di Carla GUIDI
AL MART DI ROVERETO “IL GRIDO E IL CANTO”
L’esposizione al secondo piano del Mart mette in dialogo per la prima volta, il lavoro di due artisti profondamente diversi, lontani dalle avanguardie ma fedeli entrambi all’idea che scolpire è dare forma al corpo.
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“PAGANIN E FIORAVANTI. IL GRIDO E IL CANTO” a cura di Marina Pizziolo, Marisa Zattini. – 6 dicembre 2024 – 16 marzo 2025. Due scultori Giovanni Paganin (Asiago, 1913 – Milano, 1997) e Ilario Fioravanti (Cesena, 1922 – Savignano sul Rubicone, 2012) hanno due esistenze parallele; l’esposizione “Il grido e il canto” rappresenta la sintesi evocativa di due interpreti di una scultura potente ed espressiva.
La mostra, ancora visitabile fino al 16 marzo 2025, si inserisce in quel filone di indagine fortemente voluto dal Presidente Vittorio Sgarbi sui “dimenticati dell’arte”, cioè quegli artisti meno noti al grande pubblico e colpevolmente non valorizzati dal sistema dell’arte, il cui valore è innegabile e la cui riscoperta è oggi doverosa. Il progetto espositivo è stato affidato a Marina Pizziolo e Marisa Zattini, curatrici indipendenti e profonde conoscitrici dell’opera dei due artisti, ed è accompagnato da un catalogo che accoglie, oltre ai saggi delle curatrici, un prezioso contributo dello scrittore Giuseppe Mendicino, che indaga il rapporto di amicizia tra Paganin e Mario Rigoni Stern, e la ripubblicazione dell’importante dialogo tra Tonino Guerra e Ilario Fioravanti.
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Marisa Zattini con un lungo e dettagliato articolo al quale si rimanda, esamina il progetto e la poetica di Ilario Fioravanti con la sua peculiare sensibilità di raffinata artista e scrittrice:
Le vocazioni sono davvero infinite perché tutto è potentemente presente nelle fluttuazioni del tempo. Così il percorso di alcuni artisti si intreccia e si mescola con quello di altre figure. Talvolta partono uniti per separarsi poi per sempre. Eppure l’aria che respiriamo è la stessa ma le geografie e le storie personali mutano differentemente. Lo confermano le opere di questi due artisti, Giovanni Paganin e Ilario Fioravanti, riunite e presentate congiuntamente, oggi.
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E’ così che la compresenza di anime diverse che si incarnano e si raccontano nello stesso secolo sono capaci di suscitare armoniche disarmonie, dall’urlo al canto. L’arte è emozione, «non è vedere, fare una cosa com’è, ma il gesto di far vedere; un’operazione più profonda» (Ilario Fioravanti).(…) Tutto ciò che Ilario Fioravanti ha incontrato nella vita, ogni più piccolo frammento di mondo, lo ha incuriosito e incantato. Tutto si è sedimentato in lui e, trasmutando, si è fatto “opera”, in modo fresco, ricco e rinnovato, forte e semplice. Dalle altezze di Giotto al mondo di Dürer, di Piero della Francesca, di Pisanello, dalle civiltà più arcaiche sono sgorgate nelle mani di Ilario Fioravanti figure umane e animali, tutte egualmente restituite alla scultura nel loro spazio incantato e fatale. In quel silenzio misterioso che ancora oggi regna e fascia i luoghi animati dalle sue opere determinando un’altra mistica meditazione ed emozione. Quella che sola può avvicinarci al mistero della vita e delle cose.
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Non si può non concludere con le parole che Marina Pizziolo scrive in catalogo, che l’inedito accostamento dei due artisti rappresenta un vero e proprio osservatorio privilegiato:
«rivela aspetti dei due che sarebbero difficili da cogliere nello studio separato delle loro opere. Perché come sempre è dal contrasto, dalla negazione, dalla definizione delle diversità, che scaturisce la rivendicazione dell’identità».
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Proseguiamo poi con citazioni dal suo testo con il titolo – “Giovanni Paganin: il grido di un uomo libero” nel quale fa un’analisi storica e letteraria dell’uomo e dei suoi rapporti culturali ed esistenziali. Spiace ritagliare solo un pezzetto di questo interessantissimo scritto che va in profondità e denuncia la volontà di testimone di questo grande artista:
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“La scultura ha ben poche ragioni di essere”, scrive Paganin, “se non fosse per la disperata pazzia di qualcuno, la disperata pazzia di dire gridare testimoniare, comunque, la fede nell’uomo”. (G. Paganin, Gridare e testimoniare, in M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, Schwarz, Milano 1958, p. 212.).
