I Farnese nella Roma del Cinquecento. 140 capolavori testimoniano gli splendori di una straordinaria Collezione in una mostra da non perdere (Musei Capitolini, Villa Caffarelli, fino al 18 Maggio).

di Nica FIORI

Locandina dela mostra

I Farnese nella Roma del Cinquecento. Un’imperdibile mostra a Villa Caffarelli tra capolavori della statuaria antica, dipinti di grandi artisti e preziosi oggetti che rievocano gli splendori della Collezione Farnese.

Probabilmente il nome dei Farnese può essere fatto risalire a uno dei loro antichi feudi, un territorio della Tuscia conosciuto con il toponimo di Castrum Farneti (forse in riferimento alle farnie, che abbondavano in quell’area), ma secondo lo “studioso” domenicano Annio da Viterbo (1437-1502) essi discendevano dal dio egizio Osiride ed erano venuti in Italia dall’Oriente in compagnia del principe Tirreno per stabilirsi insieme a lui a Viterbo.

Questa leggendaria associazione con Osiride ai nostri giorni può far sorridere, ma per il giovane protonotaro apostolico Alessandro Farnese, che nel 1534 sarebbe diventato papa con il nome di Paolo III, era un motivo di orgoglio, come risulta da una sua lettera a Lorenzo Pucci, suo collega in curia, scritta intorno al 1491.

Jacopino del Conte, Ritratto di Papa Paolo III Farnese, Palais Fesch Musèe Beaux-Arts, Ajaccio

Del resto all’epoca i riferimenti alle divinità della Valle del Nilo non erano poi così rari, visto che Alessandro VI Borgia (1492-1503), il papa che favorì la carriera ecclesiastica di Alessandro Farnese – in quanto fratello della sua amante Giulia Farnese -, assimilava il toro araldico dei Borgia al dio Api degli Egizi.

All’intraprendente Paolo III, nato a Canino nel 1468, si deve la grande fortuna dei Farnese in epoca rinascimentale e molte delle trasformazioni urbanistiche dell’Urbe, pensate in previsione dell’anno santo 1550, anche se il pontefice non fece in tempo a celebrare quel Giubileo, perché morì poco prima, il 10 novembre 1549.

La mostra “I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione”, ospitata a Villa Caffarelli (Musei Capitolini) dall’11 febbraio al 18 maggio 2025, racconta il momento di massimo splendore del casato e della celebre Collezione Farnese, iniziata dal cardinale Alessandro Farnese, prima di diventare papa, e portata avanti dai suoi nipoti diretti (figli del figlio naturale Pier Luigi), soprattutto il cosiddetto “Gran Cardinale” Alessandro (1520-1589), e poi Ottavio (1524-1586), che sposò Madama Margherita d’Austria e divenne alla morte del padre, nel 1547, duca di Castro, di Parma e Piacenza, e Ranuccio (1530-1565), noto come il “Cardinalino di Sant’Angelo”. Un altro Farnese importante come mecenate e collezionista è Odoardo (1573-1626), pronipote del Gran Cardinale e cardinale egli stesso.

I Farnese, sensibili al fascino dell’antico e allo stesso tempo dell’arte a loro contemporanea, avevano arricchito la loro sontuosa dimora in Campo de’ Fiori con una quantità incredibile di statue, iscrizioni, gemme e monete, e con le tele di grandissimi artisti. Per la scelta delle opere si avvalsero della collaborazione di alcuni intellettuali, in particolare Fulvio Orsini, erudito umanista, iconografo e antiquario, che fu nominato bibliotecario da Ranuccio nel 1553 e in seguito conservatore della Collezione Farnese.

2 Allestimento della mostra, ph.Monkeys Video Lab

Quella che viene proposta a Roma è un’esposizione di grande valore artistico e storico, con ben 140 capolavori tra straordinari marmi, bronzi, dipinti, disegni, manoscritti e oggetti preziosi appartenenti alla più prestigiosa collezione della Roma cinquecentesca, che, nelle intenzioni del Gran Cardinale Alessandro, doveva restare nel Palazzo di Campo de’ Fiori e rimanere inalienabile, come risulta dal suo testamento esposto in mostra. In realtà, gran parte di essa, già nel secolo successivo, lascerà per sempre la sua originaria dimora, quando il duca di Parma, Piacenza e Castro Ranuccio II Farnese, a seguito della disfatta di Castro del 1649, abbandonò Roma per trasferirsi con la sua corte a Parma. Quando poi i Farnese si estinsero nel 1731, i loro beni passarono ai Borbone.

