di Jerzy MIZIOLEK*
I capolavori di Michelangelo negli studi e ricerche di Karolina Lanckorońska
In occasione del 550° compleanno di Michelangelo, ricordiamo le ricerche dedicate a questo geniale artista negli anni Venti e Trenta del secolo scorso dalla storica dell’arte polacca professoressa Karolina Lanckorońska (1898-2002), che trascorse più della metà della sua vita a Roma e riposa nel Campo Verano[1]. Le sue pubblicazioni sulle sculture, tra cui Bacco (Bargello, Firenze) e David (Galeria dell’Accademia, Firenze), e soprattutto sul Giudizio Universale, sono ancora oggi citate nella letteratura scientifica.[2]
Nel segno di David

L’ammirazione per l’arte del geniale fiorentino ha riempito tutta la sua lunga vita e lo ricorda spesso, quale ancora di salvezza, anche nelle sue Memorie di guerra [3]. La statua di David la incantava già all’età di 12 anni, quando suo padre Karol la portò per la prima volta a Firenze nel 1910 (fig. 1). Il padre, innamorato nell’arte del primo Rinascimento, la incoraggiò ad ammirare le opere di Beato Angelico, ma lei scelse l’arte di Michelangelo: conservò la fotografia del suo David, acquistata all’epoca, come un talismano, per il resto dei suoi giorni (fig. 2)[4]. Si dedicò sempre allo studio degli affreschi della Cappella Sistina, in particolare il Giudizio Universale, e, infine, le ultime opere di Michelangelo, piene di spiritualità mistica[5].

Il numero dei suoi lavori su questo artista non supera la decina, ma tutti sono stati scritti nell’arco di poco più di un decennio; tra questi vi sono anche due opere, mai pubblicate per intero: la tesi di dottorato sul Giudizio Universale, discussa all’Università di Vienna nel maggio 1926, e uno studio sugli ultimi 30 anni di lavoro del genio. Alcuni brani, pubblicati in italiano e in tedesco nel 1933, 1935 e nel 1938 (si veda Bibliografia), sono entrati a buon diritto nella letteratura scientifica mondiale e continuano a essere citati sino ad oggi[6].
L’edizione americana delle Memorie di guerra di Karolina Lanckorońska, intitolata Michelangelo a Ravensbrȕck, è l’espressione più toccante del dramma della studiosa, internata nel terribile campo di concentramento tedesco; dopo la seconda guerra mondiale la contessa smise di scrivere sulle opere dell’autore degli affreschi della Sistina. Seguì però fino alla fine dei suoi giorni il progredire dei restauri della Cappella e tenendosi al corrente della ricerca ad essi dedicata, condividendo la sua conoscenza su questo capolavoro ai numerosi borsisti della Fondazione Lanckoroński.
Cominciamo con il presentare le sue ricerche sulle opere del genio fiorentino da un anno fortunato per lei, il 1938, quando era già docente di storia dell’arte all’Università di Jan Kazimierz di Leopoli, dove aveva un ampio programma di ricerca e stava preparando altre pubblicazioni.
Sotto la volta della Sistina: AD 1938
La storia della ricerca della prof. Lanckorońska sull’arte di Michelangelo include un interessante episodio occorso a Varsavia e così descritto:
“La Società per la Ricerca Storica Polacca a Roma ha tenuto la sua prima riunione generale con relazione il 14 marzo 1938 nella sala delle colonne della Società Scientifica di Varsavia, con una conferenza della dott.ssa Karolina Lanckorońska, professore associato all’Università di Jan Kazimierz, dal titolo Restauro degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina [7].
Lanckorońska presentò l’aspetto tecnico della creazione degli affreschi e il grande pericolo rappresentato dal loro distacco dal muro in molti punti: l’intera opera rischiava di andare perduta. All’epoca, papa Pio XI concesse l’autorizzazione a un restauro a condizione che i lavori si limitassero solo alla conservazione degli affreschi e che la superficie pittorica rimanesse intatta. La lettura del suo testo non lascia nessun dubbio sul fatto che Lanckorońska abbia assistito ai lavori di restauro, diretti da Biagio Biagetti, dalle impalcature allestite nella cappella[8]. Vale la pena ricordare a questo punto che durante il pontificato di Giovanni Paolo II fu intrapreso un altro restauro della volta della Sistina e poi degli affreschi con il Giudizio Universale (che questa volta prevedeva la pulitura della loro superficie), la contessa saliva liberamente e ripetutamente sulle impalcature tramite l’ascensore, per ammirare da vicino il capolavoro del suo amatissimo artista[9].
Nella sua conferenza varsaviana Lanckorońska discusse, tra l’altro, la problematica delle “giornate” lavorative dell’artista, soprattutto nella scena del Diluvio universale (fig. 3), esprimendo la sua profonda esperienza di contatto ravvicinato con il capolavoro:

