi baffi arricciati alle punte sono diventati il suo segno distintivo – ha come trasfuso l’arte nella vita e viceversa, identificandosi nel suo personaggio.

In mostra sono presenti oltre 80 opere tra disegni, arazzi, sculture, ceramiche, litografie, incisioni, documenti e fotografie, provenienti da collezioni private del Belgio e dell’Italia, divise in  sezioni tematiche che esplorano le molteplici sfaccettature dell’arte di Dalí.

Donna con cassetti

Sorprendono le affascinanti e oniriche litografie di Garcia Lorca, che influirono notevolmente sull’immaginario dell’artista, legato al poeta  da un profondo legame d’amicizia, come testimoniano alcune fotografie che li ritraggono insieme.

Fulcro della mostra  sono gli acquarelli che illustrano l’opera letteraria più visionaria di tutti i tempi, la Divina Commedia di Dante. Dalì riceve nel 1950 dal Governo italiano, che desidera commemorare il settecentesimo anniversario della nascita del Sommo Poeta,  l’incarico di illustrare i cento canti della Divina Commedia. Gli acquarelli vengono pubblicati a cura dell’Istituto Poligrafico dello Stato ed esposti in occasione della prima retrospettiva dell’artista in Italia. La scelta di un pittore straniero diede luogo ad accese polemiche.

I barattieri
In groppa a Gerione

Dopo quattro anni, come prevedevano gli accordi, Dalì rientrò in possesso dei suoi acquerelli che furono ripubblicati in Francia nel 1959 e in Italia nel 1963.

L’Angelo nocchiero

Le raffigurazioni  dell’Inferno risultano  grottesche e dissacranti, venate di una sottile ironia che evidenzia le caratteristiche “bestiali” dei personaggi. Quelle del Paradiso invece sono dominate dai colori delicati e dalle linee sinuose che generano un  senso di pace.

Lo stile dell’artista risente dei grandi del passato, viene citato Giotto, Michelangelo, ma anche le atmosfere sospese di De Chirico, le linee di Matisse, l’espressionismo di Munch.

In mostra anche l’arazzo intitolato  El Gran Masturbador, che incarna perfettamente la fusione tra sogno, psicanalisi  e realtà tipica del linguaggio daliniano e la scultura dell’Elefante con l’obelisco che, prendendo spunto da quello berniniano, eseguito materialmente da Ercole Ferrata, in piazza della Minerva  a Roma, mette in rilievo l’assurdità delle zampe sottili, tipiche degli insetti da cui il pittore catalano era ossessionato, che sorreggono il peso del pachiderma e quello dell’obelisco, simbolo della sapienza orientale.

El Gran Masturbator, Madrid, Museo Reina Sofia

Dalì fu anche un designer come testimoniano le bottiglie di Rosso Antico, la confezione con la margherita delle celeberrime Chupa Chups, ed i packaging di profumi famosi. Non si dimentichi che l’artista collaborò con Elsa Schiaparelli, la stilista più rivoluzionaria e ribelle del Novecento italiano, con cui inventò l’abito aragosta, il cappello-scarpa, indossato anche da Gala moglie e musa del pittore, nonché le boccette di profumo, presenti in mostra, con le labbra della famosa  Mae West.

L’esposizione romana  indaga attraverso opere meno note, in quanto provenienti da collezioni private, l’inconscio della personalità che ha inventato il metodo paranoico-critico, riuscendo a materializzare sulla tela o su altro supporto gli incubi, le emozioni, i deliri interiori. In mostra alcune foto che ritraggono Dalì insieme ad una sua altra musa, Amanda Lear.

L’ultima sezione si conclude con le opere di altri colleghi come Max Ernst, Chagall, Mirò, ma anche i meno noti, ma ugualmente interessanti Stanislao Lepri, Michel Henricot, tutti impegnati nel proporre  un viaggio nell’interiorità, nella pieghe più nascoste dell’anima.

Irene CINELLI  Roma  16 Febbraio 2025

Museo Storico della Fanteria – Piazza di S. Croce in Gerusalemme, 9

Lunedì-venerdì, ore 9.30 – 19.30

Sabato e domenica, ore 9.30 – 20.30