Ed è questo il motivo per cui molte delle opere esposte a villa Caffarelli provengono da Napoli (dal Museo Archeologico Nazionale, dal Museo e Real Bosco di Capodimonte e dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III), dove furono portate nel 1734 da re Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e ultimo erede dei Farnese per parte di madre.

La mostra, a cura di Claudio Parisi Presicce e Chiara Rabbi Bernard, è promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con Civita Mostre e Musei. L’esposizione costituisce uno degli eventi di punta dell’anno giubilare e fa parte dell’intervento “#Amanotesa” (PNRR CAPUT MUNDI), finalizzato a favorire l’inclusione sociale attraverso l’offerta culturale.

3 Ludovico del Duca, Il monumento equestre diMarco Aurelio,Museo Nazionale del Bargello, Firenze

Il sovrintendente Claudio Parisi Presicce ha messo in evidenza il legame con l’attuale Giubileo, per via della rinascita della città, dopo il terribile sacco del 1527, attuata da Paolo III in previsione del Giubileo del 1550. Sono molteplici i luoghi a lui legati, dove tuttora si ammirano i gigli araldici dei Farnese o il simbolico unicorno, ma in particolare viene ricordata nella prima sala espositiva, attraverso una serie di stampe, la grandiosa realizzazione di Piazza del Campidoglio, affidata a Michelangelo, con lo spostamento della celebre statua equestre del Marco Aurelio in bronzo, che venne trasferita nel 1538 da Piazza del Laterano. La statua, che avrebbe ispirato molti monumenti rinascimentali, è ricordata all’ingresso della mostra con un pregevole bronzetto cinquecentesco realizzato da Ludovico del Duca, prestato dal Museo del Bargello di Firenze, accostato a un Ritratto di Papa Paolo III realizzato da Jacopino del Conte (olio su tavola, XVI secolo, Palais Fesch Musèe Beaux-Arts, Ajaccio).

Nel progetto michelangiolesco della piazza capitolina, riprodotto in un’acquaforte di Étienne Dupérac, dovevano essere collocati in cima alla scalinata i due celebri Dioscuri del Quirinale, ma pochi anni dopo furono rinvenuti, durante uno scavo al Ghetto, altri due colossali Dioscuri con i loro cavalli e pertanto si preferì restaurare e sistemare sulla scalinata questi ultimi, senza spostare quelli di Montecavallo. Sempre sul Campidoglio il pontefice aveva fatto erigere la cosiddetta Torre di Paolo III (Palazzo di Aracoeli), come sua residenza estiva fortificata, ma venne demolita nel 1886 nel corso della realizzazione del Vittoriano. Solo alcuni resti di affreschi, attribuiti a Perin del Vaga, sono sopravvissuti e sono attualmente conservati nella caserma “Giacomo Acqua” di piazza del Popolo.

4 Paolo III e il Campidoglio

Nella sala dedicata alla Roma di Paolo III ci accoglie il suo ritratto scultoreo, realizzato da Guglielmo della Porta abbinando il marmo bianco con l’alabastro giallo. Di questo papa, promotore della pace di Nizza tra l’imperatore Carlo V e il re Francesco I e del Concilio di Trento, viene ricordato il suo impegno per il rinnovamento urbanistico e architettonico della città attraverso una mappa con l’evidenziazione di ben 15 interventi. Fu aiutato in particolare da Latino Giovenale Manetti e da Girolamo Maffei, curatores viarum, come evidenziato in mostra da un frammento epigrafico che ricorda l’apertura di via Paola nel 1543.

Proseguendo nel percorso espositivo ci incantiamo davanti alle altre effigi di Paolo III (ritratto da Raffaello quando era cardinale e da Tiziano come papa) e a quelle degli altri artefici della collezione Farnese.

5 Raffaello Sanzio, Ritratto del cardinale Alessandro Farnese (futuro Paolo III), Museo di Capodimonte, Napoli
6 Domenichino, Ritratto del cardinale Odoardo Farnese, Collezione privata

Citiamo, tra le altre opere, il ritratto del Gran Cardinale Alessandro, di Perin del Vaga e il Ritratto del cardinale Odoardo Farnese con sullo sfondo Trastevere e il Gianicolo, realizzato dal Domenichino nel 1602-1603. Dopo questa immersione tra i porporati (con le due eccezioni di Ottavio Farnese e della moglie Margherita, entrambi in abiti scuri), la mostra cerca di far rivivere l’atmosfera di quello che doveva essere il Museum Farnesianum nel più bel palazzo romano del Rinascimento, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane e terminato da Michelangelo.