“Ecco la Sibilla delfica realizzata in sette giorni (fig. 4). Sebbene questa figura formidabile, a quanto pare, possa essere vista solo da lontano, viene riconosciuta solo in qualche misura da chi ha l’opportunità di trovarsi sulle impalcature nella vicinanza quasi schiacciante di queste opere. È lì che si nota cheDelphica ha un’espressione misteriosa negli occhi, una luce magica di qualche tipo. A tale vista, si ricorda suo malgrado che questa figura è stata creata nel momento in cui Pico della Mirandola, già compagno di Michelangelo presso Lorenzo il Magnifico, stava scoprendo per la cultura occidentale le misteriose conoscenze dell’Oriente, la Magia e la Cabala“[10].

In queste parole si percepisce la profonda conoscenza dell’argomento trattato e, allo stesso tempo, la presentazione dei suoi studi approfonditi sul fenomeno della decorazione della volta della Sistina. La prova di ciò si trova in un’altra pubblicazione del 1938, intitolata Il David e Golia di Michelangelo, pubblicata nei Rapporti della Società Scientifica di Leopoli. La sua versione estesa, redatta in tedesco, tratta del Bacco con satiro (ora al Bargello) e del Davide del 1504[11].
Rimandando a un’altra occasione la discussione dell’esito della ricerca su queste due sculture, si vuole sottolineare che il suo articolo è entrato nella letteratura mondiale e viene finora citato[12].
Sempre in questo articolo, così come nel Rapporto dell’Associazione di Lvov, c’è anche un riferimento estremamente interessante a una delle scene della volta della Sistina – la Lotta tra Davide e Golia (fig. 5), in cui Lanckorońska ha notato un riflesso dell’ispirazione tratte dall’arte antica, in particolare dalle raffigurazioni di Mitra che uccide il toro[13].

Michelangelo sviluppò in modo del tutto creativo la raffigurazione di Ghiberti sulla porta del battistero fiorentino, dove Golia è già steso a terra, ma mostrò Davide non sullo sfondo ma direttamente sopra il gigante, in una disposizione simile alla raffigurazione di Mitra nei Musei Vaticani (fig. 5) e di un rilievo rinvenuto nel XVI secolo in Campidoglio e ora al Louvre.

Scrive Lanckorońska:
“A David e Golia sul soffitto della Sistina Michelangelo accostò Giuditta e Oloferne. Fin dal Medioevo, queste figure sono apparse come fortitudo e humilitas. Tuttavia, Davide era anche considerato la personificazione della fortitudo, così come Ercole”.
Vale la pena di notare che Karolina Lanckorońska, in un suo articolo del 1935 intitolato Dalla ricerca sulle logge di Raffaello, ha fatto riferimento alla novità della struttura architettonica dipinta della volta della Sistina che, attraverso Peruzzi, ha trovato spazio nelle cosiddette Logge di Raffaello[14].
Così, non solo il Giudizio Universale, a cui Lei dedicò la sua tesi di dottorato e un’ampia sezione dello studio del 1939 sulle opere tarde di Michelangelo, ma anche la decorazione della volta della grande cappella papale rientrava nell’ambito della sua ricerca scientifica. Tutto questo lavoro ha portato alla monografia su Michelangelo, mai completamente scritta e infine perduta, di cui lei parla nei Ricordi di guerra [15]. Avendo ascoltato le lezioni della professoressa Lanckorońska nella prima metà del 1982, so quanta conoscenza avesse di ogni parte della volta della Sistina, anche se nella sua produzione scientifica è il Giudizio Universale ad occupare il posto più importante[16]. La scena sulla volta a cui aveva un sentimento particolare era quella raffigurante La creazione di Eva.
Ricerca sul Giudizio Universale
Abbiamo già ricordato i viaggi di giovane Karolina in Italia insieme al padre; è molto probabile che insieme abbiano discusso degli affreschi della Cappella Sistina fin dalla giovinezza (figg. 7-8).


