a cura di Giusy EMILIANO
Ausonio Tanda
Archeologia del Ciborg
Testo curatoriale di Giusy Emiliano
Officine Ausonio Tanda: archeologia dell’impronta.
Ricerca storico-artistica di Eclario Barone
Vernissage: venerdì 19 ottobre 2018, ore 18.30. Durata: dal 19 ottobre al 18 novembre 2018
“Essere pienamente vivi nel nostro mondo, così com’è. Mettersi vicini a coloro per i quali questo mondo è diventato intollerabile, e ascoltarli…Non dimenticare mai la propria insignificanza. Non abituarsi mai alla violenza indicibile e alla volgare disparità della vita che ci circonda….. Rispettare la forza, mai il potere. Soprattutto osservare. Sforzarsi di capire. Non distogliere mai lo sguardo. E mai, mai dimenticare”. John Berger
Uomo di grande intensità emotiva e intellettuale, Ausonio Tanda si colloca tra gli artisti che attraverso l’arte comunicano di scienza e di tecnologia. Al fine di delineare un percorso artistico quanto più rappresentativo, della varietà di produzioni e delle molteplici tendenze da lui messe in atto, si deve passare attraverso alcuni aspetti della vita isolana. A partire dagli anni Cinquanta, egli crea una produzione artistica fatta di vitale e dinamica convivenza, che appare galleggiare tra modelli realistici e poetiche astratte.
Citando una regione come la Sardegna, che ancora oggi porta con se una traccia primitiva, diventa facile interpretare le varie scelte stilistiche che Ausonio Tanda ha compiuto nel corso della sua carriera.
Egli rientra nella dialettica degli opposti, calandosi nei vari scenari abitativi, ha permesso al proprio segno di manifestarsi coerentemente.
La forma generica delle assenze formalistiche ed estetiche subite nell’arte di quel periodo storico, traghettano molti artisti all’interno di un processo di ritorno alle origini della terra di appartenenza.
La tradizione legata alla territorialità della Sardegna, soprattutto sulla storia dell’arte, ha influenzato e costretto a riflessioni sul problema dell’immagine svincolate dai suoi aspetti iconici.
Tommaso d’Aquino aveva posto il quesito legato all’immagine come fine oppure all’immagine come mezzo. Nel primo caso l’oggetto è la cosa stessa che al contempo ne rappresenta un’altra, nel secondo l’aspetto dominante è ciò che l’immagine rappresenta.
Le scene di caccia o di pesca da lui interpretate si adagiano su tele rese cupe, nelle quali i colori chiari e quelli scuri sembrano rincorrersi in un silenzio onnisciente. Attraverso la durezza di un’azione come in “Uomini e agnelli”, Tanda riporta sulla tela la traccia di reciproca rassegnazione tra la vittima e il carnefice.
Un’azione, la loro, apparentemente statica, una scelta stilistica che l’artista elabora creando un “freeze frame” al fine di definire un personale posizionamento chiaro su temi a lui cari.
L’uomo, quindi, diventa protagonista di una precisa azione: perdere la propria umanità, un funebre atto consapevole colmo di rassegnazione. Ausonio Tanda, attraverso molteplici tecniche, desidera suscitare indignazione e, idealmente, argomentare con il suo pubblico.
L’artista richiama l’uomo alla sue responsabilità, indica attraverso le sue opere una strada possibilista (che solo l’arte può e deve poter fare) per risolvere i problemi attraverso continue sollecitazioni emotive.
L’azione di Ausonio Tanda è concreta e allo stesso tempo immaginifica, la staticità prende vita per comunicare fuori dal tempo il pensiero artistico.
Egli attraverso le sue tele concentra e modula il formalismo estetico con quello oggettuale, non trascurando mai superficie e bidimensionalità.
Allora mi domando se l’arte di Ausonio Tanda è divisa in due o più fasi e ritrovo sempre la stessa risposta. Ritengo fortemente che la sua ricerca è unica; essa si adagia e indugia attraverso varie tecniche e sperimentazioni, ma il segno artistico è sempre quello iniziale.