Parliamo ovviamente di Palazzo Farnese, attualmente sede dell’Ambasciata di Francia e della prestigiosa École Française de Rome.

Il visitatore di questa nobile dimora, quando attraversa la Sala dei Fasti Farnesiani, affrescata da Francesco Salviati dal 1552 al 1556 e terminata anni dopo da Taddeo Zuccari, o la celebre Galleria Carracci, affrescata in più riprese tra il 1597 e il 1606-1607 da Annibale Carracci, dal fratello Agostino e aiuti, rimane affascinato dalla maestosità degli spazi, dalla ricchezza cromatica, dal gigantismo delle figure. Ciò che si celebra negli affreschi è la potenza di una famiglia che si riconosce nello sfarzo rinascimentale della mitologia e della storia romana. Allo stesso tempo alcune statue (non più in loco) dovevano celebrare le virtù eroiche della famiglia (pensiamo in particolare all’Ercole Farnese) e la Pax che i Farnese, provenienti dal Viterbese, avevano portato a Roma, dopo aver domato i ribelli Colonna, così come gli imperatori romani avevano domato i Barbari, rappresentati da due Daci in marmo (età traianea), che in precedenza erano appartenuti ai Colonna.

La decorazione del palazzo, voluto da Alessandro Farnese prima di diventare papa, proseguì con il Gran Cardinale Alessandro e con il giovane cardinale Odoardo, che chiamò Annibale Carracci ad affrescare il suo studiolo privato (il cosiddetto Camerino d’Ercole) e il soffitto della grande Galleria, ove sono narrati gli amori degli dei, culminanti nel Trionfo di Bacco e Arianna.

Per dare un’idea di questi affreschi, nella mostra è stato collocato un grande tavolo con la riproduzione del soffitto della Galleria, con dei numeri che corrispondono ai disegni preparatori di Annibale, esposti sulle pareti. I disegni del grande pittore bolognese, provenienti dal Louvre e da altri musei, sono straordinari per la potenza espressiva delle figure, nonostante lo stile aulico dei miti raffigurati.

7 Allestimento mostra, ph.Monkeys Video Lab

Di grande effetto scenografico è l’inserimento di cinque delle dieci sculture antiche in marmo che erano collocate nella Galleria.

8 Ganimede e l’aquila, particolare, II secolo d.C., MANN
9 Satiro con Dioniso Bambino, II secolo d.C., MANN

Tutte provenienti dal MANN, sono opere di eccezionale qualità e raffigurano Ganimede e l’aquila, Dioniso, Satiro con Dioniso bambino, l’Eros Farnese e la cosiddetta Antonia. In altri ambienti dedicati alla passione dei Farnese per l’antichità troviamo alcuni marmi spettacolari, quali Eros con delfino, il gruppo di Pan e Dafni, il busto di Caracalla e quello di Marco Aurelio (realizzato in marmo e alabastro).

10 Pan e Dafni,, fine II secolo d.C., MANN
11 Ritratto di Marco Aurelio in marmo e alabastro, MANN

Invece è di bronzo una statuetta miniaturistica di Ercole a riposo. Sempre relativo all’eroe greco è il bronzo cinquecentesco realizzato da Guglielmo della Porta, raffigurante Ercole fanciullo che strozza i serpenti.

Ovviamente le opere più grandi della statuaria antica, quali il gruppo del Toro Farnese, raffigurante il supplizio di Dirce, e il celebre Ercole Farnese, ritrovati nelle Terme di Caracalla, sono rimaste a Napoli, in quanto inamovibili (sono comunque ricordate con opere cinquecentesche), mentre sono state prestate l’Afrodite callipigia e la Venere accovacciata, come pure una serie di busti che ornavano la sala dei Filosofi, tra cui Socrate, Omero, Euripide, il cosiddetto Lisimaco, la doppia erma di Erodoto e Tucidide e il Camillo capitolino (dai Musei Capitolini), un bronzo alto 141 cm del I secolo d.C., accostato a una sua copia realizzata da Guglielmo della Porta nel 1560 ca., proveniente dal Museo di Capodimonte.