Ecco cosa annotò Karol Lanckoroński nel suo Diario di un viaggio in Italia del 24 febbraio del 1875:
“Comincio a capire sempre meglio il Giudizio Universale, che verosimilmente ha sofferto ancora di più della volta. I singoli personaggi si fanno vedere in gruppi solo dopo un’osservazione lunga e ostinata. Quest’opera vale da sola quanto possono valere i tre quarti di tutte le gallerie del mondo”[17].
Gli affreschi di Michelangelo servivano al conte come pietra di paragone nel suo libro intitolato Attorno al mondo in cui leggiamo:
“A Bombay ho visto persone in atteggiamenti simili a quelli degli antenati di Maria sulla volta della Cappella Sistina… [A Madras] le barche spinte da rematori neri ricordano la barca di Caronte del Giudizio Universale di Michelangelo”[18].
La contessa, futura allieva di Max Dvořàk (fig. 6), uno dei professori dell’Università di Vienna, doveva conoscere già prima degli studi all’Università di Vienna queste riflessioni del padre. Nell’introduzione al suo studio del 1939, pubblicato solo nel 2022, intitolato Problemi religiosi nelle opere tarde di Michelangelo, Lanckorońska scrive:
“La dedica annuncia chi voglio ringraziare soprattutto. Il primo impulso alla stesura di questa tesi fu la Scuola invernale condotta da Max Dvořàk a cavallo dell’anno 1920-21“[19].
Sebbene il suo amato professore sia morto a poco meno di 47 anni nel febbraio del 1921, la storia dell’arte concepita come storia delle idee da lui praticata divenne anche il suo metodo di studio.

È stato recentemente sottolineato che la sua ricerca può essere stata influenzata anche da altri docenti viennesi, come H. Tietze e Julius von Scholsser, il promotore del suo dottorato – ma Dvořàk, come Michelangelo, è rimasto il suo insegnante prediletto[20]. Aveva sempre con sé una fotografia di questo viennese di origine ceca, sia a Roma che a Londra. Basta leggere i suoi studi sul Paradiso di Tintoretto a Venezia e sugli affreschi di Baciccio nella chiesa del Gesù a Roma per rendersi conto di quanto la sua visione dell’autore degli affreschi della Sistina derivi dal modo di pensare e di formulare i pensieri di Dvořák. Ne abbiamo avuto un piccolo esempio nell’estratto citato delle sue osservazioni sulla Sibilla delfica, e possiamo trovarne molti altri simili nella sua tesi di dottorato.
Questo suo modo di penetrare nel contenuto ideale del gigantesco affresco fu appoggiato da Johannes Wilde, uno dei più eminenti studiosi dell’arte di Michelangelo, ora meno noto di un altro storico dell’arte rinascimentale di origine ungherese, Charles de Tolnay.
La tesi di dottorato, intitolata Studien zu Michelangelos Jüngstem Gerichte und seiner künsterlichen Descendenz (Il Giudizio Universale di Michelangelo e il suo impatto artistico), è uno dei lavori fondamentali della nostra ricercatrice, che aveva meno di 27 anni quando la discusse (figg. 7, 8, 9).

La tesi riguarda anche alcune opere di Tintoretto a Venezia – Il Paradiso al Palazzo Ducale e Il Giudizio Universale in Santa Maria dell’Orto – e l’interpretazione dello stesso soggetto di Rubens. Solo un frammento di questa dissertazione, intitolato Appunti sull’interpretazione del Giudizio Universale di Michelangelo, è apparso a stampa[21]. Questo avvenne nel 1933, ma Lanckorońska aveva pubblicato un anno prima, in polacco, un breve testo di non più di cinque pagine, intitolato Novum nel Giudizio Universale di Michelangelo. Queste furono le sue prime pubblicazioni, con le quali si inserì – soprattutto con la prima delle citate – nel dibattito internazionale sull’enorme affresco. Vale anche la pena di ricordare, soprattutto perché solo pochi ricercatori hanno avuto in mano il dattiloscritto della tesi di dottorato in questione, che essa è stata anche la base per la pubblicazione di un ampio e interessantissimo articolo intitolato Il Paradiso del Tintoretto, che però, pubblicato in polacco, non ha avuto una diffusione internazionale come gli Appunti sull’interpretazione del Giudizio Universale di Michelangelo. Scrive Lanckorońska:
“Se mi sono decisa a parlare oggi sull’interpretazione del Giudizio Universale di Michelangelo, pure avendo pienamente conoscenza dell’esiguità dei risultati da sottoporvi, lo faccio solo spinta dalla convinzione che in questo campo nulla di esiguo vi possa essere”[22].
Quale è il valore e la novità di questo testo, che ancora oggi viene citato da quasi tutti gli studiosi che cercano di interpretare il Giudizio Universale della Sistina (vedi fig. 9)?
In breve, si può dire che il contenuto ideologico dell’opera michelangiolesca fu fortemente influenzato dalla celebre poetessa, la marchesa di Pescara, Vittoria Colonna, e dal gruppo dei cosiddetti Spirituali, tra cui il cardinale Reginald Pole, tutti alla ricerca di una profonda riforma della Chiesa (fig. 14)[23]. Michelangelo era in costante contatto con loro mentre creava la sua visione della fine dei tempi, come testimoniano Francesco d’Ollanda, vari testi dell’epoca, la poesia di Vittoria Colonna e lo stesso Michelangelo. Più recentemente, Marco Bussagli ha sottolineato che la dottrina della predestinazione derivata dagli insegnamenti di Sant’Agostino, a cui Lanckorońska fa riferimento nella sua interpretazione, è profondamente giustificata dalla lettura del messaggio del capolavoro di Michelangelo[24].
Diamo la parola alla stessa autrice della tesi di dottorato in questione:
“Nell’affresco è esplicitata la credenza nella predestinazione e Carnesecchi, amico di Vittoria [Colonna], dichiara davanti al tribunale dell’Inquisizione, vent’anni dopo la sua morte che la marchesa di Pescara tenesse alla predestinazione assolutamente. Sempre negli atti di un altro processo, troviamo la dichiarazione che Vittoria ha insegnato che sanctos non esse intercedendos. Questo concorda con il ruolo della Vergine Maria e dei Santi nell’affresco. Michelangelo aveva inquadrato la questione in questo modo da poco tempo, perché anche nel bozzetto conservato a Casa Buonarroti a Firenze vediamo la Vergine Maria che intercede per i peccatori (fig. 13). Questo grande schizzo per il Giudizio Universale fu disegnato nel 1533-34, l’affresco fu svelato nel 1541, ed è nota anche la lettera di Vittoria a un amico sulle due venute di Cristo, la prima piena di amore e la seconda, quando non “non ci sarà né un tempo di misericordia, né luogo di gratia“[25].

