Due Sculture di Francesco Somaini (1795-1855) nella chiesa parrocchiale di Spirano (BG).

di Natale MAFFIOLI

    L’altare di Sant’Anna

Nella chiesa parrocchiale di Spirano, un centro abitato della bassa pianura bergamasca, non molto distante dal capoluogo e dalla cittadina di Treviglio, sono conservati alcuni oggetti d’arte di notevole interesse frutto dall’intervento oculato dei parroci e della popolazione.

Negli anni trenta del 1800 l’altare di Sant’Anna, a detta dei membri della Fabbriceria [1], versava in pessime condizioni. Nella petizione inviata “Al I.R. Sub-Economo pei Vacanti del Distretto decimoterzo di Verdello” sotto la data del 10 maggio 1839 si affermava:

Fra gli altari laterali di questa Chiesa Par­rocchiale evvi quello dedicato a Sant’Anna di legno mal costrutto, logoro a segno tale da doversi sospendere anche il relativo uso[2].

Di conseguenza la Fabbriceria aveva preventivato di erigerne uno nuovo, di marmo, e aveva già preso i dovuti contatti con un perito marmorino e aveva di già “Fatto (…) rilevare l’analogo progetto dall’architetto Sig. Giuseppe Berlendis di Bergamo[3]. In poche parole tutto era pronto: compresi i denari per sostenere l’impresa.

Il Berlendis era stato a Spirano il 22 novembre dell’anno precedente; aveva compiuto tutti i rilievi necessari per la preparazione del progetto ed aveva predisposto tutta la documentazione grafica necessaria alla buona riuscita dell’impresa.

Una lista dei disegni presentata dall’architetto alla Fabbriceria e datata 12 febbraio 1839, elenca l’abbozzo, due disegni definitivi nella versione “con pianta facciata e colonato” e “fianco, spacato e lato della capella e tutti i dettagli, dallecornici con relativi ornati disegnati in grandezza naturale“, l’immagine del candelabro in marmo a lato delle colonne e della “corni­ce del quadro, d’eseguir in legno intaliata come al detto dettaglio[4].

Il contratto con il “marmorino” Antonio Galetti, del fu Carlo, domici­liato in Bergamo, reca la data del 14 aprile 1839. Oltre alle affermazioni tipiche dello strumento, il documento ci comunica poche notizie riguardanti l’altare in sé. Si accenna al disegno e capitolato dell’architetto a cui bisognava prestare la massima attenzione e alla data di consegna del lavoro, fissata per l’aprile del 1840, con la penale di L.200 austriache in caso di ritardo.

Le lastre di marmo di Carrara avrebbero dovuto essere tutte di un sol pezzo (misura preventiva per impedire ogni operazione di “collage” soprattutto per le lastre di maggiori dimensioni). Interessante l’ingiunzio­ne:

Tutti i marmi occoribili nella costruzione dell’altare dovranno essere ricconosiuti dal Sig. Giuseppe Berlendis Architetto[5].

Al marmorino si sarebbero pagate 5.000 lire. Certo la spesa non era tutta qui. Mancavano gli incerti dell’operazione.

Il 3 agosto pervenne alla fabbriceria la risposta del Sub-Economo del vicino luogo di Verdello (BG). Dopo aver preso atto dell’iniziativa, il funzionario esprimeva un suo parere sulle caratteristiche formali dell’erigendo altare:

Il tipo poi presenta un altare la cui altezza non parrebbe proporzionata alla sua lar­ghezza, mentre l’attico di esso riesce troppo elevato (…). La mensa dell’altare richiederebbe un ordine più gentile e degli ornamenti più adatti al suo carattere. Si dice candelabri disegnati lateralmente all’altare (era una coppia di questi elementi presentati nel disegno del Berlendis, ndA) non si troverebbero troppo convenienti, e parrebbe invece che a questi si dovrebbe­ro sostituire delle statue[6].

I suggerimenti, manco a dirlo, piacquero e si trovò una pronta esecuzione. L’architetto cambiò il disegno della mensa dell’altare, sostituendo le colonnine preventivate con una base parallelepipeda decorata a rilievi, attenuò la varietà dei marmi e, soprattutto, dispose di mettere due statue là dove erano stati disegnati i candelieri[7].