Il talento lo ha spinto verso ricerche e parallelismi tra la natura e le tematiche dell’uomo, indugiando attraverso la rassegnazione e l’immobilità verso argomenti come per esempio la violenza. Inoltre egli scruta l’animo umano, coniugando spazio definito iconografico, a quello emozionale spesso scevro da varianti allocative.
La scelta dei colori parte sempre dal basso: terre bruciate dal sole che si scagliano in cieli plumbei.
Le pennellate di Ausonio Tanda appaiono al fruitore sciolte, quasi modificate da un calore esterno che le rende ancora più liquide modificandone i toni opachi fino a diventare ancora più scuri.
Le sue opere legate al tema del mare, esprimono una profondità tale che le figure umane fluttuano annientate e cristallizzate in un mondo senza luce, privo di un’azione consapevole.
Ausonio Tanda amava scrivere poesie e mescolare queste due forme artistiche. L’arte pittorica, poetica e scultorea sono figlie della stessa radice di ricerca. Le riflessioni futuristiche non si contrappongono allo spazio e al tempo, ma trascinano in se e con se la scia del ricordo.
L’esposizione solerte dei media intorno agli anni 50 e 60 inducono Ausonio Tanda a soffermarsi su questa forma nuova di potere per trovare risposte attraverso i suoi lavori. L’artista attraverso il tema del “confine” elabora riflessioni sul mancato posizionamento di un pubblico, che inconsapevole e facilmente influenzabile, recepisce informazioni senza elaborare liberamente le proprie.
Parallelamente a questo scenario, l’artista elabora un ponte apparentemente intangibile, con alcune opere attraverso un principio sincronico. Una declinazione “alternata” rispetto al tema del futuro che, cadendo troppo velocemente, trascina l’uomo in una inconsapevole perdita dei valori. L’utilizzo metaforico dello spazio induce l’uomo a dimenticare, a non conservare, e quindi a perdere se stesso e la propria identità.
Ausonio Tanda, attraverso le sue ricerche, comprende fortemente quanto sia fondamentale soffermarsi sulle tracce, nel senso più ampio del termine.
Egli, quindi elabora un suo personale studio sulle impronte legate al passato – qui ritroviamo il segno primordiale e primitivo – e attraverso questa declinazione artistica, egli traghetta se stesso verso la memoria e il tempo.
Il segno distintivo di Ausonio Tanda pare voler correre verso l’eliminazione del superfluo per far posto all’essenziale, il fine è di illuminare il comportamento umano, metterlo in luce per osservare.
Ausonio Tanda attraverso questi segni pare voglia portare la sua Arte ad un punto “neutro” per poter da li ripartire.
Ma quanto più il gesto artistico si allontana dal passato, per posizionamento sociale, quanto più Tanda insiste sulle radici e sulle impronte.
Questa altalena emotiva lo pone ad attraversare, forse inconsapevolemente, una sperimentazione flutuante nel quale il tempo si muove tra passato e futuro passando per il presente in modo sincronico.
Il segno distintivo di Tanda offre ancora oggi un campo aperto di confronto su questioni cruciali e attuali, egli permette di accogliere un posizionamento lascivo rispetto ai luoghi non luoghi, ma rigoroso verso il potere e l’umanità. Le sue ricerche sono capaci di ridefinire una forma atemporale dell’arte contemporanea degli ultimi decenni.
Infatti attraverso il gesto analitico l’artista ripercorre e interpreta varie forme d’arte da quella Astratta a quella Formale passando per l’Avanguardismo.
Le figure antropomorfe di Tanda ribaltano e impastano il tema della tecnologia dando vita a nuove rielaborazioni di Ciborg. La critica avanzata dall’artista pone l’accento sull’annientamento globale. La ricerca del trascendente, dell’eterno divenire, quindi la raffigurazione di forme oniriche, senza tempo, cupe ed inquitanti, memorie di un tempo passato e incubo di un futuro possibile. Questo lavoro viene declinato in varie forme dall’artista che non riesce mai a staccare lo sguardo rispetto all’essenza dell’uomo intesa come – traccia assolutista -.