Così la studiosa polacca ha spiegato chiaramente perché la Vergine Maria nel capolavoro di Michelangelo non interceda per gli uomini: l’artista ha voluto raffigurare, diversamente da ciò che si vede sul disegno fiorentino, il momento in cui il giudizio finale è già stato emesso, è irrevocabile (fig. 12).
È interessante notare che sia nel dottorato che negli Appunti sull’interpretazione del Giudizio Universale del 1933 troviamo un affascinante riferimento a Copernico (fig. 10):

“Per la prima volta il movimento è elevato a legge fondamentale della composizione – De revolutionibus del Copernico appare quasi contemporaneamente [nel 1543]; l’opera non è chiusa in se stessa, ma è espressione di una tendenza spirituale, dando avvio ad un’epoca che troverà nel Tintoretto il suo sviluppo e in El Greco il suo termine”[26].
Sette anni dopo – nel 1940 – De Tolnay, che nelle sue pubblicazioni fa ripetutamente riferimento alle ricerche di Lanckoronska, farà un ulteriore passo avanti e ipotizzerà che Michelangelo possa aver dato un riflesso della conoscenza della teoria eliocentrica nel suo capolavoro: ecco, il Cristo-Sole della giustizia splende con grande luminosità al centro del vortice cosmico[27]. Come oggi è risaputo, la teoria di Copernico – studente nelle università di Cracovia, Bologna, Padova e Ferrara – era nota a papa Clemente VII, che commissionò il Giudizio Universale, e al suo successore, Paolo III, per il quale fu eseguita.