A sostegno di quest’ultima iniziativa aderì prontamente anche il parroco di Spirano don Giuseppe Ulietti. Si diceva disponibile a contribuire alla spesa pagando una delle due statue, ma a delle precise condizioni. La sua proposta fu subito ben vista dalla fabbriceria.

Possediamo una versione originale dei fatti in una relazione inviata al Sub-Economo il 18 maggio 1843:

Tale suggerimento [sostituire i candelie­ri con due statue] risvegliò un generoso benefattore di questa chiesa, nella persona del Parroco locale don Giuseppe Ulietti, che si impegnò al pagamento di una di queste statue purché fossero realizzate dalla mano di perito e bravo scultore; la popolazione aggradì tale generosa offerta, e la Fabbriceria conoscendo di poter co’ risparmi in altre funzioni non necessarie sostenere il rimanente della spesa, senza pregiudicare menomamente i capitali della chiesa, anzi con utilità e vantaggio della stessa, procurandole così due capolavori, annuì al Rev.mo Sig.r Prevosto, che di concerto alla Fabbriceria stipulò il contratto col celebre scultor Somajni[8] mediante il Sig.r Avv.to e professore Barnaba Zambelli di Bergamo risiedente in Milano e conoscente ed amico d’ambe le parti, il quale per favorire questa chiesa si adoperò presso lo scultore, perché le suddette due statue rappresentanti S. Giuseppe (fig. 01) e S. Gioacchino (fi. 02) fossero dallo stesso eseguite con tutta diligenza e perfezion d’arte in marmo di Carrara di prima qualità pel prezzo di lire cinquemila austriache. (…). In fatti le due statue vennero eseguite, furono lodate ed encomiate ne’ pubblici fogli come opera di tutta finitezza di lavoro e dopo di essere state esposte nella pubblica esposizione di Brera dello scorso autunno [1842] vennero poste sull’altare con soddisfazione universale della popolazione[9].
fig. 01, Francesco Somaini, statua di San Giuseppe
fig. 02, Francesco Somaini, statua di San Gioacchino

Nell’Archivio Parrocchiale si conserva la quietanza del Somaini unicamente per la statua di San Gioacchino, emesse rispettivamente il 9 ottobre e il 10 novembre 1842

Milano 9. 8bre. 1842 – In conto del contrato convenuto colla Fab­briceria della Chiesa Parrocchiale di Spirano per la statua in marmo Carrara rappresentante S. Giovacchino da collocarsi nell’altare di S. Anna in quella Chiesa, dichiaro io sotoscritto d’aver ricevuto aus.che lire mille duecento cinquanta dico L.1250 a mano del Fabbriciere della medesima Sig.r Bernardo Maffioli. In fede Francesco Somajni Scultore[10].

Il San Giuseppe venne pagato da don Ulietti (era interessato a questa immagine del santo perché era suo patrono) e le quietanze rimasero presso di lui e, purtroppo, disper­se [11]. Le due sculture sono il risultato di un perfetto connubio dell’idea che si aveva in epoca neoclassica della statuaria all’antica e di un prodotto di alta decoratività: le pieghe del panneggio evidenziano la sapienza tecnica del Somaini; non hanno nulla di eclatante e neppure un riferimento storico alle figure, se si eccettuano alcuni elementi tipici dell’iconografia dei due santi, nulla che possa riferirsi al fatto che uno era lo sposo l’altro il padre di Maria.

Sull’attico dell’altare ò posta (come d’so) la scritta dedicatoria, con caratteri maiuscoli in bronzo dorato: “D, ANNAE VIRGINIS DEIPARAE GENITRICI”.

Nell’archivio parrocchiale si conservano due pagamenti curiosi a proposito delle due sculture: al Somaini furono corrisposte 10 lire e 9 centesimi “per l’imballag­gio delle suddette statue[12]; a Carlessi Pietro Mauro, di professione fabbro ferraio, invece, venne pagata una parcella per “per trasporto da Milano delle due statue di marmo collocate all’altare di S.t Anna[13].