12 Venere accovacciata, II secolo d.C., da originale del IV a.C., MANN
13 Doppia erma con Erodoto e Tucidide, II secolo d.C. da originale del IV a.C., MANN

La ricchissima pinacoteca viene anch’essa parzialmente ricomposta con alcuni importanti dipinti dedicati al tema sacro, che si trovavano al piano superiore di Palazzo Farnese: Il matrimonio mistico di Santa Caterina e Cristo e la Cananea di Annibale Carracci, La guarigione del nato cieco di El Greco e la Madonna del Divino Amore di Raffaello e aiuti. Quest’ultima, che ci colpisce per il tenero gioco di sguardi tra i protagonisti, è una tavola dipinta a olio nel 1516 ca. che raffigura una Sacra Famiglia con santa Elisabetta e san Giovannino, e quindi non corrisponde alla classica iconografia del Divino Amore, con la Madonna in trono con il Bambino, due angeli ai lati, e in alto la Colomba dello Spirito Santo dalla quale promanano sette raggi.

14 Allestimento mostra, ph.Monkeys Video Lab
15 Raffaello Sanzio e aiuti, Madonna del Divino Amore, Napoli, Museo di Capodimonte

In altre sale troviamo soggetti profani, come Partita a scacchi di Sofonisba Anguissola, Paesaggio con amorini di Guido Reni, Venere e Cupido del Pontormo e il curioso Arrigo peloso, Pietro matto e Amon nano di Agostino Carracci, che ritrae personaggi bizzarri che vivevano al seguito di Odoardo Farnese.

16 Sofonisba Anguissola, Partita a scacchi,1555, Muzeum Narodowe, Poznan

Una sezione è dedicata all’approfondimento del ruolo di Fulvio Orsini (1529-1600) nell’acquisizione e valorizzazione di numerosi reperti, nonché il suo impegno nell’incremento della biblioteca Farnese. Grazie alla conoscenza del mondo antico egli studiò e documentò le antichità farnesiane, e in particolare ordinò le sculture. Fu anche autore di scritti importanti, come Imagines et elogia virorum illustrium, pubblicato in più edizioni a partire dal 1570, e fu allo stesso tempo un appassionato collezionista, come evidenziato dalla selezione di gemme appartenuta all’erudito e alla tavola del Salvator Mundi attribuita a Marcello Venusti. Viene anche ricordato in mostra che si deve a lui l’invenzione degli affreschi del Camerino d’Ercole e di alcuni della Galleria Carracci. Quando morì, dopo decenni dedicati ai Farnese e alla loro Collezione, Orsini lasciò in eredità alla Biblioteca Apostolica Vaticana i suoi libri e a Odoardo Farnese la sua collezione, da sempre pensata con l’intenzione di farla diventare un giorno parte di quella Farnese.

Proprio al legame fra i Farnese e Fulvio Orsini allude l’ultima sala espositiva (“Due collezioni un solo destino”), che espone opere provenienti da entrambe le raccolte. Emblematica è la presenza del Ritratto di Giulio Clovio, eseguito da El Greco, che raffigura Clovio mentre regge con la mano sinistra il Libro d’Ore, da lui miniato per il Gran Cardinale Alessandro nel 1546.

17 El Greco, Ritratto di Giulio Clovio, Napoli, Museo di Capodimonte

Il dipinto, che faceva parte della collezione dell’Orsini, è esposto proprio accanto al Libro d’Ore (tornato per la prima volta in Italia dopo il suo acquisto da parte della Morgan Library di New York), aperto sulla stessa pagina raffigurata nel ritratto. Al centro della sala risplende la straordinaria Cassetta Farnese, uno scrigno in argento dorato, lapislazzuli e ovali di cristallo di rocca intagliato, probabilmente destinato ad accogliere un prezioso manoscritto, che forse poteva essere proprio il Libro d’ore. Questo capolavoro d’oreficeria, prestato dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, è stato anch’esso commissionato dal Gran Cardinale Alessandro.

18 Il Libro d’Ore Farnese, Morgan Library di New York
19 Cassetta Farnese, Napoli, Museo di Capodimonte

Il 1600, con la morte di Fulvio Orsini, segna la fine del periodo più prestigioso della Collezione Farnese e chiude l’arco cronologico di questa imperdibile mostra. In realtà un’opera, esposta quasi all’inizio del percorso, è stata realizzata quasi un secolo dopo rispetto al 1600. Si tratta di un grande dipinto a olio del giglio a tre petali farnesiano (Bottega emiliana, 1693, Piacenza – Musei civici di Palazzo Farnese), che condensa nell’araldico simbolo dorato i ritratti di diversi esponenti della casata dei Farnese.

Nica FIORI  Roma 16 Febbraio 2025

“I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione”.

Musei Capitolini, Villa Caffarelli 11 febbraio – 18 maggio 2025

Orario: tutti i giorni dalle 9,30 alle 19,30

Info: tel. 060608; www.sovrintendenzaroma.it; www.museiincomuneroma.it