È a Paolo III che Copernico dedicò il De revolutionibus orbium coelestium. Come è ben noto l’immagime di Cristo nel Giudizio Universale è modellata su quella di Apollo del Belvedere[28]. Menzionando la famosa statua ellenistica, che dai primi del Cinquecento fa parte del Cortile del Belvedere in Vaticano, va ricordato il fatto che Copernico non solo fece il famoso diagramma eliocentrico ma ebbe anche un anello con l’immagine antica di Apollo, che dai tempi antichi fu identificato con il Sole (fig. 11)[29].
Abbiamo già ricordato che la tesi di dottorato di Lanckorońska è stata anche la base per la pubblicazione di un ampio e interessantissimo articolo intitolato Il Paradiso di Tintoretto, che apparve solo in polacco. In questo saggio troviamo pure un bel riferimento alla simbologia solare. Scrive Lanckorońska al proposito del gigantesco dipinto nel Palazzo Ducale di Venezia:
“Ecco la luce mentre si allontana dallo spettatore, ricopre le figure con una nebbia di luce sempre più fitta, che dà l’impressione di una distanza incommensurabile, e la rete di raggi copre l’intero quadro fino ai suoi ultimi bordi. Cristo è come il Sole, che dà luce a tutta quella miriade di pianeti che orbitano intorno a lui. La luce svolge qui un ruolo simile al movimento, accentrando in Cristo l’intera composizione”[30].
Non si conoscono ancora tutte le circostanze che hanno fatto sì che la tesi di dottorato di Karolina Lanckorońska non venisse stampata. Dopotutto, la portava nel cuore ed era suo desiderio che la copia dattiloscritta, insieme alla dissertazione del 1935 sulla decorazione della chiesa del Gesù a Roma e al dattiloscritto del già ricordato studio Problemi religiosi nelle opere tarde di Michelangelo, fossero conservate con cura [31]. Anche una lettura preliminare di quest’ultimo lavoro mostra sua maestria scientifica. Nel volume finale della sua monumentale opera su Michelangelo, De Tolnay segue, per così dire, le orme dell’opera inedita di Lanckorońska[32]; lo stesso si può notare in diversi cataloghi di mostre recenti dedicate all’opera tarda del genio fiorentino.
Studiando i cataloghi di mostre relativamente recenti quali L’ultimo Michelangelo (2011), D’après Michelangelo (2015)[33] o i libri e cataloghi delle mostre dedicate a Vittoria Colonna [34] o, ancora, libri come Michelangelo e la Cappella Paolina (2016) e quelli di Sarah Rolfe Prodan (2014) e William E. Wallace (2019), si scopre subito che Lanckorońska è stata un’antesignana in questo campo di ricerca e che ha raggiunto risultati significativi. Anche se a volte fu troppo cauta (ad esempio, non riconobbe come originale il disegno di Boston con la raffigurazione della Pietà per Vittoria Colonna), le sue riflessioni sulle opere di Michelangelo dal 1534 al 1564 finora conservano un alto valore scientifico.
I colori di Michelangelo e l’Incarnazione al centro del programma ideale della Sistina
Michelangelo rimase onnipresente nella vita di Lanckorońska fino alla fine. Non solo la contessa seguì i lavori della pulitura degli affreschi della Sistina negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso ma anche salì in ascensore sulle impalcature, nonostante l’età avanzata [35]. Ecco la sua opinione, data nel 1995, sugli effetti della conservazione:
“L’affresco del Giudizio Universale di Michelangelo è stato svelato dopo molti anni di pulitura. Si rimane colpiti dal sorprendente cambiamento di colore… Anche coloro che hanno ammirato questo affresco per molti decenni si stanno convincendo solo ora che la copia ad olio di Marcello Venusti a Napoli [Museo di Capodimonte] è assolutamente. Ha la stessa colorazione. Si era soliti pensare che i colori forti fossero stati creati alla fine del Cinquecento, durante il periodo del cosiddetto Manierismo. Invece, questa colorazione è stata creata da Michelangelo. È una grande sorpresa” (figg. 15-16)[36].