Caso strano: si dimenticò in fretta il nome dell’autore delle due sculture. Nella relazione approntata dal Parroco Giovanni Battista Donizet­ti, in preparazione alla visita del vescovo Camillo Guindani del 1885, si trova scritto: “Altare di S. Anna (…) É di bel marmo con due statue del Sassi, rappresentanti S. Gioacchino e S. Giuseppe[14]. Vista la documenta­zione esibita a favore del Somaini, questa attribuzione del Donizetti non può che risultare improponibile.

Tra il dicembre del 1839 e il febbraio dell’anno successivo, l’altare venne costruito e collaudato; anche se non mancarono le solite prese di posizione dell’architetto perché fossero sistemati alcuni dettagli (fig.10).

Don Ulietti si era impegnato, in sede di contratti, ad intervenire in altro modo, oltre quello appena visto, a favore di questo altare: era dispo­sto a far dipingere, a sue spese, il quadro di Sant’Anna da collocare sopra la mensa. E che il parroco non si sia limitato a far delle promesse lo sappiamo anche da due lettere autografe del pittore Giacomo Tré­court[15] indirizzata una allo stesso don Ulietti e una seconda “Al nobilissimo Signore Il Sig.e C.te Cavaliere Leonino Secco Suardo[16] e conservate nell’Archivio Parrocchiale.

Al parroco il pittore scriveva da Bergamo il 28 marzo 1839, con termi­ni che presupponevano una dimestichezza epistolare.

Ella dovrebbe essere meco molto sdegnato ed a ragione perché non le ho scritto tosto come le avea promesso. (…) Siccome ella desiderava ch’io le promettessi il quadro di cui vengo onorato della commissione, entro lo spazio di tre anni, così ho dovuto impiegare quest’intervallo di tempo a calcolare se io potrei di ciò compromettermi nonostante i molti impegni di cui mi trovo sopracaricato. Essendo peraltro questo di piccola dimensione cioè di soli B.a [braccia] milanesi 2. 11 1/2 in altezza per 13.2.1 di larghezza, mi pare poterla quasi assicurare che potrò ultimarlo entro il detto termine.
L’argomento deve essere, Maria Vergine, S.Anna in atto di vezzeggiare il Bambino Gesù[17].

Il pittore continuava lo scritto fissando il prezzo in cento luigi d’oro, assicurando don Ulietti che quello era un prezzo di favore. Accettava anche l’arbitro proposto nella persona del cavaliere Leonino Secco Suardo, persona a cui il pittore era

in mille modi obbligato, per l’amore che mi porta e per avermi desso procurato i primi incoraggiamen­ti a percorrere questa carriera[18].

La vicenda si concludeva con un nulla di fatto proprio a causa del compenso. Al Secco Suardo il Trécourt scriveva da Bergamo il 9 agosto di quello stesso 1839:

“Mi faccio un dovere di assicurarla che assolutamente non mi converrebbe l’eseguire il noto quadro a meno di quanto mi pareva avere seco lei convenuto, cioè di N.o 80 luigi d’oro effettivi, ed altri dieci a titolo di regalo sortendo il quadro un sito felice all’esposizione di Brera, venendone da persone intelligenti giudicato meritevole[19].

Il primo di febbraio del 1841 si stipulò un contratto con lo stuccato­re Giovanni Brini, domiciliato in Bergamo. Gli vennero affidati tutti i restanti lavori di decorazione all’altare di Sant’Anna, secondo il disegno preparato dal Berlendis. Il compenso pattuito era di “Plateali lire trecento quaranta[20] e il termine perentorio di consegna del lavoro era fissato entro il giugno successivo.

Possediamo una serie di quietanze del “marmorino” Antonio Galetti (figg. 05-06-07) e dello stuccatore Brini (fig. 04), segno che tutto fu eseguito secondo il convenuto.

fig. 04, stuccatore Brini, stucchi della volta dell’altare di Sant’Anna_
fig. 05, Antonio Galetti rilievi angolari dell’altaredi sant’Anna
fig 06, Antonio Galetti, rilievi dell’altre di sant’Anna

Il collaudo del nuovo altare venne effettuato sul finire del 1842.

fig 07, Antonio Galetti, rilievi dell’altare di Sant’Anna

Il Sub-Economo lo affidò all’ingegnere Mauro III Vallaperta. Anche queste carte riservano delle notizie interessanti. Tra le prime voci della perizia si fa riferimento ad un lavoro imprevisto:

Essendosi nella demolizione dell’Alta­re trovato al disotto un profondo vano, che si ritiene fosse un’antica pozza [era un vecchio sepolcreto, oramai in disuso da parecchi anni] occorse dare una maggiore profondità ai fondamenti, e praticare una forte palificazione“. Nei contratti era previsto che le due colonne che reggevano la trabeazione fossero “di pietra impelliciata di marmo diaspro di Sicilia (…) come le due colonne impelliciate di simile marmo esistenti nell’altare terzo a sinistra entrando e di facciata alla grande capella della Madonna nella Chiesa di S. Bartolomeo sul “Sentierone” di Bergamo;

ma il diaspro non si trovò e così vennero sostituite “da due colonne masiccie di marmo Brembana (l’arabescato orobico)”. Ancora una volta si fece ricorso ad un esemplare di modo che non ci fosse possibilità di fraintendimento, anche se il progetto non andò a segno.

Dopo un panorama documentario come quello sopra esibito, possiamo affermare che, dal punto di vista delle presenze artistiche, l’altare di Sant’Anna doveva diventare il più rimarchevole della parrocchiale: il Ber­lendis per le architetture, Francesco Somaini per le sculture e Giacomo Trécourt per il dipinto. Purtroppo fu portato a termine solo il progetto e il corredo plastico, il resto si perse per strada.

Sopra la nuova mensa dell’altare venne così posto il vecchio quadro attribuito, con ragione, dal Pagnoni al pittore Francesco Capella detto Daggiù [21](fig. 03). Di recente il dipinto è stato sottoposto ad un restauro che ha recuperato, nella parte inferiore sinistra, parte dell’immagine di San Michele che indica ad un’anima purgante, di cui si vedono solo le mani giunte, la figura della Madonna.

fig. 03, Francesco Capella, Pala dell’altare di Sant’Anna
fig 09 Giacomo Trécourt, San Giovanni Battista, Bergamo, Museo Diocesano. 

La corrispondenza con il Trécourt non fu del tutto inutile per l’arre­do della parrocchiale. Forse per provare la valentia del pittore, o forse come ripiego, visto l’insuccesso per la pala di più ampio respiro, fatto sta che sull’altare di San Giovanni (ora dell’Addolorata) comparve un piccolo dipinto raffigurante un giovane San Giovannino; un lavoro attribuito al pittore Giacomo Trécourt. Nella relazione in preparazione alla visita pastorale del 1885 il parroco don Donizetti lo elencò tra i beni artistici della chiesa, ancora esposto allo stesso altare[22]. Venne rimosso dalla sede tradizionale nel nostro secolo e ceduto al vescovo di Bergamo mons. Adriano Bernareggi. Ora si trova esposto nel Museo Diocesano di Bergamo[23] (fig. 09).

Giuseppe Ulietti (fig. 10)

fig. 10 Giacomo Gritti, Ritratto del parroco d. Giuseppe Ulietti

Don Giuseppe Ulietti era nato a Caprino (BG) il 9 agosto 1776 da Carlo Antonio e Caterina Frassoni. Prima di accedere al beneficio di Spirano fu parroco di San Paolo di Monte Marenzo (LC). Presentò la domanda di essere ammesso al concorso per la parrocchiale di Spirano il 5 giugno 1831 ed ebbe il beneficio il 26 luglio successivo dal vescovo Carlo Gritti Morlacchi.

L’Ulietti era uono di grande cultura e sensibilità. Fu il promotore di tante iniziative di rinnovamento dell’arredo della parrocchiale; a lui si deve il sostegno all’impresa delle sculture del Somaini, pagando di tasca sua la statua di San Giuseppe all’altare di Sant’Anna; promosse l’iniziativa della trasformazione dell’altare di San Giovanni Battista perché fosse dedicato all’Addolorata, accollandosi il costo della pala eseguita dal pittore Giacomo Gritti.

