di Raffaella TIONE
Oggetti della Collezione d’arte africana Albertino-Alberghina
La danza degli spiriti è una mostra organizzata dal Museo Africano” e dal Festival del Cinema Africano di Verona, che esplora il legame tra le tradizioni culturali e religiose caratterizzanti le sculture di Otto-Novecento e i riferimenti che questi contesti trovano nel panorama delle arti contemporanee africane, seguendo un interessante percorso di analisi antropologica.
Lungo il percorso di visita le sculture tradizionali dell’Africa sub-sahariana dialogano con le opere di artisti africani contemporanei in un continuum culturale tra passato e presente. Testi e approfondimenti multimediali accompagnano maschere, feticci, figure di maternità e di antenato, che rappresentano il mondo religioso africano, strettamente intrecciato, ancora oggi, ai principali aspetti della vita e della società del continente e delle sue genti.
Le opere in esposizione a Verona, visitabili dal 6 ottobre al 9 dicembre 2018, appartengono alla collezione torinese di Bruno Albertino e Anna Alberghina, collezionisti e curatori della mostra. Medici e viaggiatori che condividono una grande passione per l’Africa, i suoi luoghi, le sue culture, i suoi riti, buoni conoscitori dell’arte e del collezionismo, hanno arricchito con lo studio e l’applicazione la loro conoscenza, arrivando a curare numerose mostre e pubblicando diversi libri sull’arte tradizionale e contemporanea africana (per esempio, il volume “Maschere d’Africa” ed. Neos 2014, il catalogo della mostra “African Style” tenutasi presso Palazzo Salmatoris di Cherasco, 17 ottobre 2015 – 17 gennaio 2016, il volume “Mama Africa” ed. Neos 2016, il catalogo della mostra “Modigliani e l’art nègre” organizzata dall’Istituto Amedeo Modigliani in occasione del Festival dei due Mondi di Spoleto, 22 giugno – 30 luglio 2017).
Gli oggetti rituali e d’uso comune che compongono il nucleo di arte tradizionale della collezione non sono semplici manufatti creati per una pura finalità estetica, ma rispondono ad una precisa funzione di tramite, che lega il mondo dei vivi e quello degli spiriti.
I medesimi temi fondamentali per l’arte tradizionale si ritrovano immutati nell’espressione artistica degli autori contemporanei, anche se acquisiscono sempre nuovi contenuti, in dialogo con la contemporaneità.
Gli artisti contemporanei esposti in mostra sono Moke fils, Pierre Bodo, Frédéric Bruly Bouabré, Joseph Cartoon, George Lilanga, Maurus Mikael Malikita, Mohamed Charinda, Hasani Thabiti Mkisa, Issa Saidi Mitole, Rubuni Rashidi, Mustapha, Adams Tikatika, Kayé Tintama, Azdine Bendra, Hafida Zizi, Mohamed Bannour, Abou Salama, Regragui Bouslai e Mohamed Tabal e sono la vera novità rispetto alle precedenti esposizioni dei due curatori, in un percorso parallelo e dialogante con la tradizione.
Il movimento dell’arte contemporanea africana cominciò ad affermarsi in Occidente tra gli anni 20 e gli anni 70 del ’900, grazie ad artisti nati e formatisi in Africa e successivamente emigrati. Il primo evento di grande visibilità, che permise la conoscenza dell’arte contemporanea africana, fu il «Festival Mondial des Arts Nègres» del 1966, organizzato a Dakar dall’allora Presidente del Senegal Léopold Sédar Senghor. La mostra epocale, che pose all’attenzione dell’Occidente l’arte contemporanea degli altri mondi, fu l’esposizione «Les Magiciens de la terre», organizzata dal Centre Pompidou di Parigi nel 1989, a cura di Jean-Hubert Martin: rappresentò l’occasione per rendere nota l’arte contemporanea di più di cento artisti provenienti da tutto il mondo, compresi alcuni artisti africani. Infine il catalogo della mostra «Africa Remix» del 2004, mostra itinerante di Arte Africana (Düsseldorf, Londra, Parigi, Tokyo, Johannesburg) curata da Simon Njami, può essere considerato, a tutti gli effetti, il principale punto di riferimento per la produzione artistica del continente nero.
Le opere degli artisti presenti in mostra rappresentano varie scuole e correnti di differenti aree dell’Africa. Per esempio, la scuola di “Pittura Popolare” della Repubblica Democratica del Congo è rappresentata da Camille-Pierre Pambu Bodo (1953-2015), uno dei maggiori esponenti della pittura congolese. L’idea che impronta il suo lavoro è la convinzione che l’arte possa influenzare la storia e contribuire a fondare l’identità nazionale. L’opera di questo artista consente di seguire l’evoluzione di Kinshasa, dagli anni ’80-’90 fino ai nostri giorni.
La popolarità della scuola è legata alla «poster painting», alla «street art» ed alla pubblicità. Lo stile di Pierre Bodo si è evoluto, per diventare sempre più surreale e onirico (fig. 1). Più fedele all’idea fondante del gruppo è Moke fils (1968), che nelle sue opere ci racconta, in modo ironico, caricaturale e fumettistico, la vita e l’atmosfera di una Kinshasa caotica e decadente, ma colorata e proiettata verso il futuro (fig. 2).