In seguito, la professoressa ha trasmesso la sua vasta conoscenza delle opere dell’amatissimo artista a tutti coloro che la circondavano, in particolare ai suoi colleghi e borsisti. Lanckorońska è stata inoltre molto lieta di accettare in pieno i risultati delle ricerche sulle fonti scritte rinascimentali sulla Sistina condotte del gesuita americano John O’Malley, che hanno gettato nuova luce sul problema delle figure nude negli affreschi michelangioleschi. Va notato che le osservazioni dello studioso americano si compongono assai bene con tutto ciò che aveva scritto la studiosa polacca nella sua tesi di dottorato, ovvero che la nudità in quest’opera non ha nulla a che fare con lo spirito pagano notato da diversi studiosi.
Ferdinand Gregorovius nella sua famosa Storia di Roma nel Medioevo, opera iniziata nel 1856 e terminata nel 1871, scrive:
“In verità nel suo [di Michelangelo, ndA] Giudizio Universale non si riscontra nulla di veramente religioso: esso è in realtà un’opera di natura fredda e profana. Mentre nelle pitture eseguite sulla volta della Sistina tutte le figure colossali sono vivificate dall’interno da una luce spirituale, qui tutto è virtuosismo e sforzo di muscoli tesi, tempesta di corpi accalcati, piena di pompa teatrale, studio anatomico del nudo, paganesimo neolatino di forme senz’anima. La figura di Cristo è quella di un atleta profano che solleva il braccio in atto di colpire e sembra che gli manchi soltanto la clava per trasformarsi nell’immagine di un Ercole Nemeo”[37].
Quindi, in qualche modo, troviamo qui un pensiero simile a quello di Aretino espresso nella sua famosa lettera inviata a Michelangelo nel 1549.
“È ormai assodato – si legge nella tesi di dottorato di Lanckorońska – che il Giudizio Universale è un’opera pagana. Questa impressione derivava dalla vista di tanti corpi umani nudi e dalla figura di Cristo, che si discostava molto dalla tradizione precedente. Il nudo è stato la principale espressione artistica di Michelangelo fin dall’inizio del suo lavoro, quindi non sorprende che lo abbia usato qui, dove il soggetto stesso lo richiedeva. La rappresentazione della figura di Cristo, lungi dall’essere un tipo del Salvatore, si spiega con il ruolo di Cristo in questo dipinto. Non sembra essere né un giudice giusto né un dio pagano o ebraico della vendetta. Il volto è assolutamente calmo, non c’è rabbia né agitazione, quindi il gesto della mano si limita a eseguire un giudizio già passato da tempo. Cristo diventa così espressione di onnipotenza“.
O’Malley, negli anni ’70 e di nuovo nel 1986, ha dato una nuova e approfondita lettura dei sermoni predicati alla presenza dei papi in Vaticano tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo[38]. Questa lettura approfondita ha mostrato che non è la Crocifissione (come nel Medioevo) e neanche la Resurrezione (come per l’apostolo Paolo e come per la maggior parte dei cristiani di oggi), ma ciò che l’umanità aspettava da secoli – l’Incarnazione – l’aspetto più importante della fede cristiana. Infatti, solo quando Cristo si è incarnato per mezzo dello Spirito Santo, nascendo dal grembo di Maria, il processo di redenzione ha potuto avere inizio. Senza l’Incarnazione, la Passione, la Redenzione e la Resurrezione non sarebbero state possibili.
Che l’atto dell’Incarnazione fosse un tema di primo piano nell’arte rinascimentale è testimoniato dalle innumerevoli rappresentazioni della Madonna con il Bambino; solo Michelangelo ne realizzò cinque. Il corpo umano è stato plasmato da Dio affinché Egli stesso potesse dimorarvi. Ecco perché, sulla volta e sulla parete dell’altare della Sistina, non vediamo solo i bellissimi corpi di Adamo ed Eva, giovani nudi (in realtà sono angeli senza ali), ma anche il Cristo-Giudice, bello non solo spiritualmente, ma anche fisicamente, con un volto così simile all’Adamo raffigurato sulla volta. Nella percezione degli uomini del Rinascimento, Dio decise di assumere la forma più perfetta.
Fu così che Karolina Lanckorońska, nell’autunno della sua lunga vita – seguendo il suo pensiero fin da giovane, osservando i dipinti ripuliti dalla polvere dei secoli e attingendo alla persuasiva argomentazione del gesuita americano O’Malley – insegnava con grande passione e in modo innovativo il fenomeno dell’arte michelangiolesca, rendendolo chiaro e accessibile a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerla ed apprezzarla.
Conversazioni sulla Sistina con Giovanni Paolo II ?

Il restauro completo degli affreschi di Michelangelo è avvenuta, come ben sappiamo, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, che ammirando gli splendenti colori ritornati alla luce, ne ha dato un’affascinante interpretazione contenuta nell’omelia del 1994 e nel Trittico romano (2003). È veramente interessante che solo dopo 16 anni di pontificato abbia fatto riferimento nell’omelia, in modo così insolitamente profondo, alle scene della Creazione sulla volta e al Giudizio Universale [39]. In modo ancor più sublime, come se dialogasse con lo stesso geniale pittore, scrive di questi affreschi nella sezione centrale del Trittico. Chi è stato il consulente del Santo Padre in questa difficile ma eccelsa questione? Ne parlò con Karolina Lanckorońska durante le sue numerose udienze? (fig. 17) Del resto, è stata lei a scrivere la tesi di dottorato sul Giudizio Universale, a esplorare – come abbiamo visto – anche altre scene della Cappella e a seguire da vicino l’andamento dei restauri.
Non è facile rispondere a questa domanda, ma vale la pena ricordare ancora una volta che è grazie alla professoressa Karolina Lanckorońska e al Papa nato a Cracovia che la nostra percezione e comprensione degli affreschi della Cappella Sistina è stata approfondita e sublimata (figg. 18-19).


Per concludere
In conclusione, vale la pena ricordare due eventi della vita della studiosa polacca che caratterizzano perfettamente il suo rapporto con l’amato artista, le sue opere e i luoghi a lui associati. Uno di questi eventi – probabilmente del 1935 – è stato descritto da lei stessa, l’altro lo conosciamo dal racconto del suo allievo e amico.
Tra le pubblicazioni della prof. Karolina Lanckorońska c’è un piccolo volume intitolato Schizzi di ricordi, in cui scrive dei suoi viaggi in Italia:
“Un’altra volta, era in primavera, mi recai a Spoleto, perché sapevo che nella foresta sovrastante si trovava l’eremo francescano di Monte Luco (fig. 20).