Ebbe un nipote sacerdote di nome Carlo che fu professore del Seminario Vescovile di Bergamo; nell’elogio funebre pronunciato durante i suoi funerali si fa accenno anche allo zio Giuseppe. Carlo

divenne ben presto oggetto delle sollecitudini più che paterne dello zio sacerdote Giuseppe, nome caro ed onorato per aver egli di quell’epoca riaperto all’educazione della gioventù il nostro Collegio [di Celana] e promosso il ristauro della nostra chiesa[24]
d’uno zio, il cui nome doppo molt’anni suona benedetto presso di noi e più ancora presso i due popoli alle sue cure pastorali successivamente affidati e da lui con paterna sollecitudine pasciuti[25].

Alla nota 3 del testo compare questa precisazione:

Riaprì il Collegio di Celana, per le vicende politiche di quell’epoca chiuso da qualche tempo e ne fu Rettore per nove anni; fu parroco a S. Paolo di Monte Marenzo per anni ventiquattro e quindi per diciannove a Spirano, dove nel 1850 morì d’anni 75 legando vistosa somma a quell’Ospitale[26].

Don Giuseppe Ulietti morì a Spirano alle cinque pomeridiane del 10 gennaio 1850 circondato da un’aura di santità e con il rimpianto da tutti gli spiranesi, che per gratitudine fecero eseguire il suo ritratto, da collocarsi in sacrestia, dal pittore bergamasco Giacomo Gritti.

Natale MAFFIOLI  Bergamo  9 Marzo 2024

NOTE

[1] La fabbriceria è una persona giuridica alla quale è affidata l’amministrazione di quella parte del patrimonio di una chiesa, che è destinato alla manutenzione dell’edificio e alle spese del culto
[2] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse. Il legname del vecchio altare venne dato al “marmorino” per essere impiegato come materiale di ponteggio e costruzione.
[3] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
[4] A.P.S., Ricevute Regolari 1820-1899.
[5] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
BERLENDIS, Giuseppe.
Nacque a Malpasso, in Val Brembana, il 19 genn. 1795. Frequentò l’Accademia Carrara di Bergamo e si trasferì quindi, ancora giovanissimo, a Genova, dove prestò per dodici anni opera di decoratore e incisore.
Tornato in Lombardia, il B. pubblicò un volume di incisioni sulle fabbriche della città di Genova
Il B. fu però soprattutto architetto. Il suo primo lavoro fu la facciata della chiesa di Seriate (BG) l’ing. A. Cominazzi. Subito dopo innalzò la parrocchiale di Valnegra, ma solo nel 1841 trovò l’occasione per un lavoro di grande impegno: l’erezione della chiesa di S. Anna in Borgo Palazzo a Bergamo.
Successivamente il Berlendis eresse, a Cortenuova, il monumento sepolcrale di Teresina Colleoni Agricola: un piccolo edificio di stile goticheggiante, e la cappella funebre della famiglia Vitalba ad Almenno San Salvatore (BG).
Terminata la parrocchiale di Borgo Palazzo, il B. progettò la chiesa di S. Giovanni Bianco, la cui costruzione fu completata nel 1864, cinque anni prima che morisse a Bergamo il 10 nov. 1869.
[6] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
[7] Esiste una parcella presentata dal Berlendis nella quale si fa pagare per i “dettagli pei ornati nei pilastrini della mensa variata come al disegno dell’altare” A.P.S., Ricevute Regolari 1820-1899.
[8] SOMAINI FRANCESCO.
Lo scultore Francesco Somaini, nato a Maroggia nel Canton Ticino nel 1795, studiò a Milano dallo scultore neoclassico Camillo Pacetti e divenne professore all’Accademia di Brera. Realizzò sculture per i cantieri neoclassici dell’Arco della Pace e di Porta Venezia a Milano. Eseguì inoltre le sculture nel timpano della Gran Madre di Dio a Torino e nella facciata del Palazzo Civico di Lugano. Suo è il cenotafio all’architetto milanese Luigi Cagnola per la maestosa villa La Rotonda a Inverigo (CO). Nella bergamasca realizzò nel 1843 la bella fontana d’Igea per la piazza principale di Trescore Balneario (BG) e i pregevoli rilievi interni della chiesa parrocchiale di Ghisalba (BG). Morì a Milano nel 1855. Cfr. LFONSO PANZETTA, cfr.Dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento, Torino 1988, pag.201.
[9] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
  La statua di San Gioachino è alta cm.140 senza base mentre il San Giuseppe è alto cm.142; la base delle due sculture misura cm.13.
[10] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
[11] Una nota dei Conti Annuali della parrocchiale dice: “L’altra statua rappresentante San Giusep.e eseguita in marmo Carara dallo stesso scultore Somaini e collocata all’altare di S. Anna come sopra venne per intero pagata dal Molto R.do Sig.r D. Giuseppe Ulietti Degnis.mo Parroco di questa chiesa in aust.e L. 2500” A.P.S., Conti Annuali dell’amministrazione della chiesa parrocchiale de’ SS. Gervasio e Protasio di Spirano dall’anno 1840 al 1859.
[12] A.P.S., Conti Consuntivi 1827-1849.
[13] A.P.S., Ricevute Regolari 1810-1899.
[14] A.C.B., vol.134, fg.574v; visita pastorale Guindani.
[15] GIACOMO TRÉCOURT (Bergamo 1812 – Pavia 1882). Allievo del Diotti, subì più apertamente l’influsso del Piccio, di cui fu consediscepolo ed amico, assumendo una posizione romantica che consolidò a contatto con la cultura francese e tedesca. Professore a Pavia per circa 30 anni, contribuì con la sua pittura delicata e luminosa alla formazione del Faruffini e di Tranquillo Cremona; cfr. F. ROSSI, Accademia Carrara Bergamo, Bergamo 1979.
[16] A.C.B., Imposte Fondiarie.
  Per una visione d’insieme più completa dei rapporti tra il pittore e il Secco Suardo: cfr. AA.VV., I Pittori Bergama­schi delll’Ottocento, vol.I°, pag.445, Bergamo 1992; (Fernando Mazzocca).
[17] A.C.B., Imposte Fondiarie.
[18] A.C.B., Imposte Fondiarie.
  Il conte Leonino Secco Suardo aveva incoraggiato l’attività del pittore acquistando alcuni suoi dipinti. Nel 1837 il conte commissionò al Trécourt uno dei tre dipinti destinati al coro della chiesa parrocchiale di Zanica.
[19] A.C.B., Imposte Fondiarie.
Nel regesto che accompagna lo studio monografico sul Trécourt di Fernando Mazzocca sotto la data 1839 non compare affatto questo dipinto; vi è ricordato una tela raffigurante l'”Educazione della Vergine”, una pala di “composizione originale” destinata per commissione di Antonio Manenti alla parrocchiale di Sant’Anna a Villongo San Filastro” AA.VV., op. cit., pag.446, (Fernando Mazzocca).
  Senza voler forzare i dati potrebbe darsi e le probabilità sono alte, che il quadro finito a Villongo fosse lo stesso contrattato dall’Ulietti per l’altare di Sant’Anna di Spirano.
[20] A.P.S., Fabbriche e ristauri e contratti di opere diverse.
[21] Francesco Capella (Venezia 1711 – Bergamo 1784), il più personale discepolo di G. B. Piazzetta. Nelle opere della maturità risentì l’influenza del Tiepolo. Dal 1757 sì stabilì a Bergamo e lavorò per le chiese della città e della provincia.
Cfr. LUIGI PAGNONI, op. cit., pag. 365.
[22] A.C.B., vol.134, fg.586r; visita pastorale Guindani.
[23] Nel catalogo degli oggetti del Museo, la scheda del quadro riporta la seguente dicitura: “700. GIACOMO TRECOURT (?), S. Giovannino. Olio su cartone cm.34,5×29,5 – da Spirano” LUIGI PAGNONI (a cura di) Museo Diocesano di Bergamo, Catalogo; Monumenta Bergomensia XLIX, Bergamo 1978, pag.31.
  Può essere che il piccolo dipinto sia stato eseguito in quello stesso 1839, quando erano in corso le trattative per l’acquisizione della più ampia pala d’altare.
[24] B. TEDOLDI, Elogio funebre del sacerdote Carlo Ulietti professore emerito del Seminario Vescovile di Bergamo, Bergamo 1869, p. 8.
[25] B. TEDOLDI, Bergamo 1869, p. 14.
[26] B. TEDOLDI, Bergamo 1869, p. 24.