Una fede che la guerra non riesce a spezzare e che nelle sculture di Paganin si manifesterà nell’ossessiva creazione di corpi di donne e uomini: unico tentativo possibile per riuscire a penetrare il mistero della vita. Consideriamo i tempi storici. Gli anni di formazione di Paganin, nato nel 1913, sono vergati nella nuova numerazione romana voluta dal fascismo. La retorica imperiale propaganda la declinazione di un tempo sovrumano, eroico, che annulla l’individuo nella legione, nella dedizione al conseguimento della meta collettiva indicata dal dittatore. Ma la ribellione di Paganin non si limita alla rivendicazione attraverso le sue sculture di un’individualità che si esprime semplicemente nella minuta temporalità di gesti qualsiasi. (…)
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L’intuizione di Paganin, la sua necessità ossessiva di capire la vita creando corpi, si nutre di contenuti ideali a Milano, grazie all’incontro con gli artisti e gli intellettuali che si riuniscono attorno alla rivista “Vita Giovanile”, poi “Corrente”, fondata dal giovanissimo Ernesto Treccani nel 1938. La scommessa del gruppo di Corrente, quegli uguali a cui Paganin si unisce, è che l’arte possa essere strumento rivoluzionario.
Altra notazione importante -citiamo dalle parole del Presidente Vittorio Sgarbi- riguardano il proponimento di mettere a confronto l’opera di Giovanni Paganin e quella di Ilario Fioravanti negli spazi del Mart in concomitanza con la mostra dedicata agli Etruschi del Novecento.
Come si legge nel sito www.mart.trento.it:
La mostra “Etruschi del Novecento” nata dalla collaborazione inedita tra il Mart e la Fondazione Luigi Rovati, racconta di come la civiltà etrusca abbia influenzato la cultura visiva del secolo breve: a partire dai ritrovamenti archeologici e dai tour etruschi, organizzati a cavallo tra il XIX e il XX secolo, fino alla Chimera di Mario Schifano, eseguita nel 1985 in occasione dell’inaugurazione del cosiddetto anno degli etruschi. Oggi Mart e Fondazione Luigi Rovati offrono per la prima volta una visione complessiva del vasto e articolato fenomeno che fu la riscoperta della civiltà etrusca nel secolo scorso, attraverso un progetto in due tappe diverse e complementari a cura di un unico e inedito team curatoriale. Insieme a reperti archeologici e preziosi documenti convivono al Mart quasi 200 opere, tra cui si segnalano quelle di Massimo Campigli, Marino Marini, Arturo Martini, Alberto e Diego Giacometti, Pablo Picasso, Michelangelo Pistoletto, Gio Ponti, Mario Schifano, Gino Severini.
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Ilario Fioravanti – Nasce a Cesena il 25 settembre 1922. Fin da giovanissimo, prima con il disegno, poi attraverso l’incisione e la scultura, si avvicina alle arti figurative. Nel 1949 si laurea in architettura all’Università di Firenze. Negli anni Sessanta ritorna alla scultura realizzando una serie di ritratti e si appassiona all’arte arcaica. La sua prima personale, a Cesena, risale al 1966 ma è grazie allo scrittore Giovanni Testori, suo mentore, che raggiunge una maggiore notorietà, a partire dalla mostra alla Galleria Compagnia del disegno di Milano, nel 1990. In seguito, Vittorio Sgarbi curerà le sue mostre personali a Spoleto e Potenza. Nel 2008, a Palazzo Romagnoli a Cesena, gli viene dedicata la grande mostra Il destino di un “Uomo” nell’Arte, curata da Marisa Zattini e Antonio Paolucci. Muore a Savignano sul Rubicone il 29 gennaio 2012.
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Giovanni Paganin – Nasce ad Asiago il 3 giugno 1913 e trascorre l’infanzia nei luoghi che erano stati teatro della Prima guerra mondiale. Nel 1938 si trasferisce a Milano, lo stesso anno in cui nasce la rivista “Corrente”, che avrebbe riunito le forze più vive dell’opposizione culturale al regime fascista. Nel 1941 espone le sue opere alla Bottega di Corrente che, dopo la soppressione della rivista, aveva aperto i suoi battenti in via della Spiga. La mostra si inaugura mentre l’artista è al fronte.
Nel dopoguerra, Paganin fa proprie le istanze del realismo, partecipa al fermento civile e culturale che si esprime su pagine di riviste come “Il ‘45”, “Numero” e “Pittura” ed è tra i firmatari del manifesto Oltre Guernica. Nel 1948 è invitato alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma e, in seguito, ad importanti mostre in Germania, in Giappone e negli Stati Uniti. Nel 1964 la Biennale di Venezia gli dedica una personale. Muore a Milano il 29 maggio 1997.
Mart Rovereto – Corso Bettini, 43 – 38068 Rovereto (TN) T.+39 0465 670820 – T.+39 0464 438887 – info@mart.trento.it – www.mart.trento.it – Orari – mar, mer, gio, dom: 10.00-18.00 – Ven, sab 10.00-19.30 – lunedì chiuso
Carla GUIDI Roma 23 Febbraio 2025