Sapevo anche che Michelangelo in età avanzata era stato lì. Domenica mattina il tempo era splendido. La strada non era lunga. Durante il cammino il mio pensiero andava a Michelangelo, che, quindici dopo la creazione del Giudizio Universale, percorreva questa strada. Mi venivano in mente le sue parole scritte a Vasari in una lettera del 18 dicembre 1556: “perché veramente non si trova pace se non ne’ boschi”[40].
Lech Kalinowski, il già citato allievo di Lanckorońska, così scriveva:
“Se Michelangelo era per Karla [Lanckorońska] l’artista più grande tra i giganti dell’arte, i suoi affreschi della Cappella Sistina risvegliavano in lei le massime sensazioni estetiche. [….] Le recepiva con la piena consapevolezza della sublimità che in lei evocavano. Quando nel 1959 mi condusse alla Sistina, dove per qualche ora rimanemmo chiusi, senza altri visitatori, con un gesto improvviso gettò il cappotto sul pavimento e, giacendo supina, si portava di luogo in luogo osservando con un binocolo scena per scena, immersa nella contemplazione delle pitture sulla volta”[41].
Jerzy MIZIOLEK Varsavia 2 Marzo 2025
*Karolina Lanckorońska e suo padre, il conte Karol Lanckoroński (1848-1933), che come la figlia adorava l’Italia e Roma in particolare, è stato oggetto di un convegno scientifico tenutosi in quella città nel dicembre 2022. Gli interventi di questo convegno, a cui hanno partecipato Alfonsina Russo, Marta Novello, Gaetano Platania, Claudio Strinati, Alessandro Zuccari, Arnold Nesselrath, Marco Bussagli, Mattia Vinco, Francesca Ceci, Giovanna Capitelli, Jozef Grabski, tra gli altri, saranno pubblicati a cura dell’autore di questo testo da L’Erma di Bretschneider nel giugno di quest’anno in un volume intitolato “Il fascino di Roma, dell’Antico e dell’arte italiana degli ultimi Conti Lanckoroński”.
NOTE
[1] Miziołek 2024, pp.167-182. Lanckorońska naque nelle vicinanze di Vienna e crebbe in questa città dove studiò storia dell’arte, si adottorò nel 1926. Nei documenti riguardanti il dottorato la giovane dottoressa viene chiamata “bibliotecaria dell’Accademia Polacca a Roma”. Infatti dal 1926 si stabilì a Roma per quasi dieci anni, collaborando con questa istituzione. La sua abilitazione del 1935, uno dei frrutti delle ricerche romane, incentrata sulla decorazione della chiesa del Gesù a Roma in cui ha approfondito in modo mai tentato l’analisi delle pitture del Gauli, le aprì la possibilità di insegnare storia dell’arte all’Università di Leopoli. Questo periodo universitario del tutto felice per lei finì dramaticamente con lo scoppio della seconda guerra mondiale nel settembre 1939. Durante la guerra, grazie all’intercessione dell’aristocrazia italiana, in particolare di Roffredo Caetani, evitò la morte mentre era imprigionata dai nazisti tedeschi. Sopravvisse ai tempi duri della prigionia a Ravensbrueck grazie alla meditazione sull’opera del suo amatissimo artista, ma dopo la guerra non tornò allo studio scientifico della sua arte; si dedicò alla pubblicazione di fonti sulla storia della Polonia e al sostegno dei ricercatori di questo Paese.
[2] Si veda Bussagli 2014 e 2023, passim, la nota 6 e la Bibliografia sottostante.
[3] Lanckorońska 2001, pp. 20, 118, 196, 200, 201, 210, 213. La contessa mi raccontava le vicende della sua vita nella lontana primavera del 1982, quando come borsista della Fondazione Lanckoroński abitavo nella sede dell’Istituto Storico Polacco a Roma da lei creato insieme con don Meysztowicz . L’Istituto si trovava in via Virginio Orsini 19a. Il tema degli studi di Lanckorońska sull’arte di Michelangelo è stato recentemente discusso da Miziołek 2024, pp. 167-182. Si veda inoltre Różycka-Bryzek 1989, pp. 9-25; Bałus 2019, pp. 1-15 (riguardo i suoi legami con la scuola vienese di storia dell’arte).
[4] Kalinowski 1998, pp. 10-15; Kalinowski 2003, pp. 7-14; Miziołek 2024, p. 169.
[5] Una parte deglii scritti di Lanckorońska sono stati recentemente pubblicati in un libro in polacco, si veda Lanckorońska 2022.
[6] Si veda tra gli altri: Chastel 1983; Barnes 1998; Fillitz 2005; Hirst 2011, p. 278; Bussagli 2014. Si veda anche Dussler 1974.
[7] Lanckorońska 1938b.