Altra scuola rappresentata in mostra è la Scuola Tingatinga, nata in Tanzania nella seconda metà del XX secolo, nell’area di Dar es Salaam: così denominata dal nome dal suo fondatore, Edward Said Tingatinga, deceduto nel 1972, la scuola sta vivendo un’importante evoluzione di stile da quando, nel 1990, è stata rifondata dalla Tingatinga Arts Cooperative Society (TACS), di cui fanno parte molti artisti. Il dipinto Tingatinga è realizzato con la sovrapposizione di strati di vernice industriale smaltata non diluita, formando una pellicola pittorica lucida che definisce figure dai contorni netti. I soggetti più rappresentati sono quelli animali, in uno stile che richiama l’arte «Naif» ed evoca gli animali totemici dei popoli africani protagonisti delle danze tradizionali degli spiriti (in mostra, gli artisti Mchisa, Rubuni, Mustapha e Adams). Anche alcuni artisti di questa scuola hanno avuto un’evoluzione di stile e contenuti assolutamente originali, seguendo un evoluzione autonoma come Charinda, Mitole e Malikita.
Non poteva mancare l’icona dell’arte contemporanea africana, George Lilanga (1934-2005), tanzaniano, sicuramente l’artista più conosciuto, più pubblicato e che ha partecipato a un numero considerevole di esposizioni. Il suo tema caratteristico e rivoluzionario, lo «shetano», tragico e buffo, a metà tra l’umano e lo zoomorfo, senza ossa né articolazioni, con grandi orecchie e bocca, rappresenta il suo modo di superare la tradizione e simboleggia l’equilibrio tra il bene ed il male, che domina il mondo, tra oscuri spiriti maligni e benigni (fig. 3).
In Kenya, la pittura di Kamau «Cartoon» Joseph (1976) è caratterizzata da uno stile figurativo, espressionista e naif, che evolve, a partire dal 2001, in uno stile semi-astratto. Al centro della sua arte c’è il tema universale della donna tradizionale africana e della madre, la generatrice che si richiama alle maternità Dogon, Baoulè e Yombe. (fig. 4 a, b, c).
Già presente nel 1989 alla storica mostra «Les Magiciens de la terre», Frédéric Bruly Bouabré (1923-2014) è oggi considerato uno degli artisti africani più rappresentativi a livello internazionale. Grande personaggio del mondo culturale di Abidjian in Costa d’Avorio, è stato, al tempo stesso, scrittore, artista, filosofo, saggio, mistico, inventore, ricercatore, insegnante. Come artista esordì creando centinaia di piccoli disegni «Feuilles volages», realizzati a penna a sfera e matite colorate su cartoncini, che compongono un ciclo intitolato «la conoscenza del mondo», che riassume, in immagini simboliche, il sapere del suo gruppo di appartenenza, i Beté (fig. 5).
La mostra presenta anche le opere di alcuni artisti marocchini, fra cui spicca la figura di Mohamed Tabal. Nativo della regione di Essaouira, Tabal trae ispirazione dall’universo onirico ispirato al mondo dell’infanzia e alle sue reminiscenze animiste. Egli dipinge d’istinto, senza preoccuparsi dell’armonia dei colori, in un gioco tra reale e invenzione. Queste opere, così particolari, possono essere molto dirette e violente, come se l’intento sotteso all’opera fosse quello di provocare uno shock all’osservatore.
La sculture lignee di arte tradizionale, che accompagnano il percorso della mostra in parallelo all’evoluzione dell’arte contemporanea africana, provengono anch’esse dalla collezione Albertino-Alberghina e sono espressione di tutte le principali etnie e rappresentative delle più interessanti tradizioni animiste di diversi gruppi culturali del continente tra Otto e Novecento. In parte acquistate da collezioni private, alle aste e presso gallerie specializzate italiane, francesi, svizzere, belghe e statunitensi, in parte, non trascurabile, reperite grazie alla ricerca effettuata dai due collezionisti sul campo, contribuiscono ad indagare e illustrare la continuità tra passato e presente e tra tradizione e modernità.
Raffella TIONE Verona ottobre 2018
Museo Africano di Verona
6 ottobre-9 dicembre 2018
Museo Africano – Missionari Comboniani, vicolo Pozzo 1 37129 Verona
tel. +39 0458092199/100
info@museoafricano.org http://www.museoafricano.org
Ingresso Mostra e visita al Museo Africano intero 5.00€, ridotto 3.00€. Gratuito per chi presenta il biglietto d’ingresso dei cinema del Festival Cinema Africano. La mostra è accompagnata da proposte didattiche artistiche dedicate agli studenti di ogni ordine e grado, ad associazioni e centri diurni, e anche a gruppi di famiglie.. La mostra è corredata dal catalogo “La Danza degli spiriti-Arte africana tra tradizione e modernità” testi e foto a cura di Bruno Albertino e Anna Alberghina, edito da Effatà Editrice.
ORARI DI APERTURA
Da Martedì a Venerdì 9.00-12.30; 14.00-17.00; Sabato 9.30-12.30; 15-18; Domenica 15-18 Chiuso il Lunedì