[8] Biagetti 1936.
[9] Kalinowski 1998, pp. 11-12. Si veda anche Lanckorońska 1995, pp. 93-94. Le sue osservazioni sulla consevazione della volta e del Giudizio Universale si trovano nel Postscriptum della traduzione in polacco del suo articolo del 1932/1933 (Appunti…).
[10] Lanckorońska 1938b, p. 12.
[11] Lanckorońska 1938.
[12] Michelangelo e l’arte classica 1987, p. 50; Hirst, Dunkerton 1994, p. 75; Rohlmann 2000, p. 232 Hirst 2011, p. 278.
[13] Lanckorońska 1938a, pp. 41-42. Pare che nel viso del giovane David si possa riconoscere l’autoritratto idealizzato di Michelangelo. Il geniale artista appena superata la grave crisi dipingendo il Diluvio Universale; ora trionfa come David che ha vinto il mostruoso Golia. Basta paragonare la faccia di David con il ritratto di Michelangelo dipinto da Raffaello nella Scuola di Atene per trovare le ovvie somiglianze, anche se David nella Sistina e’ piu’ giovane”. Il tema dell’autoritratto sarà presentato in un altro articolo
[14] Si veda Lanckorońska 1935.
[15] Nelle Memorie di guerra (p. 201) leggiamo “Ho cominciato invece a prendere appunti preparatori per la monografia su Michelangelo e pensavo che al massimo avrei messo insieme l’introduzione, ma intanto la scrittura in qualche modo procede! Quello che non riuscivo in nessun modo ad ottenere quando durante sette mesi di bolscevismo perdevo il mio tempo, nonostante avessi ancora il mio prediletto apparato scientifico, è possibile e realizzabile qui nella cella, senza alcun libro, nè riproduzione! Naturalmente, anche se mi accadesse di dover stare qui a lungo (?), questa monografia non la scriverò, perchè c’è l’impossibilità fisica, ma alcune e più importanti parti di contenuto generale qui posso scriverle. La prefazione e l’introduzione (esposizione sul Rinascimento) e il capitolo sul mecenatismo del Magnifico ce li ho già. Ho anche la sincera speranza di non portare il lavoro fino alla volta compresa, sed non sicut ego volo… Comunque sono grata infinitamente per il fatto di poter scrivere e almeno preparare il nutrimento spirituale per coloro ai quali non mi è dato adesso procurare il nutrimento carnale”. In un altro brano (p. 210) Lanckorońska scrive: “Ho scritto nella cella [a Ravensbrück ] una parte del libro che progetto su Michelangelo”.
[16] Il tema degli studi di Lanckorońska sul Giudizio Universale è stato recentemente discusso in Miziołek 2024, pp. 170-172.
[17] Lanckoroński 2015, s. 146.
[18] Lanckoroński 1893, passim.
[19] Lanckorońska 2022, p. 85.
[20] Bałus 2019, pp. 1-15. Si veda anche V. Shrimplin, Sun Symbolism and Cosmology in Michelangelo’s “Last Judgment”, Kirksville 2000
[21] Nel 1995 questo testo venne pubblicato in polacco, si veda Lanckorońska 1995.
[22] Lanckorońska 1933, p. 122.
[23] Riguardo l’amicizia di Michelangelo con la poetessa si veda: Michelangelo e Vittoria Colonna 2022, con bibliografia precedente.
[24]Bussagli 2014; si veda anche il suo saggio nel presente volume.
[25] Lanckorońska 1932, p. 39.
[26] Lanckorońska 1933, p. 130.
[27] De Tolnay 1940, pp. 125-147; si veda anche De Tolnay 1960, passim. Il tema è stato ripreso in occasione della mostra nella Curia Iulia sul Foro Romano intitolata Copernico e la rivoluzione del mondo, si veda Miziołek 2023, passim.
[28] Haskell e Penny 1984, pp. 189-194.
[29] Mossakowski 2020 (prima edizione: 1973); Kruk 2019; Miziołek 2023, passim.
[30] Lanckorońska 1935, pp. 267-290.
[31] Si veda i commenti di Miziołek in Lanckorońska 2022, pp. 264-265.
[32] De Tolnay 1960, pp. 58, 102, 104, 108, 114, 116, 118, 131, 151,152.
[33] Alberti, Rovetta, Salsi 2015; Alberti 2015.
[34] Ferino Pagden 1997; Forcellino 2009; Vittoria Colonna 2005a.
[35] Si veda Kalinowski 1998.
[36] Lanckorońska 1995, p. 93.
[37] Gregorovius 1988, p. 93.
[38] O‘Malley 1979; O’Malley 1983; O‘Malley 1986.
[39] Ho cercato di affrontare questa tema pubblicando nel 2022 il libro di Lanckorońska del 1939, allora inedito, intitolato Problemi religiosi nelle opere tarde di Michelangelo, si veda Lanckorońska 2022.
[40] Lanckorońska 2005, pp. 95–97.
[41] Kalinowski1998, pp. 